Le novità all’orizzonte con il Ddl sulle professioni


Lo scorso 28 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato quello che è stato subito definito il Ddl sulle professioni (n. 2233). Al momento di redazione del presente articolo il disegno di Legge risulta in discussione al Senato in attesa di poter iniziare il suo iter parlamentare. Trattandosi di un disegno di legge, e quindi non di una norma già in vigore e/o definitiva, necessiterà di votazioni favorevoli e probabilmente sarà oggetto di qualche modifica. Tuttavia, salvo eventuali crisi parlamentari, il provvedimento è stato ampiamente “pubblicizzato” e probabilmente verrà utilizzato, anche a scopi mediatici, per rappresentare l’impegno tangibile del governo verso il mondo delle professioni.
In effetti il mondo delle professioni non era ancora stato oggetto di uno specifico provvedimento nell’era Renzi, salvo il mondo sanitario che è stato coinvolto nel “non indolore” invio dei dati dei pazienti al Sistema Tessera Sanitaria.
Il Ddl ha in realtà una doppia natura che si rispecchia anche nella sua divisione in due Titoli differenti:

  • il primo denominato “Tutela del lavoro autonomo”;
  • il secondo intitolato “Lavoro agile”.

Nel presente articolo ci occuperemo del primo Titolo che contiene, peraltro, anche qualche buona notizia fiscale. Il secondo Titolo, infatti, riguarda soprattutto nuovi tipi di professioni meno legate al contatto fisico con il paziente e più dematerializzate, oltre che essere, secondo il parere di chi scrive, potenzialmente più soggetto a modifiche e integrazioni.
Analizziamo nel dettaglio quindi, salvo le eventuali variazioni e migliorie che potrebbero essere apportate, le novità in corso di introduzione da parte del Ddl, il cui spirito ispiratore va sicuramente nella direzione giusta.

Modifiche su termini e condizioni contrattuali nei rapporti tra professionisti e pazienti/imprese
Per quanto nel mondo odontoiatrico non sia così frequente l’utilizzo di contratti scritti per regolare il rapporto tra colleghi o tra società e professionisti, alcune delle modifiche sotto citate dovrebbero spingere il settore ad una maggiore formalizzazione giuridica oltre che a qualche cambiamento in merito ai termini di pagamento mediamente praticati.
Sono vietate, e comunque prive di efficacia giuridica, le clausole contrattuali con cui:

  • si attribuisce al committente (paziente o società/studio nei confronti del collaboratore) la facoltà di modificare in modo unilaterale (cioè senza il consenso dell’altra parte) le condizioni del contratto;
  • si attribuisce al committente (paziente o società/studio nei confronti del collaboratore) la possibilità di recedere dal contratto (“uscire” ponendovi fine) senza congruo preavviso;
  • si concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data del ricevimento da parte del committente (paziente o società/studio nei confronti del collaboratore) della fattura o della richiesta di pagamento.

Si introduce inoltre la previsione per cui è considerato abusivo il rifiuto del committente (paziente o società/studio nei confronti del collaboratore) di stipulare il contratto in forma scritta.
Le varie norme proposte avrebbero tutte la finalità di tutelare il professionista nelle situazioni in cui questo può considerarsi “parte debole”. Si ritiene che quanto sopra riportato non avrà grandi effetti nei rapporti medico-paziente (salvo forse sul tema dei termini di pagamento) che si può dire già sufficientemente equilibrato. Al contrario, la maggiore portata potrebbe aversi nei rapporti tra odontoiatra collaboratore e centri dentali/studi più o meno strutturati, dove sarebbe ormai più che opportuno stilare un contratto scritto di collaborazione chiaro e condiviso.
Stipulare un contratto di collaborazione professionale ha diversi vantaggi:

  • stabilire, in tempi non sospetti, i termini e le modalità di pagamento;
  • chiarire le responsabilità e gli eventuali rischi professionali;
  • affrontare subito eventuali problemi di concorrenza sleale e di rapporti con la pazientela;
  • stabilire modalità qualitative e quantitative di erogazione della prestazione sanitaria;
  • chiarire la durata della collaborazione e i termini di “preavviso” in caso di disdetta di una delle due parti.

Giudizio
Tendenzialmente positivo, in termini generali la tutela delle parti più deboli nei rapporti contrattuali tende a garantire un mercato più equo e qualitativo nel lungo periodo. Non vanno però dimenticate le distorsioni e i rischi di eccessive tutele; per tale ragione sarà più che opportuno formalizzare qualsiasi tipo di collaborazione odontoiatrica (sia tra diversi professionisti, sia tra professionisti e studi associati sia tra professionisti e centri dentali). Affrontare eventuali punti di attrito prima del tempo consente spesso di evitare problemi successivamente.

