Valutazione del croma dentario a breve termine dopo utilizzo di un nuovo sistema di sbiancamento al sodio percarbonato

    Evaluation of chroma changes after a short period with new sodium percarbonate bleaching treatment

    croma dentario
    Scopo del lavoro: Scopo di questo studio è quello di valutare le variazioni di croma dentario, analizzando il L.a.b., della superficie dentale dopo l’utilizzo di un nuovo trattamento di sbiancamento al sodio percarbonato allo 0,16%.
    Materiali e metodi:

    Un gruppo di 10 soggetti con una buona salute orale sono stati selezionati. Il gruppo sperimentale ha effettuato un trattamento sbiancante con sodio percarbonato allo 0,16%. Dopo una prima rilevazione del L.a.b., è stata eseguita un’applicazione di 15 minuti di prodotto sbiancante, quindi sono stati rilevati i valori L.a.b. (T1= tempo uno). Al termine sono state effettuate due applicazione di 15 minuti, quindi sono stati rilevati i valori L.a.b. (T2= tempo due).La registrazione del croma è stata eseguita con uno spettrofotometro alta precisione (SpectroShade micro, MHT, Italia). Il croma è stato rilevato sulla superficie vestibolare dell’incisivo centrale (elemento 2.1) e incisivo laterale (elemento 2.2). Lo spettrofotometro analizza oltre 2 milioni di punti di riferimento e calcola il sistema Lab per codificare colore. In particolare “L” indica la brillantezza e rappresenta il valore, i denti sono più bianchi quando il valore è alto, “a” indica la quantità di rosso e verde e rappresenta il croma, “b” indica la quantità di blu e giallo e corrisponde al colore.

    Risultati:

    I risultati hanno evidenziato un ΔE positivo (+4) dopo la prima applicazione (tra T0 e T1) ed un ΔE pari a +4,9 dopo la terza applicazione (tra T0 e T2). La procedura sperimentale è stato portato a termine senza complicazioni ed è stato ben tollerato dai pazienti.

    Conclusioni:

    Il trattamento sbiancante con sodio percarbonato mostra buoni risultati.

