Bruxismo del sonno e della veglia

Tab. 1 Modello di studio del bruxismo.

INTRODUZIONE

Il bruxismo è una condizione orale caratterizzata da attività dei muscoli masticatori (MMA) che può avvenire durante il sonno (SB) o durante la veglia (SB).

Il bruxismo del sonno è definito come un’attività dei muscoli masticatori durante il sonno caratterizzata da eventi ritmici (fasici) o non ritmici (tonici) e non è un disturbo del movimento o un disturbo del sonno in individui altrimenti sani.

Il bruxismo della veglia può anche essere valutato come un comportamento e definito come una attività dei muscoli masticatori che avviene durante la veglia caratterizzata da contatto dentale ripetitivo o sostenuto e/o da bracing o thrusting della mandibola e, anche in questo caso, non è un disturbo del movimento in individui altrimenti sani.

La prevalenza di bruxismo del sonno negli adulti varia dall’8% al 15% mentre per quello della veglia dal 22% al 30% .

La variabilità dei dati è dovuta alle differenze negli aspetti diagnostici considerati che spesso si basano sul self-report e molte volte sono basati su un solo su singoli elementi di osservazione.

Questa trattazione esporrà i concetti relativi ai dati più recenti della ricerca sul bruxismo del sonno con un riferimento anche al bruxismo della veglia, strettamente correlato con esso, e alle peculiarità del bruxismo dei bambini e degli adolescenti (tab. 1).

DEFINIZIONE

Il bruxismo non è una singola entità nosologica. È un comportamento che dipende da uno o più fattori o condizioni sottostanti. Il bruxismo del sonno deve essere considerato un continuum di diverse attività dei muscoli masticatori (MMA) e non solo come la presenza di picchi di attività muscolare (RMMA) valutati tramite la polisonnografia (PSG), che sono associati agli arousal del sonno. È ipotizzabile che l’attività muscolare di base sia più importante per le conseguenze cliniche rispetto ai picchi di attività.

Tab. 2 Sistema di valutazione multidimensionale del bruxismo.

VALUTAZIONE

Recentemente un gruppo di ricercatori (1) ha proposto un sistema di valutazione multidimensionale del bruxismo (tabella 2) al quale faremo riferimento.
Gli approcci non strumentali per la valutazione del bruxismo includono il self-report (questionari, storia orale) e l’esame clinico, sia per il bruxismo del sonno che per il bruxismo della veglia.

Il self-report si avvale della somministrazione di questionari strutturati, interviste e, più in generale, valutazioni auto-riferite (2). Può essere utile per raccogliere informazioni sulle attività di bruxismo percepite e sui possibili fattori associati. Tuttavia non è facile quantificare la durata e l’intensità di una specifica attività muscolare masticatoria tramite questi strumenti.

Inoltre il rapporto fra il bruxismo e gli aspetti psicologici della personalità del paziente potrebbe alterare il self-report stesso, riflettendo l’ansia e lo stress presenti piuttosto che l’attività muscolare masticatoria. La valutazione che ne consegue rischia quindi di avere un valore limitato a causa della sua soggettività, ma è comunque una base per approfondire il processo diagnostico.

L’esame clinico (tabella 3) è diviso in una valutazione extraorale e in una valutazione intraorale (3).

La visita extraorale deve:

  • valutare i muscoli masticatori: eventuale ipertrofia dei masseteri;
  • valutare le ATM: eventuale presenza di rumori;
  • valutare il dolore: dentale muscolo-scheletrico, cefalea;
  • valutazione funzionale: ad esempio difficoltà ad aprire la bocca al risveglio.

La visita intraorale deve:

  • valutare le arcate dentarie: usura dei denti, scheggiature dello smalto, crepe e fratture di denti naturali, fallimento dei restauri, ispessimento del legamento parodontale;
  • valutare i tessuti molli: eventuali linea alba, impronta dei denti o lesioni.
Tab. 3 Valutazione clinica del bruxismo.

La valutazione strumentale del bruxismo del sonno viene fatta idealmente con la polisonnografia tramite l’attività dei muscoli masseteri con anche il segnale audio-video per aumentare l’affidabilità diagnostica (tabella 4).

Lo studio di riferimento iniziale è un lavoro del 1996 (4).

