Diagnosi secondaria nei disordini temporo-mandibolari: prevalenza dei gruppi secondo criteri CEP-TMD

    Secondary diagnosis in temporo-mandibular disorders: group prevalence according to CEP-TMD criteria

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    Scopo del lavoro: Scopo del presente studio è stato quello di valutare la prevalenza dei gruppi diagnostici secondari in un campione di pazienti con disordini temporo-mandibolari (TMD) adottando i criteri clinical examination protocol-TMD (CEP-TMD).
    Materiali e metodi:

    È stato selezionato retrospettivamente un campione di 233 pazienti con TMD afferenti ad un ambulatorio di pratica clinica orientata al dolore orofacciale e alla gnatologia. Per ogni paziente sono stati registrati: genere, età, diagnosi secondaria TMD (I. disordini muscolari; II. dislocazione del disco; III. artralgia, artrite, artrosi), presenza di diagnosi singole o diagnosi multiple.

    Risultati:

    Nel nostro campione di studio (femmine/maschi 3.8/1; età media 42±14 anni) abbiamo registrato le seguenti distribuzioni di frequenza: disordine muscolare: 67%; dislocazione del disco: 26.6%; artralgia, osteoartrosi e osteoartrite: 50.6%; diagnosi singole: 60.5%; diagnosi multiple: 39.5%. Le distribuzioni di frequenza hanno dimostrato una differenza statisticamente significativa (p<0.05)

    Conclusioni:

    Il presente studio ha indagato la prevalenza di diagnosi secondarie in un campione di pazienti con TMD. La diagnosi clinica è un processo complesso che richiede diversi assi e livelli di indagine ed è richiesto pertanto al settore clinico odontoiatrico interessato alla gestione dei TMD l’acquisizione di conoscenze e abilità diagnostiche specifiche.

    I disordini temporo-mandibolari (temporomandibular disorders, TMD) costituiscono un gruppo eterogeneo di patologiche coinvolgenti le articolazioni temporo-mandibolari (temporomandibular joint, TMJ), i muscoli masticatori e tutte le strutture direttamente relazionate ad esse.

    Dal punto di vista clinico l’obiettivo primario della valutazione iniziale del paziente con manifestazioni cranio-mandibolari consiste nell’accertare la natura delle cause responsabili del problema, ovvero stabilire la presenza di una problematica di natura funzionale oppure organica (dentale, neurologica, reumatologica, neoplastica etc…).

    Dopo aver svolto una diagnosi primaria ed aver escluso problematiche organiche è possibile effettuare una diagnosi secondaria attraverso cui i TMD di natura funzionale possono essere classificati in gruppi [1].

    Il sistema di classificazione secondo research diagnostica criteria for TMD (RDC/TMD) [2] prevede due assi di valutazione (fisico e psicosociale) e la possibilità di diverse diagnosi secondarie suddivise in tre gruppi: (I) disordini muscolari, (II) dislocazione del disco e (III) artralgia, artrite, artrosi. La diagnosi di appartenenza ad un gruppo non è esclusiva, così il paziente può ricevere diagnosi singole o diagnosi multiple essendo inserito in un solo gruppo o contemporaneamente nei tre gruppi.

    Inoltre considerando le categorie (II) e (III) applicabili a ciascuna TMJ (destra e sinistra) ogni soggetto può ricevere da zero a cinque diagnosi secondarie.

    È possibile poi sviluppare una diagnosi terziaria caratterizzando ulteriormente in sub gruppi le tipologie di disordine muscolare, dislocazione del disco o artralgia, artrite, artrosi, ed in questo caso le diagnosi all’interno di ciascun sub gruppo diventano mutualmente esclusive.

    L’attribuzione diagnostica in gruppi e sub gruppi di appartenenza avviene attraverso l’applicazione di un algoritmo basato sulla compilazione di questionari anamnestici e l’esecuzione di un esame obiettivo standardizzato.

    Ad oggi la classificazione RDC/TMD è considerata il riferimento (gold-standard) nella diagnosi e classificazione dei TMD [3], tuttavia tale sistema di algoritmi trova difficile applicazione nella quotidianità clinica, a causa dei tempi richiesti e della notevole quantità di dati da raccogliere.

