Il rimedio migliore quando si è tristi
è imparare qualcosa

T.H White

Scrivo queste poche righe nel pieno di questa nuova e inaspettata emergenza sanitaria, che sta sconvolgendo la vita, la professione e i pensieri di tutti noi.

Solo un mese fa nessuno di noi poteva prevedere che saremmo arrivati a questo livello di gravità della situazione. Ed è difficile evitare di scrivere luoghi comuni e frasi scontate sull’evoluzione delle cose e sulle ripercussioni che potrà avere questa nuova piaga globale su tutti noi, e sui più giovani in particolare.

Ho letto negli scorsi giorni molti articoli ed editoriali sulle principali testate quotidiane di protagonisti della nostra cultura attuale, e mi hanno colpito gli scritti di alcuni di loro.

Sono tutti concordi, ed io lo sono con loro, che il mondo come lo stavamo vivendo non ci sarà più, per molto tempo o forse per sempre.

Quel mondo un po’ spensierato, concentrato per molti sul lavoro, su famiglia e amici, sulle fortune e le conquiste della vita, non eguali per tutti, ma che ci vedevano in una posizione di sicuro avvantaggiata.

Come sarà possibile cambiare il nostro modo per continuare o ricominciare a stare bene, a vivere con soddisfazione?

Carofiglio riportando un brano di T.H White ci ricorda che “il rimedio migliore quando si è tristi è imparare qualcosa”. Vale anche per noi, e per la nostra professione. Questa è l’occasione buona per studiare, imparare, investire e dedicare tempo per migliorare la qualità delle nostre conoscenze e di come le applichiamo nella pratica di tutti i giorni e di come le trasmettiamo ai nostri pazienti.

Abbiamo visto nelle scorse tre settimane una quantità di opinion leaders e pseudoesperti passare da affermazioni, più o meno pubbliche e mediate da un presenzialismo non richiesto e non necessario sui social media, del tipo: “l’odontoiatria è una pratica sicura”, “mettiamo sempre la diga” (anche per fare l’ablazione del tartaro?) fino a “dobbiamo chiudere gli studi”.

Le informazioni rilevanti su come comportarsi correttamente nell’ambito clinico per evitare la diffusione di aerosoli contenenti agenti patogeni a trasmissione aerogena erano già note e presenti nei principali protocolli internazionali e nazionali, fin dagli anni in cui i rischi di trasmissione erano per i virus epatitici e l’HIV.

Le indicazioni e le informazioni sull’uso dei DPI, i dispositivi di protezione individuale, per il trattamenti dei pazienti erano già presenti da anni sui libri di ergonomia odontoiatrica. A questo proposito mi chiedo: quanti tra noi facevano effettuare sempre al paziente gli sciacqui con il collutorio preoperatorio, pratica che riduce i microbi presenti negli aerosoli del 99%?

È ovvio che in questa fase sia fortemente opportuno ridurre qualsiasi forma di contatto per minimizzare il rischio di trasmissione di una infezione contro la quale non abbiamo difese né terapie efficaci, e conosciamo ancora molto poco. È però importante non lasciare soli i nostri pazienti, le persone che hanno fiducia nelle nostre competenze e capacità professionali.

Anche in questi frangenti è necessario continuare ad essere disponibili per provvedere ai giusti consigli per eventuali problemi di salute orale e, nel caso siano indispensabili, erogare le cure urgenti legate a infezioni orali, dolore odontogeno, o a condizioni orali che possano interferire peggiorando lo stato di salute generale di alcuni pazienti, ad esempio quelli oncologici.

E tra i consigli, spieghiamo a tutti loro che proprio in questo momento la cosa più importante per conservare la salute della bocca è controllare la proliferazione dei microbi orali: bisogna dunque lavarsi i denti con tecniche e modi corretti, con i prodotti e i dispositivi più adatti a mantenere una buona salute orale.