Responsabilità sanitaria e rapporti con i collaboratori

responsabilita sanitaria

La legge n. 24/2017 non ha modificato la responsabilità sanitaria del soggetto che assume contrattualmente l’obbligazione di cura nei confronti del paziente, confermando l’applicazione del disposto di cui agli artt. 1218 e 1228 c.c.:

  • Art. 1218 c.c. Responsabilità del debitore
    Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
  • Art. 1228 c.c. Responsabilità per fatto degli ausiliari
    Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro.

Per inciso, ricordiamo al lettore l’applicabilità del disposto di cui all’art. 2232 c.c., relativo all’esercizio delle professioni intellettuali:

  • Art. 2232 c.c. Esecuzione dell’opera
    Il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia avvalersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.

Qualora il paziente elevi contestazioni sulla prestazione dell’opera, ai sensi della legge n. 24/2017 potrà rivolgere le proprie istanze risarcitorie nei confronti della struttura ovvero del titolare dello studio odontoiatrico monoprofessionale, dovendo comprovare la sussistenza di danni psicofisici e l’idoneità lesiva dell’attività dal sanitario svolta, rimanendo sul professionista l’onere di provare che l’inadempimento (o il ritardo di adempimento) sia stato determinato da fatti imprevisti e imprevedibili, non derivanti da causa a lui imputabile.

Qualora il paziente ritenga di rivolgere le proprie istanze risarcitorie nei confronti dell’esecutore materiale delle cure (del collaboratore, dello studio o della struttura), dovrà agire ex art. 2043 c.c., cioè trovandosi nella condizione di dover provare la sussistenza di danni psicofisici e il nesso di causa tra gli stessi e l’attività specifica che ha causato i danni compiuta, ovvero omessa, dall’operatore.

  • Art. 2043 c.c. Risarcimento per fatto illecito
    Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

È evidente, quindi, che per il paziente sarà più agevole chiedere il risarcimento nei confronti della struttura o del titolare di studio, che del collaboratore esecutore materiale.

Peraltro, la struttura che abbia risarcito un paziente potrà rivalersi nei confronti del collaboratore con le regole della rivalsa di cui all’art. 9 della legge n. 24/2017, con i limiti ivi indicati, sia in termini di responsabilità per “colpa grave o dolo”, sia in termini di quantificazione del rimborso ottenibile a seguito del pagamento del danno, per di più senza che sia opponibile all’operatore la decisione ovvero la transazione del contenzioso con il paziente.

  • Art. 9, primo comma, legge 24/17 Azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa
    1. L’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

Rimane un tema aperto, che potrà trovare indicazioni applicative solo a seguito di pronunce civili, quello inerente alla limitazione sulla tipologia della colpa (grave) e sul limite della quantificazione risarcitoria, limiti che potrebbero operare altresì nei rapporti tra titolari di studio monoprofessionali (cioè non strutture sanitarie) e loro collaboratori, sostituti e/o ausiliari.

È anche il caso di sottolineare come nella legge n. 24/2017 si faccia riferimento alla “colpa grave”, ma senza definizione alcuna della stessa, per cui anche tale identificazione di parametri può trovare regolamentazione nella pattuizione scritta.

Responsabilità del titolare di studio monoprofessionale

Quel che però emerge con certezza, e incontrastata applicabilità, è la legittimazione passiva del titolare di studio monoprofessionale, in ragione della azione risarcitoria promossa dal paziente, anche nel caso in cui le cure siano state eseguite da un collaboratore.

Ne consegue che, essendo modificato il regime della responsabilità odontoiatrica, con gravame economico in capo al titolare dello studio, nonché in senso molto più ampio, alla struttura, il comportamento del collaboratore, sostituto o ausiliario, debba conformarsi alle indicazioni e disposizioni del soggetto responsabile nei confronti del paziente (“… sotto la propria direzione e responsabilità …”: art. 2232 c.c. già sopra riportato).

In assenza di un contratto scritto tra titolare e collaboratore, per coinvolgere l’esecutore materiale delle cure dannose negli obblighi risarcitori, consterà al titolare dimostrare di aver reso indicazioni alle quali l’esecutore non si è attenuto nel compimento dell’atto specifico che ha causato il danno al paziente.

