Riabilitazioni a carico immediato di edentulie singole con impianti one piece stabilizzati con ago elettrosaldato

Fig. 2 Perdita iatrogena del canino di questa giovanissima paziente (1987).
Scopo del lavoro: Gli autori presentano una metodica implantoprotesica che utilizza impianti emergenti a vite solidarizzati con un ago di titanio, al fine di garantire l’immediata stabilizzazione. La stabilizzazione di un impianto monoblocco (one piece) tramite saldatura con un ago in titanio permette il carico immediato in sicurezza e favorisce il risultato finale dell’osteointegrazione. Tale metodica è stata utilizzata nei casi di monoedentulia associata ad atrofia ossea del settore anteriore superiore e, in particolare, nella sostituzione implantoprotesica del canino.
Materiale e metodi: A dimostrazione di quanto sopra, vengono  descritti due casi clinici osservati in un lungo arco di  tempo. Per il loro trattamento vengono utilizzati impianti in titanio one piece, mentre come struttura di supporto, per il bilanciamento profondo, viene usato un ago di stabilizzazione, tipo Scialom, dello stesso materiale (diametro 1,2 mm e lunghezza idonea ad ottenere il bicorticalismo). Le due componenti vengono tra loro unite con la saldatrice endorale di Mondani.
Risultati: L’utilizzo della metodica, nelle importanti atrofie dei gruppi frontali superiori, consente il carico immediato con protesi fissa in resina alla fine della stessa seduta chirurgica. Trattasi, indubbiamente di una procedura più impegnativa per l’operatore, ma che porta al paziente una serie di vantaggi quali la riduzione delle sedute cliniche e il non utilizzo di elementi protesici mobili.

Il potenziamento immediato della stabilità primaria dell’impianto one piece mediante elettrosaldatura in corso di chirurgia con un impianto accessorio cilindrico sottile in titanio è una tecnica introdotta alla fine degli anni settanta. Scopo della metodica è quello di incrementare la stabilità primaria che, in condizioni normali, è sostenuta dalla forma geometrica degli impianti utilizzati (spira ad ampio passo) e dal fatto che viene ricercato il bicorticalismo. L’utilizzo di impianti in monoblocco di scuola italiana, tipo vite di Tramonte e Garbaccio, specie nelle riabilitazioni di edentulie singole, rende predicibile il successo clinico (1, 2, 3).
Dal punto di vista della resistenza alle sollecitazioni occlusali, statiche e dinamiche, gli impianti one piece specifici per il carico immediato sono di particolare utilità soprattutto in presenza di osso scarsamente mineralizzato e, quando collegati ad altre strutture di supporto atte a formare un corpo unico, ne aumentano il piano di appoggio. Tutto ciò determina il raggiungimento di una stabilità primaria immediata e permanente, tale da velocizzare il processo di osteointegrazione (4, 5, 6, 7).
Il naturale esempio di quanto sopra ci viene mutuato dalla natura. Infatti basta soffermarsi sull’anatomia dei molari destinati a sopportare la maggior parte delle sollecitazioni statiche della masticazione e della deglutizione. La morfologia delle radici di questi elementi dentari è tale da consentire che il carico venga disperso su un’area maggiore rispetto alla loro superficie occlusale (fig. 1) (8, 9, 10).

Fig. 1 Le frecce blu ad indicare la superficie occlusale di carico dei molari. Le frecce rosse la maggior area in cui si scaricano le stesse forze occlusali.
Fig. 1 Le frecce blu ad indicare la superficie occlusale di carico dei molari.
Le frecce rosse la maggior area in cui si scaricano le stesse forze occlusali.