Si tratta di uno studio effettuato su 18 soggetti che manifestavano segni e sintomi di bruxismo (gruppo di studio) e 18 nei quali questi segni e sintomi erano assenti (gruppo di controllo). Su tutti i soggetti è stata eseguita un polisonnografia di laboratorio con registrazione audio-video per due notti consecutive.

Vengono considerati gli eventi nei quali l’ampiezza EMG dell’attività muscolare dei masseteri raggiunge il 20% della massiva contrazione volontaria (MVC). Questi eventi possono essere fasici, tonici o misti in base alla loro durata.

Altri studi hanno adottato soglie diverse, come per esempio il 10% della MVC o il doppio del valore della linea base EMG.

Secondo questo studio il bruxismo è confermato quando è presente un indice di 4 episodi di bruxismo per ora di sonno, un indice di 25 bursts di bruxismo per episodio e/o 25 bursts di bruxismo per ora di sonno, con associati almeno due eventi di rumori di digrignamento dei denti.

Questa classificazione ha come limite principale il fatto che vengano presi in considerazione soltanto gli eventi ritmici (fasici) o non ritmici (tonici) che hanno una intensità più alta di un certo valore prestabilito rispetto alla attività di base e sono correlati con gli arousal. Questi eventi corrisponderebbero al grinding ed al clenching, che sono rispettivamente lo sfregamento ed il serramento dei denti “non fisiologico”.

Gli arousal del sonno sono delle attivazioni corticali, rilevabili con l’elettroencefalogramma (EEG) che corrispondono a dei microrisvegli. Alle attivazioni corticali corrispondono attivazioni del sistema nervoso simpatico definite arousal autonomici. Alcuni apparecchi diagnostici per il monitoraggio cardio- respiratorio notturno domiciliare, utilizzati per la diagnosi della apnee ostruttive del sonno (OSA), valutano la presenza degli aruosal a livello periferico tramite il sensore della pulsossimetria. Queste rilevazioni sono considerate meno precise di quelle EEG.

Tab. 4 Valutazione strumentale del bruxismo del sonno.

Una classificazione basata sulla PSG/EMG valuta solo il conteggio degli episodi di bruxismo senza fornire informazioni sulla qualità effettiva del lavoro muscolare durante il sonno o sul suo comportamento durante la veglia. Non vengono considerate attività come il bracing e il thrusting.

Il bracing può essere definito come una tensione dei muscoli masticatori senza il contatto dentale, mentre il thrusting può essere definito come un avanzamento in protrusione della mandibola.

A questo proposito un recente studio evidenzia come pazienti con disordini temporo-mandibolari e dolore hanno un livello di attività muscolare basale durante il sonno che può essere indicativo di un bracing mandibolare tonico, prolungato e di bassa intensità, tale da provocare l’esaurimento delle fibre muscolari ed il sovraccarico articolare (5).

Inoltre l’esame PSG/EMG è un esame indaginoso e costoso, pertanto non si può utilizzare come strumento diagnostico su ampia scala. Emerge quindi la necessità di un sistema di classificazione di più facile utilizzo.

Negli ultimi anni, sono stati proposti numerosi dispositivi di EMG per le registrazioni domiciliari atti a favorire un approccio più semplificato per la diagnosi dell’attività motoria dei muscoli masticatori.

Data la progressiva diffusione di questi dispositivi sarebbe necessario definire e standardizzare alcuni aspetti tecnici e concettuali.

Uno dei criteri più importanti da considerare è la definizione di soglia di valore elettromiografico, al di sopra della quale un’attività muscolare masticatoria è da considerarsi un evento di bruxismo del sonno e la discriminazione dei risultati ottenuti. In genere viene conteggiato il numero di eventi al fine di generare indici per ora di sonno.È evidente che questi dati non possono fornire una visione completa della qualità e del modello dell’attività muscolare. Sarebbe anche consigliabile adottare misure in grado di aiutare a distinguere il serramento dal digrignamento, anche se l’uso pratico e valido di tali risultati deve essere confermato (6).

Con l’obiettivo di definire i vantaggi e i limiti degli approcci diagnostici disponibili, il gruppo di esperti internazionali ha proposto una classificazione diagnostica operativa per il bruxismo (7) (tabella 5).

