Laser in odontoiatria: what’s new

Fig. 1 Osteotomia sperimentale su osso bovino effettuata con laser Er:YAG, modalità QSP (quantum square pulse).
Fig. 1 Osteotomia sperimentale su osso bovino effettuata con laser Er:YAG, modalità QSP (quantum square pulse).

La storia del laser è un esempio perfetto di come scienza e tecnologia riescano a scambiarsi conoscenza ed evolvere una grazie all’altra. Da quella che era considerata una pura speculazione teorica, si è giunti a progettare e realizzare una nuova sorgente di radiazione. L’inizio della storia del laser viene datato, per convenzione, nel 1916, anno in cui Albert Einstein, nel suo lavoro “Zur Quantum Theories der Strahlung”, ne descrisse il principio-base dell’emissione stimolata. La teoria della relatività inseriva una variazione del concetto del trasferimento di energia: la luce può essere assorbita dalla materia e la materia eccitata può emettere luce.

La letteratura riporta negli ultimi 50 anni (fino a giugno 2023) oltre 14800 lavori scientifici internazionali sulle applicazioni del laser in odontoiatria: nel 1971 c’era un unico lavoro e nel 2022 PUB MED ne riportava 1190. 

Se analizziamo l’andamento della letteratura internazionale sul laser in odontoiatria negli ultimi 30 anni, possiamo notare come questa abbia avuto una crescita esponenziale. Solo nei primi 5 mesi del 2023 compaiono 489 lavori confermando il trend rispetto all’anno precedente. 

L’introduzione sul mercato di nuove lunghezze d’onda, in particolare dei laser ad erbio, ha contribuito all’enorme incremento della letteratura scientifica dagli anni 90 in poi è stata. Nel 1988 Paghdiwala testò il laser ad erbio: ittrio alluminio granato (Er:YAG) e ne descrisse la possibile capacità ablativa sui tessuti dentali. L’apparecchiatura venne sviluppata nel 1990 e giunse sul mercato nel 1997. L’allargamento delle indicazioni cliniche della nuova lunghezza d’onda ha certamente suscitato la curiosità scientifica di ricercatori e clinici. 

Ma nel 2023, quali sono le novità della tecnologia laser in odontoiatria?

LASER E COVID-19

La pandemia da coronavirus ha messo in discussione le attività delle professioni sanitarie di tutto il mondo, soprattutto nei primi mesi di diffusione dell’infezione.  Il New York Times sottolineava che il personale odontoiatrico è situato all’apice delle professioni a rischio di contagio per il Covid-19. Le procedure odontoiatriche rappresentano una via di trasmissione ad alto rischio a causa dello stretto contatto con il cavo orale del paziente, della comune presenza di contaminazione con saliva, sangue e altri fluidi corporei, nonché per via dell’uso frequente nella pratica clinica quotidiana di strumenti rotanti ad alta velocità che tramite aria e acqua possono diffondere ulteriormente goccioline e aerosol infetti. È stato dimostrato che il virus può facilmente fluttuare nell’aria e persistervi per oltre tre ore, entrare in soluzione con i liquidi prodotti dagli spray degli strumenti odontoiatrici, raggiungere distanze fino a due metri dalla fonte e depositarsi su qualsiasi superficie, dove può essere rilevato anche dopo 72 ore (2).

Il ruolo dei dentisti nella gestione dei pazienti e nella prevenzione della trasmissione di Covid-19 risulta tutt’ora fondamentale. Tutti gli operatori sanitari hanno l’obbligo morale di prendersi cura dei propri pazienti nel miglior modo possibile. 

Il dubbio che si pone è se l’uso del laser nella pratica quotidiana al tempo del Covid-19 sia sicuro o meno e quali vantaggi possa offrire questa tecnologia in un periodo storico così peculiare.

La saliva può essere emessa attraverso la tosse, gli starnuti, l’eloquio o anche solo il respiro tramite le goccioline respiratorie (droplets). Un colpo di tosse può produrre circa 3000 goccioline di saliva, che è approssimativamente equivalente alla quantità generata durante una discussione di 5 minuti. Uno starnuto può produrre circa 40000 goccioline di saliva che coprono diversi metri nell’aria. Gli aerosol sono un sistema eterogeneo che consta di particelle solide o liquide sospese in aria. La dimensione varia tra 0,001 e 100 μm e può contenere polveri, particelle di lavorazioni industriali, batteri, miceti, virus, spore vegetali. Lo splatter è un agglomerato di aria e sostanze solide o liquide da 50 μm ad alcuni millimetri di diametro. 

