Il passaggio generazionale dello studio odontoiatrico

Perché non va sottovalutato il valore dello studio

Il tema del passaggio generazionale degli studi odontoiatrici ha acquisito, nell’ultimo quinquennio in particolar modo, un peso sempre maggiore in termini di frequenza e importanza delle operazioni.
In realtà la discussione intorno all’argomento del passaggio generazionale delle attività economiche è un tema che appassiona gli esperti sia in Italia che in Europa. È stata infatti la stessa Commissione europea in due raccomandazioni, già nel 1994 e nel 1998, a spingere gli Stati membri (della Comunità Europea) a favorire il passaggio da una generazione imprenditoriale alla successiva e, ci permettiamo di dire, lo stesso discorso vale per i professionisti. È infatti stato dimostrato come la mancata corretta impostazione di questa fase critica nella vita di un’azienda, ma in questa sede parleremo chiaramente di uno studio più o meno grande, rischia di disperdere il valore economico creato in tanti anni di attività e di difficili sfide vinte.
Si badi bene però che per passaggio generazionale non si intende solamente un passaggio di testimone alla generazione successiva da parte del dentista, ossia ai propri figli o nipoti. Si intende, invece, quel complesso processo che permette di non disperdere il valore economico creato, eventualmente anche monetizzandolo a favore appunto dei propri eredi. È stato statisticamente riscontrato un tasso di dispersione dei valori di aziende o studi professionali tanto più alto quanto più piccolo è lo Studio, sia in termini di mere dimensioni che, soprattutto, in termini di struttura operativa.
Nell’articolo in commento, oltre a evidenziare alcuni aspetti tecnici, ci preme sottolineare come questo fenomeno sia di rilevante importanza per la vita economica del Paese e più specificamente per le tasche o il portafoglio dell’odontoiatra. Non dimentichiamo però di considerare gli impatti sociali che la chiusura di uno studio, per la fine dell’attività del professionista di riferimento, comporta in termini di occupazione nei confronti delle personale dipendente e, perché no, di disagio nei confronti dei pazienti che vantavano un rapporto di fiducia consolidato negli anni.
Ci preme pertanto sensibilizzare il mondo dentale, ma spesso il ragionamento vale per tutti i professionisti, sulla necessità imprescindibile di affrontare lo scomodo argomento del “cosa succederà dopo di noi al nostro studio”. A questa “scomoda” domanda, che mette in crisi la nostra sicurezza di sentirci unici ed indispensabili, si possono dare diverse risposte che possono coinvolgere:

  • legami di parentela;
  • legami di stretta amicizia del dentista di riferimento;
  • acquirenti trovati per conoscenze più o meno durature o superficiali;
  • professionisti esperti in questa materia che si occupano di gestire questo delicato passaggio.

In quest’ultimo decennio ci siamo infatti trovati inizialmente a rispondere alla richiesta di nostri clienti di gestire l’inserimento di nuovi odontoiatri all’interno dello studio al fine di veicolare a loro lo studio del domani. Sono poi diventate sempre più frequenti le situazioni in cui gli stessi odontoiatri ci chiedevano, e ci chiedono, di valutare in modo neutrale e terzo il loro studio al fine di garantire una trattativa tra parti indipendenti, per finire poi, specialmente nell’ultimo triennio e sempre più spesso, nel gestire opposte richieste di “vendita” o di “acquisto” del proprio studio (in cui la richiesta si è ampliata anche al reperimento del possibile acquirente o venditore).
È pertanto nostro intendimento cercare di trasferire l’esperienza pratica, anche alla luce delle conoscenze fiscali e giuridiche, in questo particolare settore, affinché l’odontoiatra possa valutare con largo anticipo il delicato momento del passaggio alle future generazioni del valore della propria pazientela.
Ci è capitato troppo spesso di vedere odontoiatri che consideravano essere privo di valore, dal punto di vista monetario, il rapporto duraturo instaurato con la pazientela perché fermi nella loro convinzione che, venuti meno loro, tutti i pazienti sarebbero andati via e si sarebbero quasi dispersi per magia, come se improvvisamente smettessero di avere bisogno di cure odontoiatriche!
Altrettanto troppo spesso, ci è capitato di ricevere richieste di passaggio generazionale da professionisti ormai molto in là con la loro vita professionale che quindi avrebbero voluto smettere la propria attività clinica di lì a massimo un anno. In tali condizioni purtroppo è difficile poter gestire con successo un passaggio di consegne, sempre che non si sia affrontato per tempo l’argomento, o quantomeno il valore dello studio risulterà essere molto ridotto.
È la nostra esperienza pratica a farci dire che vale sicuramente la pena, per quanto sia faticoso e psicologicamente impegnativo, impostare il futuro del proprio studio pensando al momento in cui non saremo più noi a lavorare direttamente sul paziente.