  1. Possibile AB o SB: se basata sul solo self-report;
  2. probabile AB o SB: se basata su un’ispezione clinica positiva, con o senza un self-report positivo;
  3. definitivo AB o SB: se basata su una valutazione strumentale positiva, con o senza un self-report positivo e/o un’ispezione clinica positiva.

Va sottolineato, come riportato dagli autori, che per questo sistema di classificazione recentemente introdotto è ovviamente necessaria una ricerca per stabilire l’affidabilità, la validità e la reattività al cambiamento in questo nuovo sistema.

Tab. 5 Classificazione operativa del bruxismo.

CONSEGUENZE

Non sempre il bruxismo ha delle conseguenze dannose sull’organismo, anzi, a volte, potrebbe avere degli effetti protettivi (tabella 6).

Le conseguenze negative cliniche principali sono i danni alle arcate dentarie ed il dolore.

Ci sono prove sufficienti per affermare che le usure dei denti, dei restauri conservativi, delle protesi ed i danni agli impianti endossei possono essere conseguenza del bruxismo (7, 8). Bisogna però considerare che queste condizioni hanno una origine multifattoriale.

La perdita di tessuto dentale, per esempio, non è patognomonica del bruxismo, ma può essere dovuta ad altri fattori quali traumi e/o assunzione di cibi particolarmente acidi.

Il rapporto fra bruxismo e dolore è controverso (9). Mentre gli studi eseguiti considerando il bruxismo auto-riferito hanno trovato sempre una associazione, gli studi condotti su base PSG/EMG non hanno replicato questi dati.

D’altra parte, il bruxismo può anche essere associato a conseguenze positive. Ad esempio, in taluni pazienti alcuni episodi di bruxismo si verificano in corrispondenza della fine di arousals respiratori.

Questa attività muscolare potrebbe avere la funzione di ripristinare la pervietà delle vie aeree superiori durante il sonno. L’esistenza di un’associazione tra bruxismo del sonno ed apnee ostruttive del sonno (OSA) è nota da diverso tempo, tuttavia non si è ancora chiarito il meccanismo alla base di questa.

La recente letteratura ha sottolineato la complessità del rapporto fra bruxismo del sonno ed OSA (10). Anche il reflusso gastro-esofageo si verifica in pazienti con OSA e bruxismo del sonno rispettivamente nel 35% e nel 26% dei casi.

Si potrebbe ipotizzare che in questi casi l’attività motoria potrebbe ridurre il rischio di usura chimica dei denti aumentando la salivazione (11). In breve, l’interrelazione tra bruxismo, dolore, usura dei denti e disturbi del sonno concomitanti è un sistema di interazione reciproca molto complesso a livello individuale e può causare diversi effetti negativi sulla salute.

Tab. 6 Possibili conseguenze del bruxismo.

EZIOLOGIA

Il modello eziologico del bruxismo secondo le interpretazioni attuali si basa sul modello relativo alla interazione reciproca fra regolazione periferica e centrale (12,13).

Sicuramente esiste una determinazione genetica che può essere influenzata dalla presenza di fattori di rischio o condizioni concomitanti.

Sulla base delle attuali conoscenze, i fattori anatomici occlusali dentali e scheletrici maxillo-facciali non sono più considerati importanti (14), mentre le evidenze scientifiche danno sempre maggiore importanza al ruolo dei fattori fisiologici/biologici, psicosociali ed esterni (15) (tabella 7).

Tab. 7
Ruolo dei fattori fisiologici/biologici, psicosociali ed esterni

Per quanto riguarda gli aspetti psicosociali diversi studi associano il bruxismo alla sensibilità, allo stress ed all’ansia. Alcuni studi evidenziano l’aumento di catecolamine urinarie nei soggetti bruxisti (16).

Esiste anche una associazione con le
caratteristiche della personalità e con strategie di coping utilizzate dall’individuo per la gestione degli eventi avversi o stressanti (17).

Per quanto riguarda i fattori fisiologici/biologici essi includono molte citochine e neurotrasmettitori che gestiscono anche i processi legati al sonno quali: dopamina, adrenalina, noradenalina, serotonina e acido gammaminobutirrico (GABA) (18).

Anche la colecistochinina e le ipocretine, denominate altrimenti oressine, modulano l’attività muscolare dei muscoli masticatori. A tale riguardo le evidenze scientifiche hanno dimostrato che le oressine modulano anche l’appetito, il dolore ed il sonno.

