Ma se i conti correnti di un professionista vengono analizzati dal Fisco è vero che non sono più reddito i prelevamenti non giustificati ma anche i versamenti?

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Con l’ultimo decreto fiscale collegato alla Legge di stabilità (D.L. 193/2016) si è messo ordine ad un susseguirsi di interpretazioni che avevano mostrato un atteggiamento più “pro contribuente” ma andando a favorire nell’interpretazione proprio la categoria dei professionisti a discapito anche delle persone fisiche non esercenti neanche un’attività imprenditoriale.

La sentenza della Corte Costituzionale intervenne nell’ottobre 2014 su una delle presunzioni più “odiate” dai contribuenti anche se lo fece limitandosi al reddito di lavoro autonomo e non a quello d’impresa. Infatti il Fisco nell’utilizzare lo strumento istruttorio delle indagini finanziarie equiparava per presunzione legale i prelevamenti non giustificati a compensi professionali imponibili, cioè poteva ipotizzare che con tali prelevamenti (di cui non si aveva traccia in contabilità ovvero perché non erano stati adeguatamente giustificati) si fossero acquistati servizi “in nero” che a loro volta avessero dato origine a prestazioni rese “in nero”.

La sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale evidenziava che una tale presunzione poteva essere ragionevole nei confronti degli imprenditori ma non applicabile ai professionisti, in quanto il prelevamento è un fatto avulso dalla produzione del reddito imponibile per un professionista e, quindi, concluse per l’inapplicabilità della presunzione ai professionisti, essendo stato violato l’art. 3 della Costituzione per irragionevole equiparazione di situazioni differenti.

Dopo questa sentenza l’Amministrazione Finanziaria adeguò il proprio agire sia per situazioni pregresse che presenti (anche per l’intervento della Cassazione che lo precisò) ma la disposizione normativa non era stata adeguata.

Tuttavia a tale sentenza seguirono, in particolare, le sentenze n. 12779 e 12781 del 21.06.2016 della Cassazione, che si spinsero ad un ragionamento fortemente pro-contribuente nella disciplina dell’uso a fini accertativi dello strumento delle indagini finanziarie. Infatti, in esse, si affermò che non era più possibile per il Fisco attivare l’automatismo accertativo anche in relazione ai versamenti (accreditamenti).

La Cassazione si spinse ben oltre il dettato della Corte Costituzionale. In definitiva veniva compromesso per i professionisti l’intero “strumento” accertativo basato sulle movimentazioni bancarie: sia i prelevamenti che i versamenti non giustificati, vengono considerati alla stessa maniera e doveva essere il Fisco a fornire la prova (vedasi Sentenza Cassazione n. 16440 del 05.08.2016) che essi avrebbero dovuto partecipare alla determinazione dell’imponibile mentre la presunzione legale sarebbe continuata a valere per gli imprenditori (sia prelevamenti che versamenti) sia per le persone fisiche (solo per i versamenti).

Con il D.L.193/2016 si è provveduto a modificare i dettami normativi conformandoli più a quelli delle norme costituzionali e “correggendo” la presunzione legale sui prelevamenti ma con forti limitazioni sempre nell’ottica di disincentivare l’uso del contante. Infatti anche per l’imprenditore la presunzione legale sui prelevamenti non è applicabile ma solo per gli importi non giustificati entro i 1.000 euro giornalieri e per non più di 5.000 euro mensili.

Oltre tali valori scatta, di nuovo, la presunzione legale. Secondo la lettura più fedele alla norma dovrebbe sussistere comunque il superamento della soglia dei 5.000 euro mensili per dover giustificare (non vi è invece un chiaro riferimento a mese solare o convenzionale di 30 giorni). L’apertura per questa visione sui prelevamenti è stata attuata a favore degli imprenditori pure per non creare disparità per lo più per quei “professionisti” che determinano il loro imponibile nell’ambito della categoria del reddito d’impresa quali, ad esempio, gli agenti di commercio, gli agenti di assicurazione o gli intermediari finanziari che, di fatto professionisti, avrebbero dovuto giustificare ogni prelievo anche di minimo importo.
Rimane, di contro, in virtù del D.L. 193/2019 (nella versione definitiva) una sostanziale equiparazione di presunzione legale per i versamenti per tutte le categorie (lavoratori autonomi, imprenditori e persone fisiche che non sono né autonomi né imprenditori). Infatti, per i versamenti, non vi è stata alcuna modifica normativa.

Sicuramente a tale apertura il Fisco può, tuttavia, contrapporre sempre maggiori strumenti che permettono, in particolare alla Guardia di Finanza, l’utilizzo delle informazioni acquisite nell’ambito del contrasto al riciclaggio di denaro anche a fini tributari, come chiarito grazie alle modifiche legislative ultimamente introdotte al noto decreto legislativo 231/2007. ●