    Come noto, il sorriso svolge un ruolo centrale nelle interazioni sociali e modifica la percezione della collettività nei confronti del singolo individuo: tale considerazione porta a un significativo aumento delle richieste di trattamenti estetici odontoiatrici, in particolare legate al croma dentario (Carey, 2014). Nello specifico, una colorazione estremamente chiara degli elementi dentari suscita maggiore attrattiva sociale rispetto a sorrisi dal colore più naturale (Montero, 2014). Per eseguire lo sbiancamento dentario si possono utilizzare diverse metodiche, queste variano a seconda di alcune variabili come – agente sbiancante utilizzato, – sua concentrazione, – tempo di applicazione, – modalità di applicazione, – consistenza del prodotto e – attivazione tramite fonti di luce o calore. Tale considerazione rileva come sia possibile effettuare un altissimo e diverso numero di modalità di sbiancamento, tutti utili a poter scegliere la tecnica di sbiancamento più adatta al singolo paziente e più consona alla attività clinica del singolo professionista odontoiatra. Sono quindi numerose le tecniche di sbiancamento ed è deontologicamente necessario partecipare con il paziente ad un momento di scelta che preveda l’illustrazione di tutte le metodiche, per poi utilizzare quella a lui consona; considerando non solo aspetti clinici, ma anche organizzativi ed economici. Il principio attivo più utilizzato negli agenti sbiancanti è il perossido d’idrogeno, direttamente applicato sulle superfici dentali o indirettamente ottenuto dalla scissione del perossido di carbammide in presenza di umidità in perossido d’idrogeno e urea (Azer, 2011). Sebbene il meccanismo d’azione del perossido d’idrogeno e il suo effetto su smalto e dentina non siano ancora stati del tutto compresi dalla letteratura scientifica (Kihn 2007, Hanning 2003), è nota la capacità del perossido d’idrogeno di permeare smalto e dentina e di produrre radicali liberi in grado di scomporre le molecole pigmentanti presenti nella sostanza dentale. Sono invece pochi gli studi che analizzano gli effetti del sodio percarbonato utilizzati per lo sbiancamento dentario, e tutti in regime domiciliare. L’efficacia clinica di questo agente sbiancante è stata dimostrata osservando un sensibile miglioramento del colore e quindi dei parametri L*a*b* degli elementi dentari trattati (Date, 2003). Durante l’esecuzione dello sbiancamento domiciliare con percarbonato di sodio, l’unico effetto avverso documentato è una leggera e transitoria ipersensibilità che si conclude al termine della procedura (Karpinia, 2003). Per quanto riguarda la comparazione con altri principi è stato provato che l’uso di paste dentifrice contenenti percarbonato di sodio posseggono un potere sbiancante che risulta essere più del doppio rispetto al perossido di carbammide (Barlow, 2003). Nonostante i buoni risultati che emergono dagli studi condotti, sembrerebbe che il percarbonato di sodio rispetto al perossido di idrogeno nell’applicazione domiciliare abbia una minore efficacia soprattutto nei confronti dei valori L* e *b (Bizhang, 2009). In letteratura non sono presenti invece studi che prendano in considerazione l’utilizzo di prodotti contenenti percarbonato di sodio nella pratica clinica professionale. Per questo motivo abbiamo inteso valutare l’efficacia di una nuova tecnica di sbiancamento professionale utilizzando un prodotto contenente sodio percarbonato (Whitening world ltd DBA beaming white, HA 2586. Compliant PKB percarbonate). Al fine di ottenere una valutazione oggettiva delle differenze di colore ottenute dal prodotto contenente sodio percarbonato è stato impiegato uno spettrofotometro SpectroShade (MHT, Arbizzano di Negrar, Verona), per l’analisi del colore sugli incisivi centrali e laterali superiori di un campione di pazienti, prima, durante e dopo il trattamento sbiancante.