È dimostrato che la narcolessia, soprattutto quella associata a cataplessia, sia un disturbo del sonno su base autoimmune del sistema oressinergico.

Per quanto riguarda i fattori esterni, ambientali, oltre ai farmaci che agiscono sulla funzione delle molecole endogene sopra elencate, contribuiscono ad aumentare il bruxismo anche molte sostanze di assunzione voluttuaria come l’alcool, la nicotina, la caffeina, la teofillina (19). Queste ultime due sostanze, contenute nel caffè, nella cioccolata e nel tè, agiscono quali inibitori dei recettori purinergici.

Questi recettori sono stimolati fisiologicamente dalla molecola endogena adenosina la quale, tramite questa stimolazione, induce il sonno.

Il bruxismo è aumentato anche in pazienti affetti da alcune patologie quali: il disturbo da iperattività e deficit di attenzione (ADHD), la demenza, l’epilessia, la corea di Hugtington, il reflusso gastro-esofageo ed alcuni disturbi del sonno. Non sono ancora noti i fattori di interazione fra il bruxismo e queste patologie.

APPROCCI TERAPEUTICI

Per quanto riguarda la terapia del bruxismo vanno tenuti presenti alcuni concetti fondamentali:

  1. il bruxismo può essere solo un comportamento che non richiede trattamento;
  2. le indicazioni per il trattamento del bruxismo devo basarsi sulla presenza di presunte conseguenze cliniche negative;
  3. poiché il bruxismo è sempre un segno di condizioni o fattori sottostanti, il trattamento deve essere orientato alla gestione delle presunte conseguenze cliniche, a meno che non venga identificata una causa specifica.

Pertanto l’obiettivo deve essere quello di gestire i sintomi e controllare e/o prevenire le conseguenze del bruxismo stesso, soprattutto quelle relative all’apparato stomatognatico.
Secondo i dati più recenti della letteratura per quanto riguarda il trattamento del bruxismo del sonno i lavori fanno riferimento in particolare a tre forme di terapia (25) (tabella 8):

  • terapia farmacologica
  • terapia cognitivo-comportamentale
  • terapia con placche occlusali odontoiatriche.
Tab. 8 Terapia del bruxismo.

Anche l’istruzione alla igiene del sonno si è dimostrata utile nella gestione del bruxismo del sonno (tabella 9).

Per quanto riguarda la farmacoterapia, la tossina botulinina, il clonazepam e la clonidina possono ridurre il bruxismo del sonno rispetto al placebo.

I dati sulla tossina botulinica evidenziano che questa riduce l’intensità ma non la frequenza degli episodi di bruxismo, indicando che il suo effetto periferico non agisce sulla genesi del bruxismo notturno.

Questo riscontro è in linea con i dati clinici i quali evidenziano un miglioramento del dolore muscolare.

I farmaci ad attività centrale, come la benzodiazepina clonazepam o l’antiipertensivo clonidina, sono efficaci nel ridurre la frequenza del bruxismo notturno.

L’azione della clonazepam, che ha effetto sedativo e miorilassante, era in un certo senso prevedibile, mentre il meccanismo di azione della clonidina è ancora da chiarire.

Essendo un agonista selettivo dei recettori alfa-2 con un effetto simpaticolitico potrebbe controllare l’attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico che precede gli episodi di bruxismo. Pertanto la colindina potrebbe interrompere la cascata di eventi presente negli episodi di bruxismo.

Tab. 9 Regole di igiene del sonno.

Per quanto riguarda il biofeedback e la terapia cognitivo-comportamentale i lavori al riguardo non mostrano una loro reale efficacia.

Questi risultati sono in contrasto con quanto riportato in passato sugli effetti positivi associati ad alcuni trattamenti di biofeedback e terapia cognitivo-comportamentale, da parte di Lobezoo, che includono il “pep talk” (strategia di couseling) nell’ambito di un approccio al management del bruxismo.

Nonostante questo, vista la sicurezza e la natura non dannosa di questi approcci, si può raccomandare in modo prudente la loro inclusione in alcuni protocolli di management del buxismo notturno per massimizzare l’effetto di alcuni approcci multimodali, anche se non sono efficaci da soli.

I lavori riguardo alla terapia con placche occlusali forniscono risultati interessanti.
Esistono vari tipi di placche e sembra che quasi tutti i tipi siano efficaci nel ridurre il bruxismo notturno.