Il virus può essere trasmesso attraverso la saliva o attraverso questi sistemi complessi proiettati dal cavo orale durante le procedure odontoiatriche conservative o chirurgiche. Il contatto con queste secrezioni potenzialmente infette, lo spazio ristretto della sala operativa, la distanza limitata dell’operatore con la bocca del paziente e la presenza di strumenti che generano aerosol rappresentano la condizione di quotidianità operativa. Strumenti rotanti (turbina, micromotore), piezoelettrici e il laser possono generare splatters, aerosol e droplets. Con l’adattamento dei parametri dei laser ad erbio durante gli interventi ablativi di tessuti duri dentali, con una riduzione dell’erogazione di aria e acqua e l’utilizzo di potenze ed energia meno elevate, a scapito di una riduzione dell’efficienza ablativa, si potrà ottenere una minor eliminazione di aerosol potenzialmente infetti (3). 

A fronte di questi potenziali rischi, esistono tutta una serie di innegabili vantaggi dell’odontoiatria laser anche nel tempo della pandemia. 

Consideriamo che ogni pratica clinica che consenta un minor sanguinamento riduce il rischio di diffusione di splatters e vapori contenenti cellule e sangue, potenziali vettori del virus. Il laser riduce i tempi operativi e consente di mantenere il paziente per un minor tempo con la bocca aperta e quindi induce minore percentuale di eliminazione di dropletts e di contagio.

L’intervento chirurgico sui tessuti molli effettuato con diverse lunghezze d’onda che assicurano emostasi perfetta (neodimio, diodi, CO2, KTP) non necessita di sutura e consente di ridurre gli accessi del paziente allo studio odontoiatrico (4).

Negli ultimi due anni sono comparse in letteratura molte esperienze volte a valutare l’attività antivirale della terapia fotodinamica (PDT) contro SARS-CoV-2 (5). La PDT mostra in vitro un’elevata attività antivirale contro SARS-CoV-2 quando combinata con specifici coloranti e apre possibilità promettenti di applicazioni cliniche nella pratica odontoiatrica quotidiana. La tecnica è identica a quella descritta per l’inattivazione di batteri o miceti, cioè laser di vara lunghezza d’onda (soprattutto diodi e LED) impiegati in associazione con coloranti di varia natura (blu di metilene, radaclorina, etc.) che attirano il fascio laser (6). Molte sperimentazioni dimostrano l’efficacia antivirale della PDT andando a valutare la vitalità cellulare o la ripresa funzionale delle cellule esposte al virus. In alcuni studi l’attività mitocondriale, che risultava significativamente ridotta dall’infezione virale, veniva notevolmente aumentata dal laser a livelli simili alle colture cellulari non infette. Altri esperimenti hanno dimostrato una riduzione vicina a 100% dei virus intracellulari ed extracellulari dopo un minuto di esposizione del laser (7). L’inattivazione fotodinamica antivirale locale può rivelarsi uno strumento utile per ridurre la carica virale nell’area del naso e della gola nella fase iniziale di un’infezione da Covid-19.

RIGENERAZIONE TISSUTALE: LASER, EMOCOMPONENTI E BIOMATERIALI

Un’attuale applicazione, che rappresenta il futuro della laser terapia, sarà indubbiamente rappresentata dalla rigenerazione tessutale. La rigenerazione dei tessuti cutanei, mucosi, muscolari, ossei e nervosi mediante l’applicazione della biomodulazione laser viene riportata da anni in studi in vitro e in vivo. La sinergia tra l’impiego degli emocomponenti, delle cellule staminali, dei biomateriali e l’azione della fotobiomodulazione laser è stata sperimentata negli ultimi anni e trova applicazione nella rigenerazione tissutale nel distretto oro-maxillo-facciale. 

Le cellule di derivazione mesenchimale si sono rivelate essere un importante e versatile strumento nel campo della medicina rigenerativa, per questo è stato mostrato un interesse sempre più crescente riguardo al loro impiego nel campo dell’ingegneria tissutale.

