La Società tra professionisti (S.T.P.): uno strumento etico per l’odontoiatria moderna

La Società tra professionisti non è sicuramente una novità dell’ultimo periodo, dato che risale al Governo Monti del 2012. Solo recentemente però, a distanza ormai di cinque anni, si è assistito ad una sua diffusione nel mondo professionale, compreso il comparto sanitario-odontoiatrico.
La principale motivazione di questo ritardo è che, nella fretta dell’epoca di introdurre strumenti per liberalizzare il “baronesco e lobbistico” ambito delle professioni (come se i centri low cost italiani ed esteri non facessero già concorrenza a sufficienza…), il legislatore aveva “solo” dimenticato di spiegare quale tassazione avrebbe subito questa nuova società. Nel silenzio normativo si erano avute le più disparate interpretazioni. Alcuni sostenevano (a ragione) che, trattandosi di una normale società costituibile in forma di società di persone o di capitali, si sarebbe dovuta applicare l’Irpef, imposta che cresce al salire del reddito, per le prime (S.a.s. e S.n.c.) o l’IRES per le seconde (S.r.l. e S.p.a.) dal 2017 al 24% fisso, altri invece si erano addirittura spinti a sostenere che, trattandosi di uno strumento per le professioni, a prescindere dalla forma giuridica con cui la S.t.p. sarebbe stata costituita, la tassazione sarebbe avvenuta secondo le regole proprie del reddito professionale, ossia criterio di cassa e imposta progressiva Irpef sul reddito attribuito per trasparenza (ossia anche se non percepito). Sul punto era intervenuta nel 2014, fortunatamente in modo condivisibile, l’Agenzia delle Entrate: svolgendo come spesso accade il compito del legislatore, aveva chiarito che secondo il suo parere si sarebbe applicata l’IRES per le S.t.p costituite in forma di S.r.l. o S.p.a., e l’Irpef negli altri casi (S.n.c. e S.a.s.).
Da allora, tutti gli operatori hanno seguito (e seguono tutt’ora) la tesi dell’Amministrazione in virtù anche del c.d. principio dell’affidamento, ossia della non sanzionabilità di un comportamento in linea con l’interpretazione del Fisco. Finalmente (forse) i tanti professionisti che, rispettando pienamente le specifiche regole di deontologia ed etica professionale, vogliano al contempo poter usufruire degli strumenti economici che da diverso tempo sono a disposizione delle imprese possono ora guardare alla S.t.p. con rinnovata speranza.

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Un quadro completo delle modalità di esercizio dell’attività odontoiatrica

Prima di entrare nel merito delle peculiarità della S.t.p. e dei suoi meccanismi di funzionamento, è opportuno delineare le modalità possibili per esercitare l’attività professionale in ambito medico-odontoiatrico.
Le possibilità concesse all’odontoiatra essenzialmente sono:

  1. la “tradizionale” partita Iva individuale: esercizio in forma singola e autonoma, tipica forma dello Studio mono-professionale;
  2. il c.d. Studio associato: anche detta Associazione professionale che consente l’esercizio dell’attività in forma associata ma richiede almeno due professionisti medico-odontoiatri;
  3. il Centro dentale in forma societaria, attraverso la società di capitali (S.r.l. o S.p.A., anche con unico socio) o la meno frequente società di persone (S.a.s. o S.n.c.), situazione abbastanza diffusa, di cui si dirà in seguito;
  4. la “nuova” S.t.p. che usufruisce di forme societarie già esistenti e collaudate (società di capitali, di persone o cooperative) prevedendo però una serie di requisiti specifici che la caratterizzano quale società tra professionisti. Non viene creata di fatto in una nuova forma giuridica, bensì si tratta di una sotto-categoria tipica del mondo professionale.
    Motivo della fortissima attualità del tema è la recente Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico il quale ritiene, in controtendenza rispetto alle diverse migliaia di Centri dentali non S.t.p. presenti su tutto il territorio italiano, regolarmente autorizzati da Asl e Registro imprese, che l’unica forma consentita per esercitare l’attività odontoiatrica con società sia quella della S.t.p., salvo il caso delle cliniche dove le prestazioni risultano più complesse rispetto a quelle di un medico.
    Posto che sul tema dovrà essere presa una decisione chiara da parte del legislatore per evitare incertezze, sarà opportuno rimanere aggiornati sul tema e capire il significato pratico, citando la Circolare, di termini quali “prestazioni più complesse” e “clinica”.

