Riabilitazione implantoprotesica nella mandibola posteriore con contestuale rigenerazione ossea verticale mediante osso autologo: caso clinico

Scopo del lavoro: Scopo del lavoro è realizzare una riabilitazione implantoprotesica nella mandibola posteriore associando tecniche di rigenerazione ossea verticale con utilizzo di osso autologo ed inserimento contestuale di fixture implantare.
Materiale e metodi: Viene presentato il caso di una paziente con edentulia in zona 4.7 associata ad un difetto osseo verticale rigenerato contestualmente all’inserimento implantare, in modo da poter realizzare una protesi in un contesto anatomico ottimale e mantenibile nel tempo. Vengono eseguite tecniche di GBR, usando come materiale da rigenerazione osso autologo addizionato con osso eterologo di origine bovina e membrana riassorbibile. A 10 mesi dall’intervento viene realizzata la protesi definitiva dopo aver condizionato per 6 mesi i tessuti molli perimplantari con una corona provvisoria.
Risultati: Il follow-up a 3 anni mostra un restauro protesico funzionale, un corretto mantenimento dell’architettura tissutale e ossea, un buono stato di salute dei tessuti perimplantari.Le tecniche chirurgiche utilizzate hanno permesso la rigenerazione del difetto osseo verticale permettendo di realizzare una riabilitazione protesica a supporto implantare mantenibile nel tempo.

Nelle riabilitazioni implantoprotesiche di siti caratterizzati da difetti ossei verticali il clinico si trova a scegliere tra la realizzazione di protesi con dimensioni compensatorie o il ripristino dei volumi ossei adeguati. Per la rigenerazione di difetti non space-making, la letteratura sostiene l’utilizzo del potenziale osteoinduttivo dell’osso autologo, eventualmente addizionato ad altri sostituti ossei, ed associato all’impiego di membrane a lento riassorbimento.

MATERIALI E METODI

Viene mostrato un caso clinico che presenta un’edentulia in zona 4.7 con perdita verticale del volume osseo. In accordo con la paziente si decide di effettuare una riabilitazione implantoprotesica in modo da ristabilire una corretta funzione masticatoria del settore a mezzo di una rigenerazione ossea verticale contestuale all’inserimento implantare.
La sistematica utilizzata presenta il vantaggio del recupero di sufficiente quantità di autologo durante l’atto di allestimento del sito implantare da miscelare con un sostituto osseo al 50%. Questo permette di non dover allestire un secondo sito chirurgico di prelievo osseo con conseguenti vantaggi in termini di discomfort e morbilità post operatoria.

Stato clinico e radiografico iniziale
Figg. 1a e 1b Stato clinico e radiografico iniziale in cui si evidenzia la perdita verticale di osso distale all’elemento 4.6.

Dall’esame clinico e radiografico (figg. 1a e 1b) si evidenzia come l’altezza ossea residua permetterebbe il posizionamento di un impianto di dimensioni adeguate al carico occlusale; tuttavia a causa di tale difetto il profilo d’emergenza della futura riabilitazione protesica sarebbe risultato poco mantenibile igienicamente nel tempo e poco armonico rispetto agli elementi contigui, data un’estensione coronale compensatoria. Firmato il consenso informato e programmato il supporto farmacologico che prevede profilassi antibiotica e sciacqui a base di clorexidina 0,12%, 3 volte al giorno a partire dalla settimana precedente all’intervento, si procede all’atto chirurgico.
Si allestisce lembo mucoperiosteo a tutto spessore centrocrestale in mucosa cheratinizzata ed incisioni di rilascio vestibolo-mesiali; il lembo viene scollato lingualmente fino all’inserzione milojoidea ad ottenere opportuno rilasciamento verticale. Vestibolarmente il lembo è elevato fino alla linea obliqua ove si procede ad una incisione periostale longitudinale in senso disto-mesiale per la medesima finalità di passivazione. In accordo col protocollo implantare scelto, il sito viene preparato mediante l’utilizzo di una fresa carotatrice con stop di profondità integrato a 6 mm, diametro esterno di 5 mm ed interno di 4 mm (fig. 2a).

