Le novità fiscali dell’estate 2019

novità fiscali estate 2019

Come ormai abitudine consolidata il periodo estivo porta con sé una serie più o meno ampia di novità in ambito fiscale.

Con l’introduzione del c.d “Decreto Crescita”, convertito nella legge n.58/2019 in vigore dal 30 giugno 2019, e una serie di ulteriori modifiche e chiarimenti sono diventate numerose le novità fiscali che interesseranno il secondo semestre 2019.

Scopo del presente articolo è, però, quello di evidenziare tra le tante novità introdotte quelle di maggior interesse per l’odontoiatra/dentista indipendentemente dal fatto che eserciti la propria attività professionale in forma individuale, in forma di studio associato o in forma societaria (S.r.l. o S.t.p. a r.l.). Nonostante questa premessa, continuiamo a sottolineare che le misure agevolative introdotte per S.r.l. o S.t.p. a r.l. risultano più numerose e più incisive, rendendo quindi sempre più attuale una riflessione sulla propria forma di esercizio dell’attività professionale.

Mini IRES: riduzione di imposte per chi “accantona” gli utili

Segnaliamo innanzitutto che questa agevolazione, applicandosi solamente all’IRES (imposta sul reddito delle società), non riguarda i professionisti individuali o con studio associato ma si applica soltanto alle S.r.l. e alle S.t.p. a r.l. (a discapito del nome, sono incluse anche le società di persone a condizione che siano in contabilità ordinaria).

La misura che commenteremo tra poco è in realtà una semplificazione di una misura precedentemente introdotta.

L’obiettivo del legislatore è quello di creare sempre più differenza tra chi, anche nel mondo professionale ma solo grazie alla forma societaria, accantona o reinveste gli utili prodotti dalla propria attività lavorativa rispetto a chi, invece, decide legittimamente di spenderli per finalità private o personali.

L’agevolazione consiste nella riduzione dell’aliquota d’imposta dal 24% a scendere con il passare degli anni (fino a 3,5 punti percentuali nel 2022, con un’imposta cioè del 20,5%).

La riduzione d’imposta si applica solamente ai redditi accantonati a riserva e non distribuiti.

La prima applicazione sarà sulle imposte che si pagheranno nel 2020 per i soggetti “solari” (con esercizio al 31.12. di ogni anno) per gli accantonamenti fatti nel 2019.

L’accantonamento deve essere volontario e non obbligatorio, ossia imposto da specifiche norme di legge.

Inoltre, per evitare misure abusive, la quota massima agevolabile di utili accantonati è legata al limite dell’incremento del patrimonio netto.

La norma è particolarmente articolata nei suoi tecnicismi e pertanto sarà opportuno conteggiare l’effettivo risparmio fiscale, qualora si decida o meno di distribuire gli utili realizzati, con il proprio commercialista.

Segue un riepilogo dell’incremento dell’agevolazione nel tempo, la riduzione, infatti, sarà così strutturata:

  • imposta al 22,5% (riduzione di 1,5%) per il 2019 (per i soggetti che chiudono il proprio bilancio al 31.12.2018);
  • imposta al 21,5% (riduzione di 2,5%) per il 2020 (per i soggetti che chiudono il proprio bilancio al 31.12 di ogni anno);
  • imposta al 21% (riduzione di 3%) per il 2021 (per i soggetti che chiudono il proprio bilancio al 31.12 di ogni anno);
  • imposta al 20,5% (riduzione di 3,5%) per il 2022 (per i soggetti che chiudono il proprio bilancio al 31.12 di ogni anno);
  • imposta al 20% (riduzione di 4%) per il 2023 e seguenti (per i soggetti che chiudono il proprio bilancio al 31.12 di ogni anno);

Per rendere l’idea in termini pratici, a fronte di € 100.000 di utili accantonati si risparmierà nel 2020 una somma di 1.500 euro mentre, a regime e a condizione che nessuno modifichi nuovamente la norma, il risparmio sarà di circa 4.000 euro.

Giudizio: Moderatamente positivo.

L’agevolazione, rispetto alle precedenti versioni, ha sicuramente il pregio di essere più semplice e in grado di orientare le scelte di accantonamento o distribuzione degli utili prodotti dai soggetti interessati.