La fotobiomodulazione laser è stata impiegata in esperimenti per stimolare la proliferazione e differenziazione cellulare, inoltre è in grado di promuovere la sintesi di collagene, accelerare i processi di guarigione e di rigenerazione nervosa.

In egual modo tra gli emocomponenti, il platelets rich plasma (PRP) si è dimostrato promotore di proliferazione e differenziazione cellulare in esperimenti in vitro ed in vivo, sia tramite la sua applicazione topica che attraverso la somministrazione di tipo infiltrativo (8).

Il laser più frequentemente utilizzato nella maggior parte degli studi per la fotobiomodulazione è una lunghezza d’onda nel rosso visibile, principalmente di 660 nm.

I valori di fluence sono generalmente compresi tra 0,5 e 5 J/cm2, anche se si deve considerare che il valore è relativo a parametri diversi, come densità di potenza, potenza erogata, tempo di irradiazione (9).

Abbiamo ottenuto risultati promettenti, coniugando la fotobiomodulazione laser e alcuni biomateriali quali l’acido ialuronico reticolato (HA), un glicosaminoglicano anionico non solfatato, distribuito nei tessuti connettivi, epiteliali e neurali di tutto il corpo. L’HA svolge un ruolo predominante nella morfogenesi dei tessuti, nella migrazione, nella differenziazione e nell’adesione delle cellule dei tessuti molli e nell’osteogenesi (10). L’azione combinata di questo composto con le applicazioni del laser a diodi piuttosto che neodimio negli interventi chirurgici parodontali e implantari contribuisce alla rigenerazione tissutale con rapidità e contenimento dei sintomi postoperatori.

LASER E ATTIVITÀ ANTIMICROBICA (ANTIBATTERICA-ANTIMICOTICA-ANTIVIRALE)

La larga diffusione degli antibiotici, a partire dalla seconda metà del XX secolo, ha completamente cambiato l’approccio al trattamento e alla prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni. 

Negli ultimi anni, il fenomeno dell’antibiotico-resistenza (AMR, antimicrobial resistance) è aumentato notevolmente e ha reso necessaria una valutazione dell’impatto in sanità pubblica, specifica per patogeno, per antibiotico e per area geografica. 

La comparsa di patogeni resistenti contemporaneamente a più antibiotici (multidrug-resistance) riduce ulteriormente la possibilità di un trattamento efficace. Questi microrganismi multi-resistenti possono causare malattie anche molto differenti, per sito di infezione, per severità, per incidenza, possono essere sensibili a un numero più o meno elevato di chemioterapici e possono essere contrastati con diverse tipologie di strategie di prevenzione, inclusa la vaccinazione. Secondo il Rapporto Nazionale AIFA (Agenzia Italiana per il Farmaco) dell’aprile 2023, che riporta i dati del 2021, il consumo complessivo di antibiotici in Italia è stato pari a 17,1 dosi ogni mille abitanti die (DDD), in riduzione del 3,3% rispetto al 2020, sebbene i consumi si mantengano ancora superiori a quelli di molti Paesi europei. Inoltre, l’Italia si conferma uno dei Paesi in Europa con il maggior ricorso a molecole ad ampio spettro, che hanno un impatto più elevato sulle resistenze agli antibiotici.

Il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) raccoglie i dati attraverso due reti di sorveglianza: la European Antimicrobial Resistance Surveillance Network (EARS-Net) e la Central Asian and European Surveillance of Antimicrobial Resistance (CAESAR). Gli ultimi dati raccolti sono riassunti nel documento “Surveillance of antimicrobial resistance in Europe”, pubblicato ad aprile 2023 e contenente i dati relativi al 2021.

Ad oggi, quasi un secolo dopo il primo farmaco di questa categoria, l’antibiotico-resistenza è una delle principali minacce alla salute pubblica, e secondo le stime, potrebbe causare la morte di 10 milioni di persone all’anno entro il 2050. 

Per questo motivo esplorare strade alternative agli antibiotici tradizionali risulta un imperativo (11).

