Diagnosi e trattamento dei disturbi respiratori del sonno in età pediatrica

Fig. 3d Fine espansione visione del palato.

INTRODUZIONE

L’apnea ostruttiva del sonno, comunemente nota come OSA o OSAS, è classificata fra i disturbi respiratori correlati al sonno (DRS).

È una condizione medica caratterizzata da interruzioni nella respirazione durante il sonno dovute all’ostruzione delle vie aeree superiori. Nel bambino, come nell’adulto, gli episodi che caratterizzano le OSA sono le apnee (tabella 1) e le ipopnee (tabella 2).

La tabella 3 riassume i criteri diagnostici delle OSA pediatriche. Per la classificazione si utilizza l’indice di apnea e ipopnea (AHI) (tabella 4).

Tab. 1 Definizione della apnea pediatrica.
Tab. 2 Definizione della ipopnea pediatrica.
Tab. 3 Criteri diagnostici delle OSAS pediatriche.

Come si legge nella tabella relativa alla definizione di apnea ed ipopnea la durata minima degli episodi deve essere di almeno due atti respiratori. Se si va a confrontare questo dato con quello relativo a pazienti adulti si nota che in questo ultimo caso la durata minima degli eventi deve essere di 10 secondi.

Questa differenza è dovuta al fatto che, contrariamente all’adulto, nel quale la frequenza degli atti respiratori è abbastanza regolare e consiste in circa 12 atti per minuto, nel bambino la frequenza degli atti respiratori è generalmente meno regolare e più alta (figura 2).

Fig. 1
Fattori eziologici principali delle OSAS.

Per tale motivo secondo la AASM i criteri diagnostici relativi ai DRS del sonno sono validi per i pazienti fino a 18 anni di età. Però per i pazienti dai 13 ai 18 anni nei quali la funzione respiratoria è ormai diventata come quella dell’adulto si possono utilizzare i criteri diagnostici validi per quest’ultimo.

I principali fattori di rischio per lo sviluppo dell’OSA in età pediatrica sono: ipertrofia adenotonsillare, obesità, anomalie cranio-facciali, malattie neuromuscolari, bruxismo.

L’eziologia è multifattoriale (figura 1).
Si riconoscono tre fenotipi predisponenti (tabella 5):

  • tipo comune
  • tipo adulto
  • tipo congenito.

Nel bambino, come nell’adulto, esiste una comorbilità fra OSA e bruxismo nel sonno. Quest’ultimo è classificato dalla ICSD3 tra i disturbi del movimento legati al sonno.

Esiste anche una comorbilità con l’obesità, la quale, a causa gli stili di vita attuali, è in aumento in età pediatrica, e con i disturbi neuro-cognitivi e comportamentali.

La comorbilità con l’obesità è caratterizzata da una interazione reciproca poiché si crea un circolo vizioso di tipo endocrino metabolico.

La comorbilità con i disturbi neuro-congitivi è talmente pregnante che la OSA pediatrica viene considerata una sindrome neuro-comportamentale.

I DRS pediatrici secondo la letteratura scientifica

Epidemiologia

L’OSA pediatrica si verifica in tutte le età, dalla fase neonatale a quella adolescenziale. La prevalenza dell’OSA in età evolutiva varia tra 0,69% e il 5,7% in base alle casistiche e ai criteri polisonnografici utilizzati. Il russamento abituale è più comune e si verifica con una prevalenza variabile dal 3,2% al 27% (1).

Fig. 2a Tracciato cardio-respiratorio notturno di un bambino
Fig. 2b Tracciato cardio-respiratorio notturno di un adulto. Si noti nella tracce superiori relative al flusso aereo ed ai movimenti toracici la differenza nella frequenza respiratoria.
Tab. 4 Classificazione delle OSAS pediatriche.

Fisiopatologia

L’origine dell’OSA va ricercata in un’alterazione dei normali meccanismi di omeostasi della respirazione. Le caratteristiche essenziali nei bambini riguardano l’aumento della resistenza e della collassabilità delle vie aeree superiori durante il sonno (2,3,4).

L’aumentata resistenza è dovuta a un aumento del volume dei tessuti molli (ipertrofia adeno-tonsillare) e/o a una riduzione delle strutture ossee: mandibola piccola e/o arretrata, e mascellare stretto.

L’aumentata collassabilità è dovuta ad una predisposizione individuale associata una alterazione della risposta compensatoria neuro muscolare.