Tuttavia, l’incentivo fiscale incomincerà ad essere interessante nei prossimi anni e, per un’abitudine che ormai sta diventando consolidata, è legittimo il sospetto che l’agevolazione possa essere successivamente ridotta o cambiata.

Aumento della deducibilità IMU

Una delle tante stranezze del nostro sistema fiscale è rappresentata dall’indeducibilità, parziale e per legge, di alcuni costi che, logicamente, sarebbero pienamente legittimi.

Uno di questi costi è l’IMU connesso a immobili strumentali, ossia immobili utilizzati esclusivamente per la propria attività professionale (se professionista e studio associato) o imprenditoriale (società in genere).

In passato questo costo è stato deducibile solo al 20%.

Per intenderci è il caso dell’IMU sullo studio utilizzato per l’attività professionale o societaria.

Finalmente nel caso dell’IMU sono previste nuove percentuali di deducibilità più alte rispetto al passato.

In termini molto pratici le nuove percentuali di deducibilità dell’IMU dal reddito d’impresa e di lavoro autonomo sono:

  • 50% per il periodo d’imposta 2019 (in caso di esercizio “solare”, cioè dal 1 gennaio al 31.12 di ogni anno);
  • 60% per il periodo d’imposta 2020 e 2021 (in caso di esercizio “solare”);
  • 70% per il periodo d’imposta 2022 (in caso di esercizio “solare”);
  • 100% per il periodo d’imposta 2023 e seguenti (in caso di esercizio “solare”).

Non è invece stata in alcun modo contemplata l’indeducibilità IMU ai fini IRAP (rimane l’indeducibilità piena).

Resta invece totalmente indeducibile l’IMU per immobili utilizzati “ad uso promiscuo”, ossia in parte per l’attività professionale in parte per la vita personale.

Giudizio: Moderatamente positivo.

Più che di agevolazione fiscale qui si dovrebbe parlare di parziale, ma legittima, restituzione di un torto fatto al contribuente.

Al di là della buona notizia, però, le percentuali di deducibilità incominceranno ad essere elevate nei prossimi anni e, come già detto, per una brutta abitudine che ormai sta diventando consolidata, è legittimo il sospetto che la deducibilità dell’IMU possa essere nuovamente ridotta o cambiata.

Super ammortamenti: ennesimo rinnovo

Anche l’attuale governo, resosi conto dell’utilità della misura già introdotta in passato, ha deciso di rinnovare l’agevolazione del super-ammortamento per:

  • gli investimenti effettuati dal 1 aprile 2019 fino al 31 dicembre 2019;
  • anche gli investimenti che verranno effettuati entro il termine (prolungato) del 30 giugno 2020, sempre a condizione che entro il 31 dicembre 2019 venga ufficialmente accettato l’ordine proposto dal venditore dell’investimento e che l’odontoiatra/dentista abbia pagato un acconto almeno pari al 20% del costo totale dell’investimento.

Il tutto, a condizione che siano rispettate le ulteriori specifiche che si diranno in seguito, consentirà una “extra-deduzione” del 30% rispetto al costo di acquisto, di cui si usufruirà man mano in virtù del processo di ammortamento.

Si ricorda, per massima chiarezza, che la durata del periodo di ammortamento non varia in virtù della agevolazione in commento.

La misura rappresenta di fatto una proroga di quanto già esistente negli anni passati e che in alcuni casi ha comportato un vero incentivo all’effettuazione di nuovi investimenti in beni strumentali.

Il grande interesse della misura è legato anche al fatto che l’agevolazione vale per i professionisti, per gli studi associati, nonché per i centri dentali (S.r.l.) o le società tra professionisti a responsabilità limitata e le società di persone.

La condizione è che si effettuino investimenti in beni strumentali (ad esempio, il riunito, il radiografico o la TAC). I beni strumentali hanno quindi un utilizzo pluriennale e generano costi deducibili non per intero nell’anno di acquisto ma in più anni in virtù del processo di ammortamento.

Sono invece esclusi dal super-ammortamento i seguenti casi:

  • tutti i beni immateriali, come ad esempio i software;
  • i beni usati;
  • gli immobili;
  • le autovetture e i motocicli;
  • i beni che finiscono in “magazzino” (ad esempio, gli impianti o gli altri materiali consumabili, in quanto beni non strumentali);
  • i beni materiali in utilizzo con contratti di locazione (operativa) o noleggio operativo.

