Diagnosi e trattamento odontoiatrico dei disturbi respiratori del sonno

Fig. 2 Il MAD applicato al paziente.

L’ odontoiatra ormai da tempo, tramite il trattamento con apparecchi di avanzamento mandibolare (MAD), può curare il russamento e la sindrome da apnee ostruttive del sonno.

Attualmente si è aggiunta una ulteriore possibilità terapeutica per l’odontoiatra, la quale, con l’utilizzo di una procedura laser non ablativa, e quindi mini-invasiva, si è dimostrata efficace, anche associata all’utilizzo di MAD, nella gestione di questi disturbi. Il dentista è inoltre considerato il professionista sanitario che maggiormente può intercettare i pazienti con questo tipo di disturbi, sia perché è lo specialista medico al quale le persone si rivolgono con maggiore frequenza, sia perché con l’anamnesi e l’esame clinico, tramite poche domande ed alcune manovre ispettive, può individuare i pazienti a rischio.

È però necessario che egli collabori con il medico esperto in medicina del sonno, poiché è quest’ultimo che deve fare la diagnosi e dare le indicazioni terapeutiche che il dentista deve seguire. Nell’ambito di questo articolo scientifico esporremo le modalità terapeutiche tradizionali tramite il MAD, con una breve revisione della letteratura più recente, e poi esporremo le nuove prospettive tramite l’utilizzo della terapia laser.

INTRODUZIONE

La tabella 1 riassume la tassonomia dei disturbi respiratori del sonno secondo la più recente classificazione (ICSD-3).

Nel soggetto adulto l’odontoiatra ha un ruolo fondamentale nell’intercettare e curare i pazienti affetti da russamento, classificato alla voce isolated syntoms and normal variants, e dalle apnee ostruttive del sonno, classificate alla voce obstructive sleep apnea disorders.

Queste ultime sono anche definite OSAS (obstructive sleep apnea syndrome) o OSA (obstructive sleep apnea) usando l’acronimo delle definizioni in lingua anglosassone. Rimarchiamo il concetto per cui, secondo le linee guida internazionali, l’odontoiatra stesso deve agire in sinergia con il medico esperto in medicina del sonno, il quale ha il compito di effettuare la diagnosi ed indicare la necessità di una terapia tramite apparecchi odontoiatrici.

Definizione

Per quanto riguarda la definizione, il russamento è un rumore respiratorio causato dalle vie aeree superiori durante il sonno, che tipicamente avviene durante l’inspirazione ma può avvenire anche durante la espirazione. L’intensità del rumore può variare e può disturbare il proprio partner ed anche svegliare il paziente stesso.

Il russamento semplice avviene senza episodi di apnea o ipopnea, ed è dovuto alla vibrazione dei tessuti molli lassi al passaggio del flusso di aria respiratorio. Si può affermare che esiste un continuum nella progressione della patologia dal russamento fino alle OSA. Per cui il paziente russatore cronico severo, cioè colui che russa per almeno tre notti alla settimana da almeno sei mesi, ha una alta probabilità di avere delle apnee.

La sindrome della apnee ostruttive del sonno è caratterizzata da episodi ricorrenti di collasso parziale o completo delle vie aeree superiori durante il sonno con una interruzione parziale o completa del flusso di aria, nonostante gli sforzi respiratori. Gli eventi sono quasi sempre associati ad arousal.

Si definisce apnea una interruzione completa o quasi completa (90%) del flusso di aria per almeno 10 secondi. Si denfinisce ipopnea una riduzione che dura 10 o più secondi di almeno il 30% dell’ampiezza dei movimenti toracici ed addominali o del flusso di aria rispetto alla linea base associati ad una desaturazione di ossigeno almeno del 4% o del 3% a seconda che si considerino le linee guida della AASM meno recenti o più recenti.

Tab. 1 e Tab. 2 La classificazione internazionale dei disturbi respiratori del sonno e la classificazione delle OSAS.
Tab. 3 La scala di Epworth per la valutazione della sonnolenza diurna.

Classificazione

Per quanto riguarda la classificazione delle apnee ostruttive del sonno essa si determina valutando il numero di apnee più il numero di ipopnee per ora di sonno.
Lo scoring è il seguente (tab. 2):

  • fino a 4 episodi per ora normale
  • da 5 a 14 episodi per ora OSA lieve
  • da 15 a 29 episodi per osa OSA media o moderata
  • sopra 30 episodi per ora OSA severa o grave.
  • Se si è in presenza di un disturbo che corrisponde alla definizione del russamento senza le caratteristiche della OSA si parla di russamento semplice.