Fig. 2a Preparazione del sito implantare mediante fresa carotatrice con stop di profondità integrato a 6 mm, diametro esterno di 5 mm ed interno di 4 mm
Fig. 2a
Preparazione del sito implantare mediante fresa carotatrice con stop di profondità integrato a 6 mm, diametro esterno di 5 mm ed interno di 4 mm

Il cilindro osseo così delimitato viene disconnesso e ridotto in chips mediante un bone-mill. Dopo passaggio con fresa rettificatrice di diametro 6 mm si posiziona la fixture implantare di dimensioni 7 x 8,5 mm avendo cura di alloggiare il collo implantare a circa 2 mm sotto la CEJ (Cement Enamel Junction) dell’elemento mesiale (figg. 2b e 2c).

Figg. 2b e 2c Posizionamento della fixture implantare di dimensioni 7 x 8,5 mm. Il collo implantare non è posizionato a livello della cresta ossea, ma circa 2 mm al di sotto la CEJ dell’elemento mesiale (b, c).
Figg. 2b e 2c
Posizionamento della fixture implantare di dimensioni 7 x 8,5 mm. Il collo implantare non è posizionato a livello della cresta ossea, ma circa 2 mm al di sotto la CEJ dell’elemento mesiale (b, c).

La porzione coronale della fixture viene quindi lasciata inizialmente esposta in previsione del livello osseo finale secondo un concetto di posizionamento protesicamente guidato.
L’osso autologo recuperato è addizionato con un sostituto osseo eterologo di origine bovina, così da ottenere un volume adeguato alle esigenze rigenerative (figg. 3a e 3b).

3ab
Figg. 3a, 3b Cilindro di osso autologo ottenuto dall’utilizzo della fresa carotatrice (a), ridotto in chips mediante bone-mill ed addizionato a sostituto osseo eterologo bovino (b).

Si posiziona e si stabilizza in corrispondenza del sito operatorio una membrana a lento riassorbimento in pericardio, con la funzione di contenere il materiale da innesto posizionato e di offrire un effetto tenda (1) di adeguata durata (fig. 3c).

Membrana a lento riassorbimento
Fig. 3c
Membrana a lento riassorbimento in pericardio posizionata sul sito chirurgico (c).

Le incisioni periostali di rilascio vestibolari e lo scollamento linguale permettono una passivazione dei lembi permissiva alla loro sovrapposizione di circa 5 mm. Si sutura alternando punti singoli e materassai orizzontali a garantire un’interfaccia connettivale e una chiusura di prima intenzione senza tensione (fig. 4).

Fig. 4 I lembi, adeguatamente scollati vestibolarmente e lingualmente, vengono trattati con incisioni periostali di rilascio permettendo la loro passivazione e sovrapposizione. La sutura viene eseguita alternando punti singoli e materassai orizzontali per garantire una guarigione per prima intenzione senza tensioni.
Fig. 4 I lembi, adeguatamente scollati vestibolarmente e lingualmente, vengono trattati con incisioni periostali di rilascio permettendo la loro passivazione e sovrapposizione. La sutura viene eseguita alternando punti singoli e materassai orizzontali per garantire una guarigione per prima intenzione senza tensioni.

Si esegue un controllo radiografico da cui si evidenzia l’altezza della rigenerazione eseguita (fig. 5).

 

Fig. 5 Controllo radiografico eseguito a termine della seduta chirurgica da cui si evidenzia l’altezza della rigenerazione eseguita.
Fig. 5
Controllo radiografico eseguito a termine della seduta chirurgica da cui si evidenzia l’altezza della rigenerazione eseguita.

Data la composizione del materiale da rigenerazione utilizzato, in cui la quota di osso autologo è superiore al 50%, si stima un tempo di maturazione ossea di almeno 4 mesi. Passato questo tempo si esegue la riapertura mediante lembo a riposizionamento laterale (figg. 6a e 6b).

 

riapertura del sito implantare
Figg. 6a, 6b
Dopo un periodo di maturazione ossea di 4 mesi (a) si esegue la riapertura del sito implantare mediante lembo a riposizionamento laterale (b).

Si posiziona quindi una vite di guarigione di dimensioni idonee al molare in modo da condizionare adeguatamente i tessuti in rapporto col futuro restauro protesico (fig. 6c).

