Riabilitazione di un incisivo centrale superiore mediante impianto e provvisorio immediato in alveolo gestito con “alveolar ridge preservation”

Rehabilitation of an upper central incisor by implant and immediate provisional in the alveolus managed by "alveolar ridge preservation"

Riabilitazione di un incisivo centrale superiore mediante impianto
Scopo del lavoro: Verrà presentato un case report di una riabilitazione implanto-protesica di un incisivo centrale superiore estratto a causa di una frattura verticale della radice. Saranno presentate le fasi diagnostiche e il razionale di scelta della terapia. Verranno inoltre illustrate le procedure chirurgiche dell’alveolar ridge preservation e dell’implantologia a carico immediato come pure i risultati della finalizzazione protesica.
Materiali e metodi:

Si riscontra in un paziente di 42 anni, non fumatore ed in buone condizioni di salute, la presenza di una frattura verticale di radice dell’elemento 11 già sottoposto, insieme ad altri elementi del settore frontale, a terapia protesica tradizionale. Dopo esame clinico e radiografico, sia 2D che 3D, si procede all’avulsione dell’elemento fratturato e alle procedure di alveolar ridge preservation mediante xenoinnesto, barriera riassorbibile e innesto epitelio-connettivale di derivazione palatina. A distanza di tempo si procede con l’inserimento di un impianto e provvisorizzazione immediata e infine, al termine dell’integrazione dell’impianto e alla maturazione dei tessuti molli perimplantari, a protesizzazione definitiva con corona avvitata.

Conclusioni:

La perdita di un elemento dentario si associa sempre a una contrazione della cresta alveolare con conseguenti alterazioni anatomiche e inestetismi più o meno rilevanti. Nell’ottica di una riabilitazione estetico-funzionale dell’elemento dentario perduto, si rende necessario il ripristino delle condizioni ideali o la limitazione della perdita di volume della cresta edentula. L’alveolar ridge preservation, se vi sono le condizioni ideali, rappresenta una tecnica affidabile con minor rischio di complicanze rispetto al posizionamento dell’impianto nell’immediato post avulsione anche se, inevitabilmente, comporta tempi di finalizzazione più lunghi.

INTRODUZIONE

L’avulsione di un elemento dentario comporta, inevitabilmente, una riduzione del volume della cresta edentula. Già nel 1967 Pietrokovski e Massler (1) indicavano che l’estrazione di un incisivo centrale comportava la riduzione del volume alveolare, sia in senso verticale che in senso orizzontale. Dati confermati da Schropp nel 2003 (2), il quale afferma che la contrazione orizzontale del volume crestale a livello dell’incisivo centrale mascellare si attesta mediamente intorno ai 6 mm, pari a circa il 50% del volume totale.

Ne consegue che tale alterazione anatomica non sia compatibile con le sempre più crescenti richieste estetiche dei pazienti. Il recupero estetico-funzionale dell’elemento dentale attraverso la soluzione implantare, richiede forme, volumi e proporzioni ideali non solo degli elementi protesici ma anche di tessuto osseo e gengivale.

La ricerca scientifica, che ha supportato la necessità clinica di avere a disposizione sistemi in grado di limitare la contrazione alveolare post estrattiva, ha sancito definitivamente il fallimento del protocollo che prevede l’immediato inserimento dell’impianto dopo l’avulsione, come presidio di contenimento della perdita di volume crestale.

Infatti tale riduzione volumetrica non viene in nessun modo limitata dalla fixture (3), anzi l’inserimento dell’impianto contribuisce a un’ulteriore perdita (4). In tal senso, un ruolo importante può essere svolto dal sostituto osseo, specie se poco riassorbibile, non tanto nell’ottica di mantenere l’intero volume alveolare, ma con l’obiettivo di limitarne la fisiologica contrazione post estrattiva (5).

Alla luce di tali considerazioni, è possibile prendere in considerazione diversi approcci alla terapia implanto-protesica per la sostituzione di un incisivo centrale superiore. Se esistono le condizioni ideali, l’impianto post estrattivo immediato con carico immediato e il contestuale utilizzo di biomateriale ed innesto di connettivo rappresentano la soluzione che permette di conciliare eccellenti risultati e limitati tempi di finalizzazione, anche se ciò comporta maggiori rischi di recessione e conseguente inestetismo (6).