Attualmente si tende a considerare come eventi patologici respiratori del sonno anche i RERA, respirator effort related arousal, che sono degli episodi che non soddisfano i criteri di apnea o ipopnea, ma nei quali si ha un calo del flusso di aria associato ad uno sforzo respiratorio ed alla presenza di arousal.

In questa ottica clinica si sta anche studiando con sempre più attenzione quella linea di confine fra il russamento semplice e la OSA che è la sindrome da aumentata resistenza delle vie aeree superiori, definita tassonomicamente UARS (upper airway resistence syndrome).

Questo disturbo è caratterizzato dalla presenza di sforzo respiratorio durante il sonno, in genere associato a russamento, che causa alterazione della struttura del sonno e che spesso è accompagnato da eccessiva sonnolenza diurna. La caratteristica dell’UARS è l’aumento del numero di arousal correlati al sonno.

Si potrebbe trattare di pazienti che non hanno un numero patologico di ipopnee o apnee, per cui non sono classificati come pazienti affetti da OSAS, ma hanno un numero elevato di RERA.

Uno studio clinico controllato randomizzato con gruppo di studio e gruppo placebo, pubblicato sulla rivista Sleep da Luciana Godoy e collaboratori nel 2017, effettuato su pazienti affetti da UARS, evidenzia come, dopo un anno e mezzo di trattamento con apparecchio di avanzamento mandibolare, migliorino molti parametri clinici quali la qualità del sonno, le funzioni cognitive ed esecutive e i disturbi della sfera emotiva.

Sintomatologia

I sintomi principali da tenere in considerazione per intercettare i pazienti affetti da OSA sono il russamento e la eccessiva sonnolenza diurna.

Il dentista è considerato la “sentinella” per intercettare questi pazienti, pertanto bisognerebbe indicare sulla cartella clinica alla sezione dedicata alla anamnesi queste due voci.

Il russamento è il principale sintomo dei pazienti affetti da OSA, anche se ci sono pazienti apnoici che non russano. La eccessiva sonnolenza diurna è dovuta alla frammentazione del sonno, conseguenza dei risvegli o microrisvegli, arousal, presenti nelle apnee ostruttive del sonno, ma anche, come abbiamo visto, nella sindrome da aumentata resistenza delle vie aeree superiori.

Questa eccessiva sonnolenza è spesso associata ad aumento del tempo di reazione agli stimoli e a disturbi cognitivi. Per tale motivo, secondo le recenti norme relative al rilascio e rinnovo delle patenti di guida, le persone affette da OSA severe, per poter guidare i mezzi, devono dimostrare di avere una cura adeguata e di essere aderenti al trattamento.

Diagnosi

La diagnosi del russamento e delle OSA si basa sull’anamnesi, sull’esame clinico e sulla valutazione strumentale.

Anamnesi

Durante l’anamnesi devono essere valutati i segni e i sintomi, tra cui:

  • russamento
  • eccessiva sonnolenza diurna.

Quelli meno frequenti sono:

  • risvegli con senso di soffocamento
  • secchezza delle fauci al risveglio
  • cefalea mattutina
  • nicturia
  • stanchezza cronica
  • difficoltà al risveglio
  • deficit di concentrazione
  • disturbi della libido.

La valutazione del russamento va fatta attraverso il riferimento del partner che dorme accanto o del paziente stesso che avverte il rumore in alcuni momenti del sonno. Attualmente esistono delle applicazioni per smartphone affidabili che registrano il russamento e creano dei grafici per monitorarne l’andamento nel tempo.

La valutazione della sonnolenza diurna si fa attraverso la somministrazione di scale validate. La più utilizzata è la scala di Epworth (tab. 3), composta da otto domande, a ciascuna delle quali bisogna rispondere con un punteggio da uno a tre. Una somma superiore a dieci è indice di eccessiva sonnolenza diurna.

Esame clinico

L’esame clinico si basa sulla valutazione delle basi ossee scheletriche e dei tessuti molli.
Per l’esame della morfologia delle basi ossee vano valutati:

  • il mascellare superiore
  • la mandibola.

L’odontoiatra può servirsi dell’esame ispettivo o anche delle valutazioni radiologiche e cefalometriche, qualora le abbia a disposizione. Il fenotipo predisponente per disturbi respiratori del sonno è il paziente che presenta il palato duro stretto e la mandibola piccola e/o retrognatica. Questo perché tali caratteristiche morfologiche riducono il volume delle vie aeree superiori.

Per la valutazione della morfologia dei tessuti molli vanno valutati:

  • la lingua
  • il palato molle e l’uvula
  • i pilastri tonsillari.

Questa valutazione può essere fatta dall’odontoiatra tramite l’ispezione, servendosi eventualmente di un abbassalingua. Per la definizione del volume dei tessuti molli del cavo orale si utilizza la classificazione di Mallampati, o le sue successive modifiche (fig. 1).

