Enucleazione di un’ampia cisti residua: diagnosi e gestione chirurgica

    Enucleation of large residual cyst upper maxilla: diagnosis and surgical management

    Fig. 1 Visione frontale dei mascellari in prima visita.
    Scopo del lavoro:

    Si presenta alla nostra attenzione, presso l’Unità dipartimentale di Chirurgia Orale dell’Ospedale San Raffaele, diretto dal prof. Raffaele Vinci, un paziente di sesso maschile per la presenza di una cisti residua nel mascellare superiore. Dalla CBCT si rileva la presenza di una lesione a livello del II quadrante: l’aspetto clinico e radiografico della lesione orientano il chirurgo verso una diagnosi di cisti residua in stretta comunicazione con l’impianto già presente in sede 25.

    Materiali e metodi:

    In seguito ad un’attenta valutazione pre-operatoria, si decide di procedere con un’enucleazione in toto della lesione tramite asportazione chirurgica dopo aver rimosso l’impianto in sede 25. L’osteoctomia di accesso vestibolare non è stata necessaria in quanto la lesione aveva eroso la corticale vestibolare e ha permesso di avere un accesso immediato. La lesione cistica viene enucleata nella sua interezza mediante scollatori manuali. All’interno della cavità viene inserito del Tabotamp per fungere da scaffold del coagulo e aiutare la neoformazione ossea. La lesione cistica rimossa è fissata in formalina tamponata e inviata al reparto di Istologia e Anatomia Patologica dell’Ospedale San Raffaele per un’analisi istopatologica, con indicazione da parte del chirurgo di presunta cisti residua.

    Risultati:

    L’esame istopatologico conferma la diagnosi di cisti residua con dimensioni totali di 5 cm. All’esame obiettivo non si rilevano sintomi da parte del paziente.

    Conclusioni:

    Questo studio dimostra come una precisa valutazione pre-chirurgica possa consentire l’enucleazione di lesioni estese, anche nei casi più complessi, senza rischi e particolari complicanze, permettendo una sufficiente conservazione di struttura ossea residua.

    Le lesioni cistiche dei mascellari sono una patologia relativamente comune. Fortunatamente, circa l’86% di esse sono lesioni periapicali e il loro trattamento non è complesso; le grandi cisti sono rare e risultano principalmente classificabili come cisti follicolari e cheratocisti. Tuttavia tutte le tipologie di cisti possono crescere di dimensioni, causando notevoli difetti ossei.

    Le cisti residue invece si sviluppano da resti epiteliali che sono stimolati a proliferare dalla risposta infiammatoria originata dalla polpa necrotica di denti non vitali precedentemente estratti. In realtà, si tratta di cisti radicolari che rimangono nella mascella dopo il dente interessato e continuano a crescere in modo autonomo. Le cisti possono subire una regressione, rimanere di dimensioni statiche o crescere, ma purtroppo si sa poco sulla loro evoluzione.

    Rispetto ad altre grandi cisti come cisti radicolari, cisti follicolari e cheratocisti, le cisti residue sono rare e ammontano solo al 10-18% delle cisti dentali. La diagnosi di una cisti residua viene spesso stabilita inavvertitamente, durante la radiografia di routine o quando la cisti è infetta. La cisti residua può essere definita come una lesione infiammatoria periapicale che permane e continua a espandersi anche dopo l’estrazione di un dente necrotico: considerato responsabile della patologia cistica.

    Un’incompleta revisione del sito chirurgico può far si che permangano, all’interno della cavità residui epiteliali, i quali a distanza di tempo, possono portare allo sviluppo della lesione cistica residua. La diagnosi è semplice quando il clinico abbia la possibilità di osservare una radiografia precedente all’estrazione che confermi l’esistenza di una cisti associata alla radice del dente necrotico corrispondente. La diagnosi differenziale va posta nei confronti del tumore cheratocistico odontogeno, della cisti traumatica, dei tumori odontogeni, non odontogeni e metastasi.

    Dopo l’intervento chirurgico che prevede enucleazione associata ad un’attenta revisione della cavità, solitamente la lesione non tende a recidivare ed è sufficiente un ulteriore controllo radiografico a distanza di 12 mesi.

    CASE REPORT

    Si presenta alla nostra attenzione, presso l’unità dipartimentale di Chirurgia Orale dell’Ospedale San Raffaele, diretta dal prof. Raffaele Vinci, un paziente di sesso maschile per una consulenza riguardo la possibilità di trattare il mascellare superiore attraverso una riabilitazione implanto-protesica (fig. 1).

    Il paziente giunge con una CBCT prescrittagli dallo studio odontoiatrico di provenienza, nella quale si apprezza un’area radiotrasparente in continuità con un impianto già presente, non caricato, a livello del II quadrante.

    Il paziente non riferisce alcun tipo di dolore alla masticazione, non presenta né tumefazione né gonfiore. L’aspetto clinico (fig. 2) e radiografico (fig. 3a, 3b, 3c, 4) della lesione e la sua aggressività orientano il chirurgo verso una diagnosi di cisti residua, si opta dunque per la rimozione dell’impianto insieme all’escissione in toto della lesione.

    Fig. 2 Visione frontale mascellare superiore pre-chirurgia.
    Fig. 3a_b_c Sezione TAC.
    Fig. 4 Simil-panoramica

    MATERIALI E METODI

    In seguito ad un’attenta valutazione pre-operatoria, si decide di estrarre l’impianto presente in posizione 2.5 e di asportare in toto la lesione tramite un intervento di enucleazione. In anestesia locale, previa terapia antibiotica, viene eseguita un’incisione crestale superando l’impianto, fino alla zona molare, e un’incisione di scarico mesiale a 120° (fig. 5). Dopo aver allestito un lembo muco-periosteo (fig. 6), si procede con la rimozione dell’impianto in sede premolare, il quale risulta essere in stretto contatto con la lesione cistica (fig. 7).