Sembra che sia efficace un “effetto novità” associato all’uso di placche che consiste nel fatto che la riduzione dell’attività dei muscoli masticatori durante il sonno potrebbe essere la conseguenza della necessità transitoria di riorganizzare le unità motorie.

Questa ipotesi è suffragata dalla osservazione che l’uso intermittente delle placche occlusali risulta essere più efficace dell’uso continuo.

Anche se il tipo di placca maggiormente utilizzato per la gestione dei disordini temporo-mandibolari è la placca di Michigan (figura 1), le apparecchiature orali costruite in modo da portare un avanzamento della mandibola sembrano più efficaci nel ridurre il bruxismo notturno.

Questo potrebbe essere spiegato dalla riduzione delle proprietà contrattili dei muscoli masseteri quando la mandibola è avanzata e/o dalla eliminazione degli episodi di bruxismo correlati con le apnee.

Ribadiamo che il bruxismo notturno comprende una serie di fenomeni motori che non necessariamente hanno una rilevanza patologica e quindi non sempre richiedono un trattamento.

Un approccio che mira a gestire il bruxismo notturno nel suo complesso attraverso la riduzione della attività muscolare non ha portato a conclusioni chiare per quanto riguarda i livelli di riduzione del dolore clinico.

Lo studio del triangolo bruxismo-dolore-fattori psicologici potrà contribuire notevolmente a capire quali fenomeni di bruxismo notturno devono essere considerati come condizioni che richiedono un trattamento.

BRUXISMO DELLA VEGLIA

Per quanto riguarda il bruxismo della veglia, la definizione e classificazione si sta facendo solo recentemente (20,21).

Abbiamo già visto che può anche essere valutato come un comportamento e definito come una attività dei muscoli masticatori che avviene durante la veglia, caratterizzata da contatto dentale ripetitivo o sostenuto e/o da bracing o thrusting della mandibola e non è un disturbo del movimento in individui altrimenti sani.

Per lo studio del bruxismo della veglia gli strumenti che si basano sulla registrazione EMG non sono ideali perché permettono solo registrazioni limitate nel tempo e non sono di facile utilizzo pratico.

Il paziente dovrebbe essere preventivamente informato su quali siano le possibili condizioni appartenenti allo spettro dei comportamenti di bruxismo della veglia (ad esempio serramento, bracing, thrusting, contatto dentale).

Tale approccio di ecological momentary assessment (EMA), noto anche come experience sampling methodology (ESM), migliora la qualità della raccolta dei dati in quanto fornisce la segnalazione di più punti temporali all’interno del periodo di osservazione.

Diversi studi raccomandano l’eventuale uso di strategie EMA per valutare i comportamenti del bruxismo del sonno e raccogliere dati in tempo reale su specifiche condizioni orali correlate allo spettro delle attività di bruxismo della veglia.

In questo modo si può valutare anche l’associazione fra l’abitudine al contatto dei denti con altre condizioni (ad esempio, il dolore masticatorio).

Per migliorare l’efficacia della valutazione del bruxismo della veglia tramite l’uso dei principi EMA, è stato recentemente ottimizzato l’uso di applicazioni per smartphone che, grazie alla loro interfaccia user-friendly, hanno aperto una nuova era per l’approccio EMA (22).

Questa metodo di registrazione dei dati è stato creato per raccogliere informazioni soggettive in tempo reale sulle attività muscolari masticatorie in determinati momenti durante la veglia. Può essere utile sia per la ricerca che per scopi clinici.

Nell’ambito della ricerca permette di raccogliere un’enorme quantità di dati sull’epidemiologia dei diversi comportamenti del bruxismo della veglia a livello individuale e della popolazione. Nell’ambito clinico aiuta i pazienti a riconoscere le proprie abitudini, monitorare i cambiamenti nel tempo e implementare le misure correttive.

Fig. 1 Placca di Michigan.

Recentemente è stata ideata da un gruppo di ricercatori italiani e messa a disposizione degli utenti una app, denominata BruxApp, basata sull’EMA del bruxismo della veglia.

Una volta installata sullo smatphone la app emette periodicamente un suono di avviso ed in quel momento il soggetto utilizzatore deve prestare attenzione ai suoi muscoli della masticazione e segnalarlo.

