Nel corso degli anni la nostra professione ha attraversato una vera e propria rivoluzione. Oggi si tende a dare per scontato che il professionista sia dotato di competenze imprenditoriali, ma contemporaneamente il confronto tra redditi e tenore di vita è impietoso rispetto al passato.

La conseguenza più immediata è stata la crescita dell’insicurezza per tutti i colleghi.

Un’insicurezza nuova perché legata alle esigenze immediate, alla capacità all’improvviso non più scontata di essere in grado di affrontare gli imprevisti legati allo stesso concetto di attività libero professionale.

Se fino a 10/15 anni fa il nostro reddito ci consentiva di superare senza affanni la necessità di allontanarci dal lavoro per un problema di salute grazie ai risparmi messi da parte, oggi è utopistico anche solo pensare di affrontare un’emergenza senza mettere in preventivo sacrifici rilevanti.

Non siamo di fronte a un semplice inciampo nella carriera di un singolo professionista, ma di un problema che, lasciato a se stesso, rischierebbe di incidere sull’intera catena di trasmissione che lega tutte le varie fasi della professione.

Dalla formazione, al lavoro e fino alla pensione, appare fondamentale la presenza di un soggetto che intervenga dove necessario per superare le asperità dovute alla situazione economica del Paese.

Garantire la tenuta di quello che potremmo definire un patto generazionale è esattamente il compito di un ente previdenziale. Nello scorso mese di febbraio la Fondazione Enpam ha raggiunto un nuovo traguardo per tutta la categoria, con l’entrata in vigore della riforma che tutela tutti i liberi professionisti in caso di infortunio o malattia, indipendentemente dal reddito.

In termini pratici questo significa che, in caso di inabilità temporanea, a tutti viene garantita un’indennità pari all’80 per cento del reddito dichiarato ai fini della Quota B. Questo anche per chi ha un fatturato elevato, perché l’unico limite sarà sull’importo massimo dell’aiuto che si riceverà dall’Enpam (circa 5mila euro al mese).

La tutela è disponibile a partire dal 31° giorno di assenza dal lavoro, non dal 61° come in passato, e potrà durare fino a un massimo di 24 mesi.

Un nuovo diritto che è rivolto a chiunque abbia versato la Quota B per almeno tre anni: sia i liberi professionisti puri, sia medici e odontoiatri che svolgono la libera professione affiancandola all’attività in convenzione o al lavoro dipendente.

A oggi 15 colleghi ne hanno già usufruito!

La riforma dell’inabilità temporanea rientra tra gli obiettivi del Consiglio di amministrazione Enpam, che per il mandato 2015-2020 si è prefisso di tutelare i professionisti mettendo a punto un welfare di categoria con l’obiettivo facilitare la vita lavorativa.

Un cambio di passo che è figlio dei tempi che cambiano, la cui attuazione è consentita dalle opportunità concesse dal decreto legislativo 509 del 1994 con il quale l’Enpam è stato privatizzato.

È la categoria a decidere, nel rispetto delle leggi e dello Statuto, quali sono le regole da seguire, ed è di conseguenza molto importante conoscere e avere consapevolezza degli “aiuti” che la professione ha a disposizione per tentare di risolvere (o almeno di affrontare con maggiore serenità) le difficoltà che si presentano.

Il patrimonio dell’Enpam, cioè i risparmi che i medici e gli odontoiatri italiani hanno messo da parte per avere la sicurezza di una rendita pensionistica, è oggi di oltre 20 miliardi di euro. Una parte importante è il risparmio degli odontoiatri italiani, cioè di ognuno di noi.

Per questo le Casse si battono per mantenere l’autonomia garantita dal decreto 509 che viene, periodicamente, messa in discussione da tentativi di utilizzare le nostre risorse per obiettivi diversi dalla nostra missione principale, che è quella di garantire le pensioni.

E le pensioni si garantiscono anche sostenendo il lavoro di chi versa contributi.

È un fatto assodato che negli anni passati la Fondazione, come tutte le Casse, ha dovuto fare delle riforme che hanno inciso molto sull’ammontare dei contributi.

Lo ha dovuto fare perché la manovra “Salva Italia” del Governo Monti ha fissato dei parametri da rispettare penalizzanti, comunque aldilà del necessario.

Se non li avessimo rispettati saremmo stati costretti a passare al metodo di calcolo della pensione “contributivo”, quello usato dall’Inps e regolato dalle leggi del parlamento. Non avremmo più potuto stabilire in autonomia le nostre regole: ce le avrebbe imposte la politica.

Nonostante queste riforme, a parità di versamenti, Enpam garantisce una rendita superiore a quella che si otterrebbe se iscritti all’Inps, perché il rendimento del suo patrimonio valorizza i nostri versamenti.

A questo si aggiunge la convenienza di un’assistenza mirata alle nuove esigenze della professione.

Fino a pochi anni fa l’obiettivo era quello di dare una risposta alle situazioni di grave disagio, accompagnate da un reddito insufficiente a garantire la sopravvivenza o per le calamità naturali.

Enpam continuerà come ha sempre fatto a intervenire in tutti quei casi come calamità, come terremoti o inondazioni, a sostegno dei colleghi che hanno avuto la prima casa o lo studio danneggiati.

Oggi tuttavia è importante che il risparmio previdenziale dei colleghi versato all’Enpam, oltre a garantire le nostre pensioni, venga destinato anche a mettere in campo azioni di welfare integrato, allargato e attivo.

Se i colleghi convenzionati e dipendenti si garantiscono una solidarietà intracategoriale nella convenzione o nei contratti, i liberi professionisti non hanno altro strumento che l’Enpam.

Per questo il mio impegno è rivolto a conoscere, in un confronto diretto e costante con gli iscritti, quali sono le nostre esigenze di welfare.

Come odontoiatri abbiamo bisogno di nuove tutele che da una parte ci proteggano da eventi negativi e dall’altra diano serenità alle nostre famiglie.

Azioni rivolte al sostegno della nostra professione, della nostra categoria, del singolo iscritto, e della sua famiglia.