La detersione dello spazio canalare

Irrigation

Fig. 6 Fase della detersione su elemento isolato con diga, in corso di terapia endodontica.
Scopo del lavoro:

La detersione dello spazio canalare è parte fondamentale nel successo del trattamento endodontico in quanto soddisfa numerosi ed importanti obiettivi meccanici, chimici e (micro) biologici. Tale fase è spesso considerata la più importante del trattamento, in particolare per la riduzione della carica batterica presente all’interno del sistema endodontico.

Durante la disinfezione endodontica, il clinico deve affrontare molte situazioni sfavorevoli: la complessità anatomica del canale radicolare, l’impossibilità di contattare adeguatamente tutte le pareti dentinali durante la strumentazione meccanica, la resistenza dei batteri che aumenta per l’associazione di più specie in un biofilm che aderisce alle pareti endodontiche e colonizza gli istmi.

Nel tempo sono state proposte diverse soluzioni irriganti e diversi sistemi di erogazione per superare alcuni di questi limiti. L’ipoclorito di sodio è la soluzione irrigante più diffusa. Al giorno d’oggi, esiste un’ampia varietà di soluzioni irriganti testate per la disinfezione del canale radicolare ma, nonostante la ricerca e i progressi fatti negli ultimi decenni nel campo dell’Endodonzia, ad oggi non esiste un protocollo di irrigazione che sia universalmente valido e condiviso dalla Letteratura. La sequenza di irrigazione, in alcuni casi, deve essere customizzata in base al caso clinico da trattare. Le proprietà delle soluzioni irriganti più comunemente utilizzate devono pertanto essere note, e le differenti situazioni cliniche attentamente valutate dal clinico durante la scelta del protocollo di detersione più appropriato.

Introduzione

La detersione dello spazio canalare è parte fondamentale nel successo del trattamento endodontico in quanto soddisfa numerosi e importanti obiettivi meccanici, chimici e (micro) biologici. Tale fase è pertanto spesso considerata la più importante del trattamento, in particolare per la riduzione della carica batterica presente all’interno del sistema endodontico (Haapasalo et al. 2014). Il trattamento canalare ha lo scopo di prevenire o trattare la parodontite apicale attraverso l’eliminazione o la sostanziale riduzione dei microorganismi presenti nel sistema canalare che sono in grado di causare un’infezione intra o extraradicolare. È altresì importante prevenire la contaminazione e ricontaminazione di questo sistema durante il trattamento endodontico o al termine dello stesso (Nair et al., 2005). La letteratura ha ben documentato come la strumentazione meccanica, un’efficace irrigazione e una successiva otturazione stabile del sistema dei canali radicolari possano ridurre significativamente la carica batterica, creando un ambiente favorevole alla guarigione dei tessuti periradicolari (Schilder 1967). Durante la disinfezione endodontica, il clinico deve affrontare molte situazioni sfavorevoli: la complessità anatomica del canale radicolare, l’impossibilità di contattare adeguatamente tutte le pareti dentinali durante la strumentazione meccanica, la resistenza dei batteri che aumenta per l’associazione di più specie in un biofilm che aderisce alle pareti endodontiche e colonizza gli istmi (Zehnder 2006). Nel tempo sono state proposte diverse soluzioni irriganti e diversi sistemi di erogazione per superare alcuni di questi limiti. L’ipoclorito di sodio (NaOCl), già nel 1936, era stato raccomandato da Walker per la detersione dei canali radicolari. Nel 1943 Grossman suggerì l’uso di NaOCl e perossido di idrogeno. Più tardi, nel 1957, Nygaard-Ostby introdusse la soluzione di acido etilendiamminotetraacetico (EDTA). Al giorno d’oggi, esiste un’ampia varietà di soluzioni di irrigazione testate per la disinfezione del canale radicolare ma, nonostante la ricerca e i progressi fatti negli ultimi decenni nel campo dell’endodonzia, molti degli articoli scientifici hanno mostrato risultati controversi.  Per questo motivo la scelta del protocollo di irrigazione più efficace non è ancora oggi univocamente condivisa.