    Fig. 5 Disegno del lembo con incisione crestale e incisione di scarico mesiale a 120°.
    Fig. 6 Scollamento lembo e accesso diretto alla lesione cistica con strumenti manuali.
    Fig. 7 Visione fontale della lesione cistica non ancora asportata.

    Dal momento in cui la lesione aveva eroso buona parte della corticale ossea vestibolare, il chirurgo ha proceduto con una piccola osteotomia circonferenziale attraverso manipolo dritto ad alta irrigazione, per favorire la visione della lesione cistica e facilitarne l’aggressione chirurgica.

    Il clivaggio della lesione viene effettuato con cura mediante l’utilizzo di scollatori manuali al fine di non ledere l’epitelio cistico. La lesione cistica viene enucleata nella sua interezza (fig. 8, 9) e la cavità viene riempita con spugne di collagene per garantire una corretta emostasi al suo interno (fig. 10).  Viene eseguita una sutura in seta 3/0 che sarà rimossa a 10 giorni dall’intervento (fig. 11). Al paziente è prescritta una terapia antibiotica con 1 g di Amoxicillina + acido clavulanico, 2 volte al giorno, per 6 giorni, e una terapia antiflogistica al bisogno, oltre a sciacqui con clorexidina 0.2%.

    Fig. 8 Lesione cistica dopo l’enucleazione chirurgica.
    Fig. 9 Cavità ossea mascellare dopo l’asportazione della lesione cistica.

    La neoformazione rimossa è fissata in formalina tamponata e inviata al reparto di Istologia e Anatomia Patologica dell’Ospedale San Raffaele per un’analisi istopatologica, con indicazione da parte del chirurgo di cisti residua.

    Fig. 10 Cavità riempita con Tabotamp.
    Fig. 11 Sutura.

    RISULTATI

    L’esame istologico conferma la diagnosi di cisti residua, con dimensioni totali di 5 cm (fig. 12). La guarigione alla rimozione punti e a 3 settimane dall’intervento appare buona e le mucose di colore rosa. Si attende una indagine radiologica di I livello a distanza di 12 mesi per valutare la guarigione ossea. Tuttavia ci si attende una quantità di riossificazione concorde con la letteratura attuale.

    Fig. 12 Dimensioni della lesione asportata.

    DISCUSSIONE

    Il trattamento delle lesioni cistiche dei mascellari è sempre chirurgico, esclusi i casi di cisti radicolari che, in alcuni casi, possono regredire dopo trattamento endodontico.

    La terapia di prima scelta è l’enucleazione in toto della lesione attraverso un singolo intervento chirurgico, definito cistectomia. Tuttavia il trattamento chirurgico delle lesioni cistiche può essere eseguito mediante due tecniche diverse: enucleazione o marsupializzazione.

    La marsupializzazione è una tecnica introdotta da Partsch nel 1982: che libera la pressione dalla cisti, consentendo la formazione ossea e la riduzione della cavità cistica grazie alla riepitelizzazione nel tempo all’interno della lesione a scapito dell’epitelio cistico in modo che in seguito, nel corso del trattamento, l’enucleazione possa essere realizzata più facilmente e con meno rischi per le strutture vitali.

    Questa tecnica richiede una stretta collaborazione del paziente: frequenti visite, mantenimento dell’igiene della cavità cistica e successiva enucleazione non prima di tre mesi dopo l’intervento iniziale.

    Il metodo prescelto per il trattamento delle lesioni cistiche nei mascellari con dimensioni minori di XMM rimane sempre l’enucleazione della lesione e il trattamento biologico con l’organizzazione del coagulo e la formazione di nuovo osso. In questo caso il trattamento viene terminato in una seduta unica, il che spiega una riduzione più rapida della cavità cistica dovuta alla guarigione dell’osso in senso centripeto.

    CONCLUSIONI

    Questo studio dimostra come una precisa valutazione pre-chirurgica possa consentire l’enucleazione di lesioni estese, anche nei casi più complessi, senza rischi e particolari complicanze, permettendo una sufficiente conservazione di struttura ossea residua per favorire un corretto processo di guarigione e riossificazione in senso centripeto.

    Bibliografia:

     

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    Materials and methods:

    Following a careful pre-operative evaluation, it is decided to proceed with a complete enucleation of the lesion by surgical removal after removing the implant in site 25. Vestibular access osteoctomy was not necessary as the lesion eroded the vestibular cortex and allowed immediate access. The cystic lesion is enucleated in its entirety by manual instruments. Inside the cavity, a Tabotamp is inserted to act as a coagulum scaffold and help bone formation. The cystic lesion removed is fixed in buffered formalin and sent to the Histology and Pathological Anatomy ward of the San Raffaele Hospital for a histopathological analysis, with indication by the surgeon of a presumed residual cyst.

    Aim of the work:

    At the Department of Oral Surgery of the San Raffaele Hospital, directed by Prof. Raffaele Vinci, a male patient is presented to our attention due to the presence of a residual cyst in the upper jaw. From the CBCT there is the presence of a lesion at the level of the second quadrant: the clinical and radiographic aspect of the lesion directs the surgeon towards a diagnosis of residual cyst in close communication with the implant already present in site 25.

    Results:

    The histopathological examination confirms the diagnosis of residual cyst with a total size of 5 cm. During the physical examination there are no symptoms of the patient

    Conclusion:

    This study demonstrates how an accurate pre-surgical evaluation can allow the enucleation of extended lesions, even in the most complex cases, without risks and particular complications, allowing a sufficient preservation of residual bone structure.