    La necessità di adottare strumenti più adeguati alle necessità cliniche quotidiane ha prodotto diversi tentativi di semplificazione del processo diagnostico [4-6], tra cui lo sviluppo della classificazione clinical examination protocol-TMD (CEP-TMD).

    Tale strumento è stato validato rispetto ai RDC/TMD e considerato affidabile ai test intra ed inter operatore [6].

    L’impostazione della CEP-TMD trova evidenti riferimenti alla RDC/TMD, tuttavia rispetto ad essa considera solo l’asse I (fisico), risulta sgravata da numerosi questionari preimpostati e semplificata nell’applicazione dei protocolli di esame (es. palpazione muscolare semplificata ed intuitiva), risultando un’alternativa clinica più rapida e pragmatica [7].

    La CEP-TMD trova dunque indicazione in procedure di screening o nel primo approccio al paziente, ed è poi eventualmente integrabile secondo lecite scelte individuali di ogni operatore clinico, con altri strumenti diagnostici di asse I o asse II senza vincoli predeterminati da protocolli certamente più completi ma anche più complessi e vincolanti, sicuramente utili alla ricerca scientifica ma decisamente meno nella realtà clinica quotidiana.

    Volendo fornire un contributo allo studio dell’applicazione clinica del protocollo CEP-TMD e della epidemiologia diagnostica nel paziente con TMD, scopo del presente lavoro è stato quello di valutare retrospettivamente la prevalenza dei gruppi diagnostici secondari in accordo ai criteri CEP-TMD in un campione di pazienti con TMD.

    MATERIALI E METODI

    Tipo di studio e campione
    Studio clinico analitico di osservazione, con selezione di un campione retrospettivo estratto dall’archivio di cartelle cliniche relative a pazienti visitati presso un ambulatorio di pratica odontoiatrica privata principalmente rivolta alla gnatologia clinica e dolori oro-facciali.

    Dal data base di pazienti riferiti per dolore cranio cervico facciale o problemi funzionali cranio mandibolari (ridotto movimento mandibolare, rumori articolari TMJ, difficoltà masticatorie) sono stati selezionati pazienti con età ≥ 18 anni e diagnosi primaria di TMD di natura funzionale, escludendo pazienti con diagnosi riferibili a cause organiche già note o successivamente diagnosticate.

    Sono stati poi ulteriormente esclusi i pazienti le cui cartelle risultavano incomplete rispetto alle variabili di studio. Il campione finale consisteva in 233 pazienti.

    Tutti i pazienti fornirono consenso scritto alla raccolta dei dati personali a fini di indagine statistica al momento della prima visita.

    Procedure cliniche e variabili raccolte
    Tutti i pazienti furono sottoposti al momento della prima visita alla raccolta delle generalità, ad anamnesi medica ed esame obiettivo e, se ritenuti necessari, furono richiesti approfondimenti diagnostici strumentali e/o consulenze presso specialisti di altro settore medico.

    Applicando i criteri CEP-TMD [6], ai pazienti con disordine muscolare (indistintamente senza o con limitazione) fu assegnata una diagnosi secondaria di gruppo I, ai pazienti con dislocazione del disco (nelle varie forme: con riduzione, senza riduzione con limitazione, senza riduzione senza limitazione) in una o entrambe le TMJ fu assegnato gruppo II, ai pazienti con artralgia o artrite o artrosi in una o entrambe le TMJ assegnato gruppo III.

    In virtù della possibilità di diagnosi singole o multiple fu considerato un numero complessivo di 7 gruppi diagnostici: gruppo I, gruppo II, gruppo III, gruppo I+II, gruppo I+III, gruppo II+III, gruppo I+II+III.

    In tabella I sono stati riportati i criteri CEP-TMD riassunti in punti chiave estrapolati direttamente dalla tabella completa dei criteri [6] e tradotti dalla lingua inglese a quella italiana.

