A seguito della perdita dell’elemento 1.5, il paziente è stato sottoposto ad intervento chirurgico per eseguire una riabilitazione implantoprotesica. Dopo il consenso informato e il trattamento farmacologico, è stato eseguito il posizionamento dell’impianto con concomitanti tecniche di rigenerazione tissutale utilizzando materiali autologhi ed eterologhi ricoperti da una membrana di collagene.
Ad un follow-up di 12 mesi dal carico funzionale si assiste alla guarigione dei tessuti duri e molli con aree di osteogenesi attorno al sito implantare. I risultati sono stati confermati ad un ulteriore follow-up a 10 anni dal carico funzionale.
L’utilizzo di innesti ossei, in caso di mancanza di supporto per l’impianto, può essere una valida opzione per garantire una corretta osteointegrazione e una corretta protesizzazione dell’impianto stesso.
INTRODUZIONE
La perdita dei denti può verificarsi per diversi motivi. La parodontite è la prima causa di perdita dei denti tra gli adulti (1) ed è secondaria ai batteri e all’infiammazione delle gengive. Man mano che procede, distrugge i tessuti gengivali e la mandibola sottostante, senza lasciare alcun supporto per i denti.
Tuttavia, le cause più comuni di perdita dei denti nella popolazione più giovane sono i traumi dentali e la carie (2). Le carie sono causate da un’infezione batterica e, se non trattate, possono distruggere la polpa dentale, provocando un canale radicolare o addirittura l’estrazione del dente (3). Praticare buone abitudini di igiene orale, mangiare cibi e bevande sani e fare visite regolari dal dentista ridurrà il rischio di carie. Inoltre, altre concause che possono portare alla perdita dei denti sono: diabete, ipertensione, artrite e fumo (4).
La perdita dei denti è anche associata alla perdita della funzione masticatoria, alla mancanza di autostima e a una minore interazione sociale a causa di un aspetto estetico limitato (5). Attualmente, una delle possibili soluzioni per sostituire un dente mancante è la protesi supportata da impianti (6). Tuttavia, per perseguire un approccio implantologico, è necessario condurre un’accurata analisi dei tessuti molli e duri con l’ausilio di strumenti radiografici, quali OPT e CBCT (7).
Ad esempio, applicare la CBCT per studiare la relazione anatomica tra il processo alveolare palatale, linguale e vestibolare e l’osso alveolare, al fine di fornire linee guida cliniche per il restauro supportato da impianto (8). La sostituzione dei denti mancanti mediante protesi supportate da impianti è un approccio terapeutico universalmente accettato (9).
Al giorno d’oggi le tecniche/protocolli più comuni sono l’inserimento precoce di impianti dentali e l’inserimento immediato o ritardato di impianti dentali. A volte, per garantire la stabilità primaria, insieme all’estrazione, potrebbe essere necessaria una tecnica di rigenerazione ossea (10).
Per ottenere i migliori risultati per la sostituzione di un dente mancante, specialmente se nella zona anteriore estetica, appare essenziale un approccio clinico multidisciplinare (11).

CASE REPORT
Il paziente, un uomo di cinquantacinque anni non fumatore e senza patologie significative, si è presentato per la prima visita presso il reparto di Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Ospedale Vita-Salute San Raffaele diretto dal Prof. E .F. Gherlone. All’esame obiettivo e radiografico era evidente la frattura coronale e radicolare del secondo premolare superiore sinistro senza possibilità di guarigione (fig. 1a). È stato eseguito un intervento di implantologia dentale in una fase con impianto post estrattivo.

In primo luogo, la terapia chirurgica è stata coadiuvata da un’attenta terapia farmacologica: Levoxacina:
- 500 mg una volta al giorno per dieci giorni da iniziare il giorno prima dell’intervento;
- Medrol 0,16 mg: una compressa la mattina dell’intervento;
- tre quarti di una pillola la mattina successiva all’intervento;
- mezza pillola due giorni dopo l’intervento;
- un quarto di una pillola tre giorni dopo l’intervento;
- ToraDol gocce 20 ml: venticinque gocce al bisogno.

Dopo aver eseguito un’estrazione atraumatica (fig. 1b), è stato posizionato un impianto Winsix di 3,8 mm di diametro e 11 mm di lunghezza (TTx, Winsix, Biosafin, Ancona, Italia) (fig. 1c) in corrispondenza della zona dell’elemento 1.5. La scelta di posizionare l’impianto nelle dimensioni dello spazio è stata dettata per ottenere un ottimo risultato estetico oltre che predicibile nel tempo. Per la correzione del difetto osseo vestibolare, per la tecnica di rigenerazione ossea, è stato utilizzato osso autologo prelevato dal sito alveolare-implantare miscelato con biomateriale di natura equina “Biobone Biosafin” (fig. 1d).

Il tutto è stato protetto con una membrana in collagene “Collagen membrane Biosafin” anch’essa di natura equina, fissata attraverso la vite di guarigione dell’impianto (fig. 1e) e il tutto è stato ricoperto con una seconda membrana in collagene equino più spessa Parasorb Fleece HD (fig. 1f), utilizzata senza facendo scorrere coronalmente il lembo, al fine di favorire la ricrescita del tessuto gengivale in direzione esclusivamente coronale per ottenere ottime condizioni nelle fasi di protesizzazione definitiva.


Il sito è stato quindi suturato con punti di seta di dimensione quattro zero (fig. 2a). È stata valutata la stabilità della fase di guarigione del tessuto dal tempo zero a tre mesi (fig. 2b-c-d).




Successivamente, per rilevare l’impronta dentale con la tecnica del pick-up, è stato utilizzato un transfer da impronta Winsix 3.8 (fig. 3a). Il materiale da impronta utilizzato è un polietere Impregum 3M ESPE. Il vantaggio di questa tecnica è rappresentato dalla stabilizzazione accurata e precisa del transfer all’interno del materiale da impronta, garantendo un’ottima riproducibilità della posizione dell’impianto nel modello. Infine, il caso è stato finalizzato con una ricostruzione protesica definitiva in ceramica-oro (fig. 3b).


Follow-up
Le visite di follow-up, finalizzate all’esame clinico e radiografico, sono state eseguite una settimana dopo l’inserimento dell’impianto. Successivamente a tre mesi, sei mesi e poi annualmente. Il paziente è stato istruito, da un igienista dentale, sul controllo meccanico della placca mediante l’uso di spazzolino elettrico o manuale, spazzolini interprossimali e filo interdentale tipo Super Floss (Oral B, Procter & Gamble, Cincinnati, OH, USA). Considerando che le procedure di igiene orale professionale sono state eseguite ogni tre mesi dopo il posizionamento dell’impianto.
RISULTATI
Il paziente è stato quindi rivalutato ad un follow-up di circa 12 mesi dopo il carico protesico funzionale. È stata quindi eseguita una radiografia intraorale per valutare la qualità ossea e il tasso di osteointegrazione dell’impianto inserito, chiaramente evidenti radiograficamente (fig. 4). Il paziente è stato quindi rivalutato 10 anni dopo il carico protesico ei risultati ottenuti sono stati confermati (fig. 5).


DISCUSSIONE
La perdita di un elemento dentario può essere la conseguenza di carie, processi parodontali o eventi traumatici. In tutti i casi, a seguito della perdita dell’elemento dentale, segue un disagio funzionale ed estetico che richiede una risoluzione in breve tempo per non compromettere il processo alveolare.
Infatti, in seguito all’assenza dell’elemento, il corrispondente osso alveolare subisce un processo di progressivo riassorbimento sia nella sua componente vestibolare che nella sua componente linguale/palatale (12).
La riabilitazione di un singolo dente mancante è spesso ottenibile attraverso l’osteointegrazione di un impianto. Attraverso dati estrapolati da una meta-analisi, il tasso di sopravvivenza degli impianti a supporto di corone singole dopo cinque anni risulta essere del 97,2% ea dieci anni corrisponde a circa il 95,2% (13).
In presenza, invece, di dimensioni ossee insufficienti, diventano opportune tecniche di incremento osseo mediante innesti autologhi ed eterologhi, quali l’applicazione di membrane di vario tipo e/o osso autologo prelevato dal paziente, contestualmente all’inserimento dell’impianto (14,15).
In caso di posizionamento dell’impianto nel sito edentulo, è importante valutare la quantità e la qualità dell’osso residuo. In caso di osso insufficiente può essere utile ricorrere a tecniche di rigenerazione ossea (16). In questo caso specifico, per ripristinare le pareti alveolari, è stato utilizzato osso autologo unito ad osso di origine equina (“Biobone Biosafin”).
Il materiale è stato posizionato intorno al collo dell’impianto al fine di garantire la corretta stabilità dell’impianto e stimolare la corretta osteointegrazione della fixture. Il tutto era poi protetto da due membrane. L’osso autologo è il materiale gold standard per gli innesti ossei perché possiede caratteristiche fondamentali: osteogenesi, osteoinduzione, osteoconduzione (17).
Si consiglia di prelevare quantità di osso dal paziente stesso e di inserirle nella zona con perdita ossea. In questo caso il materiale autologo è stato miscelato con materiale eterologo e ciò ha dimostrato, in accordo con la letteratura, un’ottima prevedibilità e un’ottima prognosi nel tempo.
Infatti, come dimostrato dai controlli effettuati, l’impianto risulta essere perfettamente osteointegrato e questo è indice che l’innesto è andato a buon fine (18,19). Infatti, a 12 mesi dal carico protesico, l’impianto risulta sano sia dal punto di vista radiografico che clinico.
A maggiore conferma della validità dell’utilizzo di osso autologo ed osso eterologo, è possibile osservare il controllo con follow-up a 10 anni dal carico funzionale. Infatti, la salute dell’impianto è evidente e non si è verificata alcuna perdita ossea negli anni successivi all’intervento.
CONCLUSIONI
Una delle opzioni terapeutiche per risolvere la perdita di un elemento dentario può essere il posizionamento di un impianto con successivo restauro protesico dello stesso. In seguito alla perdita dell’elemento, è possibile avere una perdita ossea alveolare. Per correggere il difetto osseo è possibile utilizzare osso autologo prelevato dal sito alveolare-implantare miscelato con biomateriale di natura equina.
I processi di rigenerazione ossea, in caso di difetto osseo, sembrano essere una corretta scelta chirurgica in caso di difetto osseo. Infatti, come dimostrato dal caso clinico, il materiale innestato ha dato luogo a processi di rigenerazione ossea, garantendo il corretto posizionamento dell’impianto.
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