Anche in età pediatrica i DRS sono associati ad arousal e la caratteristica genetica nella espressione di questi ultimi, definita “arousability”, ne caratterizza la fisiopatologia.

Tab. 5 Descrizione dei fenotipi predisponenti per i DRS pediatrici.
Fig. 3a Iniziale.
Fig. 3c Fase di espansione.
Fig. 3b Espansore in sede.
Fig. 3d Fine espansione visione del palato.
Fig. 3e Fine espansione visone del contatto occlusale. Fig. 3 Azione della espansione rapida del palato sul volume del mascellare superiore.

La diagnosi dei disturbi respiratori del sonno (DRS) nei bambini si basa su:

  • storia clinica
  • valutazione clinica
  • valutazione strumentale.

Storia clinica

La storia clinica viene valutata tramite il riferimento del genitore di segni e sintomi che il bambino manifesta durante la notte e/o durante la giornata.

Il sintomo più comune è rappresentato dal russamento abituale, presente per almeno 3 notti a settimana. Ulteriori sintomi suggestivi di OSA, secondo le linee guida dell’American Academy of Pediatrics (AAP), comprendono: l’osservazione di respirazione rumorosa e difficoltosa durante il sonno, l’osservazione diretta di apnea e di posizioni anomale durante il sonno, cianosi, mal di testa al risveglio, deficit di attenzione, iperattività, enuresi e disturbi dell’apprendimento.

Gli episodi di ostruzione parziale o completa delle alte vie aeree durante il sonno sono spesso associati ad arousals (micro-risvegli), frammentazione del sonno, ipossemia intermittente e ipercapnia.

Fig. 4 a-b Early Childhood Caries.

Valutazione clinica

All’esame obiettivo si distinguono tre fenotipi:

  • tipo comune
  • tipo adulto
  • tipo congenito.

Studi fatti sulla valutazione cefalometrica di bambini con OSA (5,6) hanno dimostrato che essi hanno una maggiore prevalenza di mascellare superiore stretto e/o mandibola piccola e retrognatica, fattori predisponenti che il dentista deve valutare nel corso della visita clinica.

Valutazione strumentale

Il gold standard per la valutazione diagnostica dei DRS nei bambini è la polisonnografia notturna di laboratorio. Trattasi di un esame strumentale che consente la misura dei parametri EEG, EMG, EOG, flusso d’aria, saturazione di ossigeno, PA, pulsazioni, movimenti toraco-addominali, registrazione audio-video.

Si definisce indice di apnea – ipopnea (AHI) il numero di apnee e ipopnee per ora di sonno totale. L’indice AHI è il più utilizzato in clinica e letteratura. È considerato fisiologico un valore AHI fino a 1, OSA lieve per valore AHI da 1 a 5, OSA moderata con AHI da 5 a 10, mentre con AHI maggiore di 10 si è in presenza di OSA severa (tab. 4).

Il monitoraggio cardio-respiratorio notturno è una polisonnografia senza EEG, EMG e EOG, quindi più semplice e meno costoso. Secondo molti studi ha una buona affidabilità, ma vi è la possibilità che vi sia una sottostima dell’indice AHI dovuta alla mancata registrazione delle ipopnee associate ad arouosal, ma non a desaturazione.

Per quanto riguarda la pulsossimetria notturna, vengono considerati patologici 3 o più eventi di desaturazione con cluster di desaturazione pari o superiore al 4% e almeno 3 desaturazioni sotto il 90%. Questo esame però ha un’alta specificità, ma una bassa sensibilità nella diagnosi dell’OSA pediatrica.

TERAPIA ORTODONTICA

Le indicazioni più recenti indicano di trattare i bambini che hanno un AHI ≥ 5 e i bambini con AHI tra 1 e 5 solo in caso di comorbilità. Le linee guida sui suggerimenti terapeutici della European Respiratory Society indicano come trattamenti efficaci: controllo del peso, terapie farmacologica, valutazione chirurgica otorinolaringoiatrica, Continuous Positive Airways Pressure (CPAP) e terapia ortodontica.

Ci soffermiamo sulla terapia ortodontica nei soggetti in crescita con OSA e russamento.

