Il rischio di sanguinamento intra e postoperatorio nel paziente in terapia antiaggregante non interrotta durante interventi di chirurgia orale minore: revisione della letteratura

Fig. 1 Perimplantite impianto regione 44. Paziente in terapia con acido acetilsalicilico.
Scopo del lavoro: Il fine del lavoro è una revisione della letteratura scientifica circa il rischio di sanguinamento intra e postoperatorio durante interventi di chirurgia orale in pazienti in terapia antiaggregante versus i rischi trombotici derivanti dalla loro interruzione. Nella chirurgia orale minore, le complicanze emorragiche che richiedono misure emostatiche ulteriori alla sutura e manovre compressive locali sono molto rare. Il rischio di complicanze trombotiche derivanti dall’interruzione della terapia antipiastrinica per le procedure di chirurgia orale è significativo. I farmaci antiaggreganti pertanto non dovrebbero essere interrotti, in quanto i rischi che si corrono nell’alterare la terapia superano il basso rischio di complicanze emorragiche orali postoperatorie derivanti da procedure chirurgiche orali.

INTRODUZIONE

Tutti gli interventi di chirurgia orale comportano un rischio di sanguinamento intraoperatorio, di grado più o meno elevato in base a molteplici fattori. Conoscere questi fattori aiuta il chirurgo a prevenire e controllare questo rischio durante e dopo l’intervento stesso. Un fattore certamente importante nel determinare il rischio di sanguinamento intraoperatorio è l’assunzione da parte del paziente di farmaci anticoagulanti e/o di farmaci antiaggreganti piastrinici.

Il numero di pazienti in terapia antipiastrinica continuativa, per la prevenzione primaria o secondaria di possibili eventi cerebrovascolari, che necessitano di interventi di chirurgia orale è in costante aumento (1). La terapia antiaggregante piastrinica ha un comprovato effetto benefico nella prevenzione e nella gestione della trombosi arteriosa e venosa (2-4). 

I farmaci antiaggreganti piastrinici (antiplatelet drugs) possono essere classificati secondo la loro modalità di azione nella prevenzione dell’attivazione e/o aggregazione piastrinica in:

inibitori dell’enzima cicloossigenasi (es. acido acetilsalicilico o ASA; triflusal): agiscono attraverso l’inattivazione dell’enzima cicloossigenasi, che converte l’acido arachidonico nella prostaglandina trombossano A2, un fattore chiave nell’attivazione e aggregazione piastrinica (5);

inibitori del recettore dell’ADP (farmaci tienopiridinici: es. clopidogrel, prasugrel, ticlopidina; farmaci ciclopentiltriazolopirimidine: es. ticagrerol): agiscono bloccando la componente P2Y12 del recettore per l’ADP sulla superficie delle piastrine (6), che è fondamentale per l’attivazione del complesso recettoriale GP IIb/IIIa, necessario per l’attivazione e aggregazione piastrinica;

  • inibitori diretti del complesso recettoriale GP IIb/IIIa (es. abciximab, eptibatide, tirofiban);
  • inibitori della fosfodiesterasi PDE-3 (es. cilostazolo): riducono l’aggregabilità piastrinica;
  • inibitori del reuptake dell’adenosina (es. dipiridamolo);
  • inibitori dell’adesione piastrinica al substrato (es. α-tocoferolo (vitamina E)): impediscono l’adesione piastrinica alle proteine adesive del collagene, fibrinogeno e fibronectina.

I farmaci antiaggreganti possono essere somministrati da soli (monoterapia: es. ASA) o in associazione tra loro (terapia antiaggregante duale o DAPT (7): es. ASA + Clopidogrel, ASA + Prasugrel, ASA + Ticagrerol, ASA + Ticlopidina), in differenti dosaggi e in differenti posologie.

Sebbene questi farmaci forniscano una protezione dagli eventi ischemici, espongono i pazienti anche ad un potenziale maggior rischio di sanguinamento intraoperatorio. Spesso gli odontoiatri sopravvalutano questo rischio e sottovalutano il rischio trombotico dell’interruzione della terapia stessa: infatti, per timore di una emorragia postoperatoria prolungata, viene consigliata la sospensione del farmaco 5-7 giorni prima dell’intervento (8), con o senza consulto con i cardiologi. Tuttavia la sospensione e la successiva ripresa di questi farmaci può provocare un dimostrato effetto rebound ed essere quindi associata a complicazioni trombotiche potenzialmente mortali (9-14).