Eziologia batterica 

Studi su modello animale e umano hanno dimostrato che le patologie pulpari e periapicali non si sviluppano in assenza di batteri (Kakehashi et al. 1965, Sundqvist 1976), e che le infezioni primarie del canale radicolare sono polimicrobiche (10-30 specie batteriche) in natura, dominate da batteri anaerobi obbligati. Il biofilm di microrganismi presenti nel canale radicolare di elementi già trattati e con lesioni periapicali persistenti invece è più limitato (1-3 specie) rispetto alle infezioni primarie del canale radicolare, e risulta principalmente dominato da enterococcus faecalis, un cocco Gram-positivo anaerobio facoltativo resistente ai farmaci intracanalari, in grado di invadere i tubuli dentinali (Sjogren et al. 1997). Poiché la presenza di batteri influenza negativamente l’esito della terapia canalare, è chiaro il motivo per cui dovrebbe essere portato avanti ogni sforzo per eradicare le infezioni durante il trattamento.

Ostacoli alla rimozione degli irritanti dal sistema canalare 

Lo spazio endodontico è estremamente articolato nella sua morfologia ricca di istmi, canali laterali e anastomosi. I tubuli dentinali, che si estendono dalla polpa fino alla giunzione cemento-dentinale, rappresentano uno spazio che i batteri riescono a colonizzare. Tale complessità anatomica deve essere considerata dal clinico durante le fasi di preparazione chemo-meccanica. Inoltre, la formazione dello smear layer creato durante l’azione di taglio degli strumenti meccanici, crea una barriera meccanica che riveste le pareti endodontiche e che è in grado di ridurre la penetrazione degli irriganti. Questo smear layer, dallo spessore di circa 1-2 µm, è costituito da sostanze organiche ed inorganiche come frammenti di processi odontoblastici, microorganismi e residui necrotici (Mader et al. 1984). 

Obiettivi detersione

Le soluzioni irriganti e i materiali da medicazione sono utilizzati durante il trattamento endodontico per raggiungere le complessità anatomiche e rimuovere lo smear layer, esercitano una funzione fisica di lubrificazione delle pareti canalari riducendo gli stress meccanici degli strumenti e riducendone il rischio di frattura. Esse rendono i detriti dentinali più facili da rimuovere, dissolvendoli e facilitandone la rimozione in senso coronale. La loro funzione biologica è rappresentata da una azione solvente nei confronti dei residui tissutali ed organici, oltre ad una azione antisettica dello spazio endodontico.

Le caratteristiche ideali che gli irriganti canalari dovrebbero possedere sono:

  • un ampio spettro antimicrobico e un’elevata efficacia contro i microrganismi anaerobi e facoltativi organizzati in biofilm;
  • dissolvere i residui di tessuto pulpare necrotico;
  • inattivare le endotossine batteriche;
  • impedire la formazione dello smear layer durante la strumentazione o dissolverlo una volta che si è formato.
  • Inoltre, poiché gli irriganti endodontici entrano in contatto con i tessuti vitali, dovrebbero essere sistemicamente non tossici, tali da non provocare danni caustici ai tessuti parodontali e avere un basso potenziale per causare una reazione anafilattica.

Numerosi sono gli aspetti ancora controversi legati alla detersione: 

  1. Quali irriganti utilizzare?
  2. Durata dell’irrigazione: quanto tempo è necessario per ottenere una adeguata disinfezione del canale?
  3. Concentrazione delle soluzioni irriganti: quale concentrazione di NaOCl è consigliata?
  4. Disinfezione del terzo apicale del canale: come può l’irrigante raggiungere la porzione apicale?
  5. Sequenza di irrigazione: quale sequenza di irriganti è raccomandata?
Fig. 1 Fase di detersione mediante soluzione di ipoclorito di sodio, veicolato da siringa e ago metallico tradizionale. L’elemento è isolato con diga di gomma e diga liquida.