    Gruppi diagnostici CEP/TMD6 e criteri espressi in punti chiave
    Gruppo I: Disordini muscolari
    I a. Dolore miofasciale1. Dolore riferito su muscoli masticatori (faccia, tempie, preauricolare, orecchio) a riposo o durante la funzione
    2. Dolorabilit? alla palpazione dei muscoli masticatori con almeno un sito positivo omolaterale al dolore riferito
    I b. Dolore miofasciale con apertura limitata1. Come Dolore miofasciale
    2. Apertura mandibolare < 40mm
    Gruppo II: Dislocazione del disco
    II a. Dislocazione del disco con riduzione1. Non dolore riferito o prodotto dalla palpazione articolare
    2. Rumore articolare “click” durante i movimenti mandibolari
    II b. Dislocazione del disco senza riduzione con limitazione1. Assenza di rumore articolare “click”
    2. Apertura mandibolare ≤ 35mm
    3.Deflessione omolaterale in apertura o escursione controlaterale <7mm
    II c. Dislocazione del disco senza riduzione senza limitazione1. Storia pregressa di blocco articolare
    2. Presenza di rumore articolare diverso dal “click”
    3.Apertura mandibolare ≥ 35 mm
    Gruppo III: artralgia, osteoartrite, osteoartrosi
    III a. Artralgia1. Dolore riferito in articolazione a riposo o in funzione
    2. Dolorabilit? alla palpazione articolare
    3.Assenza di rumore articolare “crepitio”, possibile presenza di “click”
    III b. Osteoartrite1. Come artralgia
    2. Rumore articolare “crepitio”
    III c. Osteoartrosi1. Assenza di dolore riferito in articolazione a riposo o in funzione
    2. Rumore articolare “crepitio”

    Dalla revisione delle cartelle, quali oggetto di studio sono state dunque estratte le seguenti variabili: genere (maschile [M]; femminile [F]), età (anni), diagnosi secondarie (I disordine muscolare; II dislocazione del disco; III artralgia, osteoartrite, osteoartrosi), gruppo diagnostico singolo o multiplo di appartenenza (I; II; III; I+II; I+III; II+III; I+II+III).

    Analisi statistica
    Applicando gli strumenti della statistica descrittiva (frequenze, tendenza centrale, dispersione) il nostro campione di studio è stato caratterizzato per le variabili raccolte. Per la verifica delle ipotesi sulle frequenze osservate per ogni singola variabile di studio è stato utilizzato il test chi quadrato, assumendo un modello di verifica di equidistribuzione.

    Ipotesi nulla è stata considerata l’equidistribuzione delle frequenze osservate, ipotesi alternativa è stata considerata la non equidistribuzione delle frequenze osservate (H0:χ2=0; H1:χ2≠0).

    È stato inoltre calcolato per ogni frequenza osservata il valore del residuo standard (standard residue, SR), al fine di valutare il peso statistico specifico di ogni singola frequenza sul risultato finale.

    Il livello di significatività è stato fissato per α=.05 (p<0,05).

    RISULTATI

    Il campione era costituito da 233 pazienti, 184 di genere femminile (F=79%; odds=3,8) e 49 di genere maschile (M=21%; odds=0,3), con un rapporto di genere F:M pari a 3,8:1 (p<0,05). Età media 42 ±14 anni, minima 18, massima 81 anni.

    Secondo una distribuzione di frequenza per classi di età (18-34; 35-54; ≥55) è stata osservata una frequenza maggiore associata alla classe 35-54 (49,8%) e minore alla classe ≥55 (18%) (p<0,05).

    Diagnosi secondarie complessive di gruppo I (disordine muscolare) sono state assegnate a 156 su 233 pazienti (67%), di gruppo II (dislocazione del disco) a 62 su 233 (26,6%), di gruppo III (artralgia, osteoartrosi e osteoartrite) a 118 su 233 (50,6%) (figura 1).

    Fig. 1 Istogramma a colonne per le diverse frequenze percentuali di diagnosi secondarie mutualmente non esclusive registrate sul campione di studio.

    In tabella II sono stati invece riportati numero, frequenza percentuale ed odds relativi alla distribuzione nei sette gruppi diagnostici (singoli e multipli) (p<0,05).