Infatti a volte i bambini affetti da OSA presentano delle caratteristiche dento-scheletriche peculiari quali: retrusione mandibolare associata o meno a morso profondo, palato ogivale associato o meno a morso crociato mono/bi-laterale, che potrebbero influire sui disturbi respiratori.

Tale approccio terapeutico mira al ripristino di un rapporto armonico mascellare-mandibolare e di conseguenza tra le arcate dentarie e consente di ottenere dei benefici respiratori non indifferenti.

Una review di Cochrane conclude che la terapia ortodontica è efficace come trattamento ausiliario nei bambini con OSA senza anomalie sindromiche craniofacciali (7). Una recente revisione sistematica della letteratura con meta-analisi (8) riporta come la crescita cranio-facciale sia influenzata da fattori genetici e funzionali e possa avere un impatto importante sulla salute generale.

La respirazione prevalentemente orale, spesso causata da un aumento delle resistenze delle vie aeree nasali e dalla presenza di tonsille e adenoidi ipertrofiche, altera la funzione muscolare al livello delle vie aeree superiori con un impatto negativo sulla crescita cranio-facciale e con conseguenti possibili malocclusioni dentali e sullo sviluppo generale del bambino.

Sono pochi i trattamenti di comprovata efficacia attualmente disponibili. La maggior parte dei bambini vengono trattati con tonsillectomia e adenoidectomia le quali tuttavia non sono totalmente risolutive (9). La CPAP nonostante l’efficacia ha una bassa compliance e non è ideale per i bambini.

Molti studi preliminari suggeriscono che il trattamento ortodontico, quale l’espansione rapida del palato o l’avanzamento mandibolare tramite apparecchi funzionali, può essere efficace nella gestione dei disturbi respiratori del sonno nei pazienti pediatrici.

Pertanto, questi studi suggeriscono che la correzione della crescita delle strutture cranio-facciali possa ridurre il russamento e l’OSA nei bambini e negli adolescenti.

In particolare l’ERP è un’apparecchiatura usata di routine da più di 50 anni il cui effetto è la disgiunzione della sutura palatina mediana con conseguente aumento del diametro trasversale della mascella (figura 3). L’avanzamento mandibolare ortodontico invece consiste nella correzione della retrognazia scheletrica e dentale in una posizione più avanzata e in basso; aumentando la pervietà delle vie aeree orofaringee durante la veglia e il sonno.

Entrambi i trattamenti ortodontici hanno una probabilità di diventare trattamenti alternativi per i pazienti che hanno evidenziato fattori di rischio cranio-facciali, ma non sono candidati alla terapia chirurgica o non tollerano le terapie tradizionali dell’OSA o hanno fallito altri trattamenti di prima linea, quali l’adenotonsillectomia o l’applicazione notturna di CPAP.

Si conclude che la correzione della crescita delle strutture cranio-facciali nelle condizioni in età evolutiva consente di ridurre il rischio e la progressione dei DRS.

Comorbilità OSA in età pediatrica

Bruxismo

Il bruxismo del sonno viene definito un’attività dei muscoli masticatori durante il sonno caratterizzata come ritmica (fasica, di breve durata) oppure non ritmica (tonica, sostenuta); non è classificabile come un disordine del movimento o un disordine del sonno in individui altrimenti sani. Le evidenze attuali attribuiscono al bruxismo una valenza multiforme identificando 3 possibili fenotipi: 1) comportamento muscolare innocuo; 2) fattore di rischio, associato a conseguenze cliniche negative; 3) fattore protettivo, associato a conseguenza cliniche positive (10).

La letteratura riporta evidenze sempre più crescenti del rapporto fisiopatologico tra OSA e bruxismo notturno. Dall’analisi dei dati polisonnografici emerge infatti la correlazione temporale tra le 2 condizioni:

  1. la maggior parte degli episodi di bruxismo avviene al termine dell’evento ostruttivo-ipossico;
  2. i muscoli sopraioidei si attivano 1 secondo prima che scaturisca l’attività muscolare;
  3. la SaO2 si normalizza in pochi secondi a seguito dell’evento di bruxismo. In termini pratici si osserva un aumento della pervietà delle vie aeree superiori e un conseguente ripristino della ventilazione e del pattern respiratorio (11).

In età pediatrica il bruxismo si presenta con una prevalenza variabile tra il 14% e il 38%, e l’incremento risulta pari a 3,6 volte in caso di concomitanti disturbi psichiatrici. Nei bambini con ostruzione nasale il bruxismo viene riportato nel 65,2% dei casi e la distribuzione aumenta sensibilmente qualora si consideri il russamento.