Come funziona la S.t.p.?

Prima di entrare nel vivo degli aspetti fiscali è anche importante riepilogare le peculiarità della S.t.p. per comprenderne meglio gli effetti operativi.
La S.t.p. può essere un valido strumento per tutti coloro che svolgono professioni regolamentate e quindi certamente anche i medici chirurghi e gli odontoiatri, anche se queste considerazioni valgono in generale anche per tutto il settore medico. È infatti concesso esercitare attività professionale multidisciplinare, determinando però quale attività professionale venga svolta in modo prevalente al fine di una corretta iscrizione negli Albi professionali.
Come detto la S.t.p. può utilizzare modelli giuridici già esistenti, quali: le Società di capitali, (tra cui le S.r.l. e S.p.A.), le Società cooperative (in tal caso i soci devono essere almeno tre), o le Società di persone (S.a.s. o S.n.c.). Dubbia è la possibilità di utilizzare forme societarie semplificate come, ad esempio, la S.r.l. a capitale ridotto e le S.r.l. semplificate, strumenti giuridici che, visti i ridotti costi di start-up, consentirebbero l’accesso alla S.t.p. anche ai giovani professionisti.
Come anticipato, le S.t.p. devono inoltre possedere ulteriori requisiti che si elencano sinteticamente:

  • esercitare in via esclusiva l’attività professionale o le attività professionali indicate nello statuto;
    nel caso di più attività professionali, si dovrà indicare quella prevalente che determinerà a quale Albo iscrivere la S.t.p.;
    essendo previste due categorie di soci (la seconda però non è obbligatoria), ossia i soci professionisti e i soci non professionisti, il numero dei soci professionisti dovrà detenere una maggioranza “rafforzata”, almeno dei 2/3 (ossia il 66,67%), nelle deliberazioni o decisioni dei soci. I soci non professionisti (la vera novità della S.t.p.) potranno svolgere funzioni amministrative, occuparsi soltanto di prestazioni tecniche o avere finalità di investimento. Potranno essere sia persone fisiche sia, a loro volta, società. Ovviamente la prestazione medico-odontoiatrica dovrà sempre e solamente essere svolta da professionisti abilitati secondo le norme di legge;
    per evitare il rischio di “spersonalizzazione” della prestazione medica, si dovranno indicare i criteri e le modalità con cui sia garantito che la prestazione professionale sia eseguita solo dai soci professionisti (previsione molto utile per contrastare fenomeni di abusivismo);
    prevedere una apposita documentazione scritta con cui sia possibile identificare il professionista e gli eventuali collaboratori scelti dal paziente per l’esecuzione della prestazione professionale;
  • la S.t.p. dovrà essere iscritta all’Ordine di appartenenza, in una specifica sezione dell’Albo;
  • il professionista-socio potrà partecipare soltanto ad una S.t.p.;
  • sarà obbligatoria la stipula di una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi connessi alla responsabilità civile per i danni causati ai pazienti;
  • i professionisti-soci dovranno osservare il codice deontologico del proprio Ordine e la S.t.p. sarà soggetta al regime disciplinare dell’Ordine a cui risulta iscritta;
  • saranno esclusi dalla partecipazione alla S.t.p. coloro che siano stati cancellati dal rispettivo Albo con provvedimento definitivo.