    Le maggiori frequenze percentuali osservate erano relative al gruppo I (32,2%) e gruppo I+III (20,6%). Diagnosi singole sono state registrate in 141 casi (60,5%), diagnosi multiple in 92 casi (39,5%) (p<0,05).

    Tra le 141 diagnosi singole il gruppo I è stato osservato con maggior frequenza (53,2%) (p<0,05). mentre tra le 92 diagnosi multiple è stato osservato con maggior frequenza il gruppo I+III (52,2%) (p<0,05).

    Gruppo*IIIIIII+III+IIIII+IIII+II+III
    N7519472448155
    %32.20%8.20%20.20%10.30%20.60%6.40%2.10%
    Odds0.50.10.30.10.30.10.02
    SR7,2‡-2,5‡2,4‡-1.62,6‡-3,2‡-4,9‡
    n=numero di individui; %=frequenza percentuale; SR= residuo standard;
    * variabile significativamente non equidistribuita p<0,05 (test chi2); ‡ p<0,05
    Tab. 2 Distribuzione di frequenza, odds, e residui standard per i sette gruppi diagnostici (singoli e multipli).

    Per tutte le distribuzioni di frequenza indagate sul campione è stata rifiutata l’ipotesi nulla (di equidistribuzione) ed accettata l’ipotesi alternativa (di non equidistribuzione).

    DISCUSSIONE

    Il nostro campione di studio era caratterizzato da 233 individui con età media 42 anni e rapporto di genere F:M pari a 3,8/1.

    Gli indicatori statistici applicati ad età e genere registrati sul nostro campione si allineavano con i dati epidemiologici presenti in letteratura [8-10], confermando l’effettiva provenienza del nostro campione da una classica popolazione adulta di soggetti con TMD.

    Nello studio condotto per la validazione dei criteri CEP-TMD [6] è stata registrato su un campione di 41 pazienti una diagnosi di gruppo I (disordini muscolari) nel 48%, dei casi, di gruppo II (dislocazione del disco) nel 39% e di gruppo III (artralgia, osteoartrosi e osteoartrite) nel 12%, sette pazienti su 41 (17%) non hanno ricevuto nessuna diagnosi di TMD.

    Il 53% ha ricevuto diagnosi singola, mentre il 29% ha ricevuto diagnosi multiple. Un valido confronto tra le prevalenze osservate in quest’ultimo studio e quelle individuate nel presente lavoro era complicato dalle diverse metodologie utilizzate (in relazione ai diversi obiettivi preposti).

    Lo studio di validazione di Hasanain F. et al. [6] utilizzò un campione di pazienti consecutivi su cui vennero applicati i criteri CEP-TMD, ottenendo pertanto anche una certa percentuale di soggetti senza diagnosi (17%).

    Nel presente studio di prevalenza fu invece utilizzata una metodologia retrospettiva, selezionando in partenza un campione di pazienti con diagnosi primaria di DTM poi successivamente divisi in gruppi in relazione ai criteri CEP-TMD, senza quindi generare alcuna prevalenza di soggetti senza una diagnosi.

    Quindi, al fine di poter procedere ad un più preciso confronto tra le prevalenze riportate nei due diversi studi è stata da noi esclusa dal lavoro di Hasanain F et al. [6] la quota di pazienti che non ricevettero diagnosi (41-7=34) e ricalcolate le frequenze percentuali osservate.

    In tabella III sono stati dunque riportati i risultati dei due studi a confronto, resi omogenei per campioni provenienti da una popolazione di pazienti con diagnosi primaria di TMD.

    StudioCampioneDisordini muscolariDislocazione del discoArtralgia, artrite, artrosiDiagnosi singolaDiagnosi multipla
    Hasanain F. et al 2009 (6)34 pazienti TMD*67.60%55.90%17.60%64.70%35.30%
    Presente studio233 pazienti TMD67.00%26.60%50.60%60.50%39.50%
    * Numerosità del campione ricalcolata dall’originale (41 soggetti) sottraendo il numero di casi (7 soggetti) senza diagnosi di TMD.
    Tab. 3 Distribuzione di frequenza, odds, e residui standard per i sette gruppi diagnostici (singoli e multipli)

    Dal confronto dei dati è stato possibile considerare risultati simili per le frequenze percentuali di diagnosi complessive di gruppo I (disordine muscolare) (67,6% vs 67%) ed altrettanto risultati simili per frequenze percentuali di diagnosi singole o multiple. (64,7%; 35,3% vs 60,5%; 39,5%).