Vengono presi in considerazione quattro tipi di attività muscolare in quel momento:

  • muscoli rilassati
  • bracing
  • contatto dentale
  • serramento dei denti.

Lo strumento serve per consentire al soggetto di avere una educazione cosciente della propria attività dei muscoli masticatori durante la veglia.

IL BRUXISMO NEI BAMBINI E NEGLI ADOLESCENTI

Epidemiologia ed eziopatogenesi

L’epidemiologia del bruxismo del sonno e del bruxismo della veglia nei bambini e negli adolescenti ha una prevalenza variabile nei diversi studi (23).

Tale variabilità sembrerebbe essere strettamente correlata alle problematiche di validità intrinseca di una “diagnosi“ basata sui report dei genitori.

La prevalenza oscilla tra 3,5-8,5% nei bambini di età inferiore ai 5 anni ed è inferiore al 6% nei bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni. Il digrignamento occasionale dei denti è presente nel 40% dei bambini circa e può essere considerato come un segno di bruxismo del sonno. Pochi sono gli studi che hanno indagato la prevalenza negli adolescenti.

Da un punto di vista eziopatogenetico, da una recente revisione della letteratura emerge un’associazione tra bruxismo e diversi altri fattori: genere maschile, ansia, genetica, cefalee concomitanti, reazioni psicologiche, alcune caratteristiche della personalità, sonno inquieto, luce accesa durante il sonno, rumore durante il sonno, durata del sonno inferiore alle 8 ore, sintomi emotivi, problemi di salute mentale, rapporti interpersonali problematici (24).

Recenti studi hanno dimostrato una correlazione tra il bruxismo del sonno nei bambini e disturbi del sonno, parasonnie, fumo passivo.

Risultati simili sono stati riscontrati negli adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 19 anni con correlazioni tra il bruxismo del sonno e disturbi del sonno, mal di testa, affaticamento muscolare mandibolare, usura dentale, comportamento aggressivo, ADHD, ambiente familiare instabile. Le nuove ricerche si stanno concentrando sull’ambiente psicosociale del bambino e sull’architettura del sonno.

Per la diagnosi del bruxismo del sonno nel bambino e nell’adolescente l’indagine PSG rappresenta l’esame di riferimento, tuttavia i bambini sono restii a rimanere nei laboratori del sonno. Il metodo più utilizzato rimane il riferimento da parte dei genitori in merito al digrignamento. La relazione tra il digrignamento dei denti segnalato dai genitori e i dati forniti dalle PSG è in fase di studio.

Alla luce della visione adulta del bruxismo come comportamento muscolare, l’approccio EMG ad uso domestico potrebbe fornire ulteriori dati. Allo stesso modo l’approccio EMA potrebbe fornire informazioni sulla frequenza del bruxismo della veglia.

Sulla base della carenza di dati, della diminuzione del bruxismo progressivamente con l’età dopo i 9-10 anni, dell’influenza che hanno le condizioni psicologiche o sanitarie del paziente e sulla fluttuazione temporale del bruxismo, si raccomanda un approccio basato su strategie di osservazione piuttosto che di intervento. Bisognerebbe piuttosto concentrarsi sulla ricerca di condizioni di comorbidità che possono rappresentare una preoccupazione per la salute (disturbi respiratori, disturbi neurologi).

CONCLUSIONI

Il bruxismo del sonno ed il bruxismo della veglia sono attività dei muscoli masticatori che, in individui altrimenti sani, andrebbero considerate piuttosto che un disturbo un comportamento muscolare che dal punto di vista clinico potrebbe costituire un rischio o anche un fattore protettivo.

Bruxismo è un termine generico, potremmo dire un ombrello, che raccoglie attività muscolari espressione di diversi fattori o condizioni concomitanti.

In questa ottica il bruxismo non richiede necessariamente un trattamento se non quello della condizione primaria associata.

Il trattamento odontoiatrico dovrebbe essere rivolto alla prevenzione o gestione delle conseguenze cliniche associate che sono principalmente i danni alle strutture stomatognatiche e il dolore.

Il bruxismo nei bambini e negli adolescenti diminuisce progressivamente con l’età, nella maggior parte dei casi richiede solo il monitoraggio del paziente. Il trattamento è indicato se si evidenzia la necessità di curare condizioni sottostanti.

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