Un’opzione promettente per contenere questo fenomeno è rappresentata dalla laser terapia. La sua efficacia è stata testata come opzione di trattamento di infezioni nel distretto oro-maxillo-facciale sia in modelli in vitro che in vivo sia su batteri Gram-positivi che Gram-negativi, miceti o virus (12). L’esatta natura dell’azione antimicrobica causata da diversi tipi di laser non è stata ancora determinata. L’effetto del raggio laser sulle cellule batteriche dipende dai parametri del laser (lunghezza d’onda, potenza, tempo e modalità di emissione, profilo del raggio e dimensione dello spot) e dalle caratteristiche di ciascun microrganismo. È stato ipotizzato che la morfologia cellulare e la pigmentazione della parete cellulare batterica influenzino la suscettibilità di ciascuna specie al raggio laser. I batteri e i miceti che colonizzano il cavo orale si trovano sulle superfici mucose, nel tartaro, nelle tasche parodontali, nelle lesioni cariose e sui restauri protesici e conservativi. Il fascio laser, per avere un’efficacia antibatterica, deve essere quindi diretto o diffuso anche in zone protette da strutture anatomiche o meccaniche.

La terapia fotodinamica antimicrobica (aPDT) rappresenta una nuova strategia per combattere le infezioni. 

La reazione fotodinamica è un processo chimico mediato dalla luce (processo fotochimico) che prevede l’assorbimento della luce da parte di una sostanza fotosensibile e la successiva formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), in grado di distruggere le cellule in cui si forma.

Il processo di aPDT prevede la presenza di luce laser avente una lunghezza d’onda specifica, ossigeno liberamente presente o nascente, e fotosensibilizzante (PS). L’interazione di luce e PS consente l’inizio di una fotoreazione. La fotoreazione consente la conversione dello stato fondamentale delle molecole di ossigeno in molecole di ossigeno allo stato di singoletto di alta qualità, chiamate appunto ROS. Queste specie di ossigeno sono altamente tossiche e sono in grado di indurre danni cellulari irreversibili nei microrganismi patogeni (13).

Le ROS inducono la morte dei microrganismi, senza danneggiare il tessuto circostante. Questo modo innovativo di distruggere gli agenti patogeni presenta molti vantaggi rispetto agli antimicrobici e agli antibiotici convenzionali. Ha un ampio spettro d’azione, essendo in grado di inattivare batteri, funghi, virus e protozoi. L’azione letale della aPDT contro i microbi è immediata, mentre la maggior parte dei farmaci antibiotici impiega ore o giorni per agire. La aPDT può fotoinattivare i microrganismi indipendentemente dal loro modello di resistenza antimicrobica e ha una bassa probabilità di selezionare ceppi resistenti ai farmaci a causa del suo meccanismo d’azione multi-target. Questi vantaggi hanno reso la aPDT un’opzione interessante che vale la pena esplorare nella futura lotta contro le infezioni. 

I laser Nd:YAG, KTP, erbio, a diodi o CO2 possono essere utilizzati con successo per trattare le lesioni batteriche, mitotiche o virali del cavo orale e della cute periorale. 

I risultati riportati in letteratura suggeriscono inoltre che la aPDT è responsabile dell’accelerazione dell’attività immunomodulante a livello cellulare soprattutto dei linfociti T e inibisce sensibilmente la replicazione e l’attività virale (14).

LASER E ABLAZIONE DEI TESSUTI MINERALIZZATI (OSSO, SMALTO E DENTINA)

Entrambe le lunghezze d’onda del laser ad erbio (Er:YAG e Er,Cr:YSGG) hanno modalità di emissione pulsata, che danno luogo a livelli di potenza di picco elevati. Quando il fascio laser colpisce la superficie dell’osso, il tessuto si riscalda e si crea un’alta pressione di diverse centinaia di bar sulle molecole d’acqua situate nella matrice interstiziale del tessuto osseo. La vaporizzazione istantanea ed esplosiva del contenuto d’acqua dell’osso porta alla dislocazione dell’idrossiapatite e alla scissione della matrice di collagene con espulsione di microframmenti (15).

Per avviare il processo, è necessario applicare una certa quantità di energia sulla superficie del tessuto. Questo livello di energia, chiamato soglia di ablazione, è la minima fluenza (energia per unità di area) richiesta per la rimozione del materiale. Nella costituzione delle apparecchiature laser relative ad entrambe le lunghezze d’onda viene utilizzata acqua nebulizzata coassiale per favorire la dispersione del tessuto ablato e per raffreddare il bersaglio, poiché l’accumulo di detriti di ablazione all’interno della cavità impedisce un ulteriore taglio e comporta una conseguente produzione di calore (16).