1. Quali irriganti utilizzare?

Le più comuni soluzioni irriganti appartengono a categorie diverse di composti chimici: acidi, agenti chelanti, enzimi proteolitici soluzioni alcaline, saline e agenti ossidanti. Oltre a ridurre la carica batterica all’interno del canale, scopo della detersione è anche la rimozione dello smear layer, ossia il fango dentinale costituito da residui pulpari e detriti inorganici prodotti dall’azione di taglio degli strumenti all’interno del canale.  Tra gli irriganti più comunemente utilizzati durante le procedure endodontiche, un ruolo di primaria importanza è rivestito dall’ipoclorito di sodio (NaOCl), dall’acido etilendiamminotetracetico (EDTA) e dalla clorexidina (CHX). La letteratura, pur in presenza di concentrazioni, protocolli e metodi di somministrazione differenti, conferma come questi irriganti, in particolare NaOCl ed EDTA, siano ad oggi quelli in grado di garantire un’efficace detersione dello spazio endodontico (Violich & Chandler, 2010, Basrani & Haapasalo 2012). 

Fig. 2 Utilizzo di un dispositivo sonico per attivare la soluzione irrigante e facilitare la pulizia e la disinfezione dei canali dopo la modellazione con strumenti meccanici.

Ipoclorito di sodio (NaOCl) 

L’ipoclorito di sodio (NaOCl) è l’irrigante più diffuso e utilizzato durante le procedure endodontiche per le sue peculiari capacità antimicrobiche e per la dissoluzione del materiale organico all’interno dei canali radicolari (Zehnder 2006, Cobankara et al. 2010, Stojicic et al. 2010). Ha funzione antisettica e lubrificante, oltre alle spiccate proprietà antibatteriche e viene utilizzato in diluizioni che variano dallo 0.5% al 6%. La sua efficacia è legata alla reazione che si sviluppa in acqua, dove si dissocia in ioni Na+ e OCl-, stabilendo un equilibrio con l’acido ipocloroso (HOCl), che rappresenta la parte attiva dell’irrigante, che riesce a causare la lisi della membrana cellulare batterica. A differenza di altre soluzioni comunemente utilizzate, l’NaOCl ha la capacità di dissolvere le sostanze organiche necrotiche presenti nel sistema canalare mentre sono sicuramente aspetti negativi la sua tossicità quando viene a contatto con i tessuti periradicolari, il suo odore e sapore, il suo effetto sbiancante su tessuti e la sua azione corrosiva sui metalli. Per massimizzare l’efficacia della sua azione, la soluzione deve essere frequentemente rinnovata ed agitata con sistemi di attivazione. L’uso dell’NaOCl risulta della massima importanza nella rimozione dei residui di tessuto necrotico e del biofilm batterico (Haapasalo et al. 2014). Non è efficace sulla totalità del biofilm: è infatti meno attivo contro l’enterococcus faecalis, responsabile nel 70% dei casi della patologia che si presenta o che persiste dopo un primo trattamento endodontico. Inoltre, non dissolve lo smear layer, oltre ad alterare negativamente le proprietà meccaniche della dentina. Dovrebbe essere preparato appena prima del suo utilizzo ma nella maggior parte dei casi, viene conservato in ampi contenitori e conservato a temperatura ambiente. È importante sottolineare come l’esposizione alla luce e all’aria ne riducano significativamente l’efficacia (Zehnder 2006). L’NaOCl, se accidentalmente estruso nella zona del periapice, può provocare danni severi al paziente. Per questo motivo, per ridurre il rischio di incidenti da estrusione di ipoclorito, l’ago da irrigazione dovrebbe essere inserito ad una profondità inferiore alla lunghezza di lavoro, non contattare le pareti canalari ma avendo cura di muovere la siringa con dei movimenti di va e vieni ed essere estruso con una pressione leggera. Per ridurre il rischio di estrudere il liquido oltre apice, si consiglia l’uso di aghi “side-vended” ossia con uscite laterali. Nel caso di incidenti da estrusione di NaOCl, il trattamento consiste nell’osservazione del paziente e nella somministrazione di antibiotici ed analgesici. Per questi motivi, la ricerca si sta muovendo verso lo sviluppo di altre soluzioni irriganti con minori effetti sfavorevoli.