Pertanto, le linee guida e gli algoritmi di cura stabiliti da varie società scientifiche mediche attualmente consigliano di soppesare paziente per paziente il rischio di eventi trombotici rispetto a quello di eccessivo sanguinamento e, quando ragionevolmente possibile, di non interrompere la terapia anticoagulante per gli interventi di chirurgia orale minore (4,15-18).

L’usanza clinica che prevede la sistematica sospensione preoperatoria degli antiaggreganti piastrinici non è supportata da evidenze scientifiche, in quanto nella maggior parte dei casi il sanguinamento in tali pazienti può essere gestito con misure emostatiche locali normalmente adottate nella pratica quotidiana (15,19,20).

Lo scopo di questa revisione della letteratura è investigare gli effetti del mantenimento della terapia antiaggregante sulla frequenza e la gravità degli eventi emorragici peri e postoperatori nei pazienti sottoposti a chirurgia orale minore.

MATERIALI E METODI

La ricerca bibliografica online è stata condotta utilizzando come fonti principali le pubblicazioni rinvenibili tramite il servizio Tor Vergata Library Search dell’Università di Roma Tor Vergata (es. PubMed, ScienceDirect, Wiley Online Library, EBSCO, SpringerOpen, DOAJ) e quelle indicizzate nel motore di ricerca ClinicalKey consultabile dai pc del Reparto di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Ospedale Santa Chiara di Trento. I termini di ricerca usati sono stati preventivamente verificati attraverso il dizionario medico MeSH. Le parole chiave utilizzate sono: antiplatelet drug, oral bleeding, minor oral surgery, thoot extraction, aspirin, clopidogrel, dual antiplatelet therapy.

I parametri principali utilizzati per la selezione degli articoli sono stati l’essere in lingua inglese o italiana, la possibilità di leggere il testo completo e la data di pubblicazione non antecedente al 2008.

DISCUSSIONE 

Nel periodo 2008-2019 sono stati pubblicati diversi articoli che hanno riguardato interventi di chirurgia orale minore in pazienti che assumevano agenti antipiastrinici, differenziati in studi prospettici, studi retrospettivi, trasversali, trial clinici e review della letteratura.

Si è evidenziata una scarsità di studi controllati randomizzati, soprattutto per le terapie antiaggreganti non ASA o terapia antiaggregante duale.

Quasi tutti gli studi hanno riportato tassi di sanguinamento intraoperatorio accettabili con differenti regimi terapeutici antipiastrinici; tuttavia, ci sono alcune limitazioni che rendono difficile la comparazione di tali studi.

Il primo aspetto critico nella comparazione tra gli studi riguarda la definizione stessa di cosa sia un “evento di sanguinamento”, in quanto non esiste una definizione standard di “fisiologico” sanguinamento dopo interventi di chirurgia orale. In egual modo non esiste alcun metodo regolato e standardizzato per l’acquisizione dei dati sulle complicanze emorragiche postoperatorie. Questo fa sì che le complicanze emorragiche rilevate nei vari studi siano state riportate senza criteri uniformi e siano basate sulla valutazione soggettiva del singolo ricercatore: autori diversi hanno utilizzato criteri diversi per valutare la frequenza, la durata e la severità di sanguinamento perioperatorio.

Anche il tipo, l’estensione e la durata dell’intervento chirurgico orale sono state spesso differenti tra gli studi: alcuni ricercatori hanno valutato solo estrazioni singole semplici, alcuni hanno incluso estrazioni multiple più complicate, e alcuni hanno eseguito interventi chirurgici orali minori.

Inoltre le varie misure locali usate per l’emostasi possono aver influenzato i risultati.

Infine i campioni stessi, spesso piccoli, ed i loro raggruppamenti, dettati da differenti criteri di inclusione ed esclusione dei pazienti, hanno condotto a risultati non statisticamente rappresentativi per l’intera popolazione.

Tutti questi fattori rendono difficile la comparazione statistica dei dati, permettendo solo la mera analisi descrittiva dei singoli studi.

Per quanto riguarda il sanguinamento intraoperatorio, gli studi esaminati non hanno mostrato differenze significative nell’insorgenza o grado di emorragia nei pazienti in terapia antipiastrinica singola, doppia e soggetti sani del gruppo di controllo.