    Le frequenze percentuali osservate per diagnosi complessive di gruppo II (dislocazione del disco) e gruppo III (artralgia, osteoartrosi e osteoartrite) hanno fornito dati sostanzialmente dissimili e tale aspetto poteva essere interpretato in considerazione dei diversi criteri di inclusione/esclusione adottati dai due studi o dal numero sostanzialmente differente di individui reclutati.

    Da una nostra revisione della letteratura condotta mediante motore di ricerca Medline (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed) non sono risultati altri lavori scientifici finalizzati allo studio della prevalenza dei gruppi TMD valutati secondo criteri CEP-TMD.

    In tal senso, oltre allo studio già citato finalizzato alla presentazione e validazione della classificazione CEP-TMD pubblicato nel 2009 [6], il presente lavoro è risultato il primo ad aver indagato sulla epidemiologia clinico-diagnostica dei TMD mediante l’applicazione di tali criteri.

    Nel nostro campione di studio la diagnosi più frequente è risultata quella di gruppo I (disordine muscolare), seguita da quella di gruppo III (artralgia, osteoartrite, osteoartrosi) (figura 1).

    Tale dato poteva essere interpretato in virtù dello specifico setting costituito da un ambulatorio privato particolarmente orientato alla gestione dei TMD e del dolore craniofacciale.

    In particolare, essendo il dolore associato ai TMD una variabile particolarmente significativa sulla qualità della vita dell’individuo [11] ed essendo solo alcuni sub gruppi appartenenti al gruppo I (disordine muscolare) e al gruppo III (artralgia, osteoartrite, osteoartrosi) comprensivi di criteri coinvolgenti la presenza di dolore (tabella I) è apparso ragionevole registrare più elevata frequenza per queste due tipologie di gruppi e minore per il gruppo II (dislocazione del disco) nei cui criteri non figurava la presenza di dolore, con conseguente minore richiesta di consulenza specialistica da parte dei pazienti.

    Per il sub gruppo “dislocazione del disco con riduzione”, tra i criteri era richiesta esplicitamente presenza di rumore articolare “click” e assenza di dolore mentre la contemporanea presenza di rumore articolare “click” e dolore articolare attribuiva al paziente una diagnosi di gruppo III (artralgia, osteoartrite, osteoartrosi; sub gruppo “artralgia”).

    Tra i sette gruppi diagnostici (tabella II), il gruppo I ha registrato maggior prevalenza tra le diagnosi singole, mentre il gruppo I+III ha registrato maggior prevalenza tra le diagnosi multiple.

    Quest’ultimi dati potevano essere interpretati in maniera analoga ai precedenti, ovvero in ragione della presenza del dolore tra i criteri diagnostici di alcuni loro sub gruppi.

    In campioni estratti dalla popolazione generale si poteva diversamente assistere ad un’inversione della prevalenza, con maggiori diagnosi di “dislocazione del disco con riduzione” [12,13].

    In virtù di tali dati si poteva considerare la tendenza dei pazienti a privilegiare richieste di consulenze in ragione del dolore più che in presenza di rumori o limitazioni articolari specie se non associati a dolore.

    La caratterizzazione diagnostica secondaria dei TMD, così come è stata svolta nel presente studio, non costituiva solo uno sterile esercizio clinico.

    In letteratura, la presenza di diagnosi multiple era associata ad una maggiore disabilità funzionale cranio mandibolare e cervicale [14] e diversi trattamenti possedevano diversa efficacia in relazione ad una diversa tipologia di DTM [15-16].

    La classificazione CEP-TMD intesa come primo approccio al paziente con TMD non prevedeva nessuna valutazione di asse II (psicosociale).

