Ricerca clinica e sviluppo di un nuovo approccio terapeutico nei pazienti gnatologici portatori di dismorfosi orale

    Fig. 3 e 4 Posizione di riposo normale e deglutizione.
    Scopo del lavoro: Gli autori portano la loro esperienza clinica attraverso lo studio dei dati di una ricerca per lo sviluppo di un nuovo approccio clinico per soluzione di casi gnatologici con il corteo di problematiche occlusali, disfunzionali e algiche, oltre che posturali secondo un innovativo programma terapeutico non invasivo e che non interferisce con la vita e ogni aspetto sociale del paziente.  
    Materiali e metodi:

    Sono stati studiati 54 pazienti che hanno praticato terapia gnatologica presso il nostro studio, che presentavano in prima visita segni e sintomi della dismorfosi orale con deficit di forma e funzione.Sono stati tutti trattati con l’approccio terapeutico sviluppato secondo le tecniche approntate nel nostro studio e descritte nell’articolo. Sono stati indagati ed estrapolati i dati relativi a: cefalea, dolore vertebrale, otalgia, vertigini, click articolare, locking. Sono stati indagati circa la loro evoluzione pre e post terapia per portare allo sviluppo di una nuova mentalità di approccio diagnostico e di operatività terapeutica utilizzabile dal dentista generalista che frequentemente è il primo al quale si rivolge il paziente sofferente e che grazie a quanto scritto sarà in grado di trattarlo.

     

     

    Risultati:

    Dallo studio dei risultati si evince che i sintomi presenti in prima visita sono scomparsi dopo la terapia in una percentuale di pazienti superiore al 70% a seconda del sintomo di partenza. Anche la patologia articolare ha mostrato notevole miglioramento, permanendo i sintomi iniziali in percentuali ancora più basse. La sindrome posturale valutata secondo l’indagine al posturometro e filo a piombo ha dimostrato costantemente un miglioramento anche sotto questo aspetto.

    Conclusioni:

    In conclusione possiamo dire che l’occlusione ha un ruolo fondamentale nell’equilibrio posturale di tutto il corpo e una malocclusione può essere causa o concausa di cefalee, vertigini, dolori vertebrali e otalgie, oltre che disfunzioni dell’ATM e sindromi posturali, per questo bisogna sempre prenderla in considerazione prima di definire una cefalea o un dolore posturale di causa sconosciuta, curando solo i sintomi e non risolvendo di fatto il problema. In questo modo si riesce spesso a eliminare o ridurre quei dolori con i quali spesso il paziente convive da anni, che così non dovrà più prendere frequentemente farmaci per placarli e si riesce a migliorare la qualità della vita, che deve essere il nostro principale obiettivo da raggiungere.

    La gnatologia (dal greco antico gnatus = mascella e logos = parola ) è quella scienza dell’arte odontoiatrica che si occupa delle disfunzioni del sistema cranio mandibolare, inteso come mascella, mandibola, articolazione temporo-mandibolare e muscoli correlati, e le sue estrinsecazioni patologiche su masticazione, deglutizione e respirazione. Queste funzioni legate alla omeostasi corporea implicano importanti coinvolgimenti degli engrammi posturali, che risultano costantemente implicati nella fase diagnostica e terapeutica di ogni singolo caso.

    È oramai acclarato da importanti scuole che il fine ultimo in qualunque riabilitazione orale sia il recupero delle forme e delle funzioni, dove primariamente le funzioni alterate sono quelle che portano ad alterazioni delle forme intraorali quando questo avviene durante lo sviluppo, sempreché l’occlusione alterata non dipenda dall’intervento incongruo del dentista. Allo stesso modo è necessario impostare il caso in maniera globale, perché la sua risoluzione nel distretto orale porterà importanti giovamenti in altri distretti corporei determinando miglioramenti allo stato somato-psichico generale del paziente inizialmente sofferente.

    Lo scopo di questo articolo è, partendo da una ricerca clinica, portare innovazione e sviluppo nel collega generalista che lo conducano a passare alle ultime tecniche maturando una nuova mentalità, prima per riconoscere e diagnosticare, quindi programmare, e infine trattare in ambente odontoiatrico una gran quantità di sintomi algogeni, disfunzioni articolari e sindromi posturali, localizzate non solo nel distretto cranico, ma anche in sedi lontane da questo, che causano notevole sofferenza, e che non traggono sollievo dai comuni trattamenti loco-regionali, se i trattamenti non sono rivolti al recupero di forma e funzione delle strutture intra e periorali, e valutati, come vedremo più avanti, in maniera globale.

    Considerazioni preliminari sulle sindromi posturali e malocclusioni associate

    Nel campo delle sindromi posturali in genere (atteggiamenti scoliotici e iperlordotici) e di quelle craniche in particolare, che si evidenziano nelle cefalee, nei dolori vertebrali, delle patologie dell’orecchio e nelle vertigini, troppo spesso viene tralasciato l’aspetto occlusale. 

    La posturologia classicamente enuncia due vie, legate all’origine delle patologie craniche, una ascendente e una discendente.  Quella “ascendente” deriva dall’equilibrio muscolare che fa si che a partire dal piede tutti i muscoli del corpo lavorino in maniera corretta. Una semplice alterazione posturale del piede, come ad esempio un piede piatto o un piede cavo, simmetrico o asimmetrico (fig. 1-2), si ripercuote sulla postura di tutto il corpo. Nel piede piatto si ha l’aumento della curva di appoggio del piede che determina un aumento di carico mediale causando una rotazione interna degli arti inferiori e rotazione anteriore del bacino con risultante iperlordosi lombare ed estensione del capo in avanti. Al contrario succede nel caso sia cavo. Esiste poi la patologia “discendente” che parte dalla bocca e dai muscoli intra e periorali e che interessa masticazione, deglutizione e respirazione.

