Riabilitazione implantare in paziente disabile con approccio computer guidato: un case report

Implant rehabilitation in disabled patients with computer-guided approach: case report

Fig. 1 Ortopantomografia (OPT).
Scopo del lavoro:

In tempi recenti, nella pratica clinica odontoiatrica, ci si confronta sempre di più con pazienti disabili che necessitano di riabilitazioni protesiche. Gli autori propongono un approccio implantoprotesico computer guidato, eseguito su una paziente affetta da sindrome di Down, analizzando i vantaggi che questa chirurgia minimamente invasiva offre.

Materiali e metodi:

La chirurgia computer-guidata è la principale protagonista. Lo studio protesico viene incominciato con l’acquisizione di una impronta delle arcate dentarie e successiva scansione. Un software dedicato consente di programmare il risultato protesico virtualmente. A questa immagine si sovrappone la Tac cone beam del paziente. Dall’unione di queste due immagini digitali prende forma l’arcata del paziente, la riabilitazione protesica desiderata e le strutture ossee sottostanti, rendendo quindi agevole la pianificazione implantare. Una volta pianificato tutto, si realizza una mascherina chirurgica che guiderà le frese nella preparazione del sito implantare fino al posizionamento guidato dell’impianto.

Risultati:

Buona compliance da parte della paziente, grazie alla metodica utilizzata; stabilità del risultato nel tempo. 

Conclusioni:

La chirurgia diventa un atto minimamente invasivo, il più delle volte eseguito in modalità flapless, dando comfort postoperatorio e non necessitando sospensioni farmacologiche. Anche la possibilità di predisporre una protesi provvisoria di lunga durata a carico immediato è un sollievo enorme per il paziente che, oltre a non dover subire fastidiose sedute protesiche (impronte, masticazioni, prove), uscirà dall’ambulatorio direttamente con i denti montati.

Introduzione

Negli ultimi anni è aumentata notevolmente l’attenzione per le cure odontoiatriche rivolte ai pazienti disabili. Secondo numerose osservazioni in letteratura l’incidenza di edentulismo nella popolazione disabile è notevolmente superiore rispetto alla rimanente popolazione. Questo dato di fatto è certamente riconducibile a molteplici cause: maggiore incidenza di patologia cariosa e parodontale dovuta a effettiva difficoltà di mantenere un adeguato standard igienico orale da parte del paziente e delle persone che lo accudiscono (1,2). In alcuni casi i denti vengono usurati o fratturati per attacchi di bruxismo difficilmente gestibili o per attacchi epilettici (3). Alcuni pazienti affetti da specifiche sindromi genetiche (sdr. di Down e sdr. di Reiter) presentano costituzionalmente radici corte e lassità legamentose anche del legamento parodontale (4-7).

Quindi per queste e molte altre ragioni i pazienti disabili necessitano di riabilitazioni protesiche anche in giovane età. Le soluzioni tradizionali con protesi scheletrate ad aggancio dentale o corone protesiche singole o a ponte si sono dimostrare certamente l’approccio più convincente in una casistica di massa, ma in alcuni pazienti con discinesie, parafunzioni o arcate dentarie piccole e dismorfiche o semplicemente più esigenti sul piano estetico e della comodità queste soluzioni presentano delle insufficienze.

Per queste ragioni ci si è orientati sulla possibilità di eseguire terapie complesse e articolate quali l’implantologia in casi in cui sia possibile ottenere la collaborazione intraoperatoria del paziente e questi sia in grado direttamente o con l’intervento di caregiver di mantenere un sufficiente standard igienico domiciliare (6-8). L’intervento chirurgico tradizionale per il posizionamento implantare prevede l’apertura della gengiva con esposizione ossea, successiva preparazione del tunnel implantare con frese dedicate e una volta avvitato l’impianto la chiusura per prima intenzione o, in caso di buona stabilità della fixture, la vite di guarigione (9-11). Questi passaggi richiedono delle tempistiche relativamente dilatate che molte volte dipendono anche dall’esperienza dell’operatore. Generalmente si aspetta poi un periodo di tempo variabile tra i 2 e i 3 mesi per garantire l’osteointegrazione dell’impianto, dopo di che si procede alla presa delle impronte con finalizzazione protesica (12-14).

Tutte queste manovre possono risultare estremamente scomode per un paziente disabile con conseguente forzatura e a volte perdita di precisione. Per questo gli autori hanno proposto un approccio semplificato con inserimento implantare computer guidato con tecnica flappless e protesizzazione immediata con carico provvisorio (15,16). In questo lavoro si ripercorrono le tappe di una riabilitazione implantoprotesica su una paziente disabile con l’ausilio della moderna pianificazione computer guidata.

MATERIALI E METODI 

L’approccio moderno ad una riabilitazione implantoprotesica si è ormai spostato verso l’impostazione protesicamente guidata. Per ragioni di progettazione del carico occlusale o per ragioni estetiche è ragionevole invertire l’ordine dell’intervento chirurgico rispetto alla finalizzazione protesica.

Questo si traduce nella necessità di pianificare preventivamente il tipo di riabilitazione protesica e a questa adattare il posizionamento degli impianti compatibilmente con il rispetto delle strutture nobili della bocca (17). Tradizionalmente queste operazioni vengono svolte acquisendo le impronte per i modelli di studio sui quali poi fare una ceratura diagnostica. Nel caso in cui il numero di denti sia sufficiente e si parli di implantologia intercalata si esegue direttamente una Tac cone beam per valutare la disponibilità ossea.