    MATERIALI E METODI

    Sono stati arruolati in modo consecutivo soggetti che hanno richiesto trattamenti sbiancanti dei denti, in buone condizioni di salute generale, privi di carie, malattia parodontale e restauri a carico degli elementi frontali di entrambe le arcate. Sono stati esclusi soggetti con discromie intrinseche accentuate come da amelogenesi imperfetta, fluorosi o da tetracicline, in particolare sono stati selezionati secondo alcuni criteri di inclusione (PSR 2, tra 18 e 50 anni) e di esclusione (patologie sistemiche, terapie farmacologiche, pazienti ortodontici o con elementi protesici e restauri da 1.3 a 2.3, lesioni cariose in atto, presenza di tartaro e trattamenti sbiancanti nei 24 mesi precedenti. Ai soggetti è stato consegnato un consenso informato e sono state illustrate tutte le tecniche disponibili utili per lo sbiancamento dentario; sono stati arruolati, nel caso decidevano di utilizzare il prodotto contenente sodio percarbonato. Per lo studio ne sono stati selezionati 10. Il sistema di sbiancamento dentale non necessita di alcuna protezione per le mucose gengivali. Prima di iniziare la procedura è stato eseguito un attento spazzolamento dei denti senza dentifricio, e se necessario, una ablazione del tartaro. Quindi è stata acquisita una fotografia frontale ed è stato rilevato un campione di riferimento della scala vita. Successivamente è stato utilizzato lo strumento Spectroshade Micro™ per la rilevazione dei parametri basali (T0=tempo zero) di L (Valore), a (Croma), b (Tinta) a carico di incisivi superiori destri (1.1 e 1.2). Al fine di rendere maggiormente precisa la rilevazione L.a.b., per ogni dente analizzato è stato rilevato il colore in tre zone: cervicale, media e incisiva. Il trattamento sbiancante ha previsto l’applicazione per 1 minuto di uno spray con attivatore e l’ utilizzo di un divaricatore per labbra. È stato poi steso il gel sbiancante sui denti con percarbonato, quindi attivato tramite luce LED Light Emitting Diode. È stata eseguita un’applicazione di 15 minuti di prodotto sbiancante, quindi sono stati rilevati i valori L.a.b. (T1= tempo uno). Al termine sono state effettuate due applicazione di 15 minuti, quindi sono stati rilevati i valori L.a.b. (T2= tempo due). Al termine della procedura è stato consegnato un questionario di gradimento sullo sbiancamento dentario. Il colore è stato misurato con uno spettrofotometro, Spectroshade (MHT, Arbizzano di Negrar, Verona). Tale strumento si basa su una tecnologia a LED ed è in grado di acquisire l’immagine di un dente, visualizzarla sul display e analizzarla studiando il colore principale del dente o la sua mappatura cromatica nei tre terzi del dente: incisale, medio e cervicale. La misurazione del colore avviene grazie a una sorgente di luce che crea l’intero spettro della luce visibile. L’immagine dell’area così illuminata viene poi riflessa in un sensore CCD bianco e nero posizionato alla fine del sistema ottico e in grado di leggere i dati nello spettro visibile compreso tra i 400 e i 700 nm. Per rielaborare i dati cromatici acquisiti si sfrutta il sistema CIE L*, a*, b*, dove L* indica la chiarezza del colore da 1 (nero) a 100 (bianco) e corrisponde al valore, a* indica la quota di verde e rosso su una scala da –a (verde) a +a (rosso) e s al croma, b* contrassegna la quantità di blu e giallo in una scala da –b (blu) a +b (giallo) e corrisponde alla tinta (Joiner, 2008). Applicando la seguente formula è possibile calcolare la differenza di colore (ΔE) di due rilevazioni dello spettrofotometro: ΔE=(ΔL2+Δa2+Δb2)1/2, dove ΔL è la differenza dei due valori L, Δa la differenza dei due valori a e Δb la differenza dei due valori b. ΔE esprime la differenza di colore complessiva tra due campioni, espressa come distanza tra due punti nello spazio del colore e rappresenta pertanto una valutazione oggettiva.

    RISULTATI

    Il trattamento sbiancante è stato eseguito senza effetti avversi in tutti i pazienti, senza fenomeni di ipersensibilità dentinale e disgeusia. In nessuno dei casi è stato necessario sospendere il trattamento per la comparsa di effetti avversi. L’intero campione analizzato ha risposto di essere ampiamente soddisfatto dei risultati ottenuti. I risultati spettrofotometrici evidenziano:

    • un aumento complessivo di L* (+2,9), in particolare +2,0 dopo la prima applicazione (T1) e +0,9 dopo la terza applicazione (T2);
    • una non variazione sostanziale di a* (-0,1), in particolare -0,1 dopo la prima (T1) applicazione e -0,0 dopo la terza (T2);
    • una riduzione di b* (-2,8), in particolare -2,7 dopo la prima applicazione (T1) e -0,1 dopo la terza applicazione (T2);
    • un ΔE positivo (+4) dopo la prima applicazione (tra T0 e T1) ed un ΔE pari a +4,9 dopo la terza applicazione (tra T0 e T2).

    Di seguito alcune immagini:

    • confronto prima e dopo applicazione del prodotto sbiancante, in particolare 1.1 (fig. 1) e 1.2 (fig. 2), a sinistra prima a destra dopo;
    • confronto prima e dopo applicazione del prodotto sbiancante, in particolare 1.1 (fig. 3a, 3b) e 1.2 (fig. 4a, 4b), con analisi spettrofotometrica e scala vita.

