In questo articolo parleremo della figura di un grande ortodontista: Edmondo Muzj.
Lo faremo anche per ricordare la memoria di un caro amico e collega, scomparso esattamente un anno fa: Nerio Panteleoni (1941-2023), anch’egli ortodontista e grande cultore di storia dell’odontoiatria, che del Muzj fu allievo e collaboratore e di cui mi parlava sempre, durante i nostri incontri a Poggio Grande (BO), dove rifondammo la SISOS (Società Italiana di Storia della Odonto-Stomatologia) che ho l’onore di presiedere.
In quegli incontri Nerio parlava sempre con affetto del suo maestro, citando anche episodi interessanti della sua vita umana e professionale che si intrecciarono anche con quelli di un altro grande maestro di ortodonzia, esponente della scuola di Bologna: Giorgio Maj.
Edmondo Muzj nacque a Campli (Te) il 12/05/1894 e morì, ultracentenario, a Roma il 24/01/1995.
Laureatosi nel 1920 in Medicina e Chirurgia a Bologna, si recò, successivamente a Berlino per perfezionarsi in odontostomatologia.
In questa sede ebbe modo di apprezzare una disciplina che pochi allora praticavano con cognizione di causa: l’ortodonzia.
Fu allievo dei fratelli Simon presso il Berliner Zahnaerztliche Poliklinik e seguì nel contempo i corsi di ortodonzia di Paul Oppler.
Rientrato in patria dopo tre anni fu accolto, in qualità di allievo interno presso la Clinica Odontoiatrica dell’Università di Bologna, diretta da Arturo Beretta (1876-1941), dove iniziò a occuparsi di ortodonzia e nel 1926, su proposta dello stesso Beretta, gli fu conferito l’incarico dell’insegnamento di Ortognatodonzia nell’ateneo bolognese.
Furono anni fecondi di ricerca e di didattica; l’indirizzo in campo antropometrico che Muzj aveva acquisito dai maestri berlinesi lo portò a intraprendere una colossale ricerca antropologica con i crani dell’istituto di Anatomia Umana dell’università bolognese, con lo scopo di studiare il comportamento dei piani orizzontali e dei riferimenti biometrici della testa; tale indagine venne pubblicata nel 1928 sulla rivista La Stomatologia (Ricerche su un piano orizzontale della testa preteso più costante degli altri conosciuti).
Nelle ricerche clinico-sperimentali si servì di un apparecchio di sua invenzione, chiamato bioriproduttore, che aveva la funzione di evidenziare il rapporto fra arcate dentali e linea del profilo.
Nel 1933 venne chiamato da Amedeo Perna (1875-1948) presso l’Istituto Superiore di Odontoiatria G. Eastman di Roma, ove, oltre a dirigere il reparto di Ortognatodonzia e a tenere per incarico il medesimo insegnamento presso la scuola di specialità dell’università di Roma, esercitò la carica di vicedirettore.
Iniziò quindi una sua scuola con i discepoli Olindo Naso e Pietro Guardone.
Nel 1941, in seguito all’improvvisa scomparsa del suo maestro, Arturo Beretta, ritornò all’università di Bologna come direttore incaricato dell’istituto e della cattedra di Odontoiatria e incrementò la scuola con la partecipazione dei discepoli M. Adorni Braccesi, C. Luzj, P. Lucchese, G. Maj, B. Miotti.
Nel 1942, deluso dall’esito di un concorso universitario contestato, che doveva consentirgli l’accesso al ruolo ma che invece fu orientato diversamente, ritornò definitivamente a Roma all’Istituto Eastmann, dove rimase sino alla fine della carriera.
Nel 1950, nel suo trattato Terapia ortopedica funzionale della faccia, Muzj propose un nuovo tipo di apparecchio funzionale, basato sull’attivatore di Andresen e sulla placca di Kinsgley.
Ulteriori opere furono Antropomteria Oro-faciale, pubblicata in varie lingue (1967) e Indirizzo antropometrico in Ortopedia Oro-facciale (1989), scritta quando l’autore aveva novantacinque anni.
Ricoprì varie e prestigiose cariche in seno a svariate società scientifiche italiane e straniere: past president e membro d’onore della Société Française d’Orthopédie Dento-faciale; past president e membro onorario della European Orthodontic Society; membro onorario della Società Italiana di Ortodonzia; membro corrispondente della Deutsche Gesellschaft fur Kieferorthopadie; membro della Società medico-chirugica di Bologna.
Nel 1994, in occasione del suo centesimo compleanno, gli furono tributate grandi onoranze presso la Clinica odontoiatrica bolognese, che aveva visto i primi passi della sua carriera.
In quell’occasione, Giuseppe Cozzani, allora presidente della S.I.D.O, ha portato i riconoscimenti degli ortognatodontisti italiani, ricordando la genialità e la profonda cultura che hanno portato il Muzj nell’ormai lontano 1936 e riscuotere unanime consenso al congresso internazionale di odontoiatria a Vienna esponendo la teoria completa della “relatività morfologica e della relatività terapeutica”, diventando internazionalmente noto come fondatore dell’ortognatodonzia italiana.
Riportiamo, concludendo, le parole di sconcertante attualità che Muzj pronunciò a Roma, nel corso della seduta inaugurale del I Congresso della Società Italiana di Ortognatodonzia il 22 ottobre del 1946:
“E via via si comprese quanto vasta fosse la sfera d’azione dell’ortognatodonzia, e quanto complessa l’opera del cultore di essa. Questi deve essere innanzitutto un medico. Infatti, come potrebbe, ad esempio, eseguire una giusta diagnosi o praticare un adeguato trattamento, senza saper distinguere se una protrusione mandibolare dipenda da una disfunzione ormonica o no? Né potrebbe d’altra parte, eseguire opportunamente una cura senza un apprezzamento esatto della reazione dei tessuti e dello stato generale dell’individuo da cui questa dipende.
Egli deve essere anche un antropologo, perché non potrebbe eseguire una giusta diagnosi senza saper distinguere, oltre ai caratteri patologici, anche quelli morfologici normali ed anormali del volto; deve essere in certo quale modo ingegnere in quantochè non saprebbe, altrimenti, far funzionare secondo le regole biologiche i dispositivi meccanici di cui dispone, senza entrare in possesso delle leggi che regolano i corpi in riposo ed in moto. Né va dimenticato, infine, che deve essere anche artista, in quanto, essendogli affidata la decisiva sorte di fattezze umane, non deve essere scevro di un sicuro gusto estetico, e di una equilibrata sensibilità”.
La figura del Muzj è stata molto bene descritta da Aurelio Levrini e da Lorenzo Favero nel volume “I Maestri dell’Ortodonzia Funzionale” (Quintessenza Edizioni, 2003), in cui, accanto alla vita e alle opere, vengono messe in evidenza la profondità e l’efficacia del suo pensiero scientifico.