Siete sicuri di essere al sicuro? (parte seconda)

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Proseguiamo con il secondo contributo in merito all’analisi del vasto argomento della “sicurezza” del professionista medico-odontoiatra.
Se nel primo articolo ci siamo occupati della sicurezza finanziaria e patrimoniale, nel presente elaborato tratteremo gli aspetti più rilevanti che si riferiscono alla sicurezza del professionista in quanto odontoiatra o dentista, quindi sotto il profilo dello svolgimento della propria attività lavorativa.
Se pertanto il primo contributo poteva interessare anche familiari e conoscenti dell’odontoiatra, il presente approfondimento è specifico per i professionisti che operano come titolari di studio, soci di studio associato, soci e/o amministratori di STP o di centro dentale e, infine, come collaboratori.

Due macro-categorie di possibili rischi (con annesse soluzioni)

Il mondo lavorativo presenta, in estrema sintesi, due macro aree di rischio che vanno adeguatamente valutate e soppesate al fine di garantire l’obiettivo di una ragionevole e consapevole sicurezza:

  1. i rischi collegati a se stessi;
  2. i rischi collegati ad altri.

Nella prima macro categoria rientrano sia i rischi connessi a problemi personali sia un generico rischio di impresa. Il primo tipo di rischi rientra tra quelli legati alla salute che potrebbero impedire di lavorare e quindi di garantire una corretta sicurezza economica al professionista e alla sua famiglia. Il secondo tipo è collegato alla ridotta capacità, pur in piena salute ed operatività, di produrre risultati economici positivi.
I metodi offerti, soprattutto dal campo assicurativo, per poter contenere i rischi legati alla propria salute e alla propria abilità al lavoro saranno approfonditi nel terzo contributo riguardante la sfera più strettamente personale. In questa sede ci basta accennare alle polizze infortuni e alle polizze c.d. key-man (ossia uomo chiave) che assicurano lo studio o la società dalla perdita del proprio uomo più importante (quale è certamente il professionista titolare). Tuttavia, il metodo più naturale per sopperire alla fragilità umana è il lavorare in team e quindi collaborare con altri colleghi, oltre ad avere validi dipendenti. Vi siete mai chiesti perché i piloti degli aerei sono in due? Pur non avendo l’odontoiatra un compito di tale responsabilità, la cooperazione con altri colleghi oltre a migliorare probabilmente la qualità clinica, se ben gestita non può che fare la forza di uno studio.
La collaborazione può essere più o meno strutturata e spingersi fino all’ambito societario, che riduce il più possibile il rischio di effetti negativi sul proprio studio di un eventuale nostro problema di salute o di produttività momentaneo.
Da un lato essere l’unico punto di riferimento nel proprio studio facilita la rapidità e l’efficacia delle decisioni prese, dall’altro rende decisamente più vulnerabili le persone che lavorano da sole, seppur coadiuvate da valide assistenti. Infatti, in caso di difficoltà momentanee, non si potrà contare sulla collaborazione e la professionalità di altri colleghi con cui si sarebbe potuto costruire un rapporto di fiducia nel tempo.

