In pieno accordo tra i medici e gli odontoiatri nell’ultima riunione del Consiglio nazionale avvenuta il 17 febbraio 2017 si è sollecitata l’adesione ad una petizione per quanto concerne la pressante richiesta di riportare sotto il controllo degli Ordini la pubblicità dell’informazione sanitaria che, come è noto, attualmente, presenta aspetti troppo spesso del tutto negativi per una vera tutela della salute pubblica.
La petizione, nata spontaneamente, faceva sintesi di tutte le richieste e osservazioni che a vario titolo e in più occasioni, anche in documenti ufficiali, la federazione aveva rappresentato agli interlocutori istituzionali e politici.
Si veniva a determinare il convincimento nei fatti e pubblicamente, anche nei semplici cittadini, della necessità di verifica degli Ordini sanitari in via preventiva rispetto alla pubblicazione del messaggio.
Posizione da sempre espressa dalla CAO-FNOMCeO e, in via del tutto naturale, per questo ci siamo totalmente impegnati.
Non si tratta di voler creare barriere corporative, si tratta come comprende qualsiasi persona di buonsenso, di impedire il proliferare di forme di autentico mal costume che hanno il solo scopo di suggestionare l’opinione pubblica con evidenti pericolose ricadute per la salute della collettività.
Queste forme di pubblicità ingannevole dovrebbero essere sanzionate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust). Avviene, purtroppo, il contrario, in quanto la stessa Autorità tende a privilegiare soltanto una malintesa logica di tutela della libera concorrenza senza comprendere che in sanità tutto quello che è “a buon mercato” non garantisce in alcun modo la salute dei cittadini.
Il diritto alla salute non può essere tutelato quando il danno derivante da una informazione scorretta si sia già manifestato.
Non sempre è possibile risolvere questioni di danno biologico soltanto attraverso un intervento economico risarcitorio che non potrà mai garantire il recupero della salute del paziente.
Il buonsenso, quindi, dovrebbe portarci a ritenere fondamentale un intervento preventivo, a livello disciplinare delle CAO provinciali.
Il potere disciplinare sugli iscritti anche nel campo di eventuali violazioni deontologiche sulla pubblicità sanitaria dovrebbe rimanere di competenza dell’Ordine.
L’intervento dell’Antitrust su queste forme di pubblicità scorretta costituirebbe comunque un deterrente importante per stabilire una nuova cultura nella valutazione dei messaggi pubblicitari in campo sanitario, che permetterebbe, in breve tempo, di superare l’odierno “far west”.
In questo modo si potrebbe promuovere una nuova forma di correttezza nella pubblicità sanitaria per cui sarebbe necessario anche un eventuale intervento normativo, primo fra tutti quello della riforma della c.d. Legge Bersani (L. 4/08/2006 n°248).
La citata mozione, pubblicata su Facebook dal Dr. Gilberto Triestino, ha consentito di dare corpo alla nostra battaglia. Motivo per cui abbiamo invitato gli iscritti ad assumere una posizione chiara e netta che ha trovato riscontro in migliaia di sottoscrittori anche attraverso messaggi di condivisione diretta agli Ordini provinciali.
La modifica della legge Bersani, infatti, confermiamo il nostro parere, costituisce senz’altro la strada più breve per reprimere forme di pubblicità sanitaria scorrette ed indecorose.
Stiamo studiando anche da un punto di vista giuridico la possibilità di far approvare un regolamento ministeriale, o ancor meglio un D.P.R, che sulla falsariga di quanto già codificato con il D.P.R. n. 137/2012 (Regolamento sulla riforma degli Ordini Professionali) stabilisca regole più incisive sulla pubblicità dell’informazione sanitaria, garantendone la legittimità, ma delineando un sistema di regole e garanzie, che non la rendano ingannevole nei confronti dei cittadini.
Per quanto riguarda i medici, posso affermare con piena convinzione che, se c’è un tema su cui tutte le professioni sanitarie sono d’accordo (quindi non solo i medici e gli odontoiatri) è quello di una nuova disciplina della pubblicità in materia sanitaria rispettosa dell’etica a tutela non della corporazione ma dei cittadini utenti. ●