Perché questa novità è importante? Un quadro di sintesi
L’opportunità di esercitare l’attività odontoiatrica attraverso l’utilizzo di strutture societarie è possibile nel nostro ordinamento almeno dal 2006 (c.d. Decreto Bersani L. 223/2006) e ottenne ulteriori sviluppi attraverso l’introduzione della società tra professionisti nel 2011 (art. 10 co. 3 – 8, L. 183/2011 e DM n. 34e dell’8.2.2013), nonché un’ulteriore conferma sulla legittimità nel 2017 (art. 1 co. 153 e ss L. 124/2017).
Sono quindi ormai quasi vent’anni che diversi professionisti, soprattutto quelli con attività strutturate e volumi di fatturazione annua che raggiungono o superano i 450-500.000 euro (dato assolutamente empirico e non legittimato da alcuna normativa specifica, ma sulla cui utilità andrebbe svolta un’analisi caso per caso), si interrogano sull’opportunità di esercitare la propria attività non con formule tradizionali, quali la partita IVA individuale o l’associazione professionale (anche detto studio associato), ma attraverso forme societarie quali:
- società di capitali (S.r.l., S.p.A o S.a.p.A.);
- società di persone (S.s., S.n.c., S.a.s.);
- società cooperative;
anche in forma di società tra professionisti (tipologia societaria che, è giusto ricordarlo, utilizza una delle tre precedenti categorie a cui aggiungere requisiti specifici per l’iscrizione nella sezione dedicata dell’OMCeO).
A questa generale e sempre più diffusa tendenza alla valutazione dell’opportunità societaria, hanno contribuito:

Soprattutto quest’ultimo tema, ossia quello del passaggio generazionale, è diventato ormai una necessità molto frequente che, professionalmente, ci capita di supportare, ormai quotidianamente, nella nostra attività consulenziale. Il motivo è dovuto principalmente a due ragioni:

Ricordiamo che l’evoluzione della propria attività verso forme societarie non deve essere vissuta come una “moda”, ma va valutata caso per caso con professionisti competenti ed esperti in materia, considerando il caso concreto e i costi-benefici specifici.
La variabile fiscale nell’evoluzione degli studi
Fatta questa doverosa premessa va anche detto che, prima dell’introduzione dell’art. 177 bis del TUIR (articolo approvato, ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale al momento di redazione del presente contributo), una delle resistenze a tale evoluzione dell’attività professionale poteva essere rappresentata dalla variabile fiscale.
Prima dell’introduzione di uno specifico regime fiscale (art. 177-bis TUIR) che disciplini, in modo favorevole, le operazioni straordinarie riferite ad attività professionali, il quadro fiscale non era particolarmente definito o, meglio, subiva interpretazioni molto divergenti tra la dottrina e la prassi dell’Agenzia delle Entrate.
Tale circostanza ha creato una certa incertezza negli operatori di settore, soprattutto perché, oggetto di discussione, era il valore economico e la modalità di tassazione di un valore immateriale particolarmente soggettivo quale quello della pazientela (o della clientela secondo il testo normativo).
D’ora in poi, in estrema sintesi, i professionisti saranno trattati in modo sostanzialmente analogo agli imprenditori (individuali e non) che decidano di effettuare operazioni straordinarie sulla propria attività quali il conferimento del proprio studio, la trasformazione, la fusione o la scissione dello stesso.
Si capisce, quindi, facilmente perché la normativa fosse particolarmente attesa da tutte le categorie professionali (odontoiatri, commercialisti e avvocati in primis), visto che tutte queste categorie si trovano a competere anche con strutture imprenditoriali, e vedono una crescita media delle dimensioni degli studi come fenomeno inarrestabile.
Cosa prevede la novità normativa? La novità per le imposte dirette
Già dal 9 agosto 2023 la legge delega per la riforma del sistema fiscale (L. 111/2023 art. 5 co. 1) aveva aperto la strada verso la modifica normativa prevedendo “la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti”
Ora, invece, con l’introduzione della normativa di dettaglio, la novità prenderà finalmente vita anche in pratica. È infatti dal 30.04.2024 che lo schema di decreto è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, ma era tutt’ora in attesa di diventare legge.
Iniziamo, quindi, ad approfondire la novità normativa nel dettaglio. Il testo del nuovo articolo di legge dovrebbe (ha subito ancora qualche piccola modifica in fase finale) essere il seguente:
“I conferimenti di un complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela e ogni altro elemento immateriale, nonché di passività, organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale, in una società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, di cui all’art. 10 della L. 12 novembre 2011, n. 183, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze”.
La neutralità fiscale, in pratica, comporta il non dover pagare imposte, potenzialmente anche molto rilevanti (il reddito in alcuni casi potrebbe essere molto simile al valore dello studio), in queste delicate fasi di passaggio e riorganizzazione.
Con l’ultimissima modifica normativa, tuttavia, sembra che la neutralità fiscale sia garantita solamente qualora il conferimento abbia oggetto un “complesso unitario” e non singole attività materiali o immateriali.
Inoltre, per accedere alla “non tassazione” (neutralità) è necessario che vengano rispettati due requisiti:

In pratica, vi è continuità di valori fiscali nel passaggio da professionista a società e questa rappresenta una condizione appunto per la non tassazione (a fronte della compilazione di un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi).
Oltre alla neutralità fiscale in caso di conferimento (ossia la modalità giuridica per passare da P.IVA individuale a società) la stessa è garantita anche in caso di:

Si avrà finalmente il via libera alle operazioni di trasformazione da studio associato in forma di società (tra professionisti) che ad oggi risultavano sostanzialmente bloccate per la variabile fiscale. Inoltre, per evitare salti o duplicazioni d’imposta nella fase di passaggio da un regime di tassazione per cassa, tipico della partita IVA individuale e dello studio associato, a un regime di tassazione per competenza tipico delle società e, nello specifico, di quelle di capitali, è stata prevista anche la seguente specifica:

Tali specifiche si applicano anche, qualora compatibili, alle fusioni e alle scissioni.
Risvolti fiscali dal punto di vista IVA e di imposta di registro
Anche dal punto di vista dell’IVA, che notoriamente è vista come un costo in più per il settore odontoiatrico, dato che quasi sempre ne ha la totale indetraibilità, vi sono novità positive; infatti, non sono soggetti ad IVA:

Pertanto, anche l’aspetto dell’IVA non rappresenta un ostacolo a queste operazioni di evoluzione e/o concentrazione professionale in forma societaria.
Anche sotto il profilo dell’imposta di registro ci sono buone notizie, infatti: qualora si decida di utilizzare la forma del conferimento, trasformazione, fusione o scissione, l’imposta di registro si applicherà nella misura fissa di 200 euro (in luogo di aliquota percentuale sul valore del complesso unitario).
Aspetti pratici rilevanti e dubbi operativi
Pur accogliendo con buona soddisfazione e favore la novità normativa in commento, ci sembra giusto segnalare una situazione ad oggi potenzialmente dubbia, ossia la valenza o meno della neutralità fiscale per le operazioni di conferimento, trasformazione, fusione o scissione a favore di società (che rappresentano un unicum per il settore sanitario) puramente di capitali (i c.d. ambulatori mono o polispecialistici) e non a favore di società tra professionisti. Nel modo odontoiatrico, ma più in generale in quello medico, queste società, a fronte di una specifica autorizzazione sanitaria concessa dall’ASL o ATS di competenza, sono in grado di esercitare l’attività odontoiatrica e medica.
Questi ultimi soggetti, infatti, non sono citati direttamente tra le “società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, di cui all’art. 10 della Legge 183/2011” o “tra le società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico diverse da quelle di cui” al punto precedente che beneficiano certamente della neutralità fiscale in virtù della formulazione dell’art. 177-bis TUIR. Non è chiaro se questo mancato allargamento, dal punto di vista testuale del dettato normativo, sia solo frutto di una dimenticanza, o non conoscenza delle specificità del settore medico, o se sia, invece, frutto di una precisa volontà agevolativa verso le S.t.p.
Si potrebbe, infatti, obiettare quanto poco logico sarebbe avere un differente trattamento fiscale tra, ad esempio, una Srl “ordinaria” (in altre parole senza i requisiti della società tra professionisti) e una società tra professionisti a responsabilità limitata (ossia una S.r.l. in forma di S.t.p.). Peraltro, la trasformazione da S.t.p. a r.l. a S.r.l. “ordinaria” non avrebbe certamente alcun impatto fiscale, trattandosi sostanzialmente di un cambio di denominazione sociale e di una variazione statutaria, oltre che di una serie di modifiche e cancellazioni da porre in essere con l’Ordine. Ma ci si chiede se, in assenza di altre valide ragioni economiche, un susseguirsi di atti notarili volti al conferimento o alla trasformazione in forma di società tra professionisti a responsabilità limitata, seguito poi sostanzialmente da una modifica della denominazione e dell’oggetto in S.r.l. “ordinaria” possa essere contestato dal punto di vista del c.d. abuso del diritto (art. 10-bis L. 212/2000). A tal riguardo, ci verrebbe in aiuto il numero 3 del suddetto art. 10, ossia la previsione secondo cui: “non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”.
Al di là di questo rilevante ambito da chiarire, tuttavia, non ci sono dubbi che poter accedere alla disciplina del conferimento o della trasformazione sia estremamente pratico sotto diversi aspetti:

Un ultimo elemento di portata spiccatamente pratica è rappresentato, infine, dal tema del rispetto dei requisiti strutturali, quali ad esempio: areazione forzata, servizi igienici accessibili ai disabili, assenza di barriere architettoniche, superfici specifiche per i locali, certi tipi di pavimentazione o impiantistica, eccetera. Questi requisiti cambiano da Regione a Regione e non è detto che esercitare la propria attività in forma individuale o di studio associato richieda gli stessi requisiti per l’esercizio in forma societaria. Questa seconda formula (quella societaria) spesso richiede requisiti strutturali più complessi e articolati, che vanno verificati prima di procedere al passaggio di forma. È circostanza comune, infatti, in diverse Regioni avere requisiti semplificati per strutture di tipo professionale ed eventualmente di società tra professionisti di dimensioni ridotte, o con soci unicamente professionisti, mentre per le società di capitali o per certe società tra professionisti con una struttura articolata, sono previsti requisiti strutturali tipici di cliniche o ambulatori complessi.
Conclusioni
In definitiva, l’attesa modifica normativa è certamente una buona notizia. Solitamente, la forma individuale o associata comporta costi minori e strutture più semplici e viene quindi intrapresa all’inizio della carriera; quando poi, però, l’attività si sviluppa e cresce in volumi e risorse coinvolte, si potrebbe voler passare a forme societarie un po’ più articolate, certo con qualche costo in più, ma anche con numerosi vantaggi di tipo giuridico e fiscale, soprattutto in caso di redditi elevati. Favorire o, meglio, non ostacolare, tali passaggi in linea con un fenomeno di concentrazione degli studi e di loro crescita dimensionale è cosa auspicabile in termini generali. Anche i professionisti, come spesso il mondo delle imprese, sono tacciati, soprattutto in Italia, di nanismo o di scarsa competitività e innovazione.
Sembra infatti che, finalmente, anche il legislatore inizi a considerare l’articolato mondo delle professioni come un insieme di attività economiche dinamiche e volenterose di crescere, evolversi e con un notevole impatto sull’occupazione e la produzione di reddito nazionale.
“L’evoluzione può essere necessaria soltanto a colui che si renda conto della sua situazione e della possibilità di cambiarla, e si renda conto che ha dei poteri che non usa e delle ricchezze che non vede. Ed è nel senso della presa di possesso di questi poteri e di queste ricchezze che l’evoluzione è possibile.”
George Ivanovich Gurdjieff