    Fig. 1-2 Podoscopio e appoggio plantare.

    Quando tutto funziona al meglio e siamo in omeostasi di forma e funzione, la mandibola è in posizione di riposo, tutta la muscolatura rimane rilasciata, i denti non toccano e rimane uno spazio libero inter occlusale di circa 2 mm (freeway space), le labbra sono chiuse, la punta della lingua poggia sul palato nello spot palatino, dietro la papilla retro incisiva (fig. 3). La muscolatura periorale si contrae circa una volta a minuto quando inghiottiamo la saliva. Funziona un po’ come per l’ammiccamento degli occhi, sono movimenti involontari ed incoscienti che hanno la funzione di mantenere le strutture in azione, con le cornee sempre umidificate, e la saliva costantemente deglutita.

    Ad ogni deglutizione, la muscolatura si attiva, per una frazione di secondo i denti vanno a contatto, e la lingua poggia sul palato a partire dallo spot palatino (fig. 4). Dato che la deglutizione è un atto che si presenta circa 1500 volte al giorno, se questa avviene correttamente si ha una spinta linguale verso l’alto che stimola la crescita del palato e del mascellare superiore, in maniera simmetrica, mentre anche la mandibola cresce in maniera corretta soggetta a stimolo minore, secondo il concetto della scatola e del coperchio, dove il coperchio è il mascellare e la scatola è la mandibola, con il fisiologico disporsi del sistema ossa/denti, che saranno allineati lateralmente e in avanti secondo i corretti rapporti di OVB e OVJ.

    In questa condizione fisiologica i muscoli della masticazione lavorano in maniera corretta e questo si ripercuote in maniera positiva su tutto il corpo, originando dai muscoli cranici la gran quantità di catene muscolari (anteriori, posteriori, laterali e trasverse) che regolano l’omeostasi posturale corporea (fig. 5).

    Fig. 5 Omeostasi posturale.

    Quando la lingua funziona in maniera scorretta (attualmente definita come deglutizione disfunzionale, quella che nel secolo scorso era denominata deglutizione atipica) si crea il terreno per le alterazioni di forma, che tanto accompagnano i casi che si presentano in studio in prima visita, sia nei bambini che negli adulti. Queste sono quelle che portano all’insorgenza di svariate malocclusioni che si determinano a seconda del grado e tipo di disfunzione in: morso aperto, morso profondo, cross mono o bilaterale, deviazione mandibolare. 

    Il morso aperto (fig. 6) è quel quadro orale caratterizzato dalla presenza di uno spazio aperto verticale tra i denti anteriori (più raramente laterali) fra l’arcata superiore e quella inferiore. È sempre associato alla deglutizione disfunzionale, in quanto è la lingua che si interpone fra i denti in maniera scorretta per inghiottire la saliva. Una definizione molto d’effetto in prima visita è quando si definisce la lingua un “apparecchio ortodontico personale” che, con il suo scorretto operare per 1500 volte sulle strutture prima ossee e poi dentali, agisce come matrice funzionale nella comparsa del deficit di forma creando prima e mantenendo poi inconsciamente la malocclusione. 

    Questa è la malocclusione tipica dei pazienti con la respirazione orale. La lingua, infatti, rimanendo bassa, non stimola la crescita del palato che rimarrà stretto, e dato che il palato è la base del naso, anche quest’ultimo rimane angusto, con deviazione del setto, e mancando anche i meccanismi autopulenti che aspirano ad ogni deglutizione fisiologica il muco dalle coane posteriori si crea la congestione degli spazi aerei oltre le narici, che impediscono il passaggio dell’aria dalle vie naturali, con il conseguente instaurarsi (per il mantenimento delle capacità vitali) della respirazione orale.

    Fig. 6-7 Morso aperto e morso profondo.

    Il morso profondo (fig. 7), invece, è caratterizzato dal fatto che i denti dell’arcata superiore chiudono eccessivamente su quelli dell’arcata inferiore con aumento dell’OVB, comparsa di muro anteriore (a volte anche canino) con conseguente postura mandibolare incarcerata e retrusa e ipovolumetria intraorale. La posizione della lingua eccessivamente costretta richiede, per poter aumentare la pressione intraorale e fare avvenire la deglutizione della saliva, l’aiuto della muscolatura laterale del viso che appare con il tono sempre aumentato alle indagini specifiche. Se questo fatto da un lato aiuta il mantenimento della funzione deglutitoria, determina dall’altro un eccesso di forze laterali verticali: fattori che, a causa della funzione alterata, portano all’alterazione di forma che conduce al morso profondo.

    Ancora, a causa del minor spazio a sua disposizione, la lingua, impedita dal muro anteriore a trovare spazio in avanti e ai lati, non potrà che riguadagnarlo all’indietro. Quindi la ipovolumetria orale porta indietro la radice della lingua che si dispone in posteriore con ostruzione cronica delle prime vie aeree superiori e con l’insorgenza di problemi respiratori come il russamento o la loquela fino alle apnee notturne (fig. 8). Questo comporta l’attivazione della muscolatura respiratoria accessoria per aiutare quella fisiologica nello svolgere la corretta ossigenazione corporea. In alto sono gli scaleni e in basso le radici posteriori del diaframma che si iperattivano per svolgere in aiuto queste importanti funzioni. Questo aumento di tono e funzione notturno si mantiene anche durante il giorno, e comporta le caratteristiche alterazioni posturali che coinvolgono in maniera costante la postura del paziente disfunzionale con dismorfosi orale.