D’altro canto l’approccio differito, cioè la procedura che prevede la guarigione spontanea dell’alveolo, pur offrendo il vantaggio di operare in una cresta stabile, costringe l’operatore a cimentarsi con una cresta che ha subito mediamente il maggior grado di contrazione e con la maggior necessità di ricorrere a tecniche di bone e soft tissue augmentation. Procedure che, pur essendo evidence based e altamente predicibili, elevano innegabilmente il costo biologico del trattamento. Se l’avulsione dell’elemento dentario avviene in condizioni in cui l’anatomia è stata ben conservata ed il buccal bone è stato completamente mantenuto, le procedure di socket o alveolar ridge preservation permettono di limitare il grado di contrazione della cresta e consentono al clinico di realizzare la terapia implantare in una cresta stabile ma meno contratta rispetto a quella che si avrebbe con la guarigione spontanea.

Presentazione del caso

Un paziente di 42 anni non fumatore e in ottime condizioni di salute si presenta alla nostra osservazione chiedendo la sostituzione di una riabilitazione protesica tradizionale a carico degli incisivi superiori a causa di un evidente inestetismo. All’esame clinico si evidenziano corone protesiche in resina degli elementi 11-21-22-23-24 in sede da anni (fig. 1 e 2).

All’esame obiettivo non si evidenziano segni di malattia né il paziente riporta sintomatologia dolorosa. Al sondaggio parodontale non si apprezzano valori patologici ma solo lieve sanguinamento, compatibile con uno stato di gengivite superficiale. All’esame radiografico di primo livello (fig. 3) si evidenziano gli elementi 11, 22, 23 e 24 con terapia endodontica e ritenzione endocanalare senza alcun segno di patologia.

Fig. 3 Esame radiografico di primo livello in fase pre-trattamento.

Alla rimozione della riabilitazione protesica provvisoria (fig. 4 e 5), necessaria per la valutazione dello stato di salute dei pilastri, si evidenzia una rima di frattura dell’elemento 11 che si estende a livello radicolare, compatibile con un quadro di frattura verticale di radice a prognosi infausta (fig. 6).

Vista la necessità di avulsione dell’elemento dentario 11, sono state prese in considerazione diverse soluzioni terapeutiche come l’impianto post-estrattivo immediato e carico immediato con contestuale utilizzo di biomateriale e innesto di connettivo come pure l’alveolar ridge preservation con posizionamento dilazionato dell’impianto.

E’ stata invece esclusa la possibilità di una guarigione spontanea dell’alveolo con posizionamento dilazionato dell’impianto, come pure le soluzioni protesiche tradizionali che prevedessero il coinvolgimento dell’elemento dentario 12. Viste le notevoli esigenze estetiche del paziente, la possibilità di gestire agevolmente l’edentulia operando sul provvisorio a supporto degli elementi naturali e della presenza di una parete ossea vestibolare all’elemento da estrarre ben rappresentata, valutata dall’esame radiografico di secondo livello (fig. 7 e 8), si è scelto, con il consenso del paziente, la soluzione della preservazione alveolare.

MATERIALI E METODI

In previsione dell’intervento, il paziente è stato sottoposto a seduta di igiene orale professionale circa 2 settimane prima dell’avulsione, a una profilassi antisettica mediante collutorio a base di clorexidina 0,12% 3 giorni prima dell’avulsione, a profilassi antibiotica con 2 grammi di amoxicillina+acido clavulanico un’ora prima dell’intervento e successiva terapia antibiotica con 1 grammo ogni 12 ore per 6 giorni complessivi.

Previa anestesia plessica con una tubofiala di articaina 1:200:000 infiltrata vestibolarmente e palatalmente all’elemento 11, si procede all’avulsione atraumatica di 11 con tecnica flapless (fig. 9 e 10).

Dopo curettaggio dell’alveolo e lavaggio con soluzione fisiologica (fig. 11 e 12), si procede alla cruentazione del tessuto molle sovra crestale mediante strumento rotante a palla diamantata sotto irrigazione di soluzione fisiologica (fig. 13).

 

L’alveolo viene riempito da xenoinnesto di origine bovina con componente collagenata per la sola componente ossea, senza uscire dal bone housing (fig. 14, 15 e 16).

L’innesto viene coperto da una membrana riassorbibile in collagene (fig. 17 e 18) e successivamente protetto da un innesto di epitelio connettivale dello spessore di circa 3 mm, prelevato dal tuber dello stesso paziente (fig. 19, 20 e 21) e suturato mediante filo Nylon 7/0 (fig. 22 e 23).

Il paziente viene sottoposto a radiografia periapicale di controllo (fig. 24) e dimesso con dettagliate istruzioni postoperatorie riguardo a norme igieniche, alimentari e comportamentali, con terapia antidolorifica con ibuprofene 600 mg da assumere al bisogno e antisettica mediante collutorio a base di clorexidina 0,12% da utilizzare 3 volte al giorno per un mese. L’edentulia viene gestita con provvisorio a sbalzo di 11 unito ai provvisori che hanno come pilastri gli elementi 21-22-23.