Sfruttando la forma geometrica delle radici dei molari è possibile, nel caso degli impianti, ottenere il bilanciamento profondo della fixture mediante l’infissione di un ago in titanio (tipo ago di Scialom) divergente rispetto all’asse dell’impianto principale. L’ago deve raggiungere e impattare l’osso corticale profondo ed essere saldato con la saldatrice endorale alla vite one piece di base, in modo da formare un unico moncone che verrà poi preparato protesicamente (11, 12).
Oltre a potenziare la stabilità primaria e ad aumentare la resistenza alle sollecitazioni statiche e dinamiche, il bilanciamento profondo svolge anche un’azione antirotatoria, opponendosi all’effetto “svitamento” che può essere causato dalla pressione esercitata dalla lingua durante la deglutizione (13).
Con questa tecnica si eliminano quei pericolosi micromovimenti superiori ai 150 micron dannosi e capaci di inibire l’osteointegrazione degli impianti (14). Il bilanciamento profondo si è dimostrato efficace nel carico immediato di impianti post estrattivi dei settori frontali, con ridotta profondità di osso e/o con osso scarsamente mineralizzato (15).
Di particolare utilità, inoltre, è il suo utilizzo nelle situazioni post traumatiche con perdita di elementi singoli dentari del gruppo frontale superiore. In tali situazioni, la riduzione della disponibilità ossea che può aversi per perdita di parti di corticale e le sopravvenute esigenze estetiche consigliano l’immediata sostituzione protesica del dente avulso. Anche in presenza di situazioni anatomiche con spessori ossei particolarmente ridotti, o quando non si possono o non si vogliono eseguire interventi di chirurgia rigenerativa e/o appositiva, l’utilizzo della metodica sopra indicata risulta di particolare affidabilità ed efficacia. È infatti quasi sempre possibile inserire impianti di dimensioni esigue che si dimostrano particolarmente efficaci perché compresi tra due pareti corticali ravvicinate e appoggiati alle corticali profonde.
L’osso corticale è l’ideale per questi impianti one piece che presentano diametri molto ridotti (compresi tra i 2 e i 3 mm), ma garantiscono ampia superficie di appoggio se stabilizzati con aghi (16).
La vite one piece si avvantaggia del bilanciamento in profondità, quando è utilizzata come doppio impianto sostitutivo specie nella monoedentulia del canino. Ciò in considerazione del fatto che, come nella dentatura naturale, questo elemento dentario deve sopportare, al fine di garantire un’occlusione protetta, tutto il carico in lateralità.
In questi casi è, ovviamente, raccomandato il bilanciamento occlusale sia nella fase di costruzione e posizionamento del provvisorio immediato che nel posizionamento della corona definitiva (17, 18, 19).

MATERIALI E METODI

Vengono utilizzati impianti in titanio one piece del tipo “vite bicorticale di Garbaccio” e “vite di Tramonte”, con diametro alla spira compreso tra 3,2 e 4,5 mm e nucleo di 2,5 mm, costruite nel rispetto delle normative CE (20, 21, 22).
La lunghezza dell’impianto è variabile, in funzione del raggiungimento della corticale profonda (23).
Come struttura di supporto per il bilanciamento profondo è stato usato un ago in titanio tipo Scialom del diametro di 1,2 mm, e lunghezza variabile sempre in funzione del raggiungimento del bicorticalismo.
Gli impianti ad ago utilizzati, realizzati in titanio di grado 4 certificato per uso medicale secondo la norma ASTM F67, sono di forma cilindrica e provvisti di una punta ad angolo acuto che ne permette una facile ed atraumatica penetrazione nel tessuto osseo.
L’ago va inserito in direzione divergente rispetto a quella dell’impianto principale rispettando l’integrità dei denti contigui e spinto in profondità fino a raggiungere ed impattare la corticale profonda. Una volta raggiunta la profondità di impatto va saldato, tramite saldatrice endorale di Mondani, all’impianto in corrispondenza dell’emergenza osteomucosa per formare un unico moncone protesico (24, 25, 26, 27). La biocompatibilità della saldatura che avviene in bocca sulle parti sporgenti e ravvicinate degli impianti di titanio infissi nei tessuti viventi è dovuta alla velocità di passaggio della corrente con un micro tempo-lavoro di 2 millesimi di secondo.
Il micro tempo, abbinato ad una calcolata pressione degli elettrodi sulla struttura da saldare, contribuisce ad evitare che l’enorme gradiente calorico si possa estendere oltre il punto di saldatura evitando qualsiasi propagazione ai tessuti adiacenti. Il titanio, oltre ad essere un cattivo conduttore, ha inoltre una bassa conducibilità termica molto vicina a quella dello smalto. Mentre le saldatrici industriali fondono il titanio solo in presenza di argon ed in assenza dell’ossigeno dell’atmosfera, la piccola saldatrice di Mondani salda gli impianti in titanio anche in presenza di aria, acqua, sangue e saliva.
La saldatrice consente di congiungere e solidarizzare fra loro impianti (monofasici one piece e bifasici two piece) sia per immobilizzarli temporaneamente nel periodo dell’osteogenesi includente, sia per mantenerli sempre uniti. Si è parlato intenzionalmente di “saldatura endorale”, benché tecnicamente non ci si trovi di fronte né ad una fusione né ad una vera saldatura, ma ad un processo ancora più stabile di sincristallizzazione molecolare (28, 29, 30).
La preparazione del sito dell’impianto a vite viene eseguita, dopo apertura del lembo, con le frese autocentranti di Pasqualini, con diametro progressivamente crescente fino a 2,5 mm, montate su micromotore con raffreddamento liquido (soluzione fisiologica).
Nello specifico, con la fresa sonda del diametro di 1,1 mm si raggiunge la corticale profonda. Dopo il controllo radiografico, si riporta la misura ottenuta sulle frese autocentranti completando la preparazione del sito implantare.
Le frese autocentranti sono dotate di punta triangolare tagliente e di dorso triangolare smussato. Questa importante caratteristica permette di realizzare tunnel osteotomici molto precisi e poco traumatici per l’osso ricevente.
L’inserimento dell’ago si avvale della stessa preparazione iniziale del sito con la fresa sonda di 1,1 mm con la quale si raggiunge la corticale profonda. Nel foro osseo così ottenuto si inserisce l’ago di 1,2 mm e lo si accompagna lungo il tragitto preparato con tecnica press-fit mediante un martelletto chirurgico (31).
La metodica indicata prevede l’utilizzo di anestesia plessica e copertura antibiotica. In base al paziente, si preferisce una terapia a scopo precauzionale, con amoxicillina + acido clavulanico, cps 2 g die per 5 giorni ed antiinfiammatori del tipo naprossene sodico, cps 550 mg al bisogno.
Il carico immediato si realizza con corone in resina acrilica mentre la protesi definitiva viene realizzata in metallo-ceramica.
I casi clinici presentati sono stati realizzati in accordo con gli standard etici stabiliti nella Dichiarazione di Helsinki ed il consenso dei pazienti.