Fig. 1 La classificazione di Mallampati.

Lo scoring è il seguente:

  • Mallampati I: sono visibili palato molle, uvula, fauci e pilastri
  • Mallampati II: sono visibili palato molle, uvula e fauci
  • Mallampati III: sono visibili palato molle e base dell’uvula
  • Mallampati IV: è visibile solo il palato duro.

Per una valutazione più approfondita delle vie aeree superiori può essere necessaria la collaborazione con lo specialista otorinolaringoiatra

La terapia odontoiatrica con MAD

Il MAD agisce posizionando e mantenendo la mandibola e la lingua in posizione di avanzamento. In questo modo aumenta il volume e si riduce la resistenza al flusso di aria a livello delle vie aeree superiori (fig. 2). Questo meccanismo consente, nei pazienti selezionati secondo le indicazioni delle linee guida internazionali, il controllo del disturbo respiratorio del sonno.

Fig. 3 Visione completa di un MAD che risponde alle indicazioni delle linee guida.

L’apparecchio orale deve avere le seguenti caratteristiche (fig. 3):

  • realizzato su misura per il paziente
  • realizzato in materia biocompatibile
  • inserito sulle due arcate
  • possibilità di avanzamento graduale uguale o inferiore ad 1 mm
  • possibilità di avanzamento totale di almeno 5 mm
  • facile utilizzo da parte del paziente.

Il MAD va fabbricato da laboratori specializzati dopo che il dentista ha preso le impronte di precisione ed ha registrato la posizione mediante sistemi dedicati. Secondo le linee guida internazionali la posizione iniziale deve corrispondere al 50-75% della massima protrusiva. In seguito si avanza progressivamente, seguendo il feedback del confort e della risposta clinica del paziente, fino ad ottenere la posizione terapeutica.
Le indicazioni al trattamento con MAD secondo AASM sono:

  • russamento primario
  • OSA live e media in alternativa alla CPAP
  • OSAS severe come seconda scelta quando il paziente non può utizzare la CPAP.

Letteratura scientifica

A partire dalla presa di posizione iniziale da parte dell’American Academy of Sleep Medicine (AASM) nel 1995, l’uso clinico di dispositivi orali per il trattamento di russamento e apnea ostruttiva del sonno (OSA) è notevolmente aumentato.

Attualmente, esiste una variegata pletora di termini atti a descrivere tali dispositivi sebbene i più comuni si riferiscano a mandibular advancement device (MAD), Mandibular Repositionig Device (MRD), Mandibular Advancement Splint (MAS) e Mandibular Advancement Appliance (MAA).

Trattasi comunque di dispositivi customizzati, fabbricati a partire da modelli di impronte classiche od ottenute mediante flusso digitale delle strutture orali di un singolo paziente. Di conseguenza, non si tratta principalmente di un elemento prefabbricato tagliato, piegato, rifoderato o altrimenti modificato.

È fatto di materiali biocompatibili e coinvolge sia l’arcata mascellare che quella mandibolare (1); i dispositivi orali non customizzati, meglio noti come “boil and bite devices”, si sono dimostrati meno efficaci, mentre una letteratura non sufficiente definisce i cosiddetti tongue retaining devices (TRDs)(2).

I dispositivi orali forzano la mandibola e gli annessi tessuti molli in una posizione più protrusa, aumentando il volume aereo retrolinguale e riducendo il collasso velofaringeo per effetto gravitazionale; rappresentano perciò un’efficace e non invasiva opzione terapeutica per russamento e OSA non severe (2).

Le linee guida dell’AASM ne raccomandano la prescrizione con grado di evidenza elevato in caso di russamento primario senza OSA e moderato in pazienti affetti da OSA ma che non tollerano o rifiutano il trattamento con continuous positive airway pressure (CPAP), riconosciuto tuttora come il gold standard (3).

La CPAP si è dimostrata in grado di generare una riduzione dei valori medi di apnoea- hypopnoea index (AHI) pari a 6.24 eventi/ora in meno rispetto ai dispositivi orali e una completa risposta alla terapia si è osservata in media nel 73% dei casi trattati con CPAP mentre nel 42% con dispositivi orali (4).

Ciononostante l’efficacia dei dispositivi orali nel ridurre l’AHI ≤5 eventi/ora e ≤10 eventi/ora è emersa essere rispettivamente 49 e 89 volte superiore al controllo (4).

Si raccomanda la supervisione periodica degli effetti collaterali dentali e parodontali e dei cambiamenti occlusali in modo da ridurne l’incidenza (3).

