È vero che il Ministero dello Sviluppo Economico si è espresso contro l’esercizio in forma societaria dell’attività professionale?

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attivita professionali

Una nota del 23 dicembre 2016 (la n. 415099) proprio del MiSE (Ministero dello Sviluppo Economico) ha sancito che i professionisti i quali per esercitare la loro attività debbono essere iscritti a ordini o albi, qualora intendano esercitarla in forma associata, possono ricorrere o allo studio associato (confermando valenza alle forme già da tempo in uso di associazione tra professionisti come espressione di società di fatto) o alla nuova forma prevista dalla legge 183 del 2011 che ha dettato i connotati delle cosiddette società tra professionisti (Stp). Questa nota ministeriale riguarda proprio un caso di uno studio odontoiatrico.
Da tempo, come noto, l’esigenza delle varie professioni di specializzarsi e rispondere compiutamente alle molteplici esigenze della clientela nonché di efficienza ha spinto gli stessi a trovare efficaci forme di interrelazione tra professionisti basate sulla semplice collaborazione o sulla costituzione di associazioni tra professionisti. Ma la stessa legge 183/2011 adeguandosi alle mutate esigenze ha permesso la costituzione di società tra professionisti anche per l’esercizio di più attività professionali. Le caratteristiche della Stp erano però congeniate in maniera tale che non si dovesse perdere il legame fiduciario tra cliente e professionista che eseguiva la prestazione relegandola a mera prestazione di una società commerciale. L’art. 10 della citata legge (dopo le modifiche del D.L. n. 1/2012 poi convertito in legge) evidenzia al comma 4 che per l’assunzione della qualifica di società di professionisti è necessario che:
vi sia l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
possano essere soci solo i “professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante” nonché “soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento...”, purché comunque i soci professionisti posseggano sempre una maggioranza qualificata di almeno due terzi nella società. Questo vincolo qualora non più esistente può portare allo scioglimento della società, infatti, continua lo stesso comma “...In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi”;
l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società venga eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta e la “designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente”.
Queste disposizioni sono state richiamate con forza dalla nota ministeriale del 23 dicembre 2016 che ha ribadito che tale forma possa equilibrare e contemperare i contrastanti interessi di efficienza, sviluppo della concorrenza e affidamento del cliente, parametri che “verrebbero completamente a mancare ove si ammettesse la possibilità di svolgere le medesime attività protette nella forma di generiche società commerciali”. In definitiva la Stp può assume diverse forma da quelle di una società di capitali (Spa o Srl) a quella di società di persone (snc o sas) o nelle veste di società semplice con conseguente rispetto della normativa del Codice civile ma nello statuto debbono essere contemplate e di fatto rispettate le caratteristiche che la legge 183/2011 ha previsto.
La conseguenza è che se la società di persone o di capitali (che fornisce prestazioni professionali della specie) non avesse previsto tutte le richiamate specifiche delle società di professionisti esse dovranno essere considerate “ordinarie” e non rispondenti alle previsioni di esercizio in forma “associata” della professione “protetta”. Ne segue che pur mettendo a disposizione mezzi, capitale, personale, per poter instaurare rapporti con la clientela (la quale si aspetta di rivolgersi a professionisti che potrà anche scegliere) la società sarà costretta a ricorrere a professionisti esterni vincolati da contratto che presteranno la propria opera grazie ai mezzi della società. In definitiva la struttura organizzata dalla società “assolda” il professionista per lo svolgimento dell’opera professionale e trae dallo stesso la legittimazione (a svolgere l’attività “riservata” a talune categorie) che non sussisterebbe senza la presenza del contratto. Chiaramente la struttura deve essere remunerata e tale organizzazione legittima il profitto.
L’intervento ministeriale trova, quindi, giustificazione nel riaffermare che l’intento del legislatore era quello di non spezzare il doveroso legame tra cliente e professionista (di una professione protetta), che può ben essere mantenuto nelle società adeguandosi alle caratteristiche della Stp anche nel rispetto dei molteplici assetti civilistici. Fuori da tale ambito si deve ricorrere a soluzioni non dirette per la salvaguardia del principio enunciato. ●

A cura di: Carlo Pasquali