I pazienti trattati chirurgicamente con il laser ad erbio mostrano un periodo postoperatorio più confortevole, con riduzione del dolore, dell’ecchimosi, dell’edema e del trisma. Questo fenomeno è principalmente legato a quella che è stata definita “ablazione a freddo”, grazie alla quale è possibile lavorare senza carbonizzare i tessuti, inducendo nell’osso un aumento significativamente più basso di temperatura rispetto agli strumenti rotanti convenzionali. Il danno cellulare è legato all’aumento di temperatura provocato dalla frizione durante la rimozione meccanica dell’osso con necrosi marginale in grado di ostacolare la rigenerazione tessutale osteo-mucosa. Un’altra causa di riduzione dei fenomeni infiammatori postoperatori è legata alle superfici di osteotomia con bordi regolari privi di smear layer, che permettono una migliore guarigione ossea (17).

Recentemente per il laser Er:YAG è stata sviluppata una modalità quantum square pulse (QSP) dove un impulso laser più lungo viene suddiviso, cioè quantizzato, in più impulsi brevi (quanti di impulsi) che si susseguono a una velocità ottimale.

La modalità QSP taglia l’impulso laser di 600 microsecondi in 5 impulsi più brevi di 50 microsecondi ciascuno, separati da 85 microsecondi di silenzio.

Uno dei principali vantaggi della modalità QSP è che riduce significativamente gli effetti indesiderati della dispersione e dell’assorbimento del raggio laser nella nuvola di detriti durante l’ablazione dei tessuti duri (fig. 1). La durata di ogni impulso di 50 microsecondi è inferiore al tempo di salita della nuvola di detriti, mentre gli 85 microsecondi di silenzio sono più lunghi del tempo di decadimento della nuvola di detriti. In questo modo la modalità QSP ha prodotto un taglio più nitido e una maggiore efficacia di ablazione dei tessuti duri. Inoltre, per il susseguirsi di microimpulsi e pause, c’è tempo sufficiente per il rilassamento termico dei tessuti, consentendo la dissipazione del calore (fig. 2). Inoltre, il rumore generato dagli impulsi QSP è molto inferiore rispetto ad altre modalità di impulso (18).

Fig. 1 Osteotomia sperimentale su osso bovino effettuata con laser Er:YAG, modalità QSP (quantum square pulse).
Fig. 1 Osteotomia sperimentale su osso bovino effettuata con laser Er:YAG, modalità QSP (quantum square pulse).
Fig. 2 Aspetto istologico di sezione osso bovino effettuata con laser Er:YAG, modalità QSP (quantum square pulse): notare la perfezione del taglio e l’assenza di danno termico (ematossilina eosina).
Fig. 2 Aspetto istologico di sezione osso bovino effettuata con laser Er:YAG, modalità QSP (quantum square pulse): notare la perfezione del taglio e l’assenza di danno termico (ematossilina eosina).

La modalità medium short pulse (MSP) funziona invece con impulsi della durata di 100 microsecondi. Se l’impulso laser è < 100 microsecondi, gli effetti di diffusione del calore durante l’impulso laser possono essere trascurati, consentendo un’ablazione più efficiente rispetto a durate dell’impulso più lunghe, che causano effetti di ablazione progressivamente minori e più effetti termici.

Abbiamo recentemente effettuato uno studio di valutazione delle caratteristiche dell’osteotomia confrontando strumenti rotanti tradizionali, apparecchio per chirurgia piezoelettrica e il laser Er:YAG in modalità QSP (quantum square pulse).

Le superfici ossee sono state osservate allo stereomicroscopio ed è stata analizzata la quantità di detriti presente. Il risultato è stato significativo o con una quantità di smear lyer statisticamente inferiore per il laser. La termocamera ha rilevato una temperatura decisamente inferiore nelle ostentomie effettuate con il laser (fig. 3, 4).