A differenza di quanto succede nel caso dello Studio associato, la S.t.p. (in forma di S.r.l. o di S.p.A.) potrà essere anche a socio unico (se costituita in forma di S.r.l., ad esempio, il socio avrà il 100% delle quote) a condizione, ovviamente, che l’unico socio possegga i requisiti suddetti.
Contrariamente infine a quanto inizialmente sembrava potesse rappresentarsi, trattandosi di una struttura sanitaria complessa, anche per le S.t.p. è comunque necessario l’ottenimento dell’autorizzazione sanitaria (ad oggi pare essere questa la prassi delle Asl locali). Questo requisito, obbligatorio anche per i Centri dentali, sicuramente non ha favorito la diffusione della S.t.p. essendo spesso necessario, per ottenere tale autorizzazione, apportare modifiche strutturali molto costose ai locali in cui viene esercitata l’attività.
Tali autorizzazioni richiedono, ad esempio, che i locali garantiscano il libero e semplice accesso a soggetti disabili, abbiamo volumetrie specifiche per la sterilizzazione, nonché siano dotati di aerazione forzata e di pavimentazione specifica.

Gli aspetti fiscali-contributivi ed i risvolti operativi

Come anticipato, secondo il parere dell’Agenzia delle Entrate, la S.t.p. sarebbe assoggettata al regime fiscale della forma societaria scelta. Il caso più frequente è l’utilizzo della S.r.l. per i notevoli vantaggi in termini di flessibilità e di contenimento dei costi che offre.
Per tutte le S.t.p. in forma di società di capitali (S.r.l. e S.p.A.) si applicano, fino a prova contraria, le seguenti regole:

  • tassazione direttamente in capo alla S.t.p. con pagamento dell’IRES (Imposta sul Reddito delle Società) con aliquota fissa del 24% (dal 2017) indipendentemente dall’ammontare del reddito;
  • tassazione come reddito di impresa (senza eventuale ritenuta alla fonte del 20%) e applicazione del criterio di competenza, ossia indipendentemente dal pagamento dei costi o dall’incasso dei ricavi, ma in virtù della specifica riferibilità all’anno di imposta;
  • tassazione degli utili (differenza tra ricavi e costi) realmente prodotti e non in virtù del principio di trasparenza, tipico delle associazioni professionali.

Le differenze rispetto allo Studio associato e al reddito di lavoro autonomo sono notevoli ma principalmente riguardano innanzitutto la NON applicazione dell’Irpef (Imposta sul Reddito delle Persone fisiche) secondo le percentuali crescenti all’aumentare del reddito su ciascun socio (aliquote che vanno da un minimo del 23% fino a 15.000 € di reddito, ad un massimo del 43% per i redditi superiori a 75.000 €). Su redditi di una certa entità risulta quindi evidente la convenienza della scelta di uno schema societario di S.t.p. in forma di società di capitali. Inoltre, come detto, non vi sarà l’attribuzione dei redditi per trasparenza che spesso penalizza le associazioni professionali con redditi elevati che non vengono prelevati dai singoli professionisti soci.
Circostanza molto importante riguarda il fatto che i soci professionisti della S.t.p. sono sempre tenuti al pagamento dell’Enpam (nel caso ovviamente di medici e odontoiatri) in virtù del reddito prodotto dalla società virtualmente attribuito in funzione delle percentuali di partecipazione (secondo una sorta di meccanismo di trasparenza solamente contributiva e non fiscale).

Conclusioni

La S.t.p. rappresenta certamente una forma vantaggiosa con cui adattare il proprio Studio alle mutate esigenze del mondo dentale italiano. A parere di chi scrive, è forse “la risposta etica” alle necessità di cambiamento che l’odontoiatria manifesta già da tempo, permettendo di ottenere i vantaggi (anche fiscali) delle imprese pur rimanendo sempre professionisti (con annesse responsabilità deontologiche e contributive).
Il consiglio, come sempre, è quello però di valutare nel complesso i pro e i contro della S.t.p., facendosi assistere dal proprio Commercialista e comunque da professionisti esperti nel settore e ben aggiornati sul tema.

Dott. Umberto Terzuolo
Dott. Alessandro Terzuolo

A cura di: Studio Terzuolo-Brunero & Associati