    Fig. 8 Radice della lingua in posteriore.

    Inoltre la retrusione e risalita mandibolare determinano un dislocamento postero-superiore dei condili nella articolazione temporo-mandibolare. Questo comporta l’insorgenza di una iniziale incoordinazione condilo-meniscale con facile comparsa di click articolare, fino all’insorgenza di locking, inizialmente reversibile, ma che se non trattato con il recupero corretto di forma e funzione fatalmente sarà portato alla cronicizzazione. Anche la postura bassa di lingua, a causa dei suoi rapporti con i legamenti anteriori del menisco articolare, favorisce la sua anteriorizzazione, che fatalmente peggiora il quadro (fig. 9). 

    Fig. 9 Anteriorizzazione del menisco.
    Fig. 10 Retrusione condilare.
    Fig. 11 Cross dentale.

    Compaiono quindi dolori articolari – che data la vicinanza all’orecchio si possono confondere con le otiti, e trattati per troppo tempo senza risultato con gli antibiotici – e l’insorgenza di cefalea per la contrazione eccessiva secondo vettori di forza anomali dei muscoli masticatori. I condili eccessivamente posteriorizzati (fig. 10) possono interferire anche con gli organi dell’equilibrio (utriculo, sacculo e canali semicircolari) causando per via occlusale sindromi vertiginose resistenti ai comuni trattamenti svolti in ambiente specialistico ORL. Nei morsi incrociati (fig. 11) i denti dell’arcata superiore non chiudono esternamente rispetto a quelli inferiori, ma avviene il contrario. Possono essere monolaterali o bilaterali. I più gravi sono quelli monolaterali perché determinano anche una deviazione mandibolare verso il lato del cross.

    Fig. 12 Atteggiamento scoliotico.

    In questo caso la sindrome posturale sarà caratterizzata da un importante atteggiamento scoliotico, ben visibile in antero-posteriore e in postero-anteriore (fig. 12) e la sintomatologia algica cranica e disfunzionale articolare sarà evidente e localizzata dal lato della deviazione.

     

    Fisiopatologia della sindrome cranica

    La presenza di una dismorfosi orale, che si evidenzia con un deficit di forma e funzione nella organizzazione globale della bocca, può quindi determinare l’insorgenza di cefalee, vertigini, otalgie, dolori vertebrali e alterazioni posturali. 

    Le cefalee spesso vengono classificate come idiopatiche e curate farmacologicamente. Molte di queste cefalee hanno una causa intraorale e sono da trattare in ambiente gnatologico. Sono i quadri di deficit, forma e funzione che costringono la mandibola a stare in una posizione non fisiologica nei tre piani dello spazio, determinando un malfunzionamento dei muscoli di masticazione, deglutizione e respirazione, che si contrarranno in maniera scorretta di tono e vettore di forza. A lungo andare i fasci muscolari ipertonici impediscono il deflusso dei cataboliti acidi che si producono durante la contrazione stessa, con conseguente insorgenza prima e mantenimento del dolore dopo. 

    Fig. 13 Muscoli e postura.

    Le locazioni tipiche della cefalea di origine occlusale sono temporale o nucale, a volte irradiate all’orecchio. In queste situazioni giocano un ruolo molto importante gli stati emotivi. Lo stato cronico di ipertono aumenta nei periodi di stress, o del ciclo nel sesso femminile, inoltre il dolore aumenta lo stress che a sua volta abbassa la soglia del dolore, instaurando così un circolo vizioso che perpetua il sintomo.

    Ma gli effetti della dismorfosi orale, come visto precedentemente, si ripercuotono anche a livello posturale. Una deviazione mandibolare, come nel caso di un cross monolaterale, determina la contrazione dei muscoli masticatori e della spalla controlaterali al lato della deviazione, mentre dal lato della deviazione si avrà un rilasciamento. Tutto questo si ripercuote sulla colonna, in quanto l’organismo tende a tenere la linea bipupillare orizzontale, parallela all’orizzonte, perciò per compensare la deviazione mandibolare la colonna si dispone a S, che si incurva in concavità omolaterale alla deviazione sino a livello lombare (fig. 13). Analogamente una retrusione mandibolare determina sul profilo una lordosi cervicale compensatoria, mentre una terza classe scheletrica in cui si ha la mandibola avanzata rispetto al mascellare superiore, determina un appiattimento delle curve della colonna vertebrale con il capo esteso verso l’indietro. 

    Questo sistema di compenso della colonna vertebrale determinerà la contrazione eccessiva di alcuni muscoli che, come nel caso della cefalea muscolo-tensiva, determinerà l’accumulo di cataboliti acidi e la comparsa dei classici dolori posturali accomunati nella “sindrome da artrosi cervicale”. Nei casi in cui l’origine di una cefalea, di un dolore cranico e di una sindrome posturale è la bocca, bisogna saper intercettare, diagnosticare, progettare e quindi intervenire per trovare non solo la giusta occlusione che permetta il corretto funzionamento dei muscoli della masticazione, ma anche le corrette cinetiche deglutitorie e funzionali linguali, e le capacità respiratorie perse. 

    Già nella prima infanzia si intercetta la malocclusione, quando il corpo è più plasmabile e il bambino maggiormente collaborante; quindi se è presente un palato stretto si allarga con un espansore, se sono presenti cross si eliminano, ma soprattutto nei bambini con deglutizione disfunzionale si attiva la “terapia mio-funzionale”, per rieducare la lingua a lavorare in maniera corretta: solo in questo modo, infatti, la lingua potrà fare crescere i mascellari in maniera fisiologica e ridurre i rischi di una malocclusione da adulti. 

