Che cos’è l’osteopatia?

L’osteopatia è una professione sanitaria riconosciuta ufficialmente con la legge numero 3 dell’11 gennaio 2018. Si basa su un approccio integrato e complementare alla medicina tradizionale.

E’ una terapia manuale e olistica che non si avvale di macchinari o farmaci e che mira ad osservare l’individuo nella sua totalità piuttosto che riferirsi al singolo distretto in cui si manifesta il dolore.

Il compito dell’osteopata è quello di individuare le aree disfunzionali ricercando e analizzando le cause del dolore, correggere lo squilibrio creatosi in seguito al sintomo doloroso, attenuare le tensioni e ristabilire cosi l’armonia del corpo.

Occlusione e postura

Esiste un legame importante tra occlusione e postura. L’occlusione determina infatti la posizione della mandibola, posizione che a sua volta influisce sulla postura attraverso le catene mio-fasciali che attraversano il nostro corpo.

Se la mandibola assume una posizione asimmetrica per cause che possono essere genetiche, traumatiche o conseguenti a cure odontoiatriche (terapie ortodontiche, otturazioni, estrazioni, protesi, bite), si può verificare una modificazione della postura dovuta alle contrazioni di alcuni muscoli e ciò può generare problemi e dolori alla colonna vertebrale e alla zona cranio-cervicale.

Difetti di postura di origine discendente

La postura del cranio rispetto alla colonna non è determinata solo dai muscoli del collo che connettono direttamente i due sistemi, ma anche da un sistema muscolare indiretto formato dai muscoli sottoioidei, sopraioidei e dagli elevatori della mandibola.

La postura della mandibola e quella del sistema cranio-vertebrale sono quindi direttamente correlate.

Se per varie ragioni la mandibola è costretta ad assumere a bocca chiusa una posizione spaziale scorretta (protrusa, retrusa o deviata), ciò causerà necessariamente degli atteggiamenti compensatori a livello del rachide.

Analizzando la postura del paziente sul piano sagittale, una mandibola retrusa (II classe scheletrica) induce un avanzamento compensatorio della fronte; poiché tale posizionamento è difficilmente accettabile non solo a livello vestibolare, ma anche oculare (lo sguardo risulterebbe infatti rivolto verso terra), il tutto viene corretto a livello della colonna, la quale aumenta le naturali curvature lordotiche.

Le iperlordosi, unite alla rotazione anteriore del bacino e delle creste iliache e alla flessione degli arti inferiori, sono volte anche a compensare lo sbilanciamento del cranio, che porterebbe il soggetto a cadere tendenzialmente in avanti; per questo, in tali casi sono frequenti anche crampi ai polpacci e ai muscoli posteriori della coscia.

Una mandibola protrusa (III classe scheletrica) viene invece bilanciata con l’arretramento della fronte. In questo caso la curva lordotica cervicale viene tendenzialmente raddrizzata per riportare lo sguardo, che verrebbe altrimenti indirizzato verso l’alto, in direzione orizzontale.

Le catene muscolari anteriori si tendono per compensare lo sbilanciamento del peso corporeo che porterebbe il soggetto a cadere all’indietro.

Specie i soggetti astenici denunciano per questo frequenti crampi alla parte anteriore delle cosce (Zavarella et al., 2004).

Difetti di postura di origine ascendente

I quadri posturali finora analizzati possono essere prodotti non solo partendo da una malposizione mandibolare, ma anche a seguito di un’asimmetria anatomica degli arti inferiori, congenita o acquisita.

odontoiatria e osteopatia
Fig. 1 Squilibri e adattamenti muscolo-scheletrici.

Ad esempio l’esito di una frattura del femore a livello delle cartilagini di accrescimento, che comporta spesso una riduzione dimensionale di un arto, provocando l’inclinazione del bacino indurrà – con meccanismo chiamato ascendente – curve compensatorie a livello del rachide analoghe a quelle indotte – con meccanismo chiamato discendente – da una primaria deviazione mandibolare.