Gli effetti collaterali più frequentemente riportati, variabili anche in funzione del dispositivo prescritto, sono un’aumentata sensibilità dentale, disturbi gengivali, bocca secca, eccessiva salivazione, dolenzia muscolare e percezione di un’anormale occlusione al mattino; alterazioni morfologiche legate a un prolungato utilizzo sono invece rappresentate da una riduzione di overjet (1.5mm±1.5) e overbite (1.2mm±1.1) (3) e dalla comparsa di un open bite posteriore (5).

Controindicazioni alla terapia sono una dentizione con meno di 10 elementi per lato, microdontia, capacità protrusiva inferiore a 5 mm, proporzione corona/radice sfavorevole e mobilità >2 in alcuni denti (5).

Allo stato attuale inoltre non vi sono evidenze universali circa i fattori in grado di predire il successo del trattamento dell’OSA per mezzo di dispositivi orali. Fenotipi associati a prognosi negativa sono stati recentemente riconosciuti nella presenza di OSA primariamente REM dipendente e non posizionale, giovane età, sesso femminile e normopeso (6).

Le variabili cefalometriche possono ulteriormente influenzare il processo decisionale in quanto un angolo mandibolare chiuso e una ridotta distanza tra mandibola e osso ioide sono emersi come possibili indicatori di successo del trattamento con dispositivi orali (2).

Non trascurabile è la drug-induced sleep endoscopy (DISE), esame strumentale che consente di analizzare il comportamento dei tessuti molli faringei durante il sonno indotto farmacologicamente (7): è stato infatti dimostrato come il collasso della base linguale suggerisca fortemente il ricorso a dispositivi orali.

La titolabilità è una caratteristica richiesta per i dispositivi orali secondo le raccomandazioni cliniche e scientifiche (3). Sebbene dispositivi customizzati non titolabili abbiano dimostrato una simile efficacia nel ridurre AHI e oxygen desaturation index (ODI), l’intervallo di confidenza entro cui si realizza la responsività con dispositivi customizzati e titolabili è apparso sensibilmente migliore (3).

L’iniziale aggiustamento dovrebbe richiedere un avanzamento della mandibola pari ad almeno il 50% della capacità protrusiva totale; le misurazioni devono essere effettuate tramite George Gauge Dentale, uno strumento in grado di improntare il morso nella posizione protrusa alla distanza stabilita.

A ogni controllo, con periodicità di 3-4 settimane, si possono verificare 3 scenari differenti:

  1. presenza di dolore causato dall’avanzamento: si procede riducendo l’avanzamento e successivamente aumentandolo più gradualmente;
  2. assenza di dolore e assenza di miglioramenti nella qualità del sonno: si avanza da 0.5 a 2.0 mm per lato a seconda della capacità adattativa del paziente;
  3. assenza di dolore e presenza di miglioramenti nella qualità del sonno: si realizzano piccoli avanzamenti o nessuno. L’avanzamento complessivo si può effettuare fino a raggiungere il 100% della protrusione totale nell’ arco dei primi 6 mesi; successivamente, se dalla polisonnografia di controllo non emergono dati di significativo miglioramento, sarà necessario associare il dispositivo orale con la CPAP, mentre la chirurgia dovrebbe rappresentare l’opzione terapeutica qualora non si dovessero evidenziare risultati soddisfacenti neanche durante il successivo follow up polisonnografico.

È altresì consigliabile che i pazienti mordano per circa 20 minuti ogni mattina una placca occlusale in grado di riprodurre il rispettivo morso fisiologico, definita AM Aligner, tale da rieducare a loro volta i muscoli a ritornare nella posizione di stabilità muscolo-scheletrica (5).

La terapia con il laser odontoiatrico

Una volta escluse le cause extra faringee (disfunzioni neurologiche, problemi polmonari, malattie cardiologiche) vari metodi chirurgici sono stati proposti per risolvere le cause che portano al russamento prima e poi allo sviluppo di una sindrome da ostruzione delle vie aeree.

L’intervento si impone quando difetti congeniti, farmaci inefficaci, intolleranza alla C-PAP e impossibilità di posizionamento dei MAD lo rendono improcrastinabile. In questi casi, dopo l’identificazione del livello di ostruzione (cavità nasali, orofaringe, ipofaringe), si procede alla scelta terapeutica chirurgica.

Concentreremo la nostra indagine sull’uso del laser a livello dell’orofaringe.
Ilkematsu nel 1964 per primo mise a punto l’intervento di uvulopalatofaringoplastica (UPPP) in anestesia generale per affrontare il problema del russamento.

L’intervento è uno dei più diffusi per il trattamento delle apneee ostruttive e nel 1981 Fujita et al. ne introdussero una variante meno aggressiva.