    Negli adulti spesso la situazione è più complessa in quanto la malocclusione si è già stabilizzata. Anche in questo caso se è presente una deglutizione disfunzionale si dovrà intervenire con la rieducazione alla corretta funzione. Inoltre bisogna sistemare la posizione della mandibola eliminando le interferenze occlusali per permettere il fisiologico funzionamento della muscolatura. Questo si fa attraverso degli specifici dispositivi inter occlusali trasparenti praticamente invisibili, posizionati sui denti dell’arcata inferiore tale “liberare” la mandibola. Questi si portano di giorno, e si tolgono solo per i pasti. Per la notte è importante effettuare anche un riposizionamento nei tre piani dello spazio della mandibola, e il suo mantenimento durante il riposo notturno. Questo si ottiene mediante un apparecchio in silicone, un attivatore polifunzionale che trae origine dagli apparecchi in caucciù di Soulet-Besombes, modernamente rivisitati in forma e materiali. 

    Se stiamo andando nel verso giusto, ovvero se una delle cause dei dolori cranici, delle vertigini, delle alterazioni posturali è la dismorfosi orale, si avrà già nei primi mesi un miglioramento importante della sintomatologia dolorosa accompagnata da un miglioramento della postura del corpo. 

    Fig. 14 Rapporti fisiologici articolari.

    Spesso però se anche la causa principale non è l’occlusione, migliorando questa si hanno comunque degli importanti risultati a livello di postura e sintomi associati a pieno beneficio del paziente.Infine c’è da dire che sempre riposizionando la mandibola nella posizione corretta (fig. 14) si ha un miglioramento a livello dell’articolazione temporo-mandibolare, in quanto i condili vengono riposizionati verso il basso e l’avanti in maniera adeguata e ripristinando le corrette cinetiche muscolari intra, extra orali e linguali si assiste al miglioramento delle sindromi dell’Atm, a iniziare dalle incoordinazioni condilo-meniscali, ai click, sino ai quadri di locking, acuti o oramai cronicizzati.

    Scopo della ricerca

    Sono stati studiati 54 pazienti che hanno praticato terapia gnatologica presso il nostro studio, che presentavano in prima visita segni e sintomi della dismorfosi orale con deficit di forma e funzione. Sono stati tutti trattati con l’approccio terapeutico sviluppato secondo le tecniche approntate nel nostro studio e descritte nel presente articolo.Ogni paziente inserito nello studio è stato sottoposto ad anamnesi secondo lo schema in figura (fig. 15).È stato eseguito l’esame obiettivo per valutare lo stato della occlusione, la palpazione dei muscoli della masticazione intra ed extra orali e lo stato obiettivo della funzione articolare con la palpazione, l’auscultazione e con la visione diretta delle funzioni; quando necessario è stato utilizzato il calibro extraorale (fig. 16) per misurare l’apertura della bocca.

    Fig. 15 Schema di anamnesi sottoposto al paziente.
    Fig. 16 Riduzione di apertura nel locking.

    Su ogni paziente sono state rilevate le impronte di studio per ottenere i modelli in gesso preterapia. Sono state eseguite le fotografie intra e extra orali secondo lo schema (fig. 17). Sono stati effettuati lo studio del tono della muscolatura intra ed extra orale mediante il miometer (fig. 18) e il dinamometro (fig. 19). È stato eseguito il test alla fluorescina (fig. 20). Sono state eseguite le foto posturali al posturometro (fig. 21) e quelle dell’appoggio podalico al podoscopio.  Ogni singolo caso clinico è stato inserito in una cartella (fig. 22) che racchiude a vista il quadro clinico per poter confrontare quanto evidenziato in prima visita a quanto emerge a fine della terapia. Sono stati indagati ed estrapolati dal corteo sintomatologico i dati relativi a: cefalea, dolore vertebrale, otalgia, vertigini, click articolare, locking. 

    Fig. 17 Serie fotografica.
    Fig. 18 Miometer.
    Fig. 19 Dinamometro.
    Fig. 20 Fluorescina
    Fig. 21 Posturometro.

    Materiali e metodi

    Il fattore predisponente la patologia per la muscolatura intra e periorale inizialmente e in seguito per quella posturale, e la patologia dell’ATM, è la presenza di due elementi patologici, il muro, canino e/o anteriore, e le interferenze occlusali. Queste ultime si possono suddividere in interferenze di scivolamento, antero-posteriore o laterale (skeed o shift), e interferenze in lateralità, lavoranti o bilancianti. Classicamente la terapia è svolta con un bite di svincolo liscio, superiore o inferiore, che contenga le informazioni per le guide, anteriore e canina, o il bite di riposizionamento, anche questo superiore o inferiore, rispettivamente determinato (il riposizionamento) del dentone superiore o dalle chiavi canine inferiori.

     

    Fig. 22 Cartella gnatologica posturale.

    Secondo la nostra esperienza, portare quotidianamente il bite, superiore o inferiore che sia, è quello che maggiormente crea disagio per il paziente, in quanto interferisce in maniera importante nella fonazione, nella vita lavorativa o comunque i rapporti sociali del paziente. Questo fenomeno facilmente porta a un momento terapeutico intermittente e non costante, causando l’abbandono o la scarsa collaborazione del paziente nel trattamento, che quindi non esplica in maniera completa il suo potenziale. Da queste note introduttive appare evidente come il bite classico sia quello che più facilmente determini il successo nel caso di una terapia gnatologica nel paziente a patologia a dominanza muscolare o articolare, ma tale esito positivo necessita di una grande motivazione, in quanto l’estetica e la funzione non è ottimale a portare il bite tutto il giorno ed in ogni tipo di situazione sociale.