 

Viene collocata la vite di guarigione
Fig. 6c
Viene collocata la vite di guarigione con dimensioni congrue a quelle della futura riabilitazione protesica e si sutura gestendo i tessuti molli in modo da ricreare almeno 2 mm di gengiva cheratinizzata perimplantare (c).

L’atto chirurgico è finalizzato all’ottenimento di 2 mm di gengiva cheratinizzata perimplantare. Il controllo a una settimana evidenzia guarigione dei tessuti, assenza di infiammazione e un tragitto transmucoso in fase di maturazione (fig. 7a). Viene quindi realizzato un provvisorio in resina avvitato (fig. 7b), mantenuto in sede 6 mesi, dopo i quali si procede all’allestimento del definitivo in oro ceramica cementato sul moncone fresato in titanio.

Il controllo a una settimana mostra la guarigione dei tessuti
Figg. 7a e 7b
Il controllo a una settimana mostra la guarigione dei tessuti e un tragitto transmucoso in fase di maturazione (a); viene quindi realizzato un provvisorio in resina avvitato (b), mantenuto in sede 6 mesi, in modo da condizionare adeguatamente i tessuti molli perimplantari.

A distanza di 10 mesi dall’intervento chirurgico si nota una buona qualità dei tessuti molli perimplantari e si procede quindi alla realizzazione ed alla cementazione del restauro definitivo (figg. 8a e 8b),

Figg. 8a e 8b Qualità dei tessuti a 10 mesi dall’intervento chirurgico (a), dopo i quali si procede all’allestimento della protesi definitiva in oro ceramica cementata su moncone fresato in titanio.
Figg. 8a e 8b
Qualità dei tessuti a 10 mesi dall’intervento chirurgico (a), dopo i quali si procede all’allestimento della protesi definitiva in oro ceramica cementata su moncone fresato in titanio.
Visione del restauro definitivo cementato
Figg. 9a, 9b
Visione del restauro definitivo cementato (a, b)

ai controlli occlusali e radiografici (figg. 9a e 9b).

In particolare la valutazione radiografica permette di apprezzare il livello dei tessuti ossei ottenuti mediante la rigenerazione ossea guidata (GBR) (fig. 9c).

Fig. 9c vengono eseguiti i controlli occlusali e radiografici (c). In particolare quelli radiografici permettono di apprezzare il livello dei tessuti ossei ottenuti mediante le tecniche di rigenerazione ossea eseguite.
Fig. 9c
vengono eseguiti i controlli occlusali e radiografici (c).
In particolare quelli radiografici permettono di apprezzare il livello dei tessuti ossei ottenuti mediante le tecniche di rigenerazione ossea eseguite.

RISULTATI

Le tecniche chirurgiche rigenerative scelte hanno permesso di realizzare un restauro protesico cementato tale da garantire un corretto mantenimento igienico senza tralasciare l’aspetto estetico. Ciò si evince anche dal follow-up a 3 anni che mostra lo stato di salute dei tessuti (fig. 10).

Stato di salute dei tessuti a 3 anni di follow-up
Fig. 10
Stato di salute dei tessuti a 3 anni di follow-up.