Nei casi in cui esista un contratto scritto che regoli il rapporto di collaborazione, con indicazioni sui comportamenti che l’esecutore materiale deve tenere nei confronti del paziente, tale onere probatorio risulta già assolto dal contenuto dell’accordo.

È di tutta evidenza che risulti più agevole per il titolare di studio, che abbia stipulato un contratto scritto di collaborazione professionale, coinvolgere l’altro professionista, il sostituto o l’ausiliario, negli obblighi risarcitori verso i pazienti.

Sarà poi nel corso delle fasi giudiziarie che si comprenderà se venga consentita la chiamata in causa del collaboratore, affinché si venga a compartecipare il risarcimento nei confronti del paziente, ovvero se, una volta pagato il danneggiato, il titolare debba procedere con azione di rivalsa o di regresso.

Infatti, per quanto attiene alle strutture, la legge n. 24/2017 rende indicazioni sulle modalità di coinvolgimento diretto del collaboratore nelle azioni dei pazienti, mentre nulla si regola in ordine al ruolo del collaboratore dello studio monoprofessionale, per cui saranno le future pronunce giurisprudenziali a determinare i parametri ai quali attenersi nello specifico.

Al fine di rendere facilmente comprensibili i concetti esposti, si formula un esempio concreto.

L’art. 5 della legge n. 24/2017 specifica l’obbligo dell’esercente la professione sanitaria di attenersi alle raccomandazioni delle linee guida ovvero della buona pratica clinico-assistenziale, “salve le specificità del caso concreto”.

Titolare e collaboratore: ripartizione della responsabilità

Laddove in un contratto di collaborazione stipulato tra titolare e altro professionista venga enunciato che il collaboratore debba attenersi alle linee guida ovvero alla buona pratica accreditata, e che in tutte le fasi esecutive nelle quali ritenga che sussistano specificità del caso concreto tali da rendere necessarie indicazioni esecutive difformi, il collaboratore stesso deve darne informazione al titolare, specificando i convincimenti sottostanti ed ottenendo autorizzazione scritta a discostarsi dalle linee guida o dalla buona pratica accreditata.

In tali casi diventerà semplice comprendere, ma soprattutto dimostrare, la responsabilità dell’uno o dell’altro nell’esecuzione di una prestazione che abbia causato un danno al paziente.

Infatti, se il danno è stato causato da un’attività compiuta in discostamento dalle linee guida e dalla buona pratica, sussisterà la responsabilità del collaboratore, in assenza di autorizzazione scritta da parte del titolare, ovvero del titolare, in caso di indicazione esecutiva al collaboratore.

Se, invece, il danno è stato causato da una esecuzione senza discostamento dalle indicazioni delle linee guida e della buona pratica, pur essendo nel caso specifico corretto discostarsi, in assenza di segnalazione o informazione al titolare da parte del collaboratore, sarà responsabilità (maggiore o esclusiva) di quest’ultimo il risarcimento; mentre nel caso in cui l’informazione sia stata resa al titolare, ma questi abbia dato disposizione di attenersi alle linee guida e alla buona pratica, la responsabilità risarcitoria ricadrà in capo al titolare, sempre in applicazione della disposizione di cui all’art. 2232 c.c. già richiamato.

In assenza di un contratto scritto, la comprensione della ripartizione di responsabilità tra i due soggetti sarà oggetto di contrapposizioni durante i confronti odontologico-forensi, di richiesta e di esperimenti probatori, anche testimoniali, con allungamento abnorme dei tempi di risoluzione del sinistro, nonché lievitazione di costi accessori (legali e peritali).

In conclusione, si consiglia la stipula di contratti di collaborazione professionale tra strutture e collaboratori, ovviamente, ma anche tra titolari di studi monoprofessionali e i propri sostituti e/o ausiliari, per fluidità e chiarezza di conduzione della gestione dell’attività sanitaria dello studio, nonché nei rapporti personali tra i colleghi contraenti. ●