Tempus fugit

“Il tempo vola” è una delle lamentele più comuni che sentiamo ripetere nel frenetico operare quotidiano. Ma il tempo è sempre quello, anche se tanti scienziati si sono interrogati sulla sua relatività. Che l’osservazione delle lancette si correli inesorabilmente con l’avanzare dell’età è un concetto diffuso che, però, è stato messo in discussione da una ricerca (Time & Society) in cui si afferma che il tempo sembra scorrere più velocemente quando si è stressati. E questo a qualunque età, venti, cinquanta o sessanta anni.
In altre parole, dovremmo parlare di “tempo pressante” in quanto la sensazione che il tempo voli è legata all’impressione di non avere un numero di ore sufficienti per svolgere tutti gli impegni che ci siamo (o ci hanno) imposti di concludere. Le infinite scadenze che ogni mattina ci vengono ricordate quando apriamo le nostre mail ci impongono un momento di riflessione. Anche perché questa fretta operativa è causa di una sgradevole impressione: quella di non vivere in maniera piena momenti e situazioni che invece lo meriterebbero.
L’attesa di un momento felice, di un giorno di festa, è spesso rovinata da tutte le nostre incombenze.
L’attesa amplifica i momenti piacevoli. “Il sabato del villaggio” di Leopardi lo ha detto magnificamente. È difficile, se non impossibile, quando si è oppressi da mille impegni, non sentire il dovere di evadere tutto nei termini stabiliti.
Come provvedere? Non esiste una risposta definitiva a questa domanda ma è certo che il ricorso ad una buona organizzazione della nostra attività intellettuale e professionale aiuterebbe. Dovremmo tutti applicare il “taylorismo” alla nostra attività per poter poi avere un po’ di tempo per il nostro privato.
Taylor aveva studiato i movimenti che l’operaio compie nel suo lavoro e li aveva coordinati per renderli più veloci. Altrettanto dovremmo fare noi facendo una analisi operazionale nel nostro cervello, controllandolo, regolandolo, coordinandolo con l’obiettivo di riuscire a trovare tempo: per lavorare, per leggere per aggiornarsi, per prendersi cura di se stessi, dei nostri cari, dei nostri soci.
Il risultato: maggior rendimento, minore dispendio di energie, troppo spesso impiegate nell’affannosa e non sempre costruttiva necessità di postare per primi accattivanti e sensazionali comunicati sui vari social network.

Antonella Abbinante
Consigliere Culturale AIDI