Fig. 3 Calcolo delle aree di deposito di detriti ossei su superficie ossea osteotomizzata con strumenti rotanti convenzionali.
Fig. 3 Calcolo delle aree di deposito di detriti ossei su superficie ossea osteotomizzata con strumenti rotanti convenzionali. <!--this instrument tag is add because of backward compatibility with NIS elements 4.30--> 2022-10-13T10:57:17 Camera Name: DS-Fi2-U3 Numerical Aperture: 0,156 Refractive Index: 1 Camera Settings: Format: 2560x1920 Fine Exposure: ME 30 ms (+0.6 EV) AnalogGain: 1.00 MeteringMode: Average NR: ON Sharpness: High Offset: 0.00 Saturation: 0.00 Hue: 0.00 WhiteBalanceRed: 2.49 WhiteBalanceBlue: 1.85 Presets: Neutral BitDepth: 16 High Quality Capture: ON Microscope Settings: Microscope: SMZ Microscope SMZ, FilterChanger(Turret): 4 Zoom: 4.00x
Fig. 4 Calcolo delle aree di deposito di detriti ossei su superficie ossea osteotomizzata con laser Er:YAG , modalità QSP (quantum square pulse).
Fig. 4 Calcolo delle aree di deposito di detriti ossei su superficie ossea osteotomizzata con laser Er:YAG , modalità QSP (quantum square pulse). <!--this instrument tag is add because of backward compatibility with NIS elements 4.30--> 2022-10-13T11:57:34 Camera Name: DS-Fi2-U3 Numerical Aperture: 0,156 Refractive Index: 1 Camera Settings: Format: 2560x1920 Fine Exposure: ME 30 ms (+0.6 EV) AnalogGain: 1.00 MeteringMode: Average NR: ON Sharpness: High Offset: 0.00 Saturation: 0.00 Hue: 0.00 WhiteBalanceRed: 2.18 WhiteBalanceBlue: 2.71 Presets: Neutral BitDepth: 16 High Quality Capture: ON Microscope Settings: Microscope: SMZ Microscope SMZ, FilterChanger(Turret): 4 Zoom: 4.00x

In un altro studio abbiamo analizzato le differenze di taglio tra due modalità di utilizzo del laser ad erbio: medium short pulse (MSP) e quantum square pulse (QSP) e la fresa chirurgica. Le superfici di taglio sono state osservate allo stereomicroscopio e analizzate con un programma colorimetrico, evidenziando le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia. In ogni gruppo di osteotomie effettuate con frese chirurgiche, risultavano evidenti macroconcrezioni sia nelle aree corticali che nella spongiosa, dove le lacune trabecolari erano pieni di detriti di tessuto osseo. Questo fenomeno è legato al meccanismo della fresa chirurgica: durante il taglio, l’azione delle spire spinge i detriti ossei nelle lacune trabecolari. Nei gruppi di osteotomie effettuate invece con il laser Er:YAG non sono state identificate macroconcrezioni né nelle aree corticali né trabecolari, tranne alcune microparticelle di detriti ossei, non sempre presenti in ogni campo osservato. Tutte le lacune trabecolari erano vuote: questo fenomeno è legato all’azione del laser ad erbio che permette di espellere i detriti di tessuto osseo, lasciando una lacuna pulita. È stata effettuata anche un’analisi delle immagini stereomicroscopiche mediante una valutazione quantitativa, utilizzando un software colorimetrico, al fine di evidenziare i detriti presenti nelle immagini, che apparivano di colore bianco pallido. Il laser Er:YAG ha generato un taglio più pulito rispetto alla fresa: minore generazione di detriti, di macro-concrezioni e superficie più liscia. La modalità QSP ha mostrato risultati migliori rispetto a MSP (19) (fig. 5-7).

La guarigione ossea è sicuramente influenzata dal danno termico del tessuto osseo e dalla presenza di detriti ossei che rallenta il tempo di restituito ad integrum. L’impiego del laser ad erbio in modalità QSP consente di approcciare la chirurgia oro-maxillo-facciale dei mascellari, dalla chirurgia resettiva, alla preparazione del sito implantare e parodontale, con innegabili vantaggi (20,21).

Fig. 5a Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: strumenti rotanti tradizionali.
Fig. 5a Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: strumenti rotanti tradizionali.
Fig. 5b Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: strumenti rotanti tradizionali.
Fig. 5b Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: strumenti rotanti tradizionali.
Fig. 6a Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: laser Er:YAG modalità MSP (medium short pulse).
Fig. 6a Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: laser Er:YAG modalità MSP (medium short pulse).
Fig. 6b Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: laser Er:YAG modalità MSP (medium short pulse).
Fig. 6b Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo dopo l’osteotomia: laser Er:YAG modalità MSP (medium short pulse).
Fig. 7a Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo d-po l’osteotomia: laser Er:YAG modalità QSP (quantum square pulse).
Fig. 7a Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo d-po l’osteotomia: laser Er:YAG modalità QSP (quantum square pulse).
Fig. 7b Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo d-po l’osteotomia: laser Er:YAG modalità QSP (quantum square pulse).
Fig. 7b Analisi allo stereomicroscopio e analisi mediante software con programma colorimetrico che evidenzia le aree con detriti di tessuto osseo residuo d-po l’osteotomia: laser Er:YAG modalità QSP (quantum square pulse).