Inoltre, a seguito di interventi di tonsillectomia o adenotonsillectomia, la presenza di bruxismo notturno sembrerebbe ridursi di 3,8 e 3,6 volte, rispettivamente (12).

Disturbi psichiatrici

L’American Academy of Pediatrics include i disturbi neuro-comportamentali tra i sintomi e le complicazioni dei DRS nell’infanzia (13). I bambini affetti da OSA e russamento primario tendono a manifestare un ampio range di problemi del funzionamento comportamentale (impulsività, ansia, aggressività, iperattività), alterazioni legate alla sfera emozionale, deficit cognitivi e della memoria.

L’ipotesi patogenetica più accreditata per spiegare questa possibile correlazione emerge dalla comparazione di studi animali e su uomo. Trattasi nello specifico di un complesso sistema che abbraccia svariati meccanismi fisiopatologici (14,15).

L’evento biologico precipitante risulta essere indubbiamente l’ipossia intermittente cronica che definisce l’OSA, responsabile di una riduzione della SaO2, di ipercapnia e di un aumento significativo della pressione negativa intratoracica. Non è tuttavia trascurabile il contributo della frammentazione del sonno.

I microrisvegli ripetuti a eccessiva instabilità, o arausals, rappresentano un tipico pattern encefalografico dell’OSA ma sono propri anche di disturbi del sonno che non comportano ipossia e per i quali è stata ugualmente confermata l’associazione con deficit del comportamento (16).

In virtù di ciò essi possono rappresentare un meccanismo eziopatogenetico indipendente. A causa primariamente di queste alterazioni, l’OSA rappresenta un milieu di flogosi sistemica e locale a carico delle vie aeree superiori, di stress ossidativo/nitrosativo e di squilibrio a carico dell’ossido nitrico (NO).

Ne consegue un danno cellulare a livello multiorgano a cui si accompagna una disfunzione dell’endotelio che possono arrivare a coinvolgere anche la barriera ematoencefalica e la corteccia prefrontale (15,17). L’età, la pressione arteriosa a livello dell’arteria cerebrale media – un cui incremento si potrebbe verificare a causa dello stimolo ipossico -, la SaO2 e la % di sonno REM sono attualmente i fattori presi in considerazione per analizzare la grande variabilità clinica del fenotipo neuro-comportamentale nei pazienti pediatrici affetti da OSA (18).

Diverse evidenze cliniche supportano una riduzione delle performance comportamentali, cognitive ed esecutive nei bambini che soffrono di DRS. Uno studio del 2015, analizzando un campione di circa 300 bambini, ha dimostrato come il 18% di coloro che presentavano un basso rendimento scolastico risultava positivo per lo screening di OSA e mostrava un netto miglioramento dopo opportuna terapia (19).

Il russamento primario è apparso in grado di aumentare il rischio di sviluppare iperattività di 4-9 volte, a seconda dell’età (20). Questa tesi è ulteriormente confermata da altri autori. I russatori semplici mostrano infatti i più bassi livelli di attenzione, al contrario invece dei bambini affetti da OSA moderata-severa (AHI>5) i quali si rivelano più carenti sotto il profilo cognitivo (21).

Inoltre, attraverso analisi effettuate tramite risonanza magnetica funzionale, emerge la necessità di individui in età pediatrica che soffrono di OSA di reclutare maggiori unità neuronali per raggiungere i medesimi risultati cognitivi di bambini sani (22).

Allo stato attuale delle conoscenze, la relazione tra DRS e sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) appare bidirezionale.

La frammentazione del sonno causa infatti sonnolenza diurna, a sua volta responsabile di iperattività e di riduzione della soglia di attenzione; la conseguenza a lungo termine di un simile quadro disfunzionale prevede l’alterazione delle capacità cognitive (22), purtroppo non sempre reversibile (23,24).

È consigliabile, di conseguenza, uno screening per escludere OSA e russamento primario in tutti i bambini che ricevono una diagnosi di ADHD. D’altro canto, i fattori genetici e ambientali sembrano rivestire un ruolo altrettanto importante nel predisporre a una compromissione della sfera comportamentale e cognitiva nei bambini che soffrono di DRS (25).