L’operazione coinvolge molte parti anatomiche, ugola, tonsille, con il confezionamento di una faringo-plastica che prevede la rifilatura e il riorientamento dei pilastri tonsillari posteriori e anteriori. Le complicanze postoperatorie possono essere varie e vanno dal dolore intenso a breve termine fino al reflusso nasale, insufficienza velofaringea, stenosi faringea e disfonia (fig. 4).

Fig. 4 Esito di UPPP con chirurgia tradizionale.

Il laser ha trovato la sua applicazione per la cura delle OSAS fin dal secolo scorso, quando dopo l’inizio degli anni ’90 apparvero i primi articoli sull’uso del CO2 (Ellis at al. in 1993), introdotto per ridurre gli effetti, a volta devastanti, della UPPP. La metodica LAUP (Laser Ugola Palatoplastica) fu introdotta da Kamani nel 1986 (9) e venne ripresa da molti autori (10, 11, .12, 13).

Essa si basa sulla rimozione ablativa parziale o totale dell’ugola e si è dimostrata uno dei metodi chirurgici meno aggressivi per il trattamento delle OSAS.

L’approccio LAUP meno invasivo si concentra inoltre sul fatto che l’azione ablativa del CO2 causa irrigidimento e contrazione del tessuto palatale. L’obbiettivo del laser CO2 è quello di ablare il tessuto causando il minimo danno termico. Il tessuto viene vaporizzato istantaneamente al di sotto del tempo di rilasciamento termico (TRT), cioè di quel tempo che permette la diffusione del calore. In questo modo non si crea necrosi o carbonizzazione del tessuto.

Nel 2003 YP Krespi (14) pubblicò un articolo nel quale rivide criticamente i risultati a distanza dell’intervento con CO2.

Infatti mentre Kamani pubblicava dati che a breve dimostravano risultati notevoli sia sul semplice russamento che sulle OSAS, dati pubblicati successivamente contraddicevano i risultati precedenti, con pazienti che mostravano risultati peggiori subito dopo i trattamenti o peggiorativi a lungo termine. Inoltre, a causa dell’uso indiscriminato della LAUP, vennero descritte complicanze sotto forma di stenosi rinofaringee.

Da allora, gli studi più approfonditi sul russamento e le apnee notturne hanno portato a cambiamenti nella selezione dei pazienti e migliorato i risultati a distanza.

Dagli anni 2000 lo sviluppo della tecnologia legata alla produzione dei laser ha proposto sul mercato lunghezze d’onda sempre più specifiche per il tessuto da trattare.

Ecco comparire quindi articoli scientifici sull’utilizzazione oltre che del CO2, di laser solidi e semiconduttori per il trattamento delle OSAS. In un lavoro di V. Pavelec e altri (15, 16, 17) furono messi a confronto i risultati dell’utilizzazione di 5 differenti laser (CO2, diodo, KTP, ErCr:YS66, and ND:YVO4) per l’intervento di LAUP. Le conclusioni furono che tra questi il laser che diede miglior confort post-operatorio fu l’erbio cromo.

Numerosi furono gli articoli che si sono susseguiti sul laser ad erbio e Nd:YAG in particolare per quanto riguarda le loro caratteristiche e gli effetti sulle mucose orali.

Questi studi si sono concentrati negli anni sempre più verso la ricerca di una soluzione soddisfacente, nei casi selezionati, che gestisse il compromesso tra il confort del paziente e la risoluzione parziale o completa del problema delle apnee notturne.

Così come per i MAD, che son stati rivalutati alla luce delle più recenti review, anche per l’uso dei laser qualcosa sta cambiando e sempre più la letteratura si arricchisce di nuove esperienze. Le ricerche sulla meccanica del russamento mostrano che il flutter palatale è probabilmente il meccanismo più importante del russare.

A questo si accompagna spesso l’edema dei tessuti orofaringei generato dalle variazioni pressorie legate all’ostruzione che inducono il paziente a compiere uno sforzo non fisiologico per respirare, generando quindi un edema delle mucose orali.

Oggi la LAUP si focalizza sull’azione fototermica che si sviluppa sulla superficie del palato molle, che quindi guarisce producendo una decisa azione sui dei tessuti e di conseguenza la loro rivitalizzazione funzionale.

Quindi la domanda è: quando e quale laser è indicato per un trattamento efficace?

I laser ad erbio sono molto diffusi in odontoiatria ma ancora sottoutilizzati.

Sono laser costituiti da una lunghezza d’onda compresa tra 2780nm e 2940nm. Il metodo di costruzione è simile a quello del neodimio: YAG con la presenza di un mezzo attivo solido stimolato da lampade flash ad alta energia.