L’AUTOFLUORESCENZA NELLA CHIRURGIA MUCOSA E OSSEA

Un possibile ausilio finalizzato a identificare i limiti sani di patologie mucose e ossee è l’autofluorescenza tissutale (AF). Nel nostro organismo sono presenti delle molecole (fluorofori) quali cheratina, collagene, elastina, NADH che, se illuminate con adeguate lunghezze d’onda (400-460 nm), rispondono emettendo una luce fluorescente sul verde (500-535 nm) (22). La valutazione clinica dovrà essere effettuata senza interferenze di altre lunghezze d’onda, come la luce solare o le altre sorgenti luminose degli ambienti. Al momento della rilevazione della fluorescenza, la sala operativa dovrà essere mantenuta il più possibile al buio, permettendo alla radiazione di stimolare adeguatamente i fluorofori nella zona del sito operatorio. Questa metodica può essere utilizzata per il trattamento chirurgico di displasie delle mucose orali come per le osteiti e osteonecrosi dei mascellari. Il tessuto osseo o mucoso anomalo apparirà scuro (ipo-fluorescente) in quanto perde le sue proprietà autofluorescenti a causa dell’alterazione delle componenti, in particolare collagene e cheratina. Il tessuto non alterato apparirà fluorescente, mostrando una colorazione verde brillante. In caso di elevata espressione di cheratina nel tessuto mucoso displasico o carcinomatoso (leucoplachie, carcinomi verrucosi, carcinomi epidermoidi) l’autofluorescenza sarà intensa con un colore brillante tendente al bianco.

Fig. 8a Osteonecrosi mascellare in visione clinica diretta e in AF (autofluorescenza).
Fig. 8a Osteonecrosi mascellare in visione clinica diretta e in AF (autofluorescenza).
Fig. 8b Osteonecrosi mascellare in visione clinica diretta e in AF (autofluorescenza).
Fig. 8b Osteonecrosi mascellare in visione clinica diretta e in AF (autofluorescenza).
Fig. 9a Osteotomia estesa fino ad osso clinicamente sano.
Fig. 9a Osteotomia estesa fino ad osso clinicamente sano.
Fig. 9b Osteotomia estesa fino ad osso clinicamente sano.
Fig. 9b Osteotomia estesa fino ad osso clinicamente sano.
Fig. 10a Vaporizzazione mediante laser Er:YAG con eliminazione progressiva, in maniera mininvasiva, di osso ipofluerescente.
Fig. 10a Vaporizzazione mediante laser Er:YAG con eliminazione progressiva, in maniera mininvasiva, di osso ipofluerescente.
Fig. 10b Vaporizzazione mediante laser Er:YAG con eliminazione progressiva, in maniera mininvasiva, di osso ipofluerescente.
Fig. 10b Vaporizzazione mediante laser Er:YAG con eliminazione progressiva, in maniera mininvasiva, di osso ipofluerescente.

Abbiamo descritto la possibilità di effettuare la resezione chirurgica mediante laser Er:YAG di osteonecrosi mascellari farmacoindotte guidata dall’autofluorescenza. Dopo la rimozione del blocco osseo necrotico, il laser Er:YAG è stato utilizzato per vaporizzare ulteriore osso ancora ipofluorescente, fino alla rilevazione di osso fortemente iperfluorescente (fig. 8-10). È stato asportato l’osso clinicamente necrotico e ipofluorescente e praticati prelievi, ai margini di resezione, di osso iperfluorescente. Successivamente è stata effettuata l’analisi e la descrizione istopatologica dei vari prelievi ossei ipo- e iper-fluorescenti. La valutazione istopatologica ha rivelato tessuto osseo vitale in tutti i campioni iperfluorescenti e confermata la presenza di osso non vitale, necrotico e infetto, ipofluorescente (23). Partendo da queste esperienze possiamo pensare che in un prossimo futuro la resezione ossea guidata dall’autofluorescenza potrebbe risultare efficace nell’evidenziare i margini chirurgici del tessuto patologico e potrà avere una certa utilità in una vasta gamma di applicazioni della chirurgia ossea, inclusa quella oncologica (24). Recentemente sono emerse prove a supporto dell’utilità dell’AF per la diagnosi di tumori del distretto testa-collo, sia a livello mucoso che cutaneo. Lo studio degli elementi istologici che sono alla base delle modificazioni della AF condurrà al perfezionamento delle apparecchiature in grado di rilevare e quantizzare questo fenomeno, migliorando la sensibilità e la specificità della diagnosi del cancro in diversi organi, in particolare nel distretto testa/collo e la relativa estensione del trattamento chirurgico (25) (fig. 11-14).