Acido etilendiamminotetracetico (EDTA)

L’EDTA è un agente chelante, generalmente utilizzato dopo l’NaOCl come irrigante finale (Yamada et al. 1983). Si tratta di una soluzione neutra o debolmente alcalina, generalmente utilizzata ad una concentrazione del 10-17% anche se già all’1-5% sembra essere efficace nella rimozione dello smear layer. Il tempo di applicazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 2 minuti. L’importanza della rimozione dello smear layer è legata alla sua composizione, in cui si trovano batteri e antigeni batterici oltre a detriti dentinali e residui pulpari infetti. L’azione dell’EDTA è limitata alla componente inorganica della dentina e dello smear layer (idrossiapatite) e la sua efficacia è massima quando preceduto dall’NaOCl (Baumgartner & Mader 1987). L’EDTA non possiede proprietà antibatteriche pur avendo la capacità di indebolire la membrana cellulare ma agisce in maniera sinergica con altre soluzioni irriganti con una maggiore efficacia antibatterica (Loel 1975). L’EDTA riduce l’efficacia dell’NaOCl e per tale motivo non dovrebbero essere utilizzati simultaneamente (mescolati o alternati). Inoltre, l’EDTA non deve entrare a diretto contatto con la clorexidina in quanto si forma un precipitato biancastro. 

Clorexidina

La clorexidina (CHX) è un irrigante alternativo all’ipoclorito di sodio, grazie al suo ampio spettro di azione antibatterica e alla minore tossicità (Russell & Day 1993). La concentrazione principalmente utilizzata di CHX durante il trattamento endodontico è 2%, e, a differenza dell’NaOCl, elevate concentrazioni esercitano una azione battericida, mentre concentrazioni inferiori hanno azione batteriostatica. La CHX può essere utilizzata in gel o in soluzione con la stessa efficacia. Possiede una caratteristica peculiare definita “substantivity”, ovvero la capacità di legarsi alle superfici dentarie e prolungare la propria efficacia antimicrobica. La sua efficacia nei confronti del biofilm è simile a quella di una concentrazione debole di NaOCl (1-2%) (Wang et al. 2012). In qualità di irrigante canalare, il suo limite principale consiste nella mancanza di capacità di dissolvere i residui tissutali (Ruskakiet et al., 2020). CHX e NaOCL sono due soluzioni che non dovrebbero entrare in contatto una con l’altra: dalla loro unione, infatti, si forma un precipitato insolubile dal colore arancione, potenzialmente mutagenico (Haapasalo et al. 2010).

2. Durata dell’irrigazione: quanto tempo è necessario per ottenere una adeguata disinfezione del canale?

Il tempo di contatto degli irriganti con la dentina contaminata è un fattore essenziale: infatti affinché l’irrigante sia efficace, è necessario raggiungere e distruggere il biofilm adeso alle pareti del canale. Tuttavia, la letteratura presenta dati estremamente variabili su questo punto. Questa differenza può essere dovuta al fatto che la presenza di materiale organico, essudato infiammatorio, residui tissutali e biomassa microbica, potrebbero indebolire l’effetto antibatterico della soluzione di NaOCl. Per superare questo limite, una irrigazione continua con una soluzione rinnovata e il tempo di contatto adeguato sono fattori essenziali per aumentare l’efficacia dell’NaOCl (Basrani & Haapasalo 2012). La letteratura dimostra come il regime più efficace di irrigazione sia con una soluzione al 5.25% per almeno 40 minuti durante tutta la strumentazione e di 1-2 minuti al termine di questa (Haapasalo et al. 2014). È interessante notare che, secondo alcuni studi pubblicati di recente, NaOCl, se lasciato a contatto con la dentina per un lungo periodo di tempo, può avere su di essa un effetto sfavorevole da un punto di vista biomeccanico. L’NaOCl al 5,25% infatti riduce la resistenza alla flessione e il modulo elastico della dentina. Di conseguenza, da un lato, è necessario aumentare il tempo di esposizione dell’irrigazione con le pareti del canale per eliminare il biofilm; d’altra parte, questo aumento di tempo potrebbe essere dannoso per la dentina (Prada et al. 2019, Sim et al. 2001). Pertanto, tutti questi fattori vanno presi in considerazione quando si utilizzano i diversi irriganti in una determinata situazione clinica, così da migliorare le loro proprietà favorevoli e mitigandone gli effetti negativi.