I vantaggi sono quelli di un’ampia possibilità terapeutica con applicazione su tessuti molli e duri. Lo svantaggio maggiore è il costo elevato rispetto ad altre lunghezze d’onda.

Durante il trattamento con il laser ad erbio il tessuto si riscalda e di conseguenza si irrigidisce, determinando una riduzione del rumore dovuto alla vibrazione del palato molle e all’attenuazione dell’apnea notturna.

Distribuzione della temperatura

La deposizione di energia laser nel mezzo è mediata dalla generazione e dalla successiva accelerazione degli elettroni liberi.

L’energia trasportata dagli elettroni viene quindi trasferita alle particelle pesanti nel volume di interazione mediante collisioni e processi di ricombinazione non radiativi, con conseguente riscaldamento dei componenti del plasma atomico, molecolare e ionico.

Generazione di onde fotoacustiche

L’aumento della temperatura produce stress termoelastico che si propaga nel tessuto colpito. L’onda fotoacustica generata dall’impatto sul tessuto produce sollecitazioni sia di compressione che di trazione. Una deposizione molto rapida di energia può produrre una frattura da sforzo a causa di aumenti di temperatura di pochi ° C, a cui non è associato alcun danno termico.

Alcuni studi hanno dimostrato che l’irradiazione laser dell’Er:YAG con un manipolo collimato rispetto ad uno frazionale focalizzato provoca un restringimento temporaneo di qualche settimana della mucosa orofaringea.

Si è passati quindi da un concetto basato finora solo sugli effetti di una particolare lunghezza d’onda ad uno che riguarda il modo di impattare l’energia sul tessuto bersaglio, e che produce effetti diversi a seconda della modalità utilizzata.

La contrazione tessutale diminuisce gradualmente ma è ancora presente alla fine della quinta settimana secondo uno studio condotto da T. Unver e altri nel 2015 (18). Questa opzione di trattamento può essere considerata sicura a causa dell’assenza di carbonizzazione, necrosi o emorragia.

Ma cosa succede dal punto di vista istologico a livello delle fibre collagene tessutali?
Il collagene è una proteina fibrosa ampiamente presente nei mammiferi, in cui costituisce un quarto delle proteine totali; svolge un ruolo di supporto fondamentale nel tessuto connettivo e nelle pareti dei vasi sanguigni.

Il collagene è costituito da fibre di fibrille, organizzate in modo diverso a seconda della funzione biologica del tessuto connettivo. Le fibrille sono costituite da subunità polipeptidiche chiamate tropocollageni e disposte testa a coda in raggi paralleli.

Le molecole di tropocollagene così formate sono associate ad una disposizione sfalsata che genera le fibre di collagene.

Le teste delle molecole di tropocollagene sono sfalsate lungo la lunghezza delle fibre e sono responsabili della caratteristica distanza di 64 nm delle striature trasversali della maggior parte dei collageni. Dall’analisi a raggi X è stato dedotto che una molecola di tropocollagene è costituita da tre catene polipeptidiche (catene alfa) strettamente intrecciate in una corda a tre fili.

Il tropocollagene è una molecola a forma di bastoncino lunga circa 300 nm e spessa 1,5 nm. Anche le triple eliche adiacenti del tropocollagene si intrecciano.

L’aumento della temperatura distrugge l’organizzazione spaziale delle catene macromolecolari di tropocollagene e le curve sono distribuite in modo casuale, con forti cambiamenti negli spettri di assorbimento e diffusione della radiazione ottica.

Questa transizione è anche accompagnata da una notevole contrazione strutturale delle fibre di collagene. Il processo di denaturazione produce coagulazione dei tessuti, che si manifesta con l’osservazione visiva di uno sbiancamento della superficie irradiata.

Ne consegue macroscopicamente una contrazione del tessuto che aumenta lo spazio aereo dell’orofaringe. Gli effetti fototermici si verificano in genere con laser a emissione continua, per densità di potenza superiori a 10 W/cm2, o mediante irradiazione con laser a impulsi con durata più lunga di microsecondi. Generalmente, nel tessuto biologico si producono simultaneamente effetti termici diversi a seconda dei parametri laser utilizzati.

Alcuni autori hanno descritto anche la differenza di irradiazione tra il laser ad erbio e il Nd:YAG: quest’ultimo ha sì una penetrazione più profonda all’interno del tessuto mucoso, ma produce un minor effetto termico essenziale per determinare una significativa contrazione del tessuto.

Il laser Nd:YAG viene utilizzato con parametri sub-ablativi:

  • energia: potenza 10 W, con 8 mm spot beam
  • frequenza d’impulso 8 Hz
  • tempo 25 ms.