Considerando il piano di riferimento sagittale, le colonne con curve lordotiche aumentate si associano spesso alla II classe, quelle con raddrizzamento della lordosi cervicale tendono invece alla III classe.

Gli atteggiamenti scoliotici evidenziabili sul piano frontale tendono a presentare mandibole tendenzialmente deviate e morsi posteriori monolaterali.

In questo caso quindi sarà necessario correggere e ripristinare una corretta postura e solo in seguito avvalersi di un odontoiatra che a fine cura porterà un intercuspidazione non solo ideale in sé, ma anche in armonia con la postura, lavorando in simbiosi con l’osteopata (Zavarella et al., 2004).

Osteopatia e ortodonzia

L’osteopatia dunque è importante per il paziente in cura ortodontica poiché può facilitare l’adattamento del corpo ai cambiamenti instauratisi con l’applicazione di apparecchi fissi o mobili, evitando l’insorgenza di sintomi dolorosi e aiutando inoltre l’ortodontista nell’accelerare il processo di cura del paziente.

L’osteopatia, entro certi limiti, può aiutare a ridurre le conseguenze di una cattiva occlusione, anche quando non vi è un intervento ortodontico.

Tuttavia fino a quando è presente una reale malocclusione, il trattamento unicamente osteopatico può essere solo sintomatico ed i problemi muscolari ed articolari possono sempre riemergere.

Quindi una stretta collaborazione tra odontoiatra e osteopata è fortemente consigliata soprattutto per le problematiche cervicali e muscolo tensive di origine stomatognatica.

Se noi tutti sappiamo quanto sia importante l’allineamento dei denti, è altrettanto vero che le sollecitazioni meccaniche create dall’apparecchio ortodontico possono provocare delle rigidità a livello delle strutture craniche.

Le nostre ossa craniche sono infatti connesse tra loro da articolazioni chiamate suture. Alcuni studi hanno dimostrato che le diverse ossa del cranio sono articolate tra di loro in modo da conservare una certa mobilità ed elasticità.

E’ fondamentale che il loro movimento sia sempre presente per esplicare al meglio le funzioni dell’intero organismo (meccanismo respiratorio primario).

L’applicazione di apparecchi ortodontici comporta rigidità ed alterazioni del funzionamento del sistema craniale e, tramite esso, della mobilità di tutte le strutture del corpo.

Il compito dell’osteopata è dunque quello di affiancare l’ortodontista verificando i cambiamenti posturali del soggetto e tenendo sotto controllo ed eventualmente risolvendo l’insorgenza di fissità e rigidità craniche.

L’intervento precoce sul bambino è sicuramente consigliato in quanto avendo un sistema corporeo più malleabile, è decisamente più adatto e risponde più facilmente alle modificazioni indotte dal trattamento osteopatico.
Protocolli efficaci permetteranno una collaborazione vincente tra odontoiatra e osteopata aiutando il paziente a sopportare meglio l’apparecchio ortodontico, accorciando la durata del trattamento stesso.

Considerazioni osteopatiche

In base ai principi dell’osteopatia, per cui la struttura regola la funzione, e al collegamento anatomico che esiste tra il cranio e la mandibola, si possono trarre le seguenti considerazioni:

  1. Meccanismo respiratorio primario
    Migliorando i parametri del MRP in base alle connessioni delle membrane a tensione reciproca si può ottenere in tutto il cranio e in particolare a livello dell’apparato stomatognatico una notevole mobilità suturale che in qualche modo coadiuva il lavoro ortodontico, con riferimento sia ai tempi di applicazione che alla qualità del trattamento.
  2. Dura madre
    Esiste a livello di CO, C1, C2 e sacro, un’importante inserzione della dura madre cranica che in caso di disfunzione osteopatica oltre ad alterare l’MRP a livello suturale può provocare una restrizione della mobilità delle ossa craniche con possibile modificazione dello sviluppo osteogenetico inteso come alterazione asimmetrica della mandibola in rapporto al mascellare.
    Sempre per l’intima connessione della dura madre con forami cranici, possono avvenire sia delle alterazioni distorsive che venoso-linfatiche a livello dei nervi cranici.
    A livello del foro lacero posteriore ad esempio, per atteggiamento in rotazione interna dell’osso temporale, possono esserci delle alterazioni a carico del IX, X, XI nervo cranico da un solo lato che portano ad un cambiamento della posizione del collo e della testa con inevitabile modificazione dell’apparato stomatognatico per compenso.
  3. Alterazioni del drenaggio venoso linfatico
    Sempre per alterazione del MRP, possono avvenire dei rallentamenti del sistema venoso linfatico della testa, che bio-chimicamente alterano la normale attività neurologica (cattivo drenaggio) e a livello emuntoriale creano un intasamento di alcuni distretti (come seno cavernoso, intercavernoso e FLP) in cui c’è il passaggio dei sopra citati nervi cranici.
    In conseguenza il lavoro osteopatico anche a livello viscerale è indicato per ottenere un buon miglioramento del sistema nervoso linfatico a livello emuntoriale.

ATM e postura

L’articolazione temporo-mandibolare (ATM) da tempo è al centro di discussioni sul suo coinvolgimento nelle modificazioni posturali e questa conoscenza empirica sta diventando sempre più scientifica.

Molte sono le figure che si sono battute per capire come sia possibile che alcune delle problematiche e algie posturali possano scaturire attraverso un errato contatto dei denti oppure da una cattiva deglutizione. I risultati però sono evidenti e non fanno altro che andare a confermare ancora di più il concetto di unità e globalità del corpo, il quale è anche base del concetto osteopatico.

Rapporti tra occlusione e postura

L’articolazione temporo-mandibolare è un’articolazione doppia che si stabilisce tra i due condili della mandibola e le fosse mandibolari e tra i quali è interposto un disco articolare denso fibrocartilagineo. Quest’ultimo è molto importante in quanto permette complessi movimenti offrendo all’articolazione una forza e una mobilità incredibile. Basti pensare che l’ATM viene utilizzata tra le 1500 e 2000 volte al giorno ed è dunque l’articolazione più usata nel corpo umano.

È impiegata durante la masticazione, deglutizione, fonazione, respirazione e per questo motivo le sue ossa, i suoi muscoli e le sue cartilagini si possono deteriorare con il tempo comportando disturbi a carico dell’articolazione stessa. Una disfunzione dell’ATM può provocare adattamenti di alcune parti del corpo, soprattutto a livello del rachide cervicale e dorsale alto, modificando la struttura sotto stress e provocando al paziente dolore e sconforto.

La disfunzione dell’ATM è in pratica uno stato di disarmonia delle componenti stomatognatiche ad eziologia multifattoriale in cui ritroviamo fattori predisponenti (stati carenziali e traumi), fattori determinanti (perdita della dimensione verticale, disarmonia scheletrica e funzionale e torsioni mandibolari creati ad esempio da cross bite), fattori scatenanti (esempio una labilità psicologica) e fattori condizionanti (tempo e intensità della noxa, soglia individuale).

Il paziente affetto da disordine temporo-mandibolare può riferire i seguenti segni e sintomi: dolorabilità articolare e muscolare, click mandibolari, restrizione o limitazione di movimento mandibolare e difficoltà ad aprire la bocca. Questi sono gli indici clinici principali ma possono essere associati con altre condizioni che coinvolgono la regione della testa e del collo come emicrania, dolore cervicale o dorsale alto, fibromialgia, acufeni, vertigini, ipoacusia e otiti.

La sintomatologia delle disfunzioni dell’ATM è però percentualmente più spesso caratterizzata da alterazioni muscolari (contratture); meno frequentemente vi è un’alterazione articolare spesso secondaria a problematiche neuromuscolari.