3. Concentrazione delle soluzioni irriganti: quale concentrazione di NaOCl consigliata?

L’NaOCl per l’irrigazione endodontica viene utilizzato in tutto il mondo in una concentrazione diversa che va dallo 0,5 al 6%. È stato riscontrato che una maggiore concentrazione di NaOCl ha una migliore efficacia antibatterica, una migliore distruzione e rimozione del biofilm (Clegg et al. 2006) e anche migliori proprietà di dissoluzione dei tessuti. Tuttavia, gli studi hanno dimostrato che concentrazioni più basse possono avere effetti simili se utilizzate in volumi maggiori e ad intervalli più frequenti. Concentrazioni più elevate di NaOCl sono più tossiche delle concentrazioni inferiori e, se accidentalmente estruse oltre il canale radicolare, la reazione dei tessuti potrebbe essere peggiore rispetto ad una concentrazione più bassa. Fortunatamente, a causa dell’anatomia confinata del sistema dei canali radicolari, questi incidenti sono rari. Concentrazioni più elevate sono state utilizzate con successo durante il trattamento canalare, con una bassa incidenza di incidenti. (Basrani & Haapasalo 2012).

4. Disinfezione del terzo apicale del canale: come può l’irrigante raggiungere la porzione apicale? 

Un’adeguata irrigazione dovrebbe idealmente raggiungere la parte apicale del canale e interagire con le pareti. Tuttavia, ci sono limitazioni su quanto in modo sicuro ed efficiente ciò possa essere ottenuto, specialmente in un canale curvo e calcificato. Quando si utilizza l’irrigazione con aghi metallici tradizionali, l’efficacia del flusso di irrigazione vicino all’apice è una funzione della profondità di inserimento, del diametro dell’ago e della pressione esercitata dal clinico (Chow 1983). È necessario un gradiente di pressione per far sì che il flusso avvenga: da una pressione più alta ad una pressione più bassa e, più significativa sarà questa differenza, maggiore sarà il flusso. Anche il diametro dell’ago ha un impatto sul flusso. Si consiglia di scegliere una misura dell’ago che sia appropriata alle dimensioni del canale radicolare preparato. È anche importante ricordare che più vicino all’apice viene posizionato l’ago, più aumenta il rischio di estrusione di NaOCl attraverso l’apice. L’incidente da estrusione di ipoclorito, anche se raro, è un evento sfavorevole. È stato riportato che è più comune nelle pazienti di sesso femminile probabilmente a causa del minor spessore e densità dell’osso; è anche più comune nei denti mascellari e posteriori in prossimità della superficie buccale. A questi eventi sfavorevoli sono stati associati anche altri fattori anatomici, come la fenestrazione o la variazione anatomica vicino all’apice del dente, che causano la comunicazione dell’apice con le strutture vitali (Zhu et al. 2013).

Fig. 3 Attivazione della soluzione irrigante mediante puntale flessibile in plastica, montato su dispositivo sonico.