Fig. 24 Rx periapicale post operatoria immediata che mostra riempimento dell’alveolo mediante biomateriale.

Vengono effettuati controlli a 15 giorni per la rimozione della sutura e a distanza di 1, 3 e 6 mesi. A distanza di 8 mesi, si effettuano controlli clinici (fig. 25 e 26) e radiografici (fig. 27 e 28).

L’esame CBCT evidenzia come la socket preservation abbia consentito il mantenimento di una quota di tessuto osseo sufficiente al posizionamento protesicamente guidato dell’impianto (fig. 29, 30 e 31), tuttavia non ha permesso il mantenimento dell’intero volume crestale che risulta insufficiente per un adeguato ripristino dell’estetica del paziente (fig. 32).

Si è scelto di compensare tale difetto agendo sul management dei tessuti molli, ma visto l’esiguità del difetto non si è ricorso a innesti, bensì a una semplice tecnica di trasposizione di tessuto sul versante vestibolare.

In previsione del secondo intervento, il paziente è stato sottoposto a seduta di igiene orale professionale circa 2 settimane prima dell’avulsione, a una profilassi antisettica mediante collutorio a base di clorexidina 0,12% 3 giorni prima dell’avulsione e a profilassi antibiotica con 2 grammi di amoxicillina+acido clavulanico un’ora prima dell’intervento.

Previa anestesia plessica con una tubofiala di articaina 1:200:000 infiltrata vestibolarmente e palatalmente alla regione 11, si procede con un’incisione a tutto spessore a livello della sella edentula spostata palatalmente in modo da lasciare una banda di tessuto cheratinizzato di circa 4 mm vestibolarmente all’incisione (fig. 33).

Fig. 33a, 33b Incisione in cresta spostata palatalmente (A) e quota di gengiva cheratinizzata che viene spostata vestibolarmente (B).

Il lembo muco-periosteo viene sollevato per apprezzare clinicamente la quota di tessuto osseo preservato (fig. 34 e 35) e viene preparato un sito implantare secondo una guida protesica, con strumenti rotanti, sotto irrigazione di soluzione fisiologica, seguendo il protocollo fornito dalla casa produttrice della sistematica. Viene quindi posizionato un impianto (3,75 x 13 mm Parallel, Nobel Biocare) (fig. 36) e ottenuto un torque di inserimento di 45 N/cm, si procede con l’avvitamento di un provvisorio secondo il protocollo del carico immediato (fig. 37).

Il paziente viene sottoposto a controlli occlusali per evitare interferenze durante i movimenti di esercizio, radiografia periapicale (fig. 40) e viene dimesso con dettagliate istruzioni postoperatorie riguardo a norme igieniche, alimentari e comportamentali, con terapia antidolorifica con ibuprofene 600 mg da assumere al bisogno e antisettica mediante collutorio a base di clorexidina 0,12% da utilizzare 3 volte al giorno per un mese.

 

Vengono effettuati controlli a 15 giorni per rimozione delle suture e a distanza di 1, 3 e 6 mesi. A distanza di 10 mesi si effettuano controlli clinici che evidenziano una buona maturazione dei tessuti perimplantari (fig. 41) e una coronalizzazione del margine gengivale di 11 rispetto alle condizioni di partenza.

Fig. 41 Controllo clinico a 10 mesi dal posizionamento dell’impianto e del provvisorio avvitato.

La discrepanza di lunghezza dei 2 incisivi centrali viene gestita mediante modifica dei provvisori e condizionamento dei tessuti molli. Si propone un intervento di allungamento di corona clinica di 22 per pareggiare le lunghezze degli incisivi laterali ma il paziente rifiuta considerandosi già soddisfatto del risultato.

Previa personalizzazione del transfer per mantenere gli stessi volumi del provvisorio, si procede con rilevamento dell’impronta di 11 su impianto e di 21, 22, 23 e 24 su elementi naturali (fig. 42, 43 e 44).

Si realizzano e vengono cementate 4 corone singole in zirconio ceramica sugli elementi naturali 21, 22, 23 e 24 e una corona avvitata in zirconio ceramica su elemento 11 (fig. 46).

Si effettuano controlli clinici e radiografici a 2 anni di distanza in cui si rileva una accentuata discromia dell’elemento 12 con restauro esistente in precedenza.

DISCUSSIONE

La scelta dell’alveolar ridge preservation ha lo scopo di limitare la fisiologica perdita di volume crestale conseguente all’avulsione dell’elemento dentario. La contrazione della cresta edentula a livello degli incisivi mascellari è particolarmente evidente, specie in senso orizzontale, a causa del maggiore riassorbimento della parete vestibolare rispetto al versante palatale (7).