Il palato molle e l’ugola sono trattati in linee orizzontali con un movimento avanti e indietro con 5 passaggi completi per linea con un movimento di “pennellatura” delle mucose.

L’effetto è un assorbimento in profondità con minimo interessamento del tessuto osseo ed effetto coagulativo marcato. Rispetto all’erbio il neodimio però ha un effetto termico minore con efficacia limitata.

Gli effetti sul tessuto possono essere quindi così riassunti:

  • riduzione della densità delle fibre di collagene
  • aumento relativo delle fibre di collagene di tipo III
  • ridistribuzione spaziale delle fibre di collagene con contrazione dei tessuti
  • possibile aumento del numero di fibre elastiche.

Negli ultimi anni le pubblicazioni scientifiche hanno dato rilevanza ad un nuovo tipo di LAUP eseguito con la procedura “walk-in, walk out” (NightLase®), un metodo non invasivo ed efficace per il trattamento del russamento e dell’apnea notturna, che in genere non richiede anestesia locale ed è ben tollerato da tutti i pazienti. Tuttavia ancora non ci sono informazioni in letteratura sugli effetti istologici sull’uomo di questo modello di trattamento.

Recentemente è stato introdotto sul mercato un nuovo strumento di irradiazione laser che si propone di essere un metodo non invasivo ed efficace per il trattamento del russamento e dell’apnea notturna.

Il trattamento è eseguito con un manipolo collimato che mantiene cioè lo stesso “spot beam” anche se la distanza dal tessuto bersaglio dovesse variare di qualche millimetro, garantendo quindi una distribuzione del calore uniforme con ottima risposta del tessuto.

Il protocollo del trattamento prevede:

  • screening dei pazienti con visita odontoiatrica iniziale, polisonnografia, visita specialistica ORL o di altro specialista se necessita, appartenenza al gruppo di rischio individuato attraverso gli esami clinici e strumentali (algoritmo OSAS secondo le indicazioni dell’AASM (American Academy Sleep Medecine )
  • utilizzazione di un laser Er:YAG 2940nm
  • nessuna anestesia locale
  • tre sessioni di 20 minuti ogni 20 giorni in 2 mesi.
  • Il trattamento è rivolto a tutti i pazienti. Le controindicazioni sono legate ai pazienti in trattamento con farmaci fotosensibili e alle donne in gravidanza.

Per i primi la sospensione del farmaco (in particolare Fans) ove possibile è essenziale per procedere al trattamento. Nelle donne in gravidanza bisogna tener conto del fatto che l’aumento ponderale e le modificazioni anatomiche possono essere transitorie per cui si preferisce un atteggiamento di attesa e una rivalutazione post-partum.

Il laser ad erbio viene utilizzato coi seguenti parametri:

  • energia 560 mJ – 750 mJ con spot beam di 7 mm
  • fluenza energetica: 1,46 J / cm2 – 1,95 J / cm2
  • frequenza: 10 Hz
  • durata dell’impulso: LP. Questo tipo di impulso, brevettato, si basa sulla tecnologia VSP (Variable Square Pulse). In questo caso, gli impulsi della lampada flash che stimola la produzione di luce laser dalla barretta di erbio, vengono controllati elettronicamente ottenendo delle emissioni energetiche che mantengono un livello di potenza costante per quasi tutta la durata dell’impulso stesso. Questo garantisce un effetto termico più marcato rispetto ai sistemi tradizionali.
  • passaggi: 7-8 per area per un totale di 20-30 secondi ciascuno a seconda del biotipo tessutale (più 4 passaggi aggiuntivi per terminare la sessione) (fig. 5a, 5b)
  • sessioni: giorno 0, poi al 20° e 40° giorno.
Fig. 5a, 5b Metodologia operativa del Laser non ablativo.

La figura 6a mostra il caso clinico di un paziente di 46 anni, sesso maschile, con le seguenti caratteristiche:

  • russatore
  • BMI 24,5
  • AHI 17,2
  • non fumatore
  • scala Epworth 10
  • prescrizione dell’ORL per laser terapia e trattamento con MAD.
Fig. 6a Il paziente prima del trattamento con laser non ablativo.

La figura 6b evidenzia il paziente dopo due mesi dalla terza seduta di laser terapia con miglioramento del volume aereo oro-faringeo a livello dei tessuti molli:

  • russamento ridotto
  • BMI 24
  • AHI 4,8
  • scala di Epworth 8.
  • Non ha eseguito il MAD e viene controllato ogni 3 mesi.
Fig. 6b Il paziente dopo due mesi di trattamento con tre sedute di laser non ablativo.