Fig. 11 Area lichenoide disomogenea della regione posteriore della guancia in paziente non fumatrice con pregresso carcinoma orale. Diagnosi della biopsia incisionale: displasia moderata.
Fig. 11 Area lichenoide disomogenea della regione posteriore della guancia in paziente non fumatrice con pregresso carcinoma orale. Diagnosi della biopsia incisionale: displasia moderata.
Fig. 12 La valutazione dell’AF (autofluorescenza) rivela area ipofluorescente più estesa di quella visibile clinicamente.
Fig. 12 La valutazione dell’AF (autofluorescenza) rivela area ipofluorescente più estesa di quella visibile clinicamente.
Fig. 13 Asportazione chirurgica estesa in margini di sicurezza dall’area ipofluorescente.
Fig. 13 Asportazione chirurgica estesa in margini di sicurezza dall’area ipofluorescente.
Fig. 14 Risultato istologico: carcinoma microinvasivo asportato in toto con margini e fondo indenni.
Fig. 14 Risultato istologico: carcinoma microinvasivo asportato in toto con margini e fondo indenni.

CONCLUSIONI

L’incremento costante in letteratura delle ricerche scientifiche e cliniche sul laser confermano indubbiamente l’estremo interesse degli odontoiatri, ancor più di altri specialisti, per le applicazioni di questa tecnologia nella propria attività clinica. Questo non significa assolutamente che tutti i lavori presenti in letteratura supportino il laser come potenziale risoluzione di tutti i problemi, ma che esiste una speculazione scientifica sempre crescente sull’argomento. 

Nell’ampia gamma delle lunghezze d’onda sfruttabili in odontostomatologia, assistiamo all’evoluzione di peculiari caratteristiche fisiche e tecniche e delle applicazioni elettive di ogni apparecchiatura. La letteratura scientifica riporta in maniera unanime che l’utilizzo del laser segue tutti i requisiti di una odontoiatria e chirurgia orale minimamente invasiva: minimo traumatismo dei tessuti trattati, possibilità di intervenire anche su aree molto piccole di tessuto (dentale, mucoso od osseo), eliminazione o riduzione dell’uso dell’anestetico iniettabile (sostituito spesso da spray o crema), riduzione o assenza di sanguinamento, ridotto danno ai tessuti circostanti il campo operatorio e nella maggior parte dei casi non sono necessarie suture con conseguente riduzione dei tempi operatori. A ciò si aggiunge, grazie al potere battericida del laser, un ridotto rischio di infezioni, limitando il gonfiore e l’infiammazione che solitamente si verificano dopo un intervento e apre l’impiego a questa tecnologia nel supporto della terapia endodontica, parodontale o implantare convenzionale. Molto interessante, e in fase di continuo studio e aggiornamento scientifico, è l’effetto fotobiomodulante che il laser è in grado di indurre sulle mucose e sui tessuti connettivale ed osseo, promuovendo i processi di riparazione e addirittura di rigenerazione, favorendo il processo di guarigione in tempi abbreviati. 

In conclusione, possiamo affermare che la tecnologia laser ci offrirà la possibilità, grazie a queste sopracitate caratteristiche, di gestire una fascia sempre più ampia di “pazienti difficili”, come quelli pediatrici o particolarmente ansiosi, con patologie sistemiche, immunodepressi, con alterazioni della coagulazione o sottoposti a terapie farmacologhe che alterano la risposta ripartiva ossea o mucosa, con grande vantaggio per l’utenza e per il professionista.

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