5. Sequenza di irrigazione: quale sequenza di irriganti è raccomandata?

In letteratura sono proposte diverse sequenze di irrigazione. Le diverse soluzioni di irrigazione possono interagire positivamente o negativamente tra loro. Pertanto, è necessaria un’adeguata conoscenza dell’interazione delle soluzioni irriganti quando si combinano tra di loro. L’NaOCl deve essere utilizzato come solvente dei tessuti organici durante tutta la procedura di detersione e sagomatura. Tuttavia, durante la preparazione meccanica, si crea uno smear layer contenente materiale inorganico e batteri, dove il solo NaOCl potrebbe non essere efficace per la sua rimozione. Un chelante, come l’EDTA, è raccomandato per eliminare la componente inorganica. La ricerca mostra che, in generale, sono necessari circa 2 minuti per eliminare lo smear layer, ma per l’eliminazione degli strati più spessi è necessario un tempo di esposizione più lungo. (Haapasalo et al. 2014). È oramai ampiamente condivisa la necessità di rimuovere lo smear layer poiché contiene microbi e antigeni batterici, specialmente durante la strumentazione di casi necrotici.

Fig. 4 Veicolazione di una soluzione irrigante mediante ago flessibile in polipropilene.

Per beneficiare delle proprietà sia di NaOCl che di EDTA, è importante conoscere la loro interazione: l’EDTA mantiene la sua capacità di legare il calcio quando viene miscelato con NaOCl; tuttavia, l’EDTA fa perdere a NaOCl la sua capacità di dissolvere i tessuti. Clinicamente, questo suggerisce che EDTA e NaOCl dovrebbero essere usati separatamente. Nel caso in cui si scelga un regime di irrigazione alternato, è necessario somministrare abbondanti quantità di NaOCl per lavare via i residui di EDTA. È anche importante sapere che se l’NaOCl viene utilizzato dopo l’EDTA, potrebbe provocare erosioni della dentina ed un indebolimento della struttura del dente, che a sua volta può causare la frattura verticale della radice (Quian et al. 2011, Dott et al. 2020). Per superare alcuni dei problemi citati, in Letteratura vengono proposte combinazioni di una minore concentrazione di NaOCl con chelanti “morbidi” con alcuni risultati promettenti. È stato riscontrato che l’acido etidronico o l’acido 1-idrossietano 1,1-difosfonico (HEDP) mostra compatibilità a breve termine con soluzioni di NaOCl, mantenendo così gli effetti antimicrobici e proteolitici desiderati dell’NaOCl (Grawehr et al. 2003).

Fig. 5 A/B Aghi metallici tradizionali per irrigazione, con differenti aperture in punta.

L’utilizzo della diga di gomma

La presenza di batteri è la principale causa di patologie pulpari e periapicali. La disinfezione dello spazio endodontico è raggiunta meccanicamente e chimicamente. Un corretto isolamento con la diga di gomma durante le procedure endodontiche mediante la diga di gomma, oltre a rappresentare una barriera fisica essenziale per la protezione del paziente, impedendo l’ingestione o l’aspirazione accidentale di strumenti o materiali, ha la funzione di circoscrivere l’azione delle soluzioni irriganti. Inoltre, migliora la visione del campo operatorio, retrae i tessuti e ottimizza il trattamento. Infine, riduce la creazione di aerosol, riducendo il rischio di trasmissione di patologie sistemiche.

Attivazione degli irriganti

I canali radicolari sono considerati “sistemi chiusi” (Parente et al. 2010) in cui la fluidodinamica dell’irrigante gioca un ruolo fondamentale nel garantire azioni ottimali. Questa “dinamica dell’irrigazione” si riferisce al modo in cui scorrono, penetrano e si scambiano all’interno delle pareti del canale radicolare. I metodi di irrigazione convenzionali, nella migliore delle ipotesi, erogano l’irrigante solo 1 mm oltre la punta dell’ago. Questo potrebbe facilitare la sopravvivenza dei batteri nelle recessioni dei canali radicolari, vale a dire canali laterali ed accessori, istmi e anastomosi anche al termine del trattamento. Quindi per aumentare l’efficacia degli irriganti, sono state proposte diverse tecniche di attivazione. L’irrigazione attivata può essere definita come l’utilizzo di un metodo per agitare e migliorare il flusso degli irriganti all’interno del complesso sistema dei canali radicolari mediante forme di energia meccaniche o di altro tipo. L’irrigazione convenzionale dipende unicamente dalla pressione positiva dell’iniezione e dalla viscosità della soluzione che scorre nel sistema canalare. Esistono diversi sistemi di attivazione meccanica degli irriganti presenti in commercio: alcuni utilizzano attivazioni soniche ad elevata o bassa frequenza, o attivazioni ultrasoniche, l’azione meccanica di micro-spazzolini, sistemi a gradiente di pressione o semplicemente l’agitazione meccanica ottenuta mediante un cono di guttaperca e movimenti di va e vieni. Inoltre, alcuni autori riportano come anche il calore possa migliorare l’efficacia dell’NaOCl che, se riscaldato, aumenta il cloro disponibile, presentando una superiore attività proteolitica (Iandolo et al. 2020). L’attivazione degli irriganti sembrerebbe portare vantaggi in termini di riduzione dell’intensità del dolore post-operatorio, detersione degli istmi e delle superfici canalari. Tuttavia, ad oggi, l’evidenza scientifica non ha dimostrato risultati migliori in termini di efficacia antibatterica e successo clinico a lungo termine (Susila & Minu 2019).