In altri casi si rende necessario il confezionamento di una protesi di scansione che riporti la ceratura e dei reperi radio opachi con la quale fare la Tac. Questa sequenza risulta abbastanza agevole salvo casi in cui alla Tac si evidenzia che per realizzare il progetto protesico bisogna spostare gli impianti e allora risulta necessario correggere tutto il progetto chirurgico cercando di mantenere quello protesico. Ovviamente per varie ragioni non è proponibile rifare la Tac e si deve lavorare con un approccio misto. Una volta pianificato tutto si realizza una mascherina chirurgica che guiderà le prime frese nella preparazione del sito implantare. Siccome queste dime chirurgiche sono realizzate interamente in resina acrilica non possiamo usare tutte le frese previste, in quanto quelle a diametro maggiore andrebbero in interferenza e sposterebbero eventuali trucioli all’interno del tunnel. Quindi passata la rosetta per la prima perforazione della corticale e la successiva fresa pilota a una profondità di sicurezza, si deve rimuovere la dima e finire con le frese successive a mano libera. Così facendo possono essere introdotti errori nell’inclinazione finale dell’impianto con conseguenti limiti estetici.

Questi passaggi, dalla progettazione all’intervento chirurgico finale, oggigiorno sono eseguibili con la moderna odontoiatria digitale.

Lo studio protesico viene incominciato con l’acquisizione di una scansione delle arcate dentarie mediante uno scanner intraorale. Un software dedicato consente di programmare il risultato protesico virtualmente. A questa immagine si sovrappone la Tac cone beam del paziente (18). Dall’unione di queste due immagini digitali prende forma l’arcata del paziente, la riabilitazione protesica desiderata e le strutture ossee sottostanti, rendendo quindi agevole la pianificazione implantare. Eventuali modifiche nella progettazione avverranno sul programma senza dover intervenire ancora sul paziente (19,20).

Qualora non fosse possibile o consigliabile una ceratura virtuale si procederà con la presa delle impronte tradizionali su cui fare la ceratura. Il modello verrà poi scannerizzato e sovrapposto alla tac come descritto precedentemente. Solo in alcuni casi si rende necessario duplicare il modello in una protesi di scansione con la quale fare la Tac al paziente. Al termine della progettazione virtuale degli impianti si rende necessario trasferire queste informazioni direttamente sul paziente al momento dell’intervento chirurgico per l’inserimento degli impianti. Ciò viene raggiunto con una dima chirurgica dedicata e relativo kit di frese (21). Il caso presentato riguarda la riabilitazione in zona 23-25 in paziente disabile affetta da trisomia 21. La paziente di 32 anni è seguita dallo studio da anni con periodiche sedute di mantenimento igienico orale per una parodontite diffusa che ha già portato alla perdita di alcuni denti già compromessi al momento della prima visita.

Ad aggravare la situazione è la presenza di radici dentali molto corte, come si osserva nei pazienti con questa patologia genetica. Quindi la combinazione di perdita di attacco parodontale a radici corte è certamente una situazione molto sfavorevole. La paziente necessita in primis di riabilitare il secondo quadrante, condizione resa molto difficoltosa per la presenza di un 23 in inclusione ossea totale che in condizioni normali dovrebbe essere rimosso (figura 1).

Non essendoci elementi distali si esclude a priori la possibilità di eseguire un ponte ad ancoraggio dentale, inoltre si è deciso di evitare protesi rimovibili scheletrate sia per l’eccessiva scomodità che non viene accettata dalla paziente, sia per evitare carichi eccessivi sulla dentatura residua. Dopo aver valutato e scartato queste opzioni, si propone ai genitori della paziente di riabilitare il quadrante con un ponte implanto-supportato evitando la zona 23 per non dover fare interventi invasivi di rimozione chirurgica dello stesso. Nel complesso la paziente è molto collaborante e segue abbastanza bene le procedure di igiene orale domiciliari, seguita anche dai familiari, per cui si reputa sufficientemente sicura la soluzione implantare, considerati i rischi e benefici. Complessivamente questo piano di cura comporterebbe numerose sedute a partire dall’intervento chirurgico e poi a seguire le impronte per il manufatto protesico; la paziente potrebbe anche avere delle reazioni di insofferenza che renderebbero il completamento del quadro incerto. Inoltre, inserire un impianto a mano libera evitando il 23 richiederebbe abilità e fortuna. Si decide quindi per un approccio digitale.

Fig. 2 Foto cross in sede 21.
Fig. 3 Foto cross in sede 24.

Il flusso digitale in implantologia inizia con l’acquisizione di una Tac cone beam per la valutazione del volume osseo e della posizione precisa del 23, a cui segue la presa delle impronte per i modelli, l’eventuale ceratura di una protesi a carico immediato e infine la progettazione con apposito software della posizione degli impianti e della mascherina chirurgica. La Tac mostra una discreta disponibilità di osso in sede 21 e 24 potendo progettare impianti da 10 mm di lunghezza e 3.75 di diametro (figura 2-3).  

Fig. 4 Foto progettazione.

La posizione dell’impianto in sede 23 viene determinata (progettazione con software MIS MGUIDE) inclinandolo in modo che non vada a impattare sulla radice del canino incluso, mentre l’impianto 26 è aderente alla parete mesiale del seno mascellare (figura 4-6). Poiