Ruolo del Lactobacillus brevis CD2 come coadiuvante nel mantenimento della salute parodontale durante il trattamento ortodontico. Studio preliminare

Fig. 2 Analisi della varianza tra il fattore tempo e la variabile PI. Dal grafico si vede come al crescere del tempo il valore della variabile diminuisce in maniera statisticamente significativa (p-valore inferiore a 0,0005).
Scopo del lavoro: Un numero crescente di evidenze suggeriscono l’uso di batteri probiotici come approccio di intervento promettente per il trattamento di malattie infiammatorie ad eziologia polimicrobica. L’obiettivo di questo studio è stato quello di determinare se l’implementazione di Lactobacillus brevis CD2 possa ridurre l’incidenza di gengivopatie nel corso della terapia ortodontica.
Materiale e metodi: Per lo studio randomizzato controllato in doppio cieco della durata di 90 giorni sono stati selezionati 20 soggetti in terapia ortodontica fissa: 10 hanno assunto compresse a base del probiotico L. brevis CD2 e 10 hanno ricevuto il prodotto placebo, per un totale di tre compresse al giorno. È stata valutata la salute parodontale dei soggetti mediante rilevazione dell’indice di placca (PI), di profondità di sondaggio (PD) e di sanguinamento al sondaggio (BOP). Le rilevazioni sono state condotte prima dell’inizio dell’assunzione del prodotto (T0), a 6 settimane (T1) e dopo 12 settimane (T2) dall’inizio della sperimentazione; poi tra loro confrontate statisticamente mediante la correlazione di Pearson e l’ANOVA.
Risultati: I fattori presi in esame e messi a confronto sono stati BOP, PD, PI, DMFT, fase dello studio (T0, T1 o T2) e utilizzo del probiotico o del placebo. Dalla correlazione di Pearson è emerso come le variabili a maggiore correlazione siano i fattori parodontali, mentre dall’ANOVA è stata individuata una relazione statisticamente significativa (p-valore inferiore o uguale a 0,05) per il PD e il PI confrontati col tempo. Una riduzione statisticamente significativa dell’indice di placca e di profondità di sondaggio si è osservata sia nel corso del trattamento con L. brevis CD2, che con il placebo.Ulteriori studi su campioni di più ampia coorte dovranno essere condotti per valutare le modificazioni microbiologiche della flora del cavo orale durante il trattamento con probiotici.

La patologia orale è sintomo di alterazioni della flora microbica residente, unita a fattori di rischio quali la dieta, le abitudini di cura dell’individuo e a determinanti genetiche, che condizionano la morfologia delle strutture del sistema buccale. A genesi infettiva, tali affezioni si aprono ad una prospettiva terapeutica farmacologica che vede nell’impiego di antibiotici la quasi esclusiva possibilità di approccio e da questo punto di vista incontrano numerosi limiti al trattamento: l’emergere di resistenze e tolleranze alle terapie in uso ha ridotto conseguentemente la loro possibile efficacia (1). Le biotecnologie guardano alla cura delle affezioni orali e sistemiche facendo riferimento a scelte terapeutiche alternative, che mirino a target specifici, all’espressione e allo sviluppo della risposta immune. Il campo d’impiego di prodotti probiotici si affaccia di conseguenza come alternativa di ricorso alle terapie convenzionali, pur non garantendo ad oggi la stessa efficacia, affidabilità e apertura di impiego per la cura del cavo orale. Tuttavia i presupposti che ne animano l’utilizzo sono metodici e di rigore e ottimi risultati sono stati conseguiti attraverso le terapie sostitutive ad uso di probiotici: nel trattamento della patologia gastroenterica il loro uso è consolidato, l’impiego di batteri lattici è fondamentale e offre sicurezza nel ristabilire condizioni di normobiosi e salute del tratto digestivo (2). Per questo la ricerca sull’uso di probiotici per il trattamento delle patologie orali rappresenta un percorso praticabile sul quale indirizzarsi.
Il termine probiotici in contrapposizione ad antibiotici è stato inizialmente proposto da Lilley e Stillwell nel 1965; il loro utilizzo riporta alla nozione di batterioterapia, secondo cui le specie batteriche simbiotiche benefiche possono essere regolate nell’organismo per ripristinare la salute e il benessere del paziente (3). I probiotici sono definiti dalla WHO/FAO come microrganismi viventi non patogeni che, quando assunti in adeguate quantità (in cibi o integratori alimentari), apportano benefici per la salute dell’ospite (4). I ceppi principalmente analizzati e in uso nel campo della cura delle affezioni del cavo orale appartengono alle famiglie di Lactobacilli e di Bifidobatteri (5).
Il prodotto a base di probiotici ideale dovrebbe rispondere ad alcune caratteristiche: il ceppo selezionato dovrebbe essere stato sottoposto a studi clinici randomizzati controllati, dovrebbe essere sicuro per il consumo in humana e apportare effetti fisiologici benefici scientificamente dimostrabili sull’organismo. Il microrganismo probiotico dovrebbe poi dimostrare di essere stabile in ambiente acido e alcalino, di aderire al tessuto target, di assicurare buona stabilità a temperatura ambiente se solo, e quando con altri ingredienti, non in ultimo garantire di non avere alcun potenziale patogeno (6).
Il razionale di utilizzo dei probiotici rimanda a tre principali meccanismi di azione: implicazione nella modulazione della risposta immune, un’azione diretta contro i patogeni responsabili di infezione del cavo orale, per esempio attraverso la produzione di sostanze come gli acidi lattici, il perossido di idrogeno, le batteriocine, e un’azione indiretta, come attraverso meccanismi di esclusione competitiva (7). Le vie di somministrazione figurano tra le più diverse: compresse, chewing gum, latte e prodotti lattero caseari derivati, polveri diluibili e gocce, dentifrici e collutori.
Emerge sostanziale eterogeneità d’azione e di efficacia del probiotico, al variare del ceppo e dell’approccio alla somministrazione. Prodotti probiotici a base di L. brevis CD2 sfruttano la sua capacità di liberare l’enzima arginina deiminasi (AD) per arrestare la produzione di ossido nitrico, mediatore infiammatorio, attraverso un meccanismo di competizione con l’ossido nitrico sintetasi (NOS) per il comune substrato arginina. L’arginina è inoltre enzima utile alla proliferazione batterica, poiché utilizzata come fattore energetico da molti batteri; una sua riduzione induce anche una diminuzione della conta microbica nel suo complesso. Si è ipotizzata così la capacità di L. brevis di inibire l’attività di NOS e in modo congiunto quella di altri parametri dell’infiammazione associati ad esso, come c-interferone (IFN-c), prostaglandina E2 (PGE2) e le metalloproteinasi.
Su questa traccia, alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia di L. brevis CD2, nel contrastare l’esordio e la progressione della malattia cariosa (8), registrando una riduzione della conta di S. Mutans e del pH salivare, conseguente l’utilizzo del prodotto. Inoltre è stata posta al vaglio anche l’efficacia di L. brevis CD2 nel trattamento della malattia parodontale, nella fattispecie sia nella cura di gengivite clinicamente osservabile (9) che sperimentalmente indotta (10); nonché in presenza di parodontite attraverso analisi in vivo (11, 12) e in vitro (13).
Una casistica di pazienti nei quali è presente un maggior rischio di sviluppo della patologia cariosa e di esordi infiammatori, è quella dei trattati ortodonticamente. Uno studio condotto da Cildir e collaboratori (14) dimostra come un consumo assiduo di yogurt contenente Bifidobacterium animalis subsp. lactis DN-173010 sia in grado di ridurre significativamente la prevalenza di S. Mutans nei portatori di dispositivi ortodontici. In linea con quanto dimostrato per il beneficio di cariogenesi, con il presente studio desideriamo verificare se il consumo quotidiano nell’arco di tre mesi di compresse a base del probiotico L. brevis CD2, possa ridurre l’incidenza di problematiche parodontali in adolescenti sottoposti a terapia ortodontica.

MATERIALI E METODI

Pazienti
Sono stati selezionati in modo consecutivo e randomizzato 20 soggetti con età dagli 11 ai 19 anni (15±2,33 anni) di cui 11 maschi e 9 femmine, tutti sottoposti a terapia ortodontica fissa. I pazienti inclusi nello studio sono stati valutati secondo i seguenti criteri di inclusione:

  • buone condizioni di salute parodontale con indice massimo di PSR = 2, non affetti da patologia cariosa;
  • assenza di patologie sistemiche o terapie farmacologiche che possano alterare la normale salute parodontale;
  • accettazione del protocollo di ricerca sperimentale previa firma di un consenso informato da parte dei genitori/tutori;
  • dichiarata disponibilità a seguire le procedure previste dal protocollo della sperimentazione clinica.
  • non assunzione di antibiotici, antinfiammatori, cortisonici e/o probiotici nelle prime 3 settimane precedenti l’inizio della ricerca.

Lo studio è conforme alle norme etiche proposte dal comitato responsabile della sperimentazione umana e alla Dichiarazione di Helsinki del 1975 ed è stato approvato dal comitato etico AO Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese Nr. di protocollo 0009694 in data 11/03/2014.
Piano sperimentale
I pazienti reclutati sono stati suddivisi in due gruppi randomizzati:

  • gruppo 1: 10 soggetti, in terapia ortodontica con dispositivi fissi, che hanno assunto L. brevis CD2 (Inersan, CD Investments Srl) per 90 giorni.
  • gruppo 2: 10 soggetti, in terapia ortodontica con dispositivi fissi, che hanno assunto il prodotto placebo per 90 giorni.

All’inizio della sperimentazione tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una visita e sono state prescritte loro le seguenti norme di igiene orale: utilizzo di uno spazzolino morbido con tecnica a rullo, dentifricio al fluoro e presidi interdentali, sconsigliando di utilizzare, nel corso della sperimentazione, soluzioni antiplacca o antisettici orali.
Al termine della prima visita è stato consegnato il prodotto probiotico o placebo, sotto forma di capsule, da sciogliere all’interno della cavità orale, con l’indicazione di assumere 3 compresse al giorno dopo i pasti principali e dopo le consuete procedure di igiene orale domiciliare.
La sperimentazione è durata tre mesi (90 giorni). Per standardizzare le procedure, le valutazioni sono state eseguite sempre dallo stesso operatore all’inizio e alla fine della sperimentazione. Lo stato di salute parodontale dei soggetti è stato registrato valutando: il PSR (Periodontal Screening and Recording), un indice di placca (PI) (15), seguito dalla misurazione della profondità di sondaggio (PPD) e dalla valutazione del sanguinamento al sondaggio (BOP) (16). Per verificarne la cariorecettività, è stato rilevato l’indice DMFT (17). Le analisi dei parametri clinici scelti per lo studio sono state effettuate prima dell’inizio dell’assunzione del prodotto (T0), a 6 settimane (T1) e dopo 12 settimane (T2) dall’inizio della sperimentazione.
Analisi statistica
Il confronto tra i valori calcolati per i vari fattori è stato eseguito mediante correlazione di Pearson; per la varianza è stato utilizzato il t-test o l’ANOVA quando necessario. P-valori inferiori o pari a 0,05 sono stati considerati statisticamente rilevanti. L’analisi statistica è stata eseguita mediante il software Minitab 16.1.1 (Minitab Inc., State College, Pennsylvania, USA).

RISULTATI

I fattori presi in esame e messi a confronto sono stati BOP, PD, PI, DMFT, fase dello studio (T0, T1 o T2) e utilizzo del probiotico o del placebo.

 PDBOPPIDMFTTEMPO 
BOP0.28 Coefficiente di Pearson
0.002 p-valore
PI0.3840.327 Coefficiente di Pearson
<0,0005<0,0005 p-valore
DMFT0.0390.1170.042 Coefficiente di Pearson
0.680.210.654 p-valore
TEMPO-0.336-0.091-0.388-0.112 Coefficiente di Pearson
<0,00050.33<0,00050.232 p-valore
TEST-0.010.0960.093-0.0970Coefficiente di Pearson
0.9140.3030.320.3031p-valore
Tab. 1
Test di correlazione di Pearson, in grassetto le correlazioni statisticamente significative. Per un coefficiente di Pearson positivo si intende una correlazione per cui all'aumentare del valore di una variabile aumenterà il valore di quella messa al confronto. Quando il coefficiente è negativo invece si ha una correlazione inversa per cui al crescere del valore di una variabile il valore dell'altra variabile diminuirà.

Dalla correlazione di Pearson (tab. 1) emerge come le variabili a maggiore correlazione siano i fattori parodontali, così che a un elevato PI corrisponde un BOP positivo ed entrambi tali fattori sono associati con la presenza di un maggiore sondaggio (PD). Non è stata osservata alcuna correlazione statisticamente significativa tra l’utilizzo del probiotico o del placebo e i fattori misurati. Al contrario è stata trovata una correlazione tra il tempo di osservazione, profondità di sondaggio e indice di placca, tale per cui all’aumentare del tempo (passando da T0 a T2) PI e PD mostrano dei valori più bassi. Si deduce quindi un miglioramento della salute parodontale nel tempo.
L’analisi della varianza conferma quanto osservato con la correlazione di Pearson: è ribadita una correlazione tra PD e PI confrontate col tempo (rispettivamente p-valore 0,001 in figura 1 e < a 0,0005 in figura 2), mentre resta invariata l’assenza di una varianza significativa dei fattori conseguente l’assunzione o meno del probiotico.

Fig. 1 Analisi della varianza tra il fattore tempo e la variabile PD. Dal grafico si vede come al crescere del tempo il valore della variabile diminuisce in maniera statisticamente significativa (p-valore pari a 0,001).
Fig. 1
Analisi della varianza tra il fattore tempo e la variabile PD. Dal grafico si vede come al crescere del tempo il valore della variabile diminuisce in maniera statisticamente significativa (p-valore pari a 0,001).
Fig. 2 Analisi della varianza tra il fattore tempo e la variabile PI. Dal grafico si vede come al crescere del tempo il valore della variabile diminuisce in maniera statisticamente significativa (p-valore inferiore a 0,0005).
Fig. 2
Analisi della varianza tra il fattore tempo e la variabile PI. Dal grafico si vede come al crescere del tempo il valore della variabile diminuisce in maniera statisticamente significativa (p-valore inferiore a 0,0005).

 

 

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

L’utilizzo di probiotici nel trattamento delle patologie del cavo orale viene testato e discusso da più di un decennio (18, 19, 20) e numerose sono le revisioni della letteratura (21), anche di recente pubblicazione (22), concordi nel riconoscere nell’impiego di questi prodotti un razionale di utilizzo e importanti prospettive di ricerca.
Questo studio si prefigge di valutare l’utilità dell’impiego di un prodotto contenente Lactobacillus brevis CD2 per le problematiche del cavo orale che insorgono in corso di terapia ortodontica. La terapia ortodontica con dispositivi fissi può causare un peggioramento degli indici di salute orale in seguito ad un maggior accumulo di placca batterica che può determinare demineralizzazione dello smalto (23) ed una crescita di specie microbiche parodontopatogene (24, 25).
In letteratura è stata posta al vaglio la possibile efficacia di probiotici nel trattamento di carie (26) e malattia parodontale (27, 28), in entrambi i casi dimostrando una rimarcabile variazione qualitativa del microbiota orale conseguente alla somministrazione di probiotici, seppur con una limitata modificazione dei parametri clinici.
Ciò conformemente con i risultati del presente studio, dal quale non emerge una modificazione statisticamente significativa dei parametri clinici rilevati conseguente l’assunzione del prodotto probiotico rispetto al placebo. Tuttavia nel corso della somministrazione si è potuto assistere a una riduzione dell’indice di placca (PI) e della profondità di sondaggio (PPD) statisticamente significativa (p<0,005). Tale variazione potrebbe essere correlata ad un aumento della compliance e dell’aderenza alle norme di igiene orale dei pazienti; le ridotte dimensioni del campione e la breve durata dello studio non permettono infatti di attribuire direttamente alla terapia probiotica la ragione di un miglioramento della salute orale dei pazienti, benché osservabile. Questo risultato è conforme con quanto espresso nello studio di Shimauchi e collaboratori (29) e di Suzuki e collaboratori (30), dai quali emergeva una riduzione degli indici clinici di infiammazione parodontale dopo assunzione di un prodotto probiotico a base di Lactobacillus salivarius WB21; medesimi risultati si sono ottenuti anche testando L. reuteri (31-35), L. Casei (36) e in linea con quanto espresso negli studi di Della Riccia (11) e Shah (12) testando lo stesso L. brevis CD2.
Per verificare se alla riduzione del volume di ipertrofia gengivale corrisponda una regressione dei parametri di infiammazione e se alla diminuzione quantitativa di placca presente corrisponda una variazione qualitativa della microflora orale, opportuno sarebbe condurre un’indagine microbiologica che verifichi la diminuzione dei patogeni presenti.
Limiti che incontra il presente studio riguardano la scelta del campione trattato: come detto, la terapia ortodontica introduce una serie di variabili che predispongono ad un aumento del rischio di sviluppare parodontopatie, una non netta distinzione dei risultati clinici emersa nel confronto tra i due campioni caso e controllo potrebbe correlarsi proprio all’utilizzo dei dispositivi fissi, insieme all’esiguità della coorte selezionata. Il miglioramento progressivo della condizione di salute parodontale emerso suggerisce una possibile utilità di supplemento di questi prodotti come coadiuvanti alla routine di igiene orale dei soggetti adolescenti in terapia ortodontica.
Non disponendo di un’analisi microbiologica mirata non è possibile asserire che nel corso del trattamento si è assistito a una modificazione probiotica della flora microbica e a una riduzione di patogeni parodontali. Ugualmente non è stato possibile testare l’effetto di L. brevis CD2 nel contrastare la produzione e il rilascio di mediatori d’infiammazione coinvolti dalle patologie gengivali indotte dall’accumulo di placca, come emerso da altri studi condotti sul medesimo principio attivo (11). Il proseguimento di tale studio sarà necessario per identificare le variazioni qualitative microbiologiche conseguenti il trattamento, ampliare il campione e la durata dello studio, verificare gli effetti a lungo termine dell’impiego di probiotici, così da poter individuare con più chiarezza un razionale preventivo nell’impiego assiduo di L. brevis CD2 su soggetti in terapia ortodontica con dispositivi fissi. ●

 

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To cite: Doctor Os - 2015 ottobre
Autore: Silvia Margherini*, Matteo Erriù**, Michela Rossini*, Nicola Satta**, Martina Forese*, Luca Levrini*
Istituzione: * Univesità degli Studi dell’Insubria, Centro di ricerca Oro Cranio Facial Disease and Medecine, Corso di Laurea in Igiene Dentale, Presidente: professor L. Levrini **Università degli Studi di Cagliari, Corso di Laurea in Igiene Dentale