Risorse umane – migliorare la produttività e la qualità nel lavoro di tutto il team di studio

Prima parte - i primi 10 punti (di 30)

risorse umane

Per molti odontoiatri interessarsi della gestione dello studio, sotto il profilo manageriale, è un peso incombente spesso dettato da obblighi economici, fiscali e giuridici. In molti casi questi professionisti dedicano il fine settimana o tolgono tempo alla loro vita privata per svolgere queste noiose attività, altre volte immaginano che possano essere totalmente delegate al commercialista, alla segretaria, ai consulenti, ai legali, o a chiunque possano pagare per non essere loro stessi ad interessarsene. L’unico modo per non interessarsene oggi è quello di farsi assumere come dipendenti. Il sistema economico, sociale, politico e culturale è moto cambiato in questi ultimi venti anni ed esercitare come liberi professionisti impone obbligatoriamente anche un ruolo imprenditoriale e manageriale.

Occorre che l’odontoiatra sappia prendere le migliori decisioni in quel momento, perché le decisioni giuste in assoluto non esistono, significa possedere un bagaglio culturale manageriale ed informazioni misurabili. Nulla si può migliorare se non si può misurare. In questa ottica manageriale saper scegliere le fonti per il proprio percorso formativo è un passo fondamentale.

Questo articolo affronta le prime 10 aree, delle principali 30, che vanno gestite per migliorare la produttività e la qualità del lavoro in studio.
Efficienza, efficacia, acquisizione delle informazioni, formazione, dinamiche di gruppo, sostenibilità dello stress, riduzione dei rischi, autostima, controllo di gestione, psicologia, logistica ed architettura degli ambienti, tecnologie, sicurezza,… Ma andiamo per ordine.
La produttività e la qualità della vita in studio non possono dipendere interamente dalle persone, ma da come queste interagiscono in una miscela di combinazioni che determinano le “performances”.

A volte basta il traffico o la distanza per arrivare in studio a generare una criticità, tra ritardi e stress. A volte l’organizzazione dell’agenda o la bassa motivazione di qualcuno che lavora in studio può creare forti disagi agli altri. A volte un cambiamento della routine può esser visito come un disagio ed ostacolato, senza pensare che è solo attraverso il cambiamento che si sviluppa crescita e ventaglio competitivo. La stessa qualità è “continuo e costante miglioramento, chi dice di averla raggiunta, in quel momento l’ha persa” (Antonio Pelliccia).

1. Responsabilità

Nel management li chiamiamo centri di responsabilità. Significa che ciascuno è inserito nell’ambito dell’organizzazione in base alle segnalazioni di ruoli, con compiti e competenze. Ciascuno ha bisogno di essere ben consapevole del fatto di essere responsabile per le proprie azioni e decisioni. Questo metodo di lavoro impone la condivisione di protocolli decisionali. E siccome non si può passare la colpa a qualcun altro, questo metodo manageriale aiuterà tutti a lavorare in modo più meticoloso. Impareranno tutti a prendere decisioni prudenti piuttosto che sconsiderate ed a non approfittare della propria posizione. Sarà anche più difficile trincerarsi dietro le frasi come “ma lei non me lo aveva detto”, perché si attiverà un meccanismo positivo di condivisione e lavoro per obiettivi. Responsabilità sono un ambito importante per aumentare produttività e qualità della vita in studio.

2. Follow-up

Non basta fissare degli obiettivi e comunicarli per ritenere che il lavoro venga svolto. Bisogna comunque fissare obiettivi a breve, perché quelli a medio e lungo termine spesso subiscono affievolimenti ed hanno bisogno di una costante rimotivazione.
Ogni obiettivo ha bisogno di essere sempre seguito e di essere sempre misurato nei percorsi intermedi. Solo così è possibile controllare strada facendo che non si verifichino degli errori che ostacolino il traguardo. Solo uno sforzo costante, monitorato nel tempo, può permettere di soddisfare l’aumento della produttività e la qualità della vita in studio. Quando parliamo di economia di impresa, in ambito organizzativo e della gestione dei costi umani, nel management e ci riferiamo soprattutto alla capacità di misurare questi indici di performance e di seguirli costantemente nel tempo.

3 - Gestire le risorse umane, evitando di inibirle

Evidente che la presenza di più persone nello stesso ambito lavorativo abbia la necessità di essere coordinata. Ciò avviene spesso attraverso la determinazione ed il rispetto di una serie di protocolli e di metodologie organizzative, ma è altrettanto importante che ciò non ostacoli la dinamica dei percorsi decisionali e le singole autonomie nelle competenze di ciascuno. Non dobbiamo mai trovarci davanti ad un’eccessiva procedura burocratica di azioni che limitino lo sviluppo delle competenze individuali. È infatti la consapevolezza di far parte di un’organizzazione dove al centro viene posta la responsabilità competente che genera quella condivisione di valori che produce la relazione di fiducia tra persone che condividono lo stesso ambiente professionale. Questo stile di direzione permette di adottare misure che producono i migliori risultati. Questa libertà di azione e di autonomia decisionale, nell’ambito delle deleghe riferite alle proprie responsabilità e competenza, che incoraggia la motivazione e rende felici le persone nell’ambiente di lavoro. Sentirsi importanti è un traguardo per se stessi e per gli altri ed aumenta la qualità produttiva e la qualità della vita in studio. Sebbene ciascuno abbia la tendenza a pensare più a se stesso che all’organizzazione all’interno della quale lavora, spetta proprio al manager, in questo caso all’odontoiatra, essere il coach che riesce a sviluppare le dinamiche di gruppo positive. E’ questo il compito fondamentale di tutti i managers.

Aspetti fiscali legati a strumenti di motivazione, monetaria e non, del team aziendale

A differenza di quanto possano pensare la maggior parte dei titolari di studio, e dei datori di lavoro in genere, la motivazione dei dipendenti nello svolgere al meglio il proprio compito lavorativo non è dettata in primo luogo dalle condizioni economiche con cui vengono retribuiti. Comprovati studi e indagini aziendali dimostrano che ai primi posti tra gli aspetti da tenere in considerazione per la soddisfazione dei propri dipendenti, ma più in generale del proprio team di studio, ci sono:
• l’apprezzamento per il lavoro svolto;
• la comprensione per le proprie necessità e questioni personali;
• l’essere coinvolti, costruttivamente, nei problemi, o meglio nelle sfide, aziendali e di studio.
Pertanto, pur dovendo distinguere nell’approccio da persona a persona e anche a seconda del livello retributivo dei singoli, ci sembra corretto sottolineare come la motivazione economica, i cosiddetti premi in denaro, non siano forse il punto principale su cui ragionare per motivare il team. A tal riguardo, ci sembra ancora opportuno ricordare che gli stessi corsi di formazione a beneficio del proprio team di studio possono essere un potente strumento di motivazione per i propri dipendenti e collaboratori che si sentono così oggetto di un investimento su di loro da parte del titolare, che quindi li considera importanti, oltre che ovviamente a beneficiare di un maggiore livello di competenze tecniche o relazionali in studio.
Purtroppo, dal punto di vista fiscale, i corsi di formazione erogati al proprio team di studio, nonché al professionista stesso di riferimento, restano ancora deducibili al 50% dal reddito del professionista o dello studio associato. A parere di chi scrive, nonostante vi sia il programma di renderli pienamente deducibili, il fatto che questi costi siano fiscalmente più onerosi è un’assoluta scorrettezza da parte del legislatore fiscale.
Peraltro si ricorda che le società di capitali (ad esempio i centri dentali in forma di S.r.l.) possono dedurre interamente i corsi di formazione erogati ai propri dipendenti e collaboratori, rendendo questa stortura ancora più evidente.
Sul fronte invece dei premi a diretto valore economico riferiti al personale dipendente, si segnala che, pur essendo il relativo costo pienamente deducibile per il professionista, eventuali beni ceduti e servizi prestati a propri dipendenti, di valore economico annuo non superiore a € 258,23 per dipendente, non formeranno reddito per il dipendente stesso. Pertanto, si avrà uno strumento di motivazione, ad esempio attraverso omaggi ai propri dipendenti, di un certo interesse.
Infine, per quanto l’argomento sia tecnicamente complesso e richieda l’intervento del consulente del lavoro, è opportuno tenere a mente che i premi per incrementi di produttività erogati ai dipendenti con un massimo di € 3000 o € 4000, a seconda dei casi, permettono in capo al dipendente una tassazione fiscale forfettaria di solo il 10% a fronte di una piena deducibilità per il professionista. Pertanto, anche l’incentivazione economica diretta al dipendente potrà usufruire di qualche vantaggio in termini di costi totali per lo studio, riducendo così il divario tra l’importo lordo erogato dal datore di lavoro e l’importo netto percepito dal dipendente.

Alessandro Terzuolo
Umberto Terzuolo

4. Incoraggiare, motivare, premiare e riconoscere

Il manager deve avere sempre parole di incoraggiamento per il suo staff. Incoraggiandoli li aiuta ad andare avanti e a fare ancora meglio, e rende il collaboratore considerato e quindi felice di lavorare in quell’organizzazione. Oggi grazie ad una serie di studi molto approfonditi, in ambito psicologico, neuroscientifico, organizzativo gestionale, possiamo misurare l’efficacia delle relazioni positive ed adottare anche le modalità più innovative per motivare il team. Ad esempio, eventi in studio, partecipazione alle fiere o ai convegni pagati dallo studio, sono momenti importanti per motivare in modo entusiasta, creando lo spirito di gruppo, i dipendenti ed i collaboratori.
Premiare il duro lavoro svolto dai dipendenti li fa continuare a lavorare nello stesso modo. Il motivo per cui insisto sempre su sistema di misurazione condiviso, è perché solo attraverso una valutazione oggettiva degli indici di performance che si possono stabilire premi ed apprezzamenti. È indubbio che se il dipendente sente che il suo lavoro non è apprezzato a parole o in termini materiali, può gradualmente smettere di farlo, dal momento che si può sentire non considerato dal titolare dello studio se pensasse che gli altri colleghi pur lavorando meno ottengono gli stessi benefici. Per questo ho sempre consigliato di attribuire premi e ricompense in base agli obiettivi precedentemente condivisi nel team.

5. Ascoltare i dipendenti andandoli a cercare

Ogni dipendente ama sentirsi ascoltato dal proprio titolare. Ognuno di loro sarà riconoscente verso chi, pur occupandosi del management, voglia e sappia ascoltare. Ruolo del manager è la capacità di trasferire la visione del lavoro, con quell’insieme di competenze relazioni interpersonali in cui il titolare appare umano e uno di loro, piuttosto che una figura irraggiungibile e distante. Ascoltare lo aiuta ad avere dipendenti più fedeli ed al tempo stesso più felici di lavorare per lui. Serve un po’ di sforzo da parte di tutti ma raggiungere questo obiettivo aiuta tutti a fare di meglio, aumentando la produttività e la qualità della vita in studio. Se questo approccio si estende al di là del luogo di lavoro, organizzando piccoli momenti conviviali e riunioni di allineamento, può rivelarsi ancora più incoraggiante lavorare insieme per aumentare la produttività.
risorse umane

6. Formulare obiettivi realistici

Altri che vogliono occuparsi di management, per migliorare la produttività e la qualità di lavoro hanno bisogno di fissare obiettivi realistici, significa che devono saper fissare i parametri e comprendere dove si trovano i limiti di realizzazione. Mentre invece un datore di lavoro aggressivo decide e comunica obiettivi spesso impossibili da raggiungere, inverosimili, che generano inevitabili fallimenti e quindi bruciano risorse, energia e motivazione. Saper formulare obiettivi realistici, concorre ad evitare che all’interno del gruppo di lavoro si producano sensi di colpa, incapacità oggettive e demotivazione. Le conseguenze possono essere devastanti anche sotto il profilo dell’autostima individuale.

7. Il lavoro della squadra

Il lavoro di gruppo aiuta sempre ad aumentare la produttività sul posto di lavoro dal momento che non esiste maggior input se non quello che si produce sotto forma di stimolo delle idee sviluppando le menti al lavoro. Chi lavora invece da solo, prendendo decisioni individuali e non condivise, non è sempre nella situazione più felice. Nel management parliamo spesso di team building di successo quando intendiamo quei gruppi che sanno lavorare insieme. La caratteristica più positiva di questo aspetto è che gli stessi pazienti ne percepiscono la qualità, attribuendo una percezione positiva all’ambiente di lavoro competente. Lavorare in squadra aumenta la passione, la responsabilizzazione, la produttività e l’armonia, ma è indubbio che sia fondamentale adottare un processo organizzativo ed una metodologia di misurazione oggettiva, condivisa e costantemente allineata innovandone le caratteristiche positive più salienti.
Marco Lorenzo Scarpelli

Responsabilità civili da contatto, acquiliane, contrattuali e non dei dipendenti e dei datori di lavoro: suggerimenti