Gli aspetti essenziali che favoriscono il cosiddetto passaggio generazionale

È molto difficile prevedere una casistica generale e delle regole sempre valide, in quanto, più che mai rispetto ad altre situazioni, per il passaggio generazionale è necessario adattare i ragionamenti alla singola e specifica situazione. Tuttavia è possibile reperire nella pratica alcune variabili che favoriscono la trasferibilità e la tramandabilità del valore dello studio al nuovo gestore.

  • Innanzitutto è fondamentale partire per tempo e impostare questo processo con almeno un triennio o un quinquennio prima di voler smettere di fare l’odontoiatra. È molto spesso condizione irrinunciabile per il successo dell’operazione affiancare al nuovo professionista o ai nuovi professionisti l’esperienza e il tempo del professionista che vuole cedere il proprio studio.
  • Possedere un sistema di controllo di gestione efficiente e in grado di fornire dati precisi (ad esempio sul fatturato derivante dall’igiene, dalla protesi, dall’ortodonzia, dall’implantologia, dall’endodonzia, eccetera) agevola notevolmente una serie di valutazioni economiche che rendono più chiaro all’eventuale acquirente quello che andrà ad “acquistare”. Inoltre possedere una contabilità cosiddetta ordinaria (più complessa e costosa) può fornire una serie di informazioni contabili, quali ad esempio crediti e debiti, di notevole importanza per un potenziale acquirente.
  • La presenza in studio di collaboratori odontoiatri e non, purché fidati e competenti, può essere un fattore di forza, in quanto testimonia una minore importanza relativa del lavoro svolto dal professionista titolare rispetto al complessivo valore dello studio. Tuttavia, può anche essere un punto di debolezza qualora l’acquirente non sia in grado di fidelizzare oltre ai pazienti anche i collaboratori che già lavorano nella struttura; infatti una loro dipartita potrebbe portar via pazientela o competenze importanti per lo studio (che poi si riversano nella soddisfazione finale del proprio paziente).
  • È fondamentale saper gestire il meccanismo della delega ai propri collaboratori odontoiatri e non (attenzione delegare non significa sbolognare!). Fissare obiettivi chiari per ciascun collaboratore, spiegare minuziosamente il modo in cui eseguire i propri compiti, valutarne i risultati, correggere e motivare le risorse interne senza delegare il controllo (ma delegando attività operative). Tutte queste attività rendono più organizzata ed autonoma la struttura favorendo notevolmente la sua tramandabilità.
  • Effettuare attività di comunicazione e marketing, pur nel sacrosanto rispetto della deontologia professionale, certamente facilita la notorietà e l’attrattività dello studio e quindi anche il numero di potenziali nuovi pazienti che ad esso si possono rivolgere.
  • Un’alta compliance (rispetto delle regole) fiscale, giuslavoristica e normativa in genere favorisce certamente una valutazione positiva dello studio in quanto riduce potenziali rischi che potrebbero ricadere sulle spalle del futuro acquirente.
  • Un alto tasso di fidelizzazione dei pazienti, tra cui ad esempio l’utilizzo strutturato di richiami per l’igiene per tutti i pazienti, rappresenta un altro fattore di notevole importanza nella valutazione.
  • Altri fattori che possono incrementare il valore dello studio sono rappresentati da un numero di sedi maggiore ad uno, a condizione che tutte abbiano redditività positiva, nonché particolari specializzazioni e settori di attività dello studio, a condizione che questi vengano presidiati anche dopo l’exit del venditore.
  • La conduzione dell’attività odontoiatrica attraverso il cosiddetto Centro dentale (società di capitali in forma di Srl o SpA). Tale circostanza non garantisce di per sé il successo di un’operazione di passaggio generazionale, che richiede come visto la collaborazione anche del venditore e la preparazione preventiva di un percorso, ma fornisce certamente, dal punto di vista giuridico e tributario, una serie di meccanismi e variabili in più di grande interesse per chi si trova ad agevolare il passaggio dello studio.