In tabella 1 un esempio di riepilogo di come funziona l’agevolazione.

 Senza “super ammortamenti”Con “super ammortamenti”
Costo “reale” di acquisto del bene strumentale2000020000
% di ammortamento20% = 5 anni (ipotesi)20% = 5 anni
Maggiorazione prevista030% di 20.000 € (in 5 anni) = 1.200 €
Ammortamento annuo fiscalmente deducibile40005200
Tab. 1

Il reale vantaggio fiscale (ulteriore rispetto alla “normale” deduzione) si applica pertanto su 1.200 euro (e varrà per tutti gli anni di ammortamento), nell’esempio di specie, e varierà a seconda della propria aliquota. Un professionista o uno studio associato con redditi personali elevati (sopra i 75.000 euro annui) risparmieranno circa il 46%, mentre una S.r.l. o S.t.p. a r. l. risparmieranno il 24%.

Specifichiamo che anche i beni “acquisiti” attraverso un contratto di leasing potranno godere dei super-ammortamenti solo se il contratto avrà natura finanziaria (c.d. leasing finanziario, che prevede un riscatto del bene alla fine del contratto), e seguiranno la durata e le regole di deduzione del contratto di leasing.
Come detto, sono esclusi dall’agevolazione i contratti di locazione operativa o noleggio operativo.

Se i beni, infine, sono strumentali (cioè a utilità pluriennale e non di consumo) ma di importo singolo inferiore ai 516,46 euro, l’extra deduzione del 30% si concentrerà tutta nell’anno di acquisto, poiché il bene si ammortizza totalmente nell’anno, in quanto di ammontare minore rispetto alla predetta cifra.

Infine ricordiamo, per chi ancora fra gli odontoiatri/dentisti fosse influenzato nelle proprie decisioni strategiche-gestionali da questo strumento di controllo, che l’agevolazione non avrà alcun effetto negativo in tema di ISA (i “nuovi studi di settore”, per intenderci).

Giudizio: Positivo.

L’agevolazione continua a essere efficace e di facile applicazione.

Come già in passato la proroga non può che essere accolta con favore, salvo avere lasciato scoperto il primo trimestre 2019 (da gennaio ad aprile non era in vigore).

Nel proprio piano di investimento bisognerà tenere in considerazioni anche il legittimo risparmio fiscale.

Nota specifica.
Nel presente articolo non si parla di iper-ammortamento, deduzione ulteriore di cui si è già parlato sulle pagine di questa rivista, ma lo stesso ha ancora valore e grande interesse.

Le novità sui controlli per le S.r.l./S.t.p. a .r.l.: evitati nuovi costi per molte società

Entro il 16 dicembre 2019 le S.r.l. odontoiatriche (non sono interessati gli studi associati) e le S.t.p. a r.l. di grandi dimensioni (almeno per la realtà italiana) che supereranno certi rilevanti limiti numerici, saranno obbligate alla nomina di un organo di controllo o di un revisore legale che, in estrema sintesi, effettuerà controlli sulla correttezza di tutte le operazioni contabili e sulla correttezza della redazione del bilancio, nonché sull’equilibrio economico-finanziario della società.

Sono esclusi, indipendentemente dalle dimensioni, gli studi associati e i professionisti che esercitano l’attività in forma individuale (P.IVA individuale).

Questo “controllore”, in linea di principio, è stato inserito per individuare in anticipo i segnali di crisi e tutelare la “salute” delle società (evitando problemi peggiori per il tessuto economico, quali licenziamenti improvvisi, o mancato versamento di imposte, legati a chiusura o “fallimento” della società).

Tuttavia, come più parti hanno segnalato, l’organo di controllo o il revisore hanno un costo professionale rilevante, tanto più se si considera che il costo sarà a carico della stessa S.r.l. o S.t.p. a r.l..

Come anticipato, la novità riguarda solamente alcune realtà che superano certi limiti. Tali limiti sono stati recentemente raddoppiati rendendoli infrequenti nel mondo odontoiatrico (ma molto frequenti, invece, nel mondo dei distributori dentali e dei produttori di macchinari e attrezzature nel mondo dentale).