Indennità di maternità, malattia e congedo parentale
Per quanto entrare nei dettagli pratici di questo specifico tema esuli dallo scopo di questo articolo, si segnala che il Ddl vorrebbe estendere e incrementare le tutele in caso di maternità, malattia e congedo parentale nel mondo professionale. Con le dovute differenziazioni, lo scopo è quello di ridurre la distanza sostanziale che vi è, su questo tema, tra i lavoratori dipendenti ed i professionisti con partita IVA. Pregevole è l’intenzione di rendere ininfluente l’effettiva astensione o continuazione dell’attività professionale rispetto alla possibilità di usufruire delle tutele offerte in tema di maternità.

Giudizio
Sicuramente positivo: anche se è comunque difficile offrire le stesse garanzie di cui gode un lavoratore dipendente in questi ambiti anche ad un libero professionista, proprio in virtù della personalità del rapporto medico-paziente, apprezzabile è il tentativo di ampliare le tutele anche ai professionisti i quali, troppo spesso, sono stati lasciati a loro stessi senza il minimo aiuto da parte del sistema. Si ricorda che a riguardo sarà opportuno un confronto preventivo con il proprio consulente del lavoro.

Maggiore deducibilità per le spese di formazione professionale
Una norma quanto mai iniqua nei confronti dei professionisti riguarda le spese di partecipazione a convegni, congressi e simili o a corsi di aggiornamento professionale. Sebbene vi siano obblighi normativi di formazione continua a tutela dell’aggiornamento e della qualità professionale, i professionisti si trovavano oggi nella strana condizione di non poter dedurre interamente questo genere di costi chiaramente inerenti alla loro attività professionale. Prima della modifica proposta dal Ddl in commento, infatti, la percentuale di detrazione era ridotta al 50% (il restante 50% era quindi indeducibile).
Seppur parzialmente giustificata da comportamenti alle volte non corretti (in cui si è visto unire attività formativa con attività ricreativa/vacanziera) questa limitazione risultava obiettivamente illogica e penalizzante per una categoria normativamente obbligata ad aggiornarsi professionalmente. La situazione peraltro era aggravata dal fatto che in questa limitazione venivano incluse anche le spese di viaggio e soggiorno strumentali alla partecipazione ai convegni o ai corsi.
Il Ddl prevedrebbe invece un’integrale deducibilità di tali spese fino al limite quantitativo di 10.000 euro annui (limite tutto sommato ragionevole). Ciò non toglie che i costi in questione debbano sempre rispettare i requisiti di inerenza con l’attività professionale.
Sostanzialmente nella stessa direzione si colloca la previsione di deducibilità integrale (100%), nel limite annuo massimo però di 5.000 euro, delle spese sostenute per “i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle condizioni del mercato del lavoro, erogati dagli organismi accreditati ai sensi della disciplina vigente”. In tale formulazione dovrebbero essere ricompresi anche i master di specializzazione e di vario tipo, che però alle volte hanno costi ben superiori a 5.000 euro annui.

Giudizio
Sicuramente positivo: anche se si tratta di rimediare a una ingiusta stortura del nostro sistema tributario e non di agevolare un’attività così importante e strategica come quella della formazione, la modifica va accolta con favore. Sui limiti quantitativi forse si sarebbe potuto fare di più, ma in pratica l’effetto è quello di una riduzione del carico fiscale effettivo (le tasse pagate) per tutti quei professionisti che investono sulla propria formazione o su quella del proprio team di studio.
Se si pensa che a fronte di redditi relativamente elevati il peso di imposte e contributi Enpam supera ampiamente il 50%, il costo della formazione e delle prestazioni assimilate assume ora una convenienza maggiore.

Conclusioni
Per quanto sia ancora presto per “cantare vittoria” e si debba aspettare l’effettiva approvazione del provvedimento in questione, le novità qui sintetizzate portano ad un moderato ottimismo.
Forse molti odontoiatri avrebbero auspicato interventi in termini di tutela della qualità dei servizi erogati, di equa concorrenza e di pubblicità in un settore così delicato. Gli ambiti appena citati necessiterebbero certo di maggiore chiarezza, omogeneità ed effettività, ma queste novità all’orizzonte non confliggono con gli obiettivi di una professione indipendente e di qualità.
Il motivo di maggiore ottimismo è che sembrerebbe che il governo si sia finalmente accorto dell’importanza economica di un mondo così ampio come quello delle professioni, negli ultimi anni troppo spesso criticato e rappresentato come “corporativo” ed anti-storico (alcune volte, è giusto dirlo, anche a ragione).
Che sia finita la crociata contro i professionisti?
Forse però sarebbe lecito aspettarsi di più in termini di incentivi per un settore ad alta competenza (strategico per un Paese ad economia avanzata) e che garantisce numerosi posti di lavoro.●

Umberto Terzuolo
Alessandro Terzuolo

A cura di: Studio Terzuolo-Brunero e Associati