L’inadeguata igiene orale nella sopravvivenza a lungo termine di una riabilitazione implanto-protesica (1977–2017): un case report

Inadequate oral hygiene in the long-term survival of an implant-prosthesis rehabilitation: a case report

Fig. 1a - La bocca della paziente a 40 anni dalla riabilitazione implantoprotesica.
Scopo del lavoro: La mancanza di un’adeguata igiene orale con conseguente accumulo di tartaro sopragengivale così come l’assenza di controlli professionali nel tempo hanno permesso, contro ogni previsione, la “sopravvivenza” di impianti posizionati nell’anno 1977. Altresì, il mantenimento in situ di impianti sottoperiostei in lega “Vitallium” ha reso possibile ripristinare, in una paziente ottantenne, la vetusta riabilitazione “mista” non più idonea dal punto di vista funzionale ed estetico.
Materiali e metodi:

Si riporta il caso clinico di una paziente che si è presentata alla nostra osservazione con una riabilitazione implantoprotesica fissa, superiore ed inferiore, ad appoggio “misto”, eseguita nel 1977 che presentava una frattura della travata protesica superiore associata ad una condizione di non adeguata igiene orale.
La riabilitazione superiore, non più funzionale a causa della frattura a livello del quadrante 2, risulta permanere in situ solo grazie all’appoggio su impianti sottoperiostei, vista la perdita dei pilastri dentari per carie destruente.
Fermo restando la volontà della paziente di procedere alla sola risoluzione della problematica presente superiormente e stante la presenza di ancora una buona funzionalità meccanica della protesi inferiore, dopo bonifica dentaria, si è proceduto al ripristino della riabilitazione superiore con il posizionamento di nuovi impianti one piece di scuola italiana nella premaxilla mantenendo i preesistenti impianti sottoperiostei, posti nei settori posteriori dei quadranti 1 e 2.

Risultati:

Nonostante la pessima igiene orale e l’assenza di controlli professionali nel tempo, nel caso clinico riportato non si sono evidenziate alterazioni a carico degli impianti, superiori ed inferiori. La permanenza degli stessi nel tempo nel settore superiore, a differenza dei pilastri dentari, ha garantito la possibilità di effettuare, a distanza di 40 anni, una nuova riabilitazione implanto-supportata, tale da garantire alla paziente il ripristino di una soddisfacente funzionalità masticatoria ed estetica.

Conclusioni:

Appare chiaro, dalla descrizione di questo caso clinico, il ruolo non determinante delle inadeguate condizioni igieniche del cavo orale nella sopravvivenza implantare nel tempo, sempre che venissero rispettate altre indicazioni.

Una paziente di sesso femminile di 84 anni si è presentata alla nostra osservazione a causa della frattura della protesi superiore realizzata nel lontano 1977 dal prof. Ugo Pasqualini.

Tale riabilitazione protesica, di tipo “full arch”, era stata realizzata con appoggio misto su pilastri dentali da 1.5 a 2.3 ed appoggio implantare su impianti sottoperiostei posizionati nei settori posteriori dei quadranti 1 e 2.

All’esame obiettivo intraorale, è emerso un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di:

  • frattura della protesi superiore realizzata in lega aurea–ceramica, a livello del quadrante 2;
  • residui radicolari superiori esiti di diffusa infiltrazione cariosa dei monconi protesici;
  • protesi fissa inferiore sempre di tipo “full arch”, anch’essa ad appoggio misto, in apparenti buone condizioni;
  • vistosi accumuli di tartaro sopra gengivale con evidenti segni di infiammazione dei tessuti parodontali , specie a carico degli elementi dentari residui (fig. 1-5).

L’esame radiografico di primo livello (fig. 2) ha evidenziato la necessità di dover procedere alla rimozione dei pilastri dentari superiori compromessi.

Dallo stesso esame diagnostico non risultano, tenuto conto soprattutto del tempo trascorso, segni di riassorbimento osseo a carico degli impianti sottoperiostei superiori e di quelli posti nei quadranti 3 e 4 (impianti in titanio “one piece” del tipo “vite di Tramonte”, con spire di diametro 4,0 mm e nucleo di 2,5 mm).

Sono stati, altresì, evidenziati sia la presenza di lesione a carico di 4.4 di verosimile natura endoparodontale che segni diffusi di malattia parodontale.

Visto il quadro clinico e l’urgenza di ripristinare la funzionalità masticatoria, si è deciso di procedere al riutilizzo di parte della protesi superiore progettando una riabilitazione, sempre fissa, che potesse sfruttare gli impianti sottoperiostei esistenti, in quanto ancora funzionalmente validi.