Primo caso clinico (figg. 2-12)

Fig. 2 Perdita iatrogena del canino di questa giovanissima paziente (1987).
Fig. 2 Perdita iatrogena del canino di questa giovanissima paziente (1987).
Fig. 3 L’inserimento dell’impianto one piece e la stabilizzazione con il posizionamento di un ago in titanio (tecnica personale).
Fig. 3 L’inserimento dell’impianto one piece e la stabilizzazione con il posizionamento di un ago in titanio (tecnica personale).
Fig. 4 La saldatura endorale dei due manufatti implantari.
Fig. 4 La saldatura endorale dei due manufatti implantari.
Fig. 5 Controllo radiografico. Notare il corretto bicorticalismo.
Fig. 5 Controllo radiografico. Notare il corretto bicorticalismo.
Fig. 6 Il provvisorio immediato ad intervento ultimato.
Fig. 6 Il provvisorio immediato ad intervento ultimato.
Fig. 7 La guarigione dei tessuti “malgrado la biforcazione” a 60 giorni.
Fig. 7 La guarigione dei tessuti “malgrado la biforcazione” a 60 giorni.
Fig. 8 La corona definitiva in oro-ceramica (1987).
Fig. 8 La corona definitiva in oro-ceramica (1987).
Fig. 9 Radiografia.
Fig. 9 Radiografia.
Fig. 10 La funzione disclusiva che elimina qualsiasi precontatto dinamico.
Fig. 10 La funzione disclusiva che elimina qualsiasi precontatto dinamico.
Fig. 11 Aspetto clinico a 28 anni (2015).
Fig. 11 Aspetto clinico a 28 anni (2015).
Fig. 12 La radiografia di controllo evidenzia solo un modestissimo riassorbimento osseo crestale (2015).
Fig. 12 La radiografia di controllo evidenzia solo un modestissimo riassorbimento osseo crestale (2015).

Il caso si riferisce ad una giovane paziente di razza caucasica di anni 18 affetta dalla perdita iatrogena del canino superiore destro e portatrice di elemento sostitutivo mobile senza alcuna funzione dinamica ma solo estetica.
Le sequenze fotografiche dimostrano come i monoimpianti a carico immediato sui canini richiedano lo scrupoloso rispetto della dinamica occlusale.
La protesi provvisoria immediata deve essere precauzionalmente esclusa oltre che dai contatti statici anche dai contatti dinamici che durante il periodo dell’osteogenesi includente potrebbero essere particolarmente traumatici e impedire l’osteointegrazione. La corona definitiva invece rispetta le norme della disclusione fisiologica.
La paziente è stata seguita periodicamente dal 1987 al 2015.