Tuttavia, sembrava esserci un aumento del rischio di sanguinamento postoperatorio immediato (entro i 60 minuti) in pazienti sottoposti a terapia antiaggregante duale rispetto a quella singola ed il gruppo di controllo, facilmente controllabile con mezzi di emostasi locale; mentre non vi è differenza tra pazienti che assumono la terapia antiaggregante singola e i pazienti non in terapia.

Per quanto riguarda il sanguinamento postoperatorio tardivo (da 3 ore a 1 settimana), tutti gli studi hanno riportato una ricorrenza dello 0% tra tutti i pazienti in trattamento con antipiastrinici (fig. 1-3).

Fig. 2 Sanguinamento post-intervento estrattivo e curettage.

CONCLUSIONI 

Questa revisione della letteratura è stata effettuata per investigare gli effetti del mantenimento della terapia antiaggregante sulla frequenza e la gravità degli eventi emorragici peri e postoperatori nei pazienti sottoposti a chirurgia orale minore e valutare quindi i rischi che il chirurgo orale deve conoscere prima dell’intervento.

La letteratura sul sanguinamento intraoperatorio in pazienti in terapia antiaggregante piastrinica è limitata, con ancora pochi dati relativi alle terapie con antiaggreganti non basati sui ASA o terapia antiaggregante duale. Nel caso dei nuovi farmaci antipiastrinici non sono disponibili prove scientifiche sufficienti per stabilire protocolli rigorosi. Pertanto, sono necessari ulteriori studi clinici con più pazienti e un follow-up più lungo per ottenere conclusioni più accurate e affidabili.

Fig. 3 Sanguinamento contenuto con emostatici locali: sutura in seta 3-0 e garza imbevuta con acido tranexamico.

Per decidere correttamente se interrompere o mantenere la terapia antiaggregante va preventivamente valutato il rischio tromboembolico, il rischio emorragico e l’invasività dell’intervento chirurgico, anche tramite consulto con l’internista o il cardiologo. Le complicanze emorragiche postoperatorie e la loro relativa gestione, soprattutto per i pazienti trattati con terapia anticoagulante e antiaggregante combinate, sembrano essere maggiori e quindi bisogna tenerle in considerazione.

Tuttavia, la chirurgia orale è differente da altre tipologie di chirurgie distrettuali: è improbabile che si lesionino vasi maggiori ed i siti chirurgici sono facilmente accessibili. Il sanguinamento orale è di solito immediatamente evidente e quindi consente un veloce rilevamento e un precoce intervento per ristabilire l’emostasi.

Varie sono le misure emostatiche locali: gli approcci vanno dalle semplici manovre compressive con garze, imbevuta o meno con farmaci antifibrinolitici (es. acido tranexamico), all’utilizzo di diverse tecniche di sutura, alla cauterizzazione. Queste misure si sono dimostrate efficaci per gestire il sanguinamento perioperatorio senza necessità di interruzione della terapia antiaggregante e senza eventuali ulteriori interventi in pazienti sottoposti a chirurgia orale minore (37). Inoltre i pazienti devono ricevere adeguate istruzioni cui attenersi per il periodo postoperatorio.

Dai dati analizzati emerge pertanto che nei pazienti in terapia antiaggregante continuativa vi è un aumento trascurabile e non clinicamente significativo del grado e della frequenza delle complicanze emorragiche intra e postoperatorie; al contrario la sospensione della terapia antiaggregante cronica nei pazienti con la malattia coronarica pone un significativo rischio di eventi coronarici acuti.

I risultati di questa revisione dimostrano quindi che non vi è alcuna indicazione a modificare o interrompere la terapia antipiastrinica prima di un intervento dentale di chirurgia orale minore e che, sia per l’immediato sanguinamento postoperatorio, che per i rari casi di sanguinamento postoperatorio prolungato o tardivo, sono sufficienti adeguate misure di emostasi locale (21-36). λ

 

 

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Aim of the work:

The aim of the paper is a review of the scientific literature about the risk of perioperative bleeding during oral surgery in patients on antiplatelet therapy versus the thrombotic risks deriving from their interruption. In minor oral surgery, bleeding complications requiring additional hemostatic measures to suture and local compression maneuvers are very rare. The risk of thrombotic complications coming from discontinuation of antiplatelet therapy for oral surgery procedures is significant. Therefore, antiplatelet drugs should not be discontinued, as the risks involved in altering the therapy outweigh the low risk of postoperative oral bleeding complications resulting from oral surgical procedures.