Si è proceduto, pertanto, in una unica seduta, alla rimozione di tutti i congregati di tartaro presenti sui quadranti superiori ed all’estrazione dei residui radicolari.

Quindi, si è passati all’inserimento, nella zona della pre-maxilla, di sei impianti in titanio del tipo “vite bicorticale” con diametro di spira pari a 3,5 mm e nucleo di 2,2 mm (fig. 7).

Gli impianti posizionati sono stati solidarizzati tra loro con una barra di titanio di diametro 1,2 mm, elettrosaldata sì da garantire il carico con elementi protesici provvisori in resina (1); sono state, invece, lasciate in situ le corone (due per ciascun lato) supportate dagli impianti sottoperiostei (impianti in “vitallium”, lega questa principalmente utilizzata negli anni settanta) (fig. 8).

Fig. 8 – L’OPT del caso ultimato (2017)

L’igiene professionale dei settori inferiori è stata rimandata ad altra seduta, pur consapevoli di procedere con un approccio terapeutico non in linea con l’evidenza e la pratica clinica (fig. 9).

Con il consenso della paziente si è anche deciso di differire ad altri tempi il trattamento delle problematiche dentarie presenti nei denti naturali del settore inferiore.

La scelta di procedere in questo modo è stata giustificata dalla necessità di garantire il ripristino della funzione masticatoria e l’estetica, sia pure con elementi protesici provvisori, in una unica seduta.

DISCUSSIONE

La descrizione del caso clinico viene riportata non tanto al fine di indicare come si è proceduto a ripristinare in maniera minimamente invasiva una vecchia e non più funzionale riabilitazione implantoprotesica, quanto per evidenziare come la persistente carenza di igiene orale non abbia provocato come conseguenza diretta la perdita di impianti funzionalizzati.

In generale, alla base della perdita di impianti va associata l’insorgenza di patologie infettivo-infiammatorie.

La malattia perimplantare riconosce fattori predisponenti, cause e/o concause che possono agire singolarmente o associate tra loro.

In particolare, la presenza di batteri patogeni, un sovraccarico biomeccanico, fumo, diabete e parodontopatie pregresse rappresentano importanti fattori di rischio.

Il caso clinico specifico presentava, all’esame obiettivo, abbondante accumulo di placca e tartaro a causa dell’assenza di un’adeguata igiene orale, domiciliare e professionale.

La placca è un accumulo fisiologico di sostanza mista, organica ed inorganica, a significativo contenuto microbico, in particolare batterico che, oltre ad aderire alla superficie dei denti, può attecchire tenacemente sulle strutture implantoprotesiche (2, 3, 4). La composizione della placca è simile sia sui denti che sull’abutment implantare e risulta composta soprattutto da cocchi Gram positivi aerobi e batteri non mobili (5, 6, 7).

In presenza di tessuti molli sani, gli impianti e i denti naturali sono colonizzati da una placca composta prevalentemente da cocchi e bacilli Gram positivi, mentre i siti con malattia parodontale e/o perimplantare diffusa contengono biopellicole con notevole quantità di bastoncelli, fusiformi e spiraliformi, nettamente prevalenti rispetto alla forme coccoidi e mobili (8).

I microbi rinvenuti in siti di fallimento implantare appartengono principalmente alle specie Fusobacterium e Bacteroides.

Inoltre, è stata evidenziata una notevole differenza tra i morfotipi batterici dei pazienti totalmente edentuli rispetto a quelli parzialmente edentuli; ciò sembra indicare una maggiore predisposizione alla perimplantite nei pazienti parzialmente edentuli. I cosiddetti patogeni parodontali diminuirebbero nel solco implantare dei pazienti totalmente edentuli, anche se, in questi soggetti, rimarrebbero presenti per lungo tempo (9, 10, 11, 12).

Nel determinismo della sofferenza dei tessuti perimplantari il ruolo primario dei batteri è limitato, poiché se non si instaura una soluzione di continuo attraverso il sigillo muco-gengivale dei tessuti circumferenziali, questi non sono in grado di invadere i tessuti sottostanti poiché non capaci di perforare il sigillo stesso.

Pertanto un ruolo importante, anche in assenza di placca e tartaro, va attribuito allo stress meccanico cronico dovuto al trauma dell’occlusione, in grado di alterare il sigillo muco-gengivale e consentire il trasferimento nei tessuti profondi di batteri che da saprofiti si trasformano in patogeno opportunisti (13, 14, 15, 16).