DISCUSSIONE

La riabilitazione delle zone edentule delle arcate mascellari attraverso l’uso di impianti osteointegrati rappresenta ad oggi una pratica con solide basi scientifiche e cliniche (2, 3). Tra i fattori più importanti, per un buon mantenimento nel tempo della riabilitazione, troviamo sicuramente la quantità e la qualità dei volumi ossei (4) e la presenza di un adeguato collare di gengiva cheratinizzata intorno agli impianti stessi. Il corretto posizionamento tridimensionale della fixture risulta quindi fondamentale (5). Spesso, tuttavia, i siti da riabilitare non presentano inizialmente caratteristiche biologiche tali da assicurare un risultato ottimale da un punto di vista igienico ed estetico della protesi e dei tessuti rosa. Per ovviare a questi problemi, il clinico può associare tecniche di rigenerazione dei tessuti ossei in maniera da ricreare i volumi ideali per la riabilitazione implantoprotesica (6). Le procedure di GBR possono precedere l’intervento di inserimento implantare, oppure essere contestuali ad esso, come nel caso da noi esposto.
La letteratura suggerisce che il posizionamento degli impianti ritardato rispetto alle procedure di GBR possa essere più predicibile rispetto all’inserimento contestuale degli stessi (7). Tuttavia un’accurata selezione del caso clinico e l’utilizzo di adeguati materiali da innesto osseo associati a tecniche chirurgiche appropriate permettono di ottenere ottimi risultati anche nel caso di un’unica seduta operatoria, riducendo peraltro i tempi totali della riabilitazione in atto. In particolare, l’utilizzo di membrane a lento riassorbimento associate all’impiego di sostituti ossei addizionati ad osso autologo, avente proprietà osteoinduttive, permette di ottenere una rigenerazione stabile nel tempo (8, 9). La gestione del lembo chirurgico deve consentire una chiusura per prima intenzione e senza tensioni; il paziente deve essere opportunamente istruito per la gestione della guarigione. Questi accorgimenti sono finalizzati a ridurre rischi di esposizione post chirurgica del sito rigenerato (10).

CONCLUSIONI

L’utilizzo di adeguate tecniche chirurgiche e di osso autologo permette di selezionare casi in cui si rendono possibili anche piccole rigenerazioni verticali supportate da membrane riassorbibili. Il risultato clinico ha incontrato la piena soddisfazione della paziente e del clinico, ponendo le basi per un corretto mantenimento della riabilitazione nel tempo. ●

Ringraziamenti
Gli impianti utilizzati sono Megagen Rescue, la membrana è CopiOs Pericardium Membrane di Zimmer Dental.

Bibliografia:
  1. Le B, Rohrer MD, Prasad HS. Screw “tent-pole” grafting technique for reconstruction of large vertical alveolar ridge defects using human mineralized allograft for implant site preparation. J Oral Maxillofac Surg 2010 Feb;68(2):428-35.
  2. Albrektsson T, Zarb G, Worthington P, Eriksson AR. The long-term efficacy of currently used dental implants: A review and proposed criteria of success. Int J Oral Maxillofac Implants 1986;1:11–25.
  3. Chappuis V, Buser R, Brägger U, Bornstein MM, Salvi GE, Buser D. Long-term outcomes of dental implants with a titanium plasma-sprayed surface: a 20-year prospective case series study in partially edentulous patients. Clin Implant Dent Relat Res 2013 Dec;15(6):780-90.
  4. Montes CC, Pereira FA, Thomé G, Alves ED, Acedo RV, de Souza JR, Melo AC, Trevilatto PC. Failing factors associated with osseointegrated dental implant loss. Implant Dent 2007 Dec;16(4):404-12.
  5. Grunder U, Gracis S, Capelli M. Influence of the 3-D bone-to-implant relationship on esthetics. Int J Periodontics Restorative Dent 2005 Apr;25(2):113-9.
  6. Beretta M, Cicciù M, Bassi G, Rancitelli D, Poli P, Grossi GB, Maiorana C. A retrospective evaluation of 192 implants placed in augmented bone: a six-year mean follow-up study. J Oral Implantol 2015 Feb; 16.
  7. Clementini M, Morlupi A, Agrestini C, Barlattani A. Immediate versus delayed positioning of dental implants in guided bone regeneration or onlay graft regenerated areas: a systematic review. Int J Oral Maxillofac Surg 2013 May;42(5):643-50.
  8. Liu J, Kerns DG. Mechanisms of guided bone regeneration: a review. Open Dent J 2014 May 16;8:56-65.
  9. Hämmerle CH, Jung RE, Yaman D, Lang NP. Ridge augmentation by applying bioresorbable membranes and deproteinized bovine bone mineral: a report of twelve consecutive cases. Clin Oral Implants Res 2008 Jan;19(1):19-25.
  10. Romanos GE. Periosteal releasing incision for successful coverage of augmented sites. A technical note. J Oral Implantol 2010;36(1):25-30.
To cite: Docotor Os - maggio 2015
Autore: Marta Fontana, Roberta Spano, Eleonora Pionati, Marco Colombo, Davide Farronato*
Istituzione: Università degli Studi dell’Insubria, Varese * Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Morfologiche