Aspetti contrattuali ed economici del passaggio  generazionale

Una volta trovato il giusto acquirente per il proprio studio, che ricordiamo può essere un membro della propria famiglia, un conoscente di lunga data oppure un soggetto trovato sul mercato o attraverso un professionista che gestisce questo tipo di operazioni, è poi necessario prevedere i corretti accordi che garantiscano la soddisfazione tanto del venditore quanto dell’acquirente (che si tradurranno in definitiva nella soddisfazione del paziente).
Senza poter certo citare tutti gli accorgimenti operativi, citiamo solo alcuni dei più importanti e frequenti (oltre che consigliabili).

  • Clausole di affiancamento obbligatorio del professionista venditore al professionista o imprenditore acquirente.
  • Clausole di non concorrenza per l’odontoiatra/imprenditore di riferimento una volta decisa l’uscita.
  • Clausole e metodologie di pagamento più o meno articolate che legano il “prezzo” dello studio al raggiungimento di certi risultati economici e numerici.
  • Tempistiche di pagamento modulate nel tempo e congegnate per le specifiche esigenze finanziarie tanto del venditore quanto dell’acquirente.
  • Percentuali di quantificazione del prezzo in virtù di eventuale perdita di pazienti, circostanza che spinge il venditore e l’acquirente a collaborare il più possibile ai fini della riuscita dell’operazione.
  • Meccanismi di finanziamento e garanzia per consentire l’integrale pagamento di quanto dovuto dall’acquirente al venditore.

Differenze dal punto di vista fiscale: tre esempi operativi

Gli aspetti fiscali sul tema in questione sono estremamente complessi. Non è scopo del presente articolo effettuare una trattazione esaustiva dell’argomento (perché richiederebbe forse un intero numero della rivista!); si vogliono però fornire degli esempi, i più semplici possibile, che chiariscano al lettore i termini generali della questione. Il tutto è finalizzato a comprendere quale sia il carico fiscale, in caso di una futura vendita, già dal momento in cui ci si appresta a “fondare uno studio” (ricordiamo l’importanza della programmazione).
Si presentano tre casi distinti con dati ipotetici.

Studio monoprofessionale

L’odontoiatra ha un reddito annuo (dato da ricavi meno costi, altra cosa rispetto al solo fatturato!) di euro 100.000.
I beni strumentali (panoramico, riunito, mobili, computer, eccetera) hanno un valore di euro 50.000.
Il prezzo di “vendita” dello studio è euro 200.000 di cui:
euro 50.000 per i beni strumentali (panoramico, riunito, mobili, computer, eccetera);
euro 150.000 a titolo di “avviamento” ossia quel valore immateriale rappresentato principalmente dal “nome” dello studio e dalla sua clientela.
Per quanto riguarda i beni strumentali, nell’esempio in questione, non si genera alcun reddito (plusvalenza = 0).
Relativamente all’avviamento, invece, la cifra costituisce reddito per intero e pertanto verrà tassata come segue. Per ipotesi, la cifra di euro 200.000 verrà corrisposta in due rate uguali (di euro 100.000) rispettivamente nel 2016 e nel 2017. Non potendo optare per la tassazione separata, le imposte saranno calcolate con l’applicazione dell’aliquota marginale IRPEF dell’odontoiatra (il 43% nel caso in esame, ma ad esso vanno aggiunte le addizionali regionali e comunali che variano da Regione a Regione e da Comune a Comune e che solitamente si attestano intorno, sommate, a circa il 2%).
Quindi, a fronte di un incasso in due anni di euro 200.000, l’odontoiatra dovrà pagare (nei due anni) imposte complessive per euro 64.500 (150.000 x 43%).