Dai dati presenti in letteratura, emerge come nel cercine muco-implantare a livello del margine crestale, in assenza di carico occlusale e, in particolare, di fattori di pressione stressogeni (carico occlusale disfunzionale) permane una spontanea stabilizzazione batterica molto regolare.

La presenza ordinata e relativamente ripetitiva di cocchi Gram+ ostacola lo sviluppo di condizioni microbiotiche perimplantari patogene atte a favorire condizioni di invasione batterica dei tessuti profondi: infezione e, quindi, perimplantite.

Quindi, è la sola assenza di sollecitazioni di natura biomeccanica (carico occluso-statico-dinamico) a garantire il mantenimento di un sano equilibrio tra il sistema vite implantare-osso-mucosa da una parte e il fronte batterico dall’altro (17).

La componente batterica, infatti, mantiene costante valenza saprofitico-commensale, non invasivo-aggressiva, indipendentemente dalle morfologie che progressivamente si sviluppano lungo il tragitto transmucoso e l’interfaccia tra impianto e margine crestale osseo.

Nel nostro caso di specie, pur in presenza di massiccia placca batterica associata a congregati di tartaro, non si sono verificati particolari effetti negativi a livello delle strutture implantari poiché pilastri di una riabilitazione protesica in condizioni di equilibrio occlusale.

Pertanto, appare chiaro come una non adeguata igiene orale da sola non può compromettere una riabilitazione implantoprotesica che, invece, ha alta probabilità di fallimento quando sopporta un carico occlusale in condizioni di squilibrio.

Tale ultima situazione rappresenta, indubbiamente, la condizione predisponente alla trasformazione del profilo batterico da saprofitico a patogeno.

CONCLUSIONI

Il fatto che un organismo sano e integro nelle sue componenti strutturali, funzionali, metaboliche, immunitarie possa essere aggredito ab initio dai vari tipi di microbi presenti nel cavo orale, prescindendo da fattori in grado di favorire la loro trasformazione dallo stato di saprofitico in patogeno, contrasta con i principi biologici.

Il caso clinico riportato evidenzia che, anche in presenza di non idonee condizioni di igiene orale, è possibile il mantenimento, per anni, di riabilitazioni protesiche sostenute da impianti che si conservano in una buona condizione di salute.

Se da un lato ciò rappresenta un evento che può trovare riscontro nella pratica clinica quotidiana dall’altro non trova giustificazione la mancata inosservanza da parte dei pazienti di basilari norme di igiene orale.

Le riabilitazioni protesiche implanto supportate, infatti, necessitano la presenza in salute dei tessuti peri-implantari e di tutto il cavo orale.

Al paziente, pertanto, andrebbe raccomandata l’osservanza delle istruzioni di igiene domiciliare e dei richiami professionali al fine di diminuire il rischio di complicanze infettivo-infiammatorie dei tessuti dento parodontali e peri-implantari anche in condizioni ottimali di realizzazione tecnica del dispositivo protesico che, dovrebbe essere mantenuto in corretta armonia occlusale nel tempo come principio primario di prevenzione clinica.