Il grado di riassorbimento è inversamente proporzionale allo spessore della parete ossea vestibolare, in gran parte costituita dal bundle bone, e si attesta intorno al 70% se lo spessore è minore di 1 mm e del 20% se maggiore ad 1 mm (8).

Tuttavia nel 70% dei casi tale parete risulta inferiore al mm e nel 40% dei casi addirittura inferiore al mezzo millimetro (9). Ne consegue che il riassorbimento crestale sia frequente e con esiti evidenti. La letteratura, con studi comparativi tra alveoli post estrattivi con solo coagulo e alveoli riempiti, indica che l’utilizzo di biomateriali può limitare la perdita volumetrica della cresta, sia in senso orizzontale (5,10) che verticale (11).

L’utilità del biomateriale è anch’essa influenzata dallo spessore del buccal bone, essendo notevole in caso di spessori ridotti e trascurabile in caso di parete maggiore di un millimetro. Tuttavia gli stessi autori indicano che anche nei casi di alveoli post estrattivi con parete vestibolare ben rappresentata, l’utilizzo di un biomateriale determina una maggior predicibilità nella limitazione della contrazione (12). La scelta del biomateriale ricade su uno xenoinnesto, nettamente più performante rispetto a tutti gli altri tipi di sostituto osseo (13), specie se protetto da una membrana riassorbibile (14).

Per contro, la presenza del biomateriale determina un rallentamento della guarigione (5) con conseguente allungamento dei tempi di finalizzazione, inoltre non sempre promuove la formazione ossea (15).

Limitatamente a questo caso, la nostra esperienza indica che la procedura di socket preservation è stata utile al mantenimento dei volumi crestali ed ha promosso la formazione ossea sufficiente per il posizionamento di un impianto, in linea con la programmazione protesica. Ciò ha permesso di evitare ulteriori fasi di bone augmentation che probabilmente sarebbero state necessarie in caso di guarigione spontanea. Tuttavia non è stata in grado di mantenere pienamente il volume crestale indispensabile all’ottenimento di un adeguato risultato estetico. Si è resa così necessaria una fase di management dei tessuti molli. La limitata entità della contrazione e la buona disponibilità di tessuto cheratinizzato ci ha permesso di ottimizzare il risultato solo mediante una trasposizione di tessuto gengivale, spostando l’incisione sul versante palatale, evitando tecniche di innesto a maggiore invasività. Il risultato funzionale ed estetico è stato soddisfacente e a 2 anni si apprezza la stabilità dei tessuti perimplantari. Si è verificata una discromia a carico dell’elemento 12.

CONCLUSIONI

Limitatamente a questo caso, la procedura di alveolar rigde augmentation consente di mantenere il volume osseo necessario al posizionamento di un impianto, limitando la necessità di ricorrere ad ulteriori tecniche di bone augmentation. Tuttavia non consente di mantenere il completo volume crestale di partenza e quindi, per idealizzare il risultato, è necessario ricorrere a procedure di management dei tessuti molli. Inoltre determina un allungamento dei tempi di finalizzazione, legati alla lenta maturazione del biomateriale e crea la necessità di gestire l’edentulia con provvisorizzazioni a lungo termine.

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Materials and methods:

A 42-year-old patient, non-smoker and in good health, shows a vertical root fracture of element 11 already subjected to traditional prosthetic therapy, together with other elements. After a clinical and radiographic examination, both 2D and 3D, we proceed with the extraction of the fractured element and the “alveolar ridge preservation” procedures using xenograft, resorbable membrane and epithelial-connective tissue graft. We then proceed with the insertion of an implant and an immediate provisionalization. After the implant integration and the maturation of the peri-implant soft tissues the case will be finalized by a screw retained crown.

Aim of the work:

It will be presented a case report of implant-prosthetic rehabilitation of an extracted upper central incisor due to a vertical root fracture, the diagnostic phases and the rationale for choosing the therapy. The surgical procedures of alveolar ridge preservation and immediate loading implantology will also be illustrated, as well as the results of the prosthetic finalization.

Conclusion:

The loss of a dental element is always associated with a contraction of the alveolar ridge with consequent anatomical alterations and significant imperfections. To realize an aesthetic-functional rehabilitation of the lost dental element, we need to restore the ideal conditions, or to limit the loss of volume of the edentulous ridge. In ideal conditions the alveolar ridge preservation represents a reliable technique with a lower risk of complications compared to implant placement in the immediate post-avulsion even if, inevitably, it involves longer finalization times.