Studio associato

L’associazione “Tizio Caio” è composta da due odontoiatri, il Dott. Tizio ed il Dott. Caio, entrambi con una quota del 50%.
Il reddito (ricavi meno costi) annuo dell’associazione professionale “Tizio Caio” è di euro 200.000; pertanto sia Tizio sia Caio avranno un reddito professionale annuo di euro 100.000 ciascuno.
I beni strumentali (panoramico, riunito, mobili, computer, eccetera) hanno un valore di euro 100.000.
Il Dott. Caio cede al Dott. Sempronio la sua quota (50%) nell’associazione professionale al prezzo di euro 200.000 di cui:
euro 50.000 per il 50% del totale dei beni strumentali (panoramico, riunito, mobili, computer, eccetera);
euro 150.000 a titolo di “avviamento” per la metà di quel valore immateriale rappresentato principalmente dal “nome” dello studio associato e per metà della sua clientela.
Per quanto riguarda i beni strumentali, anche in questo caso, non si genera alcun reddito (plusvalenza = 0).
Relativamente all’avviamento, la cifra costituisce reddito per intero e pertanto verrà tassata come segue. Per ipotesi, la cifra di euro 200.000 verrà (anche in questo caso) corrisposta in due rate uguali (di euro 100.000 ciascuna) rispettivamente nel 2016 e nel 2017. Non potendo, nemmeno nel caso di specie, optare per la tassazione separata, le imposte saranno calcolate con l’applicazione dell’aliquota marginale IRPEF dell’odontoiatra (il 43% nel caso in esame, senza considerare addizionali regionali e comunali, come detto).
Quindi a fronte di un incasso in due anni di euro 200.000, l’odontoiatra dovrà pagare (nei due anni) imposte per euro 64.500 (150.000 x 43%).

Centro dentale in forma di Srl

Il centro dentale “Tizio Srl a socio unico” è posseduto al 100% dal Dott. Tizio che ha una partecipazione del valore di euro 50.000 (valore del capitale sociale).
Il Dott. Tizio consegue un reddito annuo di euro 100.000 (per motivi estranei alla “Tizio Srl a socio unico”).
Sono ininfluenti, ai fini di questo calcolo, sia il reddito annuo del centro dentale sia il valore dei beni strumentali.
Il Dott. Tizio venderà tutta la sua quota (di euro 50.000) al Dott. Caio che la acquisterà per euro 200.000. Il Dott. Tizio conseguirà una plusvalenza di euro 150.000 (ossia euro 200.000 – euro 50.000).
Per il Dott. Tizio questa plusvalenza di euro 150.000 sarà tassata, secondo le norme fiscali specifiche per la vendita delle partecipazioni, al 21,38% (risultato di un calcolo complesso che si omette per semplicità e che può subire variazioni a seconda della percentuale di partecipazione nella società oggetto di vendita).
Quindi a fronte di un incasso di euro 200.000, l’odontoiatra, vendendo l’intera quota della sua società, dovrà pagare imposte per euro 32.070.

Conclusioni

La cessione di uno studio non è certo un’operazione semplice o routinaria, per questo motivo purtroppo alcuni professionisti del settore dentale vi rinunciano in partenza. Questo secondo noi è un vero peccato sia dal punto di vista economico che sociale.
Il successo dell’operazione risiede in una programmazione effettuata per tempo e nel rivolgersi a soggetti che conoscano bene questo tipo di dinamiche ed il settore specifico.
Dal punto di vista fiscale, come spesso accade, la cessione delle quote di un centro dentale costituito in forma di Srl o SpA è fiscalmente la soluzione più conveniente ed andrebbe quindi impostata fin dall’inizio.
Ma forse la variabile più importante è rappresentata da una mentalità aperta del professionista a concepire il passaggio della propria attività, sforzo di tanti anni, a soggetti diversi da sé, siano essi figli, parenti, amici o terze persone.
Ognuno di questi diversi acquirenti si riterrà soddisfatto, e quindi interessato a subentrare nello studio, secondo motivazioni, variabili economiche e personali profondamente diverse che dovranno essere quindi comprese a fondo per poter essere appagate. ●

La generazione più giovane è la freccia, la più vecchia è l’arco.
John Steinbeck

Alessandro Terzuolo
Umberto Terzuolo