Fig. 6 Fase della detersione su elemento isolato con diga, in corso di terapia endodontica.

Protocollo proposto

In generale, l’NaOCl deve essere utilizzato durante tutta la procedura di pulizia e sagomatura, tenendo presente che l’irrigante potrebbe non raggiungere l’intera lunghezza del canale. Se si crea smear layer nelle aree dell’istmo, è possibile aggiungere EDTA, ancora una volta, conoscendo i fattori di limitazione che questa combinazione comporta. Dopo che il canale è stato modellato alla conicità e alla dimensione apicale desiderate, NaOCl deve essere attivato per favorire il flusso di soluzione fresca nelle aree intatte e per consentire agli irriganti di interagire con le pareti e raggiungere l’apice. È noto che la conicità e la dimensione apicale influenzino l’erogazione dell’irrigazione. L’attivazione può essere eseguita con molti sistemi diversi: dall’attivazione manuale con un cono di guttaperca a dispositivi assistiti da dispositivi (sonico, ultrasonico, multisonico, laser, ecc.). È importante sapere che anche la scelta del cemento per otturazione radicolare e il successivo materiale da restauro coronale possono svolgere un ruolo nella scelta dell’irrigazione finale. Ad esempio, i chelanti dovrebbero essere utilizzati prima dei cementi resinosi e i cementi contenenti bismuto mentre si suggerisce di utilizzare NaOCl prima dei materiali bioceramici. Si consiglia l’irrigazione con chelanti per rimuovere lo smear layer prima dell’uso di adesivi dentali per il restauro coronale.

Conclusioni

È di primaria importanza che le soluzioni irriganti siano portate a diretto contatto con tutte le superfici del sistema endodontico, affinché risultino realmente efficaci, ed in particolare che siano veicolate nella porzione più apicale dei canali. Ad oggi, non esiste un protocollo di irrigazione che sia universalmente valido e condiviso dalla letteratura, pertanto, la sequenza di irrigazione deve essere customizzata in base al caso clinico da trattare. Le proprietà delle soluzioni irriganti più comunemente utilizzate, devono essere pertanto note. La presenza di canali calcificati, apici beanti o la prossimità con strutture anatomiche di interesse, sono tutti fattori che devono essere attentamente valutati dal clinico durante la scelta del protocollo di detersione più appropriato.

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Aim of the work:

Irrigation is considered the primary method to achieve cleaning and disinfection of the root canal system. The purpose of this article was to summarize the obstacles that irrigation needs to overcome, briefly describing currently used irrigants and irrigation methods and sharing actual knowledge in this field. Organization of bacteria in biofilms located in anatomic intricacies of the root canal system and the difficulty to eliminate them is the main challenge for irrigants. Sodium hypochlorite remains the first irrigant of choice, but it needs to be supplemented by a chelator. Delivery of solutions using a syringe and needle and activation by an ultrasonic file are the most popular irrigation methods.  To date, it is not possible to have one size fits all protocol in terms of disinfection and the irrigating protocols should be customized based on the clinical case