Dentista e paziente odontofobico

Paziente odontofobico seduto sulla poltrona del dentista in un disegno in bianco e nero
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È risaputo quanto la professione del dentista sia tra le più stressanti, così come è noto che la stessa sia al contempo altamente stressogena.

Ritengo importante sottolineare la differenza, sia pur sottile, tra i due termini (spesso confusi come sinonimi): benché la base sia la medesima, ossia lo stress, le condizioni psicologiche, invece, sono differenti.

Lo stress è una risposta di adattamento a stimoli forti per l’organismo che sconvolgono l’omeostasi e che richiedono l’assunzione di comportamenti adeguati per ripristinare le funzioni fisiologiche derivanti da sovraffollamenti cognitivi ed emotivi.

Lo stress di per sé è positivo, non lo è invece il suo sovraccarico.

Ogni volta che non sia possibile trovare soluzioni adattive, si passa ad una situazione emotiva innata: la paura, che a sua volta innesca reazioni fisiologiche ben note a chiunque, perché la paura è anch’essa adattiva davanti ad un pericolo (di qualunque natura si tratti, generalmente concreto) che comporta un arousal attentivo.

Il dentista con un sovraccarico di stress diventa stressato, perché obbligato a mettere in atto comportamenti adattivi conseguenti alla paura, ossia al rischio di soccombere. Infatti, la paura è condizionata dal rischio reale e ad esso è correlata.

La differenza di cui sopra si esplica in tal modo: il dentista diventa, suo malgrado, un “luogo” stressogeno, e ciò ricade sul paziente come sua ulteriore paura soggettiva.

Paura del dentista, il paziente odontofobico

In modo sbrigativo, ormai è uso comune parlare di odontofobia; come visto, nella maggioranza dei casi, si dovrebbe parlare di “paura del dentista”, in quanto notevole è la differenza psicologica e psichiatrica tra paura e fobia.

La paura è quella situazione emotiva, descritta sopra, che attiva sani comportamenti difensivi; la fobia è una esasperazione coatta, quindi incontrollabile, della paura che limita i comportamenti, assumendo agiti di evitamento.

Andare dal dentista è un’azione che comporta paura, perché vi è un dato intrinseco non sottovalutabile neppure in base alla soglia individuale di sopportazione: il dolore.

La paura ci sta, è legittima e ognuno deve legittimarsi a provarla e a esplicitarla. E’ l’interesse per una sana e bella dentatura e per una sana igiene orale che convince a superare la paura, perché l’effetto supera lo stress eccessivo: “il gioco vale la candela”.

Sta al dentista, al suo staff, ai suoi consulenti mettere in atto situazioni di calo dello stress/paura: dall’accoglienza riservata alla cordialità sincera, dall’arredamento confortevole e sobrio alla scelta di colori tenui e uniformanti, dalle prescrizioni mediche ai consigli umani, dalla atmosfera calda alla calma di tutti gli operatori, dalla delicata musica di sottofondo all’armonia del tutto.

La parola d’ordine dovrebbe essere: rapporto alla pari di umanità; dunque, atteggiamenti mentali e comportamenti umani di assoluta empatia.

L’importanza di una corretta informazione

A mio parere, tra i più importanti, vi è l’informazione (di onestà intellettuale) del grado di dolore che il paziente dovrà sopportare.

Il paziente adeguatamente informato si sente rispettato nella sua umana dignità e fragilità di pauroso e già questo semplice fatto crea alleanza e compliance.

Di notevole rilevanza psicologica è l’elemento della dipendenza: sia fisica dovuta alla prossemica, sia per i “fantasmi” che il/la paziente sdraiato/a (a cui si chiede di mantenersi in posizione ferma) potrebbe provare (e prova) di “violenza”; del resto, la cavità orale è di facile identificazione proiettiva con altre cavità del corpo umano.

Rassicurare il paziente con una normale spiegazione che, purtroppo, la posizione di “dipendenza” è solamente obbligata dalla prestazione di cura, per quanto banale e superflua possa apparire, è un atto dovuto al rispetto di tutto ciò che il dentista non sa della personalità del paziente.

Se ciò è valido per il paziente che, sia pure con paura, si fa curare, per quello fobico non lo è, perché il fobico è psicologicamente un soggetto evitante.

Sarebbe utile che le Istituzioni organizzassero iniziative volte a trasformare la coazione della fobia nell’emozione della paura e che gli studi privati avessero pubblicazioni, illustrazioni, spiegazioni, racconti di esperienze che darebbero rassicurazione sul fatto che è naturale avere paura e che evitarla non è né utile, né risolutivo.

Un suggerimento: se si coglie una paura smisurata e paralizzante, iniziare con un “giro turistico” dello studio, con la “presentazione” dello strumentario e spiegazione del suo uso. In pratica, presentare l’oggetto fobico.

Ricordi, ogni dentista, che dietro una fobia non vi è mai una paura, bensì un trauma.

A tale proposito, la presenza di uno psicologo nello studio odontoiatrico è sempre più da ritenere consigliabile.