Non trascurabile risulta essere infine la relazione tra epilessia e DRS. L’epilessia può infatti interfacciarsi con l’OSA secondo un rapporto causa-effetto reciproco: può predisporre allo sviluppo di OSA e disturbi del neurosviluppo (26) oppure può essere essa stessa una diretta conseguenza del danno neurologico imputabile all’OSA (27,28).

Obesità

L’aumentata comorbilità e mortalità dell’OSA interessa un ampio spettro di disturbi metabolici, specie quelli coinvolti nel processamento di lipidi e glucidi. L’ipossiemia, più che la frammentazione del sonno, sembrerebbe essere il fattore patogenetico predominante nello sviluppo di tali disregolazioni (29).

Le alterazioni endocrine descritte predispongono sensibilmente il soggetto, anche in età pediatrica, all’obesità. Nello specifico, l’accumulo di tessuto adiposo compartecipa e si addiziona ai processi ostruttivi delle vie aeree su più livelli:

  1. infiltra i tessuti molli del collo e le strutture linfatiche provocando una riduzione del lume;
  2. si deposita nel sottocute delle regioni anteriore del collo e sottomentoniera promuovendo la collassabilità delle vie aeree;
  3. a livello viscerale, provoca una riduzione meccanica dei volumi polmonare e intratoracico, e della capacità escursiva del diaframma, mentre aumenta il carico respiratorio.

Il tessuto adiposo è responsabile al tempo stesso dell’induzione di uno stato flogistico subclinico; la produzione di citochine proinfiammatorie da parte degli adipociti tende ad aumentare in presenza di ipossia, suggerendo ulteriormente la correlazione deleteria tra obesità e ipossia intermittente cronica.

Ne consegue che la letteratura riporti come il rischio di sviluppare DRS sia 4-5 volte maggiore nei bambini obesi rispetto a soggetti normopeso, associato a un tasso di incremento del 12% per ogni kg/m2 in più rispetto ai valori di BMI fisiologici (23).

CONCLUSIONI

I disturbi respiratori del sonno pediatrici rappresentano un continuum che va dal russamento semplice alle apnee ostruttive del sonno. Queste ultime rappresentano una malattia che, oltre a compromettere la qualità del sonno e della vita dei pazienti che ne sono affetti, può creare anche danni importanti sulla salute generale e sullo sviluppo dell’individuo.

Esiste una comorbilità importante soprattutto con l’obesità, con la quale esiste una interazione reciproca, e con i disturbi cognitivi e comportamentali, a tal punto che le OSA pediatriche sono considerata una sindrome neuro-comportamentale.

Va posta l’attenzione anche alla alimentazione del bambino che può influire in modo negativo sulla evoluzione di questi disturbi, nonché sulla salute orale del bambino stesso.
Il ruolo dell’odontoiatra è fondamentale dal punto di vista diagnostico e terapeutico.

È importante l’efficacia della terapia ortodontica, associata anche alle altre terapie.
Per tale motivo è richiesta una collaborazione fra il dentista e le altre figure professionali coinvolte nella cura dei DRS quali il medico del sonno, il pediatra, l’otorinolaringoiatra, il nutrizionista ed il neuropsichiatra infantile.

Troppo zucchero nella dieta
dei nostri bambini: quali sono gli effetti
a breve e a lungo termine?

I bambini hanno una forte preferenza per il gusto dolce. Introdurre precocemente zuccheri liberi nella loro dieta costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di importanti malattie già in età evolutiva.

Gli zuccheri liberi comprendono i monosaccaridi (glucosio, fruttosio, galattosio) e i disaccaridi (saccarosio, lattosio, maltosio, trealosio) aggiunti negli alimenti dai produttori o dai consumatori, oltre che gli zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi e succhi di frutta.

Al di là del ruolo scientificamente comprovato nella patogenesi della malattia cariosa, pare che gli zuccheri aggiunti possano favorire l’insorgenza di quelle malattie attualmente identificate come malattie croniche non trasmissibili (NCDs) quali obesità, diabete mellito di tipo 2 (dmt2), malattie cardio-metaboliche ed epatopatie nei soggetti in via di sviluppo.

Zuccheri e malattia cariosa

Zuccheri e carboidrati fermentabili in genere, dopo essere stati idrolizzati dall’amilasi salivare, forniscono un substrato per l’azione dei batteri acidogeni presenti nel cavo orale (streptococchi mutans e lactobacilli in particolare), i quali riducono il pH della saliva e della placca, determinando la dissoluzione (demineralizzazione) della componente minerale dei tessuti dentali e favorendo l’instaurarsi della lesione cariosa.