Dal punto di vista di chi scrive, ed in riferimento alla pratica quotidiana della professione odontoiatrica, appare necessario distinguere il ruolo, fondamentale e preponderante, del datore di lavoro; questi può essere un singolo professionista, più professionisti in uno studio associato, una società di servizi o con caratteristiche societarie le più svariate.
Sarà in ogni caso in capo al datore di lavoro la responsabilità da contatto sociale, ovvero il rapporto contrattuale (ed economico) con il paziente.
All’interno dello studio (o della struttura) agirà il personale dipendente che, come ben precisa la parola stessa, ha un ruolo, rispetto al datore di lavoro, di carattere subordinato; agiranno o potranno agire tuttavia anche collaboratori liberi professionisti che non opereranno nell’ambito di un rapporto subordinato ma nell’ambito di un rapporto di collaborazione che, dal punto di vista intellettuale e secondo il principio dell’affidamento, consentirà loro una certa autonomia decisionale. Va da sé che i limiti della propria attività, in funzione di un rapporto armonico tra i vari operatori dello studio/struttura, dovranno essere ben codificati in via preliminare, allo scopo di evitare sofferenze o confusione nei ruoli. Già dall’anno 2000 proponemmo un modulo, estremamente semplificato, finalizzato a stabilire alcune regole nel rapporto tra titolare dello studio e datore di lavoro con i propri collaboratori; detto modulo è pubblicato qui a lato.


Riteniamo che la codifica formale delle regole fondamentali alla base dei reciproci rapporti tra gli operatori delle strutture odontoiatriche, naturalmente discusse ed acquisite preliminarmente in modalità plenaria, non possa che favorire il mantenimento di condizioni operative più favorevoli, talchè, in caso di dubbi, le “linee guida” operative pre determinate non potrebbero che favorire la risoluzione degli stessi.
Deve infine rammentarsi che il datore di lavoro, in forza dell’art. 2049 c.c., è direttamente responsabile verso i terzi per i danni arrecati loro dai suoi dipendenti, nell’esercizio dei compiti a cui sono adibiti. Ovviamente i dipendenti risponderanno a loro volta verso il datore di lavoro, ove abbiano agito con negligenza.

Marco Lorenzo Scarpelli

8. Assicurarsi che le persone amino il loro lavoro

Le persone felici comunicano maggiormente e condividono di più. Per questo il dipendente otterrà i migliori risultati se è felice del proprio posto di lavoro amando ciò che fa. Lavorare con passione e con persone affidabili, significa inevitabilmente lavorare meglio. E il datore di lavoro deve trovare il modo di rendere il suo team felice. A tal proposito chi ha acquisito competenze manageriali sa anche ricercare e formare il personale considerando non solo le attività da svolgere, ma anche come le persone devono integrarsi tra di loro. Può essere che alcuni di voi, leggendo questo articolo, non siano sempre d’accordo o che possano considerare utopistiche alcune affermazioni, ma le condizioni di lavoro e la cultura del lavoro, inclusi i valori che uniscono le persone nello stesso ambiente sanitario, devono rappresentare i modi per rendere il lavoro stimolante e interessante, piuttosto che banale e noioso. Chi lavora nell’ambito sanitario deve pensare che l’orario di lavoro termina quando l’ultimo paziente se ne è andato soddisfatto. Scegliere persone che hanno passione per questo lavoro è una delle principali ricerche, più importante di qualsiasi tecnologia ed investimento pubblicitario.

9. Rompere la monotonia ed innovare

Mentre i datori di lavoro che non conoscono le discipline del management assegnano solo i compiti in base alla competenza di base di un dipendente, chi ha invece esperienza e formazione manageriale sa altresì che svolgere il compito migliore può trasformare il suo lavoro monotono, generando pertanto errori e distrazioni. Questa monotonia può essere rotta solo con una periodica innovazione, che tra l’altro dovrebbe essere fisiologica e parte integrante dello stesso concetto di qualità. A volte anche la rotazione di alcuni compiti tra le persone del team può servire a generare stimoli innovativi e evitare gli errori di routine. Ma questa costante innovazione e a volte turnazione in alcuni ruoli di supporto del gruppo, come ad esempio la supervisione di alcune attività di controllo della qualità, permette di aggiungere apprendimento ed aiuta a ottenere una visione olistica del business da parte di tutti i componenti del team.
Architetto Marco Porro