Si tratta infatti, come detto, solamente di S.r.l. (o cooperative o S.t.p. a r.l.) che, per due esercizi consecutivi, superino “almeno uno” dei seguenti limiti:

  • totale dell’attivo dello stato patrimoniale (costituito in sostanza da immobili, impianti e macchinari, magazzino, eventuali crediti, liquidità e investimenti finanziari): 4 milioni di euro; (statisticamente, il limite più difficile da superare);
  • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro; (viene superato solo in realtà di medio-grandi dimensioni);
  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 (rappresenta il limite più “semplice” da superare anche in realtà non particolarmente strutturate).

Si può parlare di “pericolo scampato” per molte società, sicuramente presenti in un certo numero nel mondo odontoiatrico, che con la versione previgente, ossia contando più di 10 dipendenti, avrebbero dovuto nominare l’organo di controllo o il revisore.

Una volta superati i limiti però non è facile uscirne, infatti l’obbligo di nomina dell’organo di controllo (costituito da dottori Commercialisti e Revisori legali dei conti) cesserà quando, per ben tre esercizi consecutivi, non sarà superato alcuno dei limiti di cui sopra.

Giudizio: Moderatamente positivo.

La novità introdotta riguarderà solo alcuni soggetti rilevanti del mondo odontoiatrico.

Soprattutto nell’ultima versione con i limiti dimensionali raddoppiati, verranno coinvolte solo società già strutturate che potranno, dall’obbligo di controllo, trarre più vantaggi che costi.

Così non sarebbe stato, invece, in realtà più piccole che si sarebbero trovate a dover sostenere un costo, comunque rilevante, senza avere l’adeguata “cultura imprenditoriale” per soddisfare i requisiti richiesti dal revisore/organo di controllo.

Ad ogni modo, per chi dovrà applicare la norma, potrà essere un’ottima occasione per strutturarsi con strumenti di controllo e previsione, quali budget e forecast, sia economici sia finanziari, necessari ai controllori/revisori per monitorare la continuità aziendale.

I chiarimenti sul regime forfettario per le P.IVA individuali

Il regime forfettario è una novità che riguarda in realtà tutto l’anno 2019, tuttavia, solo dalla fine di aprile 2019 sono stati chiariti i principali dubbi che rendevano incerta qualsiasi scelta per professionisti che fossero anche soci di S.r.l. o S.t.p. a r.l..

Prima di occuparsi dei chiarimenti, torna utile un riepilogo del regime agevolato (c.d. forfettario perché appunto forfettizzata il reddito, non considerando i costi effettivi, ma applicando delle percentuali prestabilite).

Il regime può essere applicato a tutti i professionisti (odontoiatri, dentisti, medici, igienisti, etc., ma non solo) o imprenditori individuali (ad es. odontotecnici) che fatturano non più di € 65.000 in un anno (per essere precisi dovremmo fare riferimento ai compensi incassati o ai ricavi).

Il regime forfettario si applica solo alle persone fisiche (quindi non agli studi associati o alle società) al verificarsi di tutta una serie complessa di condizioni (cause ostative).

Il regime sostitutivo consiste in una forfettizzazione percentuale dei compensi attivi o ricavi al fine di determinare il proprio reddito imponibile sia ai fini contributivi sia ai fini fiscali (ai fini fiscali potendo dedurre anche i contributi previdenziali obbligatori pagati nell’anno).

Una volta ottenuto il reddito imponibile fiscale, che, come detto, non considera più in alcun modo i costi realmente sostenuti ma utilizza delle percentuali forfettarie, si dovrà applicare un’aliquota di tassazione.
Tale aliquota sarà:

  • del 5% (solo per i primi 5 anni di attività);
  • del 15% negli altri casi.

Si segnala che, oltre a quanto indicato, nulla sarà più dovuto (né IRPEF, né addizionali comunali e regionali, né IRAP, né tantomeno IVA).

Si sottolinea che la percentuale forfettaria per determinare il reddito imponibile ai fini previdenziali per i professionisti (che vale per odontoiatri, medici e igienisti) è del 78%, cui poi si applicherà l’aliquota del 5% o del 15%, una volta dedotti i contributi previdenziali obbligatori.

È quindi molto evidente come il regime forfettario, anche detto giornalisticamente flat tax, possa essere molto interessante in tanti casi concreti, soprattutto per i collaboratori di studi che non abbiano una propria struttura e che inizino la propria attività o abbiano compensi attivi per non più di € 65.000 (ragguagliati all’anno).