Negli ultimi decenni, l’American Academy of Pediatric Dentistry ha introdotto la definizione di early childhood caries (ECC), manifestazione precoce della malattia cariosa che si sviluppa nei bambini di età inferiore ai 6 anni, a volte anche prima del compimento dei 2 anni di vita. Si tratta di una patologia ampiamente diffusa su scala mondiale, con un’alta incidenza in Europa e in Italia.

È stato dimostrato che i bambini che sviluppano ECC seguono una dieta caratterizzata da un’elevata assunzione di zuccheri liberi, specialmente sotto forma di bevande (succhi di frutta, tè dolci, soft drinks).

Anche il ruolo causale delle caramelle e del ciuccio imbevuto nel miele o nello zucchero non è affatto trascurabile. Considerando la tenera età dei pazienti affetti e le gravi conseguenze di questa patologia, è opportuno adottare un atteggiamento di tipo preventivo più precocemente possibile.

Zuccheri e malattie croniche sistemiche

L’assunzione eccessiva di zuccheri aggiunti può:

  • favorire l’instaurarsi una vera e propria malattia del metabolismo lipidico caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso nelle cellule epatiche: la steatosi epatica non-alcolica (NAFLD). La NAFLD ha raggiunto negli ultimi vent’anni proporzioni epidemiche anche tra i più piccoli, diventando la malattia epatica cronica pediatrica più diffusa. In Italia si stima che circa il 15% dei bambini ne sia affetto, raggiungendo l’80% tra i bambini obesi. La conferma scientifica proviene da uno studio condotto dai ricercatori dell’area di malattie epato-metaboliche dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù su 271 bambini e ragazzi sovrappeso o obesi affetti da NAFLD e pubblicato sul Journal of Hepatology;
  • favorire l’insorgenza di resistenza insulinica, generata da complessi meccanismi biochimici. L’iperglicemia persistente che ne deriva stimola il pancreas a secernere quantità maggiori di insulina, determinando così iperinsulinemia (diabete mellito di tipo 2 o DMT2). Negli adolescenti e nei giovani adulti, il DMT2 sembra essere più aggressivo che nei soggetti adulti, dimostrando una minore risposta al trattamento convenzionale ed un più alto tasso di mortalità. Un recente studio ha dimostrato che un bambino obeso ha un rischio 4 volte maggiore di sviluppare DMT2 entro i 25 anni rispetto ad un bambino normopeso. Un’altra metanalisi ha evidenziato che i bambini che fanno largo consumo di bevande zuccherate (1-2 dosi al giorno) hanno un rischio maggiore del 26% di sviluppare DMT2 rispetto a quelli che ne assumono meno (nessuna/< 1 dose al mese);
  • favorire l’insorgenza di obesità, un fattore di rischio significativo nella patogenesi della sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS), poiché altera l’anatomia e la collassabilità delle vie aeree e altera il controllo respiratorio.

Quanto zucchero nella dieta dei bambini?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è bene evitare di aggiungere zuccheri agli alimenti nei bambini al di sotto dei 2 anni e limitare il consumo di zuccheri aggiunti entro il 10% del fabbisogno calorico giornaliero nei bambini di età compresa tra i 2 e i 9 anni.

L’Associazione Americana di Cardiologia (AHA) consiglia di ridurre ulteriormente le dosi limitando lo zucchero ad un massimo di 25 grammi al giorno (circa 6 cucchiaini) in bambini e ragazzi di età compresa tra i 2 e i 18 anni, eliminandolo completamente in bambini al di sotto dei 2 anni.

Queste raccomandazioni riguardano solo monosaccaridi (glucosio e fruttosio) e disaccaridi (saccarosio) aggiunti ad alimenti e bevande nonché gli zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi, succhi di frutta e concentrati di succhi di frutta. Non sono inclusi gli zuccheri presenti nella frutta fresca e nei vegetali o, ancora, quelli naturalmente presenti nel latte, poiché non vi sono evidenze di effetti avversi legati alla loro assunzione.

Luigi Paglia, Silvia Friuli
Dipartimento di Odontoiatria Materno-Infantile
Istituto Stomatologico Italiano (Milano)

 

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