    Considerando tuttavia l’importanza di tali fattori quali elementi prognostici [17] era raccomandabile l’integrazione dei criteri fisici con strumenti di valutazione psicosociale, orientandosi tra i numerosi descritti in letteratura e scelti in relazione alle esigenze ed alla specifica realtà clinica di ogni operatore [18-20].

    Negli ultimi decenni si è assistito ad un notevole aumento dell’interesse sanitario verso le problematiche temporomandibolari ed al conseguente sviluppo di diverse classificazioni e criteri diagnostici. Tuttavia nel presente studio è stato sottolineato il concetto di diagnosi clinica strutturata in livelli.

    La classificazione CEP-TMD come la RDC/TMD e molte altre garantivano attraverso l’applicazione di criteri clinici, una diagnosi secondaria ed eventualmente terziaria, ma non fornivano nessuna esplicita indicazione di natura eziopatogenetica, ovvero informazioni sulla eventuale presenza di patologie organiche capaci di provocare dolore cranio facciale o mimare segni disfunzionali.

    In tal senso appariva utile considerare l’importanza di un processo diagnostico iniziale e differenziale di competenza medica, precedente all’applicazione di qualunque sub classificazione dei TMD, e quindi definibile di diagnosi primaria [1].

    In ragione di tali considerazioni, per il settore odontoiatrico interessato alla gestione dei TMD (occupando il ruolo di disciplina medica di riferimento sul dolore oro-facciale) appariva indispensabile l’acquisizione clinica di conoscenze e abilità per orientarsi nel processo diagnostico dei TMD strutturato in livelli progressivi di indagine.

    La selezione retrospettiva del campione adottata dal presente studio ha potenzialmente introdotto un controllo delle variabili poco accurato, mentre l’assenza di una formale traduzione e validazione della scala CEP-TMD in lingua Italiana ha potuto generare errori metodologici o di rilevanza culturale.

    CONCLUSIONI

    Nonostante le limitazioni, il presente studio ha indagato sulle prevalenze dei gruppi diagnostici secondari in un campione di pazienti con TMD mediante applicazione dei criteri CEP-TMD.

    Il gruppo I (disordini muscolari) ha registrato una frequenza percentuale del 67%, il gruppo II (dislocazione del disco) del 26,6%, il gruppo III (artralgia, osteoartrosi e osteoartrite) del 50,6%. Diagnosi singole sono state più frequenti rispetto a diagnosi multiple (60,5% vs 39,5%).

    L’interpretazione di tali dati è stata discussa ed è stato sottolineato il ruolo di tale classificazione come primo approccio clinico, rapido e pratico al paziente con TMD, senza dimenticare l’importanza di un approfondimento diagnostico organizzato in diversi assi e livelli di indagine.

    Utilizzo e applicazione clinica di strumenti e classificazioni diagnostiche è un processo dinamico che richiede continui aggiornamenti. In tal senso è auspicabile per il futuro assistere ad ulteriori studi ed indagini sull’utilizzo della CEP-TMD.

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    To cite:

    Doctor Os – n°6 – 2019

    Materials and methods:

    We selected a retrospective sample of 233 patients with TMD referred to outpatient practice oriented to orofacial pain and gnathology. For each patient we recorded: sex, age, TMD secondary diagnosis (I. muscular disorders; II. disk displacements; III. arthralgia, arthritis, arthrosis), presence of single or multiple diagnoses.

    Aim of the work:

    The aim of the present study was to evaluate the prevalence of secondary diagnostic groups in a sample of patients with temporomandibular disorders (TMD) adopting clinical examination protocol-TMD (CEP-TMD).

    Results:

    In our study sample (female/male 3.8/1; mean age 42±14 years) we found the following frequency distributions: muscular disorders: 67%; disk displacements: 26.6%; arthralgia, arthritis, arthrosis: 50.6%; single diagnoses: 60.5%; multiple diagnoses: 39.5%. Frequency distribution demonstrated a statistically significant difference (p<0.05).

    Conclusion:

    The present study investigated the prevalence of secondary diagnosis in a sample of patients with TMD. Clinical diagnosis is a complex process that requires different levels and axes of investigation. It is required for clinical dentistry interested in the management of TMD acquisition of specific diagnostic skills and knowledge.