Le cause ostative

Ma la vera novità riguarda le cosiddette “cause ostative” cioè tutti quei casi in cui non è possibile applicare il regime agevolativo alla propria partita IVA individuale.

Per evitare facili aggiramenti era già vietato partecipare, qualora si voglia applicare il regime forfettario, ad associazioni professionali (cosiddetti studi associati) o società di persone (ad esclusione delle società semplici non professionali), indipendentemente dalla partecipazione che, quindi, potrebbe essere anche minima, come ad esempio l’1%.
Il vero dubbio riguardava però la partecipazione a S.r.l. o a S.t.p. a r. l. (società tra professionisti a responsabilità limitata).

Per il solo caso della S.r.l./S.t.p. a r. l. la partecipazione risulta incompatibile qualora si abbia il “controllo diretto o indiretto in una Srl che eserciti attività economica direttamente o indirettamente riconducibile” a quella della singola partita Iva (che vuole applicare la flat tax).

Che cosa nel concreto volesse dire “partecipazione diretta o indiretta” non era cosa chiara. Con la circolare 9/E del 10 aprile 2019 e la risoluzione 108 del 16 aprile 2019 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per controllo diretto si intende:

  • la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della S.r.l..
    Mentre, per controllo indiretto (e qui vengono le vere novità) si intende anche:
    una percentuale del 50% (e forse anche minore?) a condizione che si eserciti un’influenza dominante anche nell’assemblea ordinaria.

Per il conteggio delle percentuali sopra indicate, però, oltre al possesso di quote in S.r.l. che a loro volta controllano altre S.r.l., si devono conteggiare anche i familiari quali il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini (parenti di un coniuge) entro il secondo grado.

Altro requisito è inoltre legato all’effettiva attività esercitata dalla S.r.l. che deve essere in sostanza analoga a quella svolta attraverso la partita IVA in flat tax. L’attività della S.r.l. e della partita IVA deve cioè essere riconducibile sia sotto il profilo del tipo di attività sia, come chiarito dalla recentissima risoluzione, sotto il profilo della fatturazione della partita IVA rispetto alla S.r.l./S.t.p. a r.l..

Pare che, invece, se non vi sono rapporti tra S.r.l. e la partita IVA forfettaria (che pur esercitano attività analoga) non ci siano problemi ad applicare il regime forfettario. Si pensi, ad esempio, al caso del collaboratore che sia socio di controllo di una S.r.l./S.t.p a r.l. che fatturi direttamente ai pazienti e contemporaneamente, con la propria partita IVA in regime forfettario, fattura le proprie prestazioni cliniche ad altri soggetti (colleghi o altre cliniche).

Per concludere il lungo elenco delle cause ostative, il regime forfettario è precluso a coloro che esercita l’attività autonoma prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con cui sono in corso rapporti di lavoro o lo siano stati nei due anni precedenti.

Queste misure sono volte ad evitare l’impropria conversione di lavoratori dipendenti in soggetti a partita Iva, con l’unica finalità di ottenere un risparmio d’imposta.

Giudizio: Moderatamente positivo.

Riuscire a complicare a tal punto un regime che sarebbe nato per essere semplice e di immediata applicazione non è certo impresa da tutti. Bisogna dire che il legislatore ce l’ha fatta senza ombra di dubbio.

Pertanto, salvo chi inizia la propria attività come collaboratore senza aver mai avuto rapporti societari o di lavoro dipendente, gli altri casi dovranno essere valutati con particolare attenzione con l’ausilio del proprio commercialista.

Ad ogni modo, essendo un regime opzionale può essere applicato dai contribuenti che ne hanno convenienza e, dai calcoli effettuati, sono tanti i casi di notevoli risparmi fiscali.

Conclusioni

Le varie misure introdotte o rinnovate, seppur moderatamente positive, non stravolgono le dinamiche operative, almeno nel mondo della odontoiatria.

Continua però il trend fiscale che porta a una convenienza delle organizzazioni societarie rispetto a quella individuale (se non di piccole dimensioni) o di studio associato.

Non resta che attendere una serie di nuove misure che, teoricamente, dovrebbero entrare in vigore dal 1 gennaio 2020 (ad esempio fatturazione elettronica attiva e flat tax a € 100.000 di compensi attivi), vedremo se saranno state solo “campagna elettorale” o no.