DISCUSSIONE

L’uso del laser come strumento risolutivo nel trattamento classico della LAUP è legato alla selezione dei pazienti attraverso le linee guida e i criteri dell’AASM.

In particolare i pazienti appartenenti al minor rischio di OSAS (AHI < 5) e russatori abituali sono i candidati migliori al trattamento. La letteratura scientifica riscontra significativi cambiamenti nel trattamento globale delle OSAS a partire da una rivalutazione importante che riguarda i dispositivi di avanzamento mandibolare (MAD), che in taluni casi, se il paziente rifiuta o non ha aderenza al piano terapeutico con C-PAP, rimangono l’unico strumento non chirurgico efficace per il trattamento delle OSAS.

Gli interventi specialistici ORL (otorinolaringoiatrici) sono orientati sempre più ad una microinvasività (uno su tutti riguarda la barbed snore surgery BSS di M. Mantovani, 2008) e selettività degli interventi (transoral robotic tongue base surgery, di C. Vicini e coll.) date le numerose complicanze sensitive, motorie e funzionali causate da interventi complessi ed estesi ad aree altamente sensibili.

Anche il laser ha vissuto un tempo chirurgico estremamente invasivo nonostante l’approccio ne enfatizzasse la minor aggressività chirurgica. Sotto questo aspetto molte cose sono cambiate e si sta facendo sempre più chiarezza sul suo utilizzo e sulla sua efficacia.

Volendo riassumere brevemente, sapendo che queste sono considerazioni passibili di cambiamenti a breve termine, possiamo azzardare l’ipotesi che l’applicazione del laser ad erbio può essere prescritta in questi casi:

  • pazienti russatori semplici con AHI ≤ 5
  • pazienti russatori con AHI ≤ 15 con indicazione al MAD.

In verità se consideriamo che tutti i pazienti russatori con OSAS sviluppano chi più chi meno edema dell’orofaringe, l’associazione laser ad erbio + Mad o laser ad erbio + C-PAP, laser ad erbio + C-PAP ed eventualmente MAD di mantenimento, laser + intervento ORL , non risulta affatto incongrua.

Si tratta quindi di cambiare il modo di considerare la terapia laser conservativa come a sé stante e di introdurla in associazione alle terapie strumentali già in uso. Nel russatore semplice la metodica dà ottimi risultati e ha il vantaggio di essere ambulatorialmente ripetibile nel tempo senza alterare l’anatomia funzionale, con l’obiettivo di porsi come primo step una volta che lo screening del paziente, secondo le linee guida dell’AASM, ne ha certificato l’indicazione al trattamento.

Certamente lo scoglio più grande per la diffusione della metodica è ancora il costo che rimane elevato sia in termini di acquisto del laser ad erbio sia del costo delle prestazioni.

Considerazioni finali

La terapia effettuata con laser ad erbio, utilizzando un manipolo focalizzato dedicato, è una metodica mininvasiva, sicura e priva di dolore intra e post operatorio per il trattamento dei pazienti con russamento semplice e OSAS lieve ( AHI ≤ 5 ).

La procedura è ben tollerata da tutti i pazienti e non richiede anestesia. È veloce e facile da realizzare e non ci sono materiali di consumo. È una procedura “walk-in walk-out” che non richiede un campo operatorio sterile.

Verosimilmente, data la sua microinvasività e i suoi effetti benefici, potrebbe trovare il suo utilizzo in tutte le situazioni nelle quali, la riduzione dell’edema e la contrazione dei tessuti orofaringei trattati, offra un ulteriore aiuto al trattamento integrale delle apnee notturne, entrando così di fatto nelle indicazioni che i protocolli internazionali potranno validare in termini di utilità ed efficacia.

CONCLUSIONI

I disturbi respiratori del sonno rappresentano una patologia molto diffusa nella popolazione. L’odontoiatra ha un ruolo fondamentale nell’intercettare e trattare questi pazienti.

La terapia odontoiatrica tradizionale si avvale dei MAD, i quali sono apparecchi che portano e mantengono la mandibola e la lingua in posizione avanzata ed i muscoli del faringe tesi. In questo modo è possibile controllare il russamento e le apnee ostruttive del sonno.

Recentemente è disponibile un nuovo approccio terapeutico che tramite l’utilizzo di un trattamento con laser odontoiatrico non ablativo permette una modifica istologica ed anatomica dei tessuti molli delle prime vie aeree che, eventualmente anche in associazione con il MAD, hanno dimostrato efficacia nel controllo del russamento e nella gestione delle OSA.

Le linee guida indicano che il dentista debba sempre lavorare in relazione con il medico esperto in medicina del sonno ed eventualmente con l’otorinolaringoiatra per consentire che il paziente venga curato nel miglior modo possibile.

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