    DISCUSSIONE

    In letteratura la percezione della differenza di colore da parte del soggetto è valutata come ΔE, risultata essere se maggiore di 2,14 (Salem, 2011); l’occhio umano sembra quindi essere in grado di percepire differenze di colore superiore a 2 quando misurate con uno spettrofotometro. Nello studio è stato percepito un ΔE pari a +4,9, quindi ampiamente al di sopra della soglia di percezione del soggetto; tale considerazione ha trovato riscontro nella dichiarata soddisfazione e percezione del cambiamento avuto da tutti i soggetti che hanno espresso il proprio parere attraverso il questionario. Dopo la prima applicazione il dato della percezione è risultato l’81% del risultato complessivo al termine della procedura. La tecnica ha prodotto inoltre una significativa riduzione di b* (-2,8) corrispondente a una variazione della tinta del dente, producendo, anche in questo caso, uno sbiancamento con un elevato grado di soddisfazione da parte del paziente secondo quanto indicato dalla letteratura scientifica; Oltre alla capacità di percezione dell’occhio, infatti, bisogna tener presente il parametro di riferimento che il paziente ritiene soddisfacente come risultato del trattamento sbiancante; è stato riscontrato che il grado di soddisfazione del paziente è correlato maggiormente con le variazioni di b* dello spettrofotometro piuttosto che di L* o a*; pertanto Δb, la riduzione di giallo o cambiamento della tinta, è di primaria importanza per la valutazione dell’efficacia di prodotti sbiancanti (Joiner, 2008). Analogamente al risultato di ΔE, b* si è ridotto quasi al 100 per cento subito dopo la prima applicazione. Tutti i soggetti sono rimasti soddisfatti per i risultati ottenuti; tale affermazione merita alcune considerazioni. Spesso i pazienti sopravvalutano l’efficacia che potrebbero avere i trattamenti di sbiancamento dentario, con il risultato conseguito che non risulta soggettivamente gratificante e soddisfacente per il paziente. Nello studio tutti si sono dichiarati ampiamente soddisfatti del risultato ottenuto. Per questi motivi chi desidera sbiancare i denti deve essere oggetto, prima dello sbiancamento dentario, di una lunga ed approfondita condivisone sulle aspettative e sui desideri; successivamente devono essere informati sulle reali potenzialità per limitare e condividere l’impossibilità di insperati risultati. Tale considerazione risulta inoltre necessaria se introduciamo il tema del limite e della responsabilità della garanzia dei mezzi o del risultato nei trattamenti estetici. Ulteriori indagini sono però necessarie per definire il potenziale della tecnica di sbiancamento nel tempo, potenziale che deve essere conosciuto perché adeguato alle soggettive esigenze del paziente; non tutti i pazienti desiderano il migliore e più efficace trattamento sbiancate, tutti desiderano il trattamento sbiancante adatto ed adeguato alle proprie aspettative e desideri. Dallo studio emerge inoltre in modo chiaro come l’efficacia del prodotto sia sufficiente a determinare risultati significativi già dalla prima applicazione di 15 minuti. Tradizionalmente distinguiamo l’approccio detto “in office”, “alla poltrona” o professionale in cui l’operatore applica il principio attivo e supervisiona il suo utilizzo, da approcci domiciliari, detti “home bleaching”, in cui il paziente autonomamente applica lo sbiancante senza contatto con l’odontoiatra o con l’igienista. Lo sbiancamento professionale domiciliare è diventato un metodo molto diffuso per la riduzione dei tempi operativi “alla poltrona”, per la bassa incidenza di effetti collaterali e per l’efficacia sbiancante (Hasson et al. 2006).

    CONCLUSIONI

    Considerando i risultati ottenuti si può ipotizzare il suggerimento e le spiegazioni di utilizzo del prodotto nell’ambulatorio medico per poi utilizzare il prodotto a casa. Alla luce di queste osservazioni si può concludere che l’approccio allo sbiancamento dentario contenente sodio percarbonato rappresenta una valida alternativa alla tradizionale applicazione di perossido d’idrogeno. Tuttavia questo non esclude l’utilizzo di altri prodotti sbiancanti, a seconda delle esigenze del paziente e del clinico odontoiatra.

    Bibliografia:
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