    È partendo da queste basi che negli anni abbiamo sviluppato una terapia che consentisse di ottenere favorevoli risultati grazie all’utilizzo di un dispositivo interocclusale diurno praticamente invisibile (fig. 23), e di uno notturno (da portare anche mezz’ora durante il giorno), risolvendo contemporaneamente il problema estetico e sociale e quello terapeutico. La finalità di questo articolo è quella di presentare la nostra tecnica personale frutto di tanti anni di ricerca, che ci ha consentito, in questi ultimi anni, di trattare con reciproca soddisfazione (nostra e del paziente) un gran numero di casi clinici. 

    Fig. 23 Paziente con il dispositivo diurno.

    Eseguiamo quindi la visita del paziente con problematiche gnatologiche, a partire dalla cartella anamnestica e il protocollo di misurazioni del tono della muscolatura intra e periorale, della funzione linguale, e della postura e dell’appoggio plantare che abbiamo nel tempo sviluppato. In questa maniera abbiamo sotto gli occhi vari tipi di importanti valutazioni:

    • i dati completi del paziente
    • il motivo per il quale ha richiesto la visita
    • i rapporti fra masticazione, deglutizione e respirazione
    • lo stato completo del quadro occlusale
    • gli eventuali sintomi accessori
    • i segni che ci indirizzano verso la patologia articolare o muscolare o mista
    • i criteri che ci portano a impostare la terapia.

    Come spiegato la terapia si basa sul concetto di determinare un aumento di dimensione verticale e il riposizionamento mandibolare, questi due importanti momenti terapeutici vengono svolti grazie all’uso di un doppio dispositivo interocclusale, uno diurno, i doppi rialzi mobili transitori, e uno notturno, l’attivatore polifunzionale, oltre che la fisioterapia della muscolatura intra e periorale, mediante la terapia miofunzionale.

    Dallo studio di questi parametri decidiamo per prima cosa quale sia il tipo di dispositivo interocclusale diurno da preparare. Questo è costituito da doppi rialzi mobili transitori inferiori, a partire da metà del primo premolare a metà dell’ultimo dente distale, costruiti in resina trasparente, lasciando liberi i denti da canino a canino.

    Sostanzialmente la guida alla loro costruzione è data dall’altezza dell’occlusione e dalla quantità di muro (anteriore o canino) e delle interferenze occlusali. Se questi parametri sono ridotti, il dispositivo interocclusale diurno sarà sottile. Tanto più crescono, tanto sarà realizzato a partire da una piastra grossa, come spiegato successivamente. Utilizziamo per la costruzione del nostro dispositivo interocclusale le piastre di resina termoplastica, in PVC trasparente, a spessore diverso, e la macchina termo formatrice, per la sua realizzazione (fig. 24). La base di partenza è lo spessore della piastra, secondo lo schema:

    • misura 100 ◊ rialzi di spessore 1,8 mm
    • misura 80 ◊ rialzi di spessore 1,3 mm
    • misura 60 ◊ rialzi di spessore 0,9 mm
    • misura 30 ◊ rialzi di spessore 0,5 mm.
    Fig. 24 Macchina termoformatrice e piastre di resina.

    A partire da una impronta in gesso dell’arcata inferiore, correttamente squadrata sino a un centimetro dal colletto dei denti, si evidenziano gli equatori dentali, secondo un piano perpendicolare a quello del tavolato occlusale da premolare a premolare. Nel caso in cui avessimo un eccesso di sottosquadri o larghi spazi interdentali, questi andranno riempiti in cera. I colletti sotto equatoriali, si segnano con uno specillo e tanto più il foglio è spesso, tanto più andranno incisi. Sugli elementi cariati o comunque mancanti va utilizzata la cera per modellare gli spazi. A questo punto si depone l’impronta preparata sul piano della macchina, si carica il foglio prescritto, si attende che si formi la bolla, si abbassa sull’impronta e si accende l’aspiratore interno per creare il sottovuoto. 

    Si lascia raffreddare il foglio sull’impronta, e quindi si taglia, con una fresa a disco, 5mm al di sotto del colletto, eliminando cosi l’eccesso di materiale della piastra di resina termoplastica. Si taglia quindi a metà del primo premolare e a metà dell’ultimo dente. A questo punto abbiamo la forma corretta. Il doppio manufatto dovrà essere staccato dall’impronta con una spatolina e liberato dalla cera sotto un getto di acqua calda o tramite la macchina a vapore. Sarà rifinito prima con una fresa al tungsteno, poi con un perone: con la prima fresa si darà la forma definitiva rendendolo più simile possibile all’ arcata dentale, accorciando e modellando dove occorre (fig. 25). Nel secondo passaggio si elimina ogni superficie che può dare fastidio alla bocca rendendo cosi tutta la superficie liscia e uniforme. Si sciacqua e si spazzola con dentifricio per eliminare il sapore sgradevole dei prodotti usati.

    Fig. 25 Rialzi mobili transitori.

    I doppi rialzi vengono quindi posti nella scatolina con il nome del paziente e inviati in area clinica per la consegna. Nel mentre, a partenza dal modello in gesso della arcata superiore si studia quale sia il modello fra le varie tipologie di attivatore (fig. 26) da proporre al paziente a seconda l’azienda di riferimento della quale si scelgono. Alcuni necessitano della misurazione della larghezza vestibolare intermolare, altri di quella palatale interpremolare. Si decide la lunghezza posteriore, che eventualmente si regola a quella d’arcata, mediante l’eliminazione delle parti in eccesso. Questo avviene con forbici dal taglio netto, e smussatura degli angoli vivi rimanenti, mediante idonea serie di frese specifiche. L’attivatore scelto e preparato va posto nella scatolina con il nome del paziente e inviato in area clinica per la consegna.

    Fig. 26 Attivatore.

    Uso dei dispositivi interocclusali

    Il razionale della terapia prevede che i rialzi mobili transitori si utilizzino il giorno, e l’attivatore la notte e mezz’ora durante il giorno. In questa maniera avremo la scomparsa dell’effetto nocicettivo della malocclusione a carico delle strutture osteoarticolari, periorali e posturali, tale da permettere il ripristino delle funzioni, in attesa di recuperare, al termine della terapia gnatologica, quello delle forme. Finalmente con questo approccio terapeutico il paziente potrà portare il dispositivo interocclusale per 24 ore al giorno, non essendo i momenti dei pasti fautori di patologia, in quanto i cibi interposti fra i denti non permettono alla malocclusione di esercitare i suoi effetti patologici sul paziente. Durante il giorno l’uso dei rialzi mobili transitori determina due importanti fattori:

    • l’aumento di dimensione verticale, con eliminazione degli effetti deleteri del muro, anteriore e/o canino;
    • la scomparsa delle interferenze occlusali.

    Il riposizionamento della mandibola si determina grazie all’esecuzione di specifici esercizi, della durata di pochi minuti, due volte al mattino e due il pomeriggio. L’uso dell’attivatore porta egualmente gli stessi effetti dei rialzi, con in più il riposizionamento passivo mandibolare, favorito dalla specifica forma dello stesso. In più stimola la lingua a portarsi sul palato, grazie alla presenza di rampe specifiche, e non stare bassa e a contatto con i denti anteriori, come nei soggetti disfunzionali.

    Viene chiesto al paziente di portare per 30 minuti diurni l’attivatore, come momento terapeutico, ogni giorno. Questo è importante per agevolare la tenuta dello stesso la notte. Si è visto negli anni che è molto difficile che un adulto riesca a portare tutta la notte un attivatore, senza perderlo, se il sistema stomatognatico non riceve un “ricordo” quotidiano al suo uso. Durante questi trenta minuti il paziente può svolgere ogni tipo di attività, a casa o al lavoro, o usarlo mentre guida l’auto, basta che ricordi di masticare dolcemente l’attivatore, tenere la lingua in alto, e mantenere le labbra contratte ad eseguire l’esercizio “baciomamma” prelevato dal corteo terapeutico dell’ortopedia intercettiva, come descritto in altri articoli presenti in bibliografia.

    L’uso dei rialzi mobili di giorno e dell’attivatore la notte permette di mantenere stabile l’occlusione, durante la terapia. Questa di norma si protrae per sei mesi, ma a volte, quanto il paziente ha raggiunto il benessere terapeutico e non vuole o non può passare alla successiva fase di stabilizzazione occlusale, per tanti anni. L’effetto secondario negativo dell’uso di dispositivi interocclusali a parziale copertura di tutti gli elementi dentali è l’estrusione dei denti liberi. Ci è capitato spesso di trattare pazienti in cura presso altri studi, che dopo un momento di benessere ottenuto dall’uso del bite, hanno manifestato il ripresentarsi dei sintomi inizali, anche in aggravamento. Questo nasceva dall’uso diurno e notturno del dispositivo, che fosse un semplice jig anteriore, o malauguratamente un bite completo, il quale per imperizia non era stato allungato a coprire gli ultimi denti, o perché l’impronta iniziale non li aveva raggiunti o perché il tecnico non li aveva reputati degni di essere ricoperti, causando l’estrusione passiva dei denti non compresi. 

    Nel nostro progetto terapeutico l’uso alternato dei rialzi diurni e dell’attivatore notturno porta al ristabilimento quotidiano dello stato occlusale in quanto i denti anteriori, che di giorno ricevono lo stimolo fisiologico alla eruzione passiva, la notte vengono riportati in posizione dal dispositivo terapeutico.

    Consegna dei rialzi mobili transitori

    La prima azione che si svolge sul paziente in poltrona, al momento della consegna dei rialzi mobili transitori, è quella di valutare le corrette caratteristiche di inserimento, l’assenza di sottosquadri troppo evidenti che contrastano la sua asportazione dal tavolato occlusale, nel caso si effettuano le opportune correzioni. A questo punto si eseguono le manovre atte a rendere i rialzi appena consegnati privi di interferenze occlusali. Le manovre svolte per ottenere questi risultati sono così riassumibili:

    1. eliminazione dello skeed e dello shift
    2. eliminazione delle interferenze bilancianti e lavoranti
    3. raggiungimento della guida di gruppo
    4. ricontrollo finale di tutti i parametri.

    Queste manovre vanno svolte su mandibola manipolata dall’operatore, in quanto il paziente sa bene, consciamente o inconsciamente, quali sono le zone dove sono presenti le massime interferenze, e lì non ci andrà mai. Quindi bisogna essere in grado di interagire produttivamente col paziente, tale da poter avere il completo controllo dei movimenti mandibolari, e poter evidenziare le zone sede di contatti patologici, tale poter essere eliminate mediante fresatura dei rialzi. Tali controlli vanno eseguiti con carta di articolazione da 200 o da 50 micron, con bocca asciutta, cambiando la carta non appena appare eccessivamente imbibita di saliva.

    Succede spesso che in alcune zone i rialzi verranno bucati, e di questo bisogna avvisare il paziente, in quanto facilmente penserà di averlo fatto lui, digrignando, i primi giorni di utilizzo. Fra l’altro le zone dove sono presenti i buchi sono quelle che ci indirizzeranno verso l’anatomia occlusale patologica, in quanto saranno loro sedi dei precontatti più gravi, e quindi da tenere presente nella successiva fase terapeutica, del ripristino occlusale. È come se si vedesse la cartina geografica della malocclusione, sull’arcata guida, che in questo particolare tipo di terapia gnatologica, è la inferiore. E la mappa delle zone di contatti scorretti ci guiderà verso il secondo passaggio della terapia gnatologica che progettiamo ed eseguiamo sui nostri pazienti, il molaggio selettivo delle interferenze. 

    Esercizi specifici di terapia miofunzionale

    Questi sono legati a quegli importanti aspetti della terapia, dove sono evidenti i rapporti fra funzione linguale e funzione articolare che saranno oggetto di un futuro articolo di aggiornamento. Una lingua bassa porta costantemente una dislocazione in avanti del menisco articolare con comparsa del click, che viene recuperato quando la stessa si porta in alto e in dietro in maniera attiva. Una serie di esercizi vertono proprio su questo tipo di riabilitazione e sono di competenza della terapista miofunzionale che collabora nello svolgimento della terapia gnatologica.

    Un’altra importante serie di esercizi sono quelli collegati alla gestione del blocco articolare cronico della mandibola (locking) e sono utilizzati per determinare lo stiramento dei legamenti articolari dell’ATM bloccata, per permettere un tentativo di riconquista del menisco e quantomeno un aumento delle cinetiche articolari con incremento della apertura della bocca e scomparsa della sintomatologia dolorosa collegata (articolo locking).

    Studio clinico

    La nostra ricerca prende in considerazione un campione di 54 pazienti che si sono presentati in studio e sui quali è stata eseguita la terapia gnatologica specifica, di età compresa tra i 17 e i 71 anni, con l’età media di 37, 18 donne e 9 uomini. 23 erano portatori di patologia a carattere articolare, di questi 14 con click articolare, 9 con locking cronico, tutti era portatori di patologia a carattere muscolare, con sintomi di tipo “accessorio” (fig. 27).

    Fig. 27 Sintomi accessori.
    Fig. 28 Cefalea.
    Fig. 29 Dolore vertebrale.
    Fig. 30 Vertigini.
    Fig. 31 Otalgia.
    Fig. 32 Patologia articolare.

    I sintomi “accessori” presenti in prima visita nel nostro studio erano:

    • cefalea – 38 pazienti
    • dolori vertebrali – 46 pazienti
    • vertigini – 31 pazienti
    • otalgia – 28 pazienti.

    Tutti i soggetti sono stati trattati seguendo il medesimo schema terapeutico; ad ogni controllo la cartella gnatologica è stata aggiornata appuntando nell’apposita griglia l’andamento della sintomatologia in concomitanza con l’evolversi delle varie fasi della terapia, secondo tre parametri del sintomo: invariato, diminuito o cessato. L’esperienza clinica negli anni ci ha insegnato che tale semplice suddivisione dell’evoluzione della terapia è la più soddisfacente nel raccogliere i dati della cura in atto. 

    Per valutare nel migliore dei modi la reale efficacia del piano terapeutico, è stato raffrontato l’andamento dei sintomi presenti in prima visita con quelli a metà terapia (3° controllo, a 3 mesi circa) e a fine trattamento (ultimo controllo, a 6 mesi circa) per ognuno dei sintomi su riportati.

    Analisi dei risultati

    Risulta evidente come ogni tipo di patologia legata alla malocclusione e alla disfunzione muscolare e articolare della regione orale porta con sé l’instaurarsi di un tipo di sintomatologia che già dal 1934 era definita come Sindrome di Costen dal nome del medico americano che per primo la identificò all’inizio del secolo scorso. Questa è caratterizzata essenzialmente da tre quadri, quello legato alla comparsa della sintomatologia “accessoria”, a quella articolare e a quella posturale.

    Il primo viene identificato nel nostro studio dai quattro sintomi specifici, cefalea, dolore vertebrale, vertigini e otalgia. Presenti tutti in maniera più meno evidente in tutti i pazienti in esame. È di notevole importanza valutare il miglioramento sintomatologico grazie alla terapia gnatologica di ripristino delle funzioni occlusale e muscolare.

    La cefalea era presente in prima visita nel 70 % dei casi, a segno di un importante impegno della muscolatura cranica in caso di dismorfosi occlusale. Dopo tre mesi il 55% dei pazienti ha avuto la scomparsa del sintomo, il 24% la sua diminuzione mentre nel 16% è rimasto invariato. Proseguendo la terapia, funzionalizzando meglio i dispositivi inter occlusali, diurni e notturni, proseguendo nel recupero delle funzioni, al termine del processo terapeutico i risultati vedono la scomparsa del sintomo nel 77% dei casi, la sua diminuzione nel 13 % che invece rimane invariato nel 10 % dei casi in esame, elemento da non sottovalutare (fig. 28). Nella maggioranza dei casi il persistere finale della sintomatologia cefalalgica interessa pazienti che già al controllo di metà terapia non avevano ottenuto nessuna diminuzione dello stesso, a indicare come la causa della stessa si identifica probabilmente in situazioni differenti da una dismorfosi orale.

    Il dolore vertebrale (cervicale, dorsale e lombare) è il più frequente nei casi presi in esame, essendo presente nel 85 % dei pazienti in cura. Anche in questa analisi nel controllo dei primi tre mesi si assiste a una notevole diminuzione della presenza del sintomo valutato in prima visita (65 %) ma persistendo in quasi il 20 %. Il proseguo della terapia ha portato un ulteriore beneficio al sistema muscolare e posturale facendo scomparire il fastidioso sintomo in quasi l’80 % dei casi, con una permanenza di tipo invariato vicina al solo 5 % (fig. 29).

    Le vertigini e i capogiri della sindrome cranica risentono in maniera positiva della terapia gnatologica specifica e del recupero funzionale, in quanto si assiste alla scomparsa in circa il 60 % ai tre mesi e al 70 % a termine della terapia, permanendo alla fine nel circa 10 % dei casi (fig. 30), costituiti questi spesso dai casi in cui il sintomo era presente all’indagine anamnestica da più tempo e in maniera predominante sugli altri, a indicare una genesi diversa. La otalgia (presente nel 50 % dei pazienti in cura) è quella che ha dimostrato essere più sensibile al miglioramento nella maggior parte dei casi, raggiungendo già a metà terapia valori di scomparsa in quasi l’80 % dei casi, e superando questo valore al termine (fig. 31). Altro dato importante, tutti i casi dove l’otalgia era presente hanno dimostrato come minimo la diminuzione del sintomo, non avendo mai riscontrato, nello studio in esame, la permanenza dello stesso invariato dalle caratteristiche presenti in prima visita, in nessuno dei casi.

    Il quadro articolare presente nel 42,5 % dei casi comprendeva i parametri obbiettivi di presenza di click mono o bilaterale o di locking cronico con diminuzione di apertura della bocca rispetto alla norma. La terapia eseguita secondo quanto definito nel nostro protocollo ha portato alla soluzione di una gran parte della sintomatologia articolare, rimasta invariata solo nel 9 % dei casi in esame (fig. 32).

    La sindrome posturale, evidenziata all’analisi al posturometro e al podoscopio secondo i dettami classici, subisce un notevole e costante miglioramento in gran parte dei casi durante lo svolgimento della terapia, a dimostrazione di come l’eliminazione delle tensioni muscolari causate dalla dismorfosi orale porti benefici a carico delle catene muscolari anteriori, posteriori, laterali e trasverse che hanno origine superiormente (fig.33). Questo oltre a essere concausa nella scomparsa di gran parte della sintomatologia accessoria, porta notevole stimolo motivazionale al paziente in cura, che vede dal miglioramento delle immagini dell’assetto posturale sul corpo dalla prima visita un ulteriore stimolo all’esecuzione in maniera ottimale della terapia stessa.

    Fig. 33 Miglioramento posturale.

    Conclusioni

    In conclusione possiamo dire che l’occlusione ha un ruolo fondamentale nell’equilibrio posturale di tutto il corpo, e una malocclusione può essere causa o concausa di cefalee, vertigini, dolori vertebrali e otalgie, oltre che disfunzioni dell’ATM e sindromi posturali, e bisogna sempre considerarla prima di definire una cefalea o un dolore posturale di causa sconosciuta, curando solo i sintomi e non risolvendo di fatto il problema. In questo modo si riesce spesso a eliminare o ridurre dei dolori con i quali spesso il paziente convive da anni, che così non dovrà più prendere frequentemente farmaci: si riesce a migliorarne la qualità della vita, che deve esser il nostro principale obiettivo da raggiungere. 

    Questo studio, legato ad una ricerca sul campo, vuole portare allo sviluppo di un nuovo approccio terapeutico dove al recupero delle funzioni si associano il ristabilire le corrette dinamiche occlusali e articolari per la soluzione da parte dell’odontoiatra che vuole intraprendere una via innovativa nella sua quotidianità operativa di un gran numero di casi clinici. 

     

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    Materials and methods:

    The study includes 54 patients who were involved in gnathological therapy in our clinic, those patients presented in first appointment signs and symptoms of oral dysmorphias with shape and functional deficit. The patients have been all treated with the approach suggested along the lecture. They all suffered of symptoms like headache, vertebral pain, earache, vertigos, articular click, locking. Patients have been followed up before and after therapy in order to light up a new way of planning cases based on diagnosis and treatment which help general dentist in order to solve problems for this kind of patients.

     

    Aim of the work:

    The authors bring out their clinical experience throughout research and data analysis for the development of a new therapeutically approach in gnathological patients, with occlusal, dysfunctional, postural disorders and pain using an innovative, not invasive, without implications in the social activities and life of their patients.

     

    Results:

    The results of the study showed us a disappearance of the initial symptoms after the therapy in more than 70% of the patients depending on the symptom.Also, the articular dysfunction showed us an impressive regression, maintaining initial symptoms in even lower percentage. Postural syndrome evaluated with the aim of posturometer and plumb line got better constantly.

     

    Conclusion:

    In conclusion we can say that occlusion has a key role in postural balance of the entire body, occlusion can be primary or secondary cause of headache, earache, vertigos, vertebral pain TMJ dysfunction and postural syndrome, for which we always have to take it in consideration when we see in a patient symptoms like we ones wrote before in order to plan our therapy working on the causes instead of working on symptoms.In this way we are often able to improve or even solve pains and sufferings which has been bothering our patients for years, getting them free of drugs addiction: we can give them better lives and this should be our primary goal to reach, always.