Bibliografia:
  1. Pasqualini ME, Lauritano D, Rossi F, Dal Carlo L, Shulman M, Meynardi F, Colombo D, Manenti P, Comola G, Zampetti P. Rehabilitations with immediate loading of one-piece implants stabilized with intraoral welding. J Biol Regul Homeost Agents 2018; 32, 2(S1): 19-26
  2. Esposito M, Hirsch JM, Lekholm U, Thomsen P. Differential diagnosis and treatment strategies for biologic complications and failing oral implants. A review of the literature. Int J Oral Maxillofac Implants 1999;14:473-490.
  3. Listgarten MA. The structure of dental plaque. Parodontology 2000 1994;5:652-75.
  4. Lindhe J, Nyman, S. Textbook of clinical periodontology. Copenhagen; Munksgaard (2nd edition): 1989.
  5. Gandolfo S, Meynardi F, Corrente G, Nelken A. Analisi microbiologica a fresco della placca dento-gengivale. R.I.S., maggio 1994; 275-286.
  6. Berglundh T, Lindhe J, Ericsson I, Marinello C.P, Liljenberg B. Soft tissue reactions to the de novo plaque formation implants’s and teeth. An experimental study in the dog. Clinical Oral Implants Research. 1992; 3:1-8.
  7. Socransky S.S, Haffajee A.D. Periodontal microbial ecology. Periodontal 2000; 38:135-187, 2005.
  8. Meynardi F, Pasqualini ME, Biancotti PP. Analisi batteriologica nel follow up in parodontologia. Doctor Os 2011; 22(2) – feb: 120-27.
  9. Listgarten MA, Loomer PM. Microbial identification in the management of periodontal diseases. A systematic review. Ann Periodontol 2003 Dec;8(1):182-92.
  10. Apse P, Ellen RP, Overall CM, Zarb GA. Microbiota and crevicular fluid collagenase activity in the osseointegrated dental implant sulcus: a comparison of sites in edentulous and partially edentulous patients. J Periodontal Res. 1989 Mar;24(2):96-105
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  12. Wolff LF, Liljemark WF, Pihlstrom BL, Schaffer EM, Aeppli DM. Dark-pigmented Bacteroides species in subgingival plaque of adult patients on a rigorous recall program. J Periodontol Res 1988; 23: 170.
  13. Meynardi F, Pasqualini ME, Rossi F, Dal Carlo L, Biancotti PP, Carinci F. Correlation between dysfunctional occlusion and periodontal bacterial profile. Journal of Biolog Regul & Homeost Agents. 2016; 30(2): 115-21.
  14. Pasqualini U. Le Patologie Occlusali. Eziopatogenesi e terapia. Milano: Masson; 1993. p.3-23, 176-92.
  15. Meynardi F, Lauritano D, Pasqualini ME, Rossi F, Grivet-Brancot L, Comola G, Dal Carlo L, Moglioni E, Zampetti P. The importance of occlusal trauma in the primary etiology of periodontal disease. J Biol Regul Homeost Agents 2018; 32, 2(S1): 27-34.
  16. Pasqualini ME, Rossi F, Meynardi F, Comola G, Dal Carlo L. Una evidencia clinica del rol del trauma oclusal en la etiologia de la periimplantitis. Maxillaris 2018 (Abril); 4: 124-39.
  17. Meynardi F, Pasqualini ME, Rossi F, Dal Carlo L, Nardone M, Baggi L. Implant Dentistry : Monitoring of bacteria along the transmucosal passage of the healing screw in absence of functional load. Oral Implantol (Rome) 2017 Feb 14; 9(Suppl 1/2016 to N 4/2016): 10-20
Materials and methods:

It’s reported below the clinical case of a patient who presented herself to our observation with a fixed implant-prosthetic rehabilitation, upper and lower, with “mixed” support, made in 1977 presenting a fracture of the upper prosthetic girder associated with an inadequate oral hygiene condition.
The superior rehabilitation, no longer functional due to the fracture at the quadrant 2 level, results to remain in situ only thanks to the support of subperiosteal implants, considering the loss of dental pillars caused by destructive caries.
Without prejudice to the will of the patient to proceed only to solve the problem in the upper prosthetic grider and considering the presence of a good mechanical functionality of the lower denture, after dental reclamation, we proceeded to restore the superior rehabilitation with the placement of new installations one piece of Italian SCHOOL in premaxilla, maintaining the pre-existing subperiostal implants, placed in the posterior sectors of quadrants 1 and 2.

Aim of the work:

It’s reported below the clinical case of a patient who presented herself to our observation with a fixed implant-prosthetic rehabilitation, upper and lower, with “mixed” support, made in 1977 presenting a fracture of the upper prosthetic girder associated with an inadequate oral hygiene condition.
The superior rehabilitation, no longer functional due to the fracture at the quadrant 2 level, results to remain in situ only thanks to the support of subperiosteal implants, considering the loss of dental pillars caused by destructive caries.
Without prejudice to the will of the patient to proceed only to solve the problem in the upper prosthetic grider and considering the presence of a good mechanical functionality of the lower denture, after dental reclamation, we proceeded to restore the superior rehabilitation with the placement of new installations one piece of Italian SCHOOL in premaxilla, maintaining the pre-existing subperiostal implants, placed in the posterior sectors of quadrants 1 and 2.

Results:

Despite the bad oral hygiene and the absence of professional checks over time, in the reported clinical case, there were no alterations for the upper and lower implants. The permanence over time of the same implants in the upper sector, unlike the dental pillars, has guaranteed the possibility of carrying out, about 40 years later, a new implant-supported rehabilitation, such as to guarantee the patient the restoration of satisfactory masticatory and aesthetic functionality.

Conclusion:

From the description of this clinical case it’s clear the determining role of inadequate hygienic conditions of the oral cavity for implant survival over time, provided that other indications are respected.