Lavorare in team: rischi e benefici

Lavorare in team comporta però spostare l’attenzione da se stessi agli altri, portandoci quindi nella seconda macro-categoria (rischi collegati ad altri) in cui la necessità di definire precisamente i compiti risulta fondamentale. È possibile ottimizzare la gestione di eventuali rischi attraverso i corretti strumenti giuridici che possono andare da contratti di collaborazione, più o meno dettagliati, tra il titolare e i collaboratori odontoiatri, fino alla corretta definizione dello statuto dell’associazione professionale o della società che regola l’attività collettiva. I rischi in tale ambito possono essere la concorrenza “sleale”, la non competenza clinica o una cattiva gestione dei rapporti con i pazienti da parte dei collaboratori o dei soci. Tutti questi rischi sono riducibili con una attenta selezione e gestione delle risorse umane (inclusa la delega e la motivazione ben gestite) e con appositi strumenti giuridici. Oltre a dedicare la giusta attenzione allo statuto, che deve essere ritagliato sulle esigenze specifiche dei singoli soci o associati, è spesso consigliabile predisporre dei patti parasociali che stabiliscano aspetti di natura più pratico-operativa. Alcuni esempi sono: la divisione dei compiti o i criteri per determinare i compensi dell’attività lavorativa svolta da due o più soci, le ore medie di lavoro, le aree di responsabilità, al di là della ripartizione delle quote agli utili. I patti parasociali sono tanto più necessari quanto più è paritario il potere decisionale tra i soci (che crea quindi un rischio di stallo) e sono spesso un’ottima occasione per definire, in anticipo e in tempi di massima serenità, quello che potrebbe succedere in caso di diverbi, contrasti di opinioni o eventi futuri spiacevoli (morte o invalidità). L’obiettivo è quello di evitare che il litigio o il diverbio insanabile tra i soci o gli associati sfoci in una paralisi della società o dello studio in genere, circostanza che di fatto penalizza tutti in quanto fa perdere il vero valore economico e di pazientela poi difficile da ricostruire. Sono, ad esempio prevedibili, meccanismi di dispute resolution (ossia di risoluzione delle controversie) di vario tipo, come il ricorso ad un arbitro, ad una camera arbitrale o ancora a sistemi più radicali di aste in buste chiusa per l’esclusione. Tali rimedi permettono di ridurre al minimo possibile i tempi di stallo e di determinare il più possibile il valore oggettivo dello studio per il soggetto che abbandona, così come per il soggetto che rimane.
Ritornando, invece, sui rischi di natura imprenditoriale che gravano su tutti coloro che lavorano in proprio, professionisti compresi, l’unico modo per cercare di ridurli e per non trovarsi ai margini del proprio settore è quello di investire sulla propria competenza clinica ed extra-clinica, grazie alla formazione in ambito medico-odontoiatrico e in ambito di gestione economico-finanziaria e delle risorse umane. Un ruolo fondamentale nella conoscenza e quindi anche nella presa di coscienza di eventuali rischi è ricoperto dal controllo di gestione e da una attenta analisi dei dati contabili e di studio in genere. Conoscere da un lato il valore preciso dei propri debiti (verso banche, società di leasing, fisco, Enpam, INPS, dipendenti, soggetti finanziatori, etc.) permette di prendere le opportune decisioni e contromisure per risolvere eventuali problemi di liquidità o di bassa redditività dello studio. Possiamo assicurarvi che non ci è mai capitato, pur conoscendo a fondo il settore da tanti anni, che uno studio “andasse male” ma fosse pienamente cosciente dei propri dati contabili di bilancio, avesse delle statistiche ben fatte in studio su redditività, tempi di esecuzione, percentuali di segmentazione della pazientela, etc. Controllare vuol dire conoscere e la conoscenza è alla base della possibilità di agire per correggere, migliorare e crescere.

La seconda macro categoria (i rischi legati ad altri) è anche quella più ampia dove la componente esterna può generare notevoli e imprevedibili problemi di vario tipo e sorta. Innanzitutto vi è l’aspetto della compliance ossia del rispetto delle singole normative che spaziano dalla sicurezza sul lavoro, al rispetto delle norme igienico-sanitarie, alla buona pratica clinica, al rispetto delle norme tributarie, fino alla normativa sulla privacy e sul corretto consenso informato del paziente. Se il corretto adempimento a tali obblighi spesso può essere percepito come pesante e inutilmente dispendioso in termini di tempo, essere molto attenti ai corretti adempimenti riduce di molto il rischio di ricevere multe e sanzioni ed è quindi un buon investimento. Tale investimento può essere realizzato anche attraverso consulenze esterne, per garantire sicurezza e stabilità al proprio studio.