Secondo caso clinico (figg. 13-22)

Fig. 13 Centrale superiore destro in fase espulsiva (1989).
Fig. 13
Centrale superiore destro in fase espulsiva (1989).
Fig. 13 Centrale superiore destro in fase espulsiva (1989).
Fig. 14
Conferma radiografica (1989)
14
Fig. 15 La perdita spontanea del dente.
Fig. 15 La perdita spontanea del dente.
Fig. 16
Al termine dell’intervento
il bipode formato
da una vite rapida e da un ago di stabilizzazione saldati tra di loro a formare un unico moncone protesico. Da notare la grave perdita di osso vestibolare.
Fig. 16 Al termine dell’intervento il bipode formato da una vite rapida e da un ago di stabilizzazione saldati tra di loro a formare un unico moncone protesico. Da notare la grave perdita di osso vestibolare.
Fig. 17 Sutura e provvisorio immediato.

 

Fig. 18 Radiografia.
Fig. 18
Radiografia.
Fig. 19 La corona definitiva in oro-ceramica (1989).
Fig. 19
La corona definitiva
in oro-ceramica (1989).
Fig. 20 Controllo radiografico finale.
Fig. 20 Controllo radiografico finale.

 

 

Fig. 21 Aspetto clinico a 24 anni del medesimo caso (2013).
Fig. 21 Aspetto clinico a 24 anni del medesimo caso (2013).
Fig. 22 La conferma radiografica.
Fig. 22
La conferma radiografica.

Il caso si riferisce ad una donna di razza caucasica di anni 32, il cui incisivo superiore destro, indicato dalla freccia, gravemente compromesso per traumatismo occlusale non controllato clinicamente nel tempo, è stato perso spontaneamente nel 1989.
La correzione dell’edentulia, caratterizzata da marcata atrofia ossea, è stata effettuata utilizzando la metodica sopra descritta e finalizzata protesicamente con una corona definitiva in metallo nobile-ceramica. Il caso è stato seguito clinicamente per 24 anni (1989–2013).

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Alla luce dei risultati clinici riportati ed evidenziabili anche dal materiale fotografico è possibile dire che, in caso di atrofie importanti dei settori mascellari, l’utilizzo di impianti, pur di dimensioni esigue, consente il raggiungimento di buoni risultati terapeutici (32, 33, 34). La condizione principale è che questi impianti vengano, durante la stessa fase chirurgica, solidarizzati con un ago di titanio che consente l’ottenimento del bilanciamento profondo. Tale condizione garantisce una serie di vantaggi funzionali che permettono l’immediato carico nel rispetto delle regole dell’equilibrio occlusale statico e dinamico.
Il carico immediato è particolarmente indicato nelle monoedentulie e quando le condizioni estetiche impongono il pronto intervento terapeutico. Allorquando si procede con tale programmazione terapeutica è necessario però tenere in debita considerazione alcune caratteristiche dei denti frontali (incisivi centrali, laterali e canini) poiché questi presentano un’inclinazione diversa rispetto a quella di premolari e molari. Le sollecitazioni occlusali, infatti, non sono coassiali all’asse maggiore delle radici, ma generano forze trasversali; quelle di premolari e molari producono forze che si disperdono lungo l’asse maggiore delle radici. È questa la ragione per cui i “denti frontali” non devono avere contatti nell’occlusione statica fisiologica, ma devono soltanto sfiorarsi. In caso contrario verrebbero gravemente danneggiati durante la fase terminale della deglutizione (sovraocclusione) dalle forze trasversali non coassiali all’asse maggiore delle radici (fig. 23).

Fig. 23 Frecce rosse ad evidenziare la diversa inclinazione dei denti frontali in confronto all’inclinazione delle radici dei premolari e molari (frecce verdi).
Fig. 23
Frecce rosse
ad evidenziare la diversa inclinazione dei denti frontali in confronto all’inclinazione delle radici dei premolari e molari (frecce verdi).

Per questo motivo anche le corone protesiche posizionate su impianti frontali, così come i corrispondenti denti naturali, non devono avere contatti statici: devono solo sfiorarsi e guidare, dopo il completamento dell’osteogenesi, i movimenti dinamici (35). L’importanza della correttezza dell’occlusione trova riscontro nella durata della riabilitazione implantare. Purtroppo, spesso il fallimento degli impianti, invece, viene addebitato a cause microbiche, a patologie sistemiche, a igiene inadeguata e/o

tabagismo (36, 37, 38, 39, 40). ●

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To cite: Doctor Os • maggio 2016 • XXVII 05
Autore: Marco E. Pasqualini*, Franco Rossi*, Luca Dal Carlo*, Domenico Colombo*, Michele Nardone* , Mike Schulman**, Francesco Carinci***, Sheldon Winkler****
Istituzione: * Libero professionista ** Private practice Clifton, NJ USA *** Università degli Studi di Ferrara **** Midwestern University School of Dental Medicine, Glendale, Arizona USA