L’ambiente migliora la produttività:
dal design all’ergonomia degli spazi

Approfondendo l’analisi della clinica odontoiatrica e mettendo a fuoco il rapporto tra spazio e produttività, analizziamo alcune questioni in merito al design e all’ergonomia di questo ambiente.
Ogni mestiere, dal più semplice al più evoluto, necessita di strumenti professionali: è infatti importante che chi lavora adoperi “attrezzi” adeguati. Da questo punto di vista, concentrando la nostra attenzione sullo spazio di lavoro del medico dentista, ritengo tra le varie interpretazioni possibili anche quella che identifica il buon ambiente di lavoro proprio nella categoria degli “strumenti” necessari allo svolgimento della professione. Negli ambienti lavorativi, l’interpretazione allargata dello spazio quale strumento non è propria solo della mia formazione professionale, ma ha origini già documentate nella metà dell’800, periodo in cui si comincia ad utilizzare la parola ergonomia, per poi trovare il suo massimo sviluppo nelle sperimentazioni condotte dalla metà dell’900 in poi.
È da questo momento in poi infatti che si moltiplicano le ricerche finalizzate ad adattare lo spazio di lavoro al lavoratore, ribaltando quindi l’approccio che vedeva il lavoratore doversi adattare a macchinari e spazi non progettati per le sue specifiche necessità, tali studi oggi sono alla base della progettazione e mirano a raggiungere nell’ordine i seguenti obiettivi:

  • sicurezza
  • flessibilità d’uso
  • praticità e comfort
  • gradevolezza e semplicità.

Obiettivi, questi, finalizzati al miglioramento delle prestazioni, dell’efficienza e della soddisfazione dell’utente.

Anche la legislazione italiana analizza l’aspetto dell’ergonomia (in particolare nel D.Lgs. 81/2008) considerando il tema in termini di miglioramento del benessere del lavoratore, l’articolo articolo 15 alla lettera d) cita proprio: “il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”.
Non dimentichiamo poi che la radice della parola ergonomia deriva da due parole greche érgon (lavoro) e ńomos (regola, legge).

Oggi, però, rispetto alle ricerche condotte in passato, che vedevano i primi studi di ergonomia e design finalizzati soprattutto a impieghi in ambito industriale, e quindi riproducibili in serie, viviamo un periodo caratterizzato da un cambio di esigenze; la forte specializzazione e diversificazione che sta caratterizzando il mondo del lavoro (spinta anche dalla forte competitività dell’offerta), porta a un indispensabile evoluzione, ad un “design 2.0”.
Se infatti l’ergonomia studia l’interazione tra utente, strumenti e ambiente di lavoro, per individuare una forma progettuale univoca e riproducibile, oggi al contrario è fondamentale un’approfondita lettura delle specifiche esigenze dell’utente, che essendo difficilmente sovrapponibili a quelle di altri studi, necessiteranno di soluzioni su misura.
La chiave di volta di questo processo sta quindi nella fase di progettazione ed analisi dell’ambiente di lavoro, vista come processo fortemente legato all’individuazione di queste specificità.
Sarà quindi compito fondamentale del progettista che dovesse intervenire nella ristrutturazione o realizzazione di uno studio odontoiatrico un’accurata raccolta di dati sull’attività lavorativa in termini di abitudini, processi, dimensione e servizi offerti, al fine di proporre soluzioni ad hoc. In un panorama lavorativo come quello odierno è quindi fondamentale puntare su queste specificità migliorando proprio quegli aspetti relativi alle eccellenze della propria offerta lavorativa, anche attraverso uno spazio pensato e realizzato su misura, in maniera sartoriale, che garantisca sicurezza e benessere al lavoratore e che abbia come principale obiettivo quello di essere comodo, efficiente e altamente prestazionale, e come abbiamo appena sottolineato fortemente personalizzato.

Marco Porro

10. Corsi e programmi di miglioramento

I dipendenti migliori si identificano perché sono felici quando possono implementare le loro competenze ed ottenere ulteriori opportunità di apprendimento, frequentando i corsi offerti dal datore di lavoro. Sanno che la formazione non solo li aiuta a imparare, ma sono anche consapevoli di rappresentare il maggior investimento, e per questo sono stati stabilmente inseriti in un’organizzazione produttiva. La formazione aggiunge anche al loro curriculum importanti attribuzioni formali di crescita professionale, con l’obbligo di svolgere meglio la propria attività, applicando tutte le conoscenze acquisite in questi corsi. Incoraggiare lo sviluppo di queste conoscenze, significa scegliere corsi professionali personalizzati, con obiettivi ben definiti, affidabili nei contenuti e svolti da professionisti di comprovata esperienza che sappiano generare la migliore motivazione ad apprendere.

Antonio Pelliccia