Per migliorare la salute dei muscoli masticatori consigliamo al paziente di eseguire a casa degli esercizi di allungamento (stretching). Uno di questi è da farsi davanti allo specchio mettendo nello spazio interincisale superiore ed inferiore, nella linea mediana, dei piccoli cunei di riferimento in modo che l’apertura e la chiusura della bocca avvenga in maniera lineare e senza deviazioni.

Esercizio di stretching della muscolatura masticatoria
Fig. 3 – Esercizio di stretching della muscolatura masticatoria.

E’ importante che l’esercizio venga compiuto interamente senza mai staccare la punta della lingua dal palato ed in tre fasi della durata ognuna di dieci secondi: apertura, mantenimento e chiusura della mandibola. L’esercizio verrà ripetuto una decina di volte tutte le sere per un ciclo che il terapeuta stabilirà a seconda dei casi.

Nella fotografia sovrastante viene mostrato l’esercizio in una paziente che aveva subito un looking articolare e a cui avevano ridotto il blocco la settimana prima in un noto ospedale milanese.

Iter osteopatico

Dopo aver valutato il paziente nel suo complesso sia su un piano strutturale, viscerale ed emozionale sia attraverso test attivi e passivi, si procede alla valutazione e al trattamento delle strutture direttamente collegate: la cervicale alta e soprattutto la cerniera OAE (occipito-atlanto-epistrofeo), le suture come l’occipito-mastoidea, petro-giugulare, sfeno-squamosa, temporo-zigomatica, parieto-mastoidea, parieto-squamosa, sfeno-squamosa e sfeno-petrosa, intermascellare, vomere, palatini, sinfisi mentoniera, lingua e osso ioide.
Valutazione ed eventualmente trattamento del legamento temporo-mandibolare, stilo-mandibolare e sfeno-mandibolare.

Rilascio della muscolatura masticatoria (muscoli pterigoidei, masseteri, temporali).
Una regola importante per lo gnatologo e l’osteopata è di non manipolare mai in prima seduta il paziente, in quanto occorre capire da dove abbiano origine i sintomi; una manovra utile potrebbe essere quella di far stringere più volte e con una certa intensità i denti al paziente disfunzionale: se il dolore si scompensa siamo quasi certamente di fronte ad un crampo, cioè ad un dolore muscolare causato da accumulo di acido lattico.

Oggi dal punto di vista gnatologico sappiamo che molti concetti si sono evoluti, tra cui quello della ricerca della relazione centrica che oggi sappiamo cambiare continuamente nello stesso soggetto anche durante la stessa giornata ed al modificarsi dell’attività giornaliera; nei bambini in particolare la centrica si modifica continuamente in quanto il soggetto è in crescita.

L’approccio terapeutico nelle patie dell’ATM è farmacologico (miorilassanti, ansiolitici, antinfiammatori) e meccanico con l’utilizzo di placche di svincolo od ortotici neuromuscolari che hanno lo scopo di correggere la posizione del complesso condilo discale, di eliminare la propriocezione dell’occlusione esistente e di rilassare i muscoli masticatori con il ripristino dello spazio articolare nella dimensione verticale e della libertà della funzione. Il molaggio selettivo è stato quasi completamente abbandonato anche perché è un trattamento che comporta una modifica irreversibile dell’occlusione e se ci fossero scarsi risultati terapeutici sarebbe poi difficile tornare indietro. Spesso i pazienti con patia disfunzionale dell’ATM hanno anche una labilità psicologica che li porta a girare vari studi professionali alla ricerca di un professionista che faccia loro finalmente un bite “miracoloso”. Quindi il team specialistico per la cura gnatologico/ortodontica del paziente oggi si deve avvalere oltre che della figura professionale tradizionale dell’odontoiatra anche di altri terapeuti quali l’osteopata e lo psicologo.

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