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Assicurazione professionale

Il capitolo forse più importante riguarda però l’ambito assicurativo della responsabilità professionale, ossia il tentativo di limitare i danni derivanti dai rapporti di conflittualità che si possono generare con i pazienti. Purtroppo negli ultimi anni si è assistito a un notevole incremento della litigiosità nel rapporto tra medici e pazienti, e il settore dell’odontoiatria non fa certo eccezione. Tuttavia, raramente capitano nel mondo dentale sinistri (danni per intenderci) di notevole entità economica, mentre il problema è più che altro legato alla numerosità dei possibili casi di insuccesso e quindi di richiesta danni. Chiaramente, è sempre consigliabile cercare di mantenere con il paziente un rapporto costruttivo finalizzato alla composizione di eventuali differenze di opinione circa il corretto costo o la corretta esecuzione di un’operazione clinica. Nel settore odontoiatrico è fondamentale il passaparola ed un paziente scontento può precluderne tanti altri potenziali; pertanto risulta necessaria sempre massima chiarezza nell’impostazione del preventivo e del piano di cura, in modo che si riducano veramente i casi critici di contenzioso che si può generare con i pazienti. La scelta della polizza di responsabilità professionale, come noto oggi fortunatamente obbligatoria, deve essere condotta con attenzione non guardando mai solamente alla componente del mero risparmio economico.
Risparmi del 10%, 20% o 30% su importi tutto sommato contenuti di premio assicurativo, raramente saranno giustificati qualora poi la polizza non copra in caso di danno rilevante causato ad un paziente. Pur dovendo adattare un po’ il discorso ai soggetti che eseguono prestazioni cliniche nell’ambito della chirurgia, implantologia ed estetica, che sono categorie solitamente più soggette a rischi e foriere di contenzioso con il paziente, il fatto di prevedere massimali (limite massimo oltre il quale la compagnia assicurativa non copre il danno economico causato) particolarmente alti non è per forza la componente più rilevante da tenere in considerazione, proprio perché a livello statistico il settore odontoiatrico presenta rischi più nella frequenza dei sinistri che non nell’entità dei danni causati. Di fondamentale importanza invece è la previsione della garanzia con retroattività illimitata (c.d. claims made) e con valenza postuma (o ultrattività). Stante la specifica natura dell’attività del professionista in campo clinico, il danno può venire a crearsi anche parecchio tempo dopo rispetto al momento in cui è stata eseguita la prestazione. Il tema della retroattività (c.d. claims made) serve quindi per coprire l’assicurato dal momento in cui sottoscrive la polizza per tutti gli eventuali danni che si manifesteranno da quel momento in poi, senza considerare il fatto che l’evento generatore del danno sia avvenuto prima della sottoscrizione della polizza o successivamente. Si sarà quindi coperti per tutta l’attività professionale svolta precedentemente, anche rispetto a quando la polizza non era ancora attiva.
Il tema della garanzia postuma o ultra-attiva prevede, in modo analogo a quanto già spiegato, che anche qualora si smetta di pagare la polizza (perché ad esempio si è deciso di andare in pensione e di terminare la propria attività lavorativa o di cambiare compagnia assicurativa) gli eventuali danni che si verranno a creare dopo la cessazione della polizza suddetta saranno ancora coperti e quindi indennizzabili. Un ultimo aspetto da considerare è legato alla franchigia, ossia all’importo che la compagnia assicurativa comunque richiede di pagare di persona all’assicurato, al di là che il danno venga poi, per il maggior importo, risarcito dalla stessa compagnia.
Il consiglio pratico, può quindi essere quello di stare sì attenti al prezzo della polizza, magari modulando i massimali non oltre a quello che è ragionevole o eventualmente prevedendo franchigie lievemente più alte (pur non facendo piacere, un esborso economico limitato non creerà veri problemi economici al professionista), ma non rinunciare a clausole di retroattività al valore postumo della polizza. Questi ultimi due aspetti infatti potrebbero costare molto cari se trascurati dal professionista per godere alla fine di un risparmio tutto sommato trascurabile. Sarebbe quasi il caso di parafrasare il proverbio “chi più spende (subito) meno spende (dopo)”.

Trattamento di fine rapporto

Ultimo aspetto, più legato agli equilibri finanziari dello studio, ma che per esperienza pratica può creare qualche problema di liquidità, è il tema del TFR, ossia del trattamento di fine rapporto (anche detto liquidazione) che i dipendenti dello studio maturano nel corso della loro vita lavorativa all’interno dello stesso. È infatti sempre bene accantonare, in corso di maturazione, anche su un apposito conto corrente o attraverso strumenti come specifiche polizze assicurative o fondi di previdenza dedicati, le somme che anno per anno spetterebbero al dipendente e che questi può richiedere o al termine del proprio rapporto di lavoro o eventualmente in via anticipata. Sul tema della richiesta anticipata, senza entrare troppo nel tecnico, si ricorda che è l’art. 2120 del codice civile a disciplinare gli unici casi particolari in cui il dipendente può chiedere un anticipo della propria liquidazione già maturata. Tali casi sono:
eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche; acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.
Ad ogni modo avere la liquidità accantonata annualmente permette di non avere spiacevoli sorprese al momento del bisogno.

Conclusioni

Certamente i pensieri del professionista sono tanti e si direzionano sia nell’ambito clinico che nell’ambito extra clinico. È però saggio e premiante dedicare parte del proprio tempo a prevenire eventuali rischi o conflitti che si potrebbero generare nella propria attività professionale cercando di chiarire eventuali accordi con soci o collaboratori, in tempi di piena serenità, cercando anche di tutelarsi da eventuali rischi di controlli, ispezioni e verifiche di vari enti o ancora da potenziali richieste danni da parte dei pazienti. Il tempo dedicato a prevenire è sicuramente inferiore e genera un minor costo rispetto al tempo dedicato a curare o sistemare situazioni critiche e di conflitto una volta generatesi. ●

“Gli intellettuali risolvono i problemi; i geni li prevengono.”

Albert Einstein