La Corte di Cassazione con sentenza n° 23208 del 13 novembre scorso è intervenuta in materia di responsabilità medica, emanando un verdetto definitivo che ha visto soccombere un odontoiatra di Torino, citato in giudizio da una sua ex paziente.
Il professionista effettuò sulla donna un trattamento di terapia implantare, a seguito del quale la paziente aveva lamentato una serie di problemi che ne condizionavano la funzionalità masticatoria. Tale condizione la costrinse quindi a doversi rivolgere ad un altro dentista per risolvere le complicanze sopraggiunte, con conseguente aggravio delle spese sostenute.
Ritenendo che l'odontoiatra non avesse eseguito correttamente l'intervento, per negligenza e superficialità, la donna decise di citarlo in causa per vedere riconosciute le proprie ragioni. Il professionista dal canto suo, durante le fasi del processo, ha cercato di dimostrare la correttezza del proprio operato, sottolineando quanto a determinare il fallimento della terapia avessero concorso la situazione clinica pregressa della paziente e la sua inosservanza delle visite di controllo periodiche stabilite dal piano di cura.
Ebbene, il primo grado di giudizio ha dato ragione al professionista, sollevandolo da qualsiasi responsabilità, mentre il secondo (la donna ricorse in appello), al contrario, ha avallato la tesi della donna, riconoscendo le colpe del professionista e condannandolo a versare alla paziente 17.000 euro di risarcimento danni.
Anche nell'ultimo grado di giudizio la Cassazione ha confermato la sentenza d'appello e quindi la responsabilità oggettiva dell'odontoiatra, ritenendo provato il nesso causale tra la sua condotta non adeguata, frutto di imperizia, e il danno lamentato dalla paziente. Il dentista evidentemente non è riuscito a dimostrare né la sua estraneità al sopraggiunto insuccesso della prestazione eseguita né la diligente esecuzione della stessa. L'odontoiatra sarà quindi obbligato a risarcire i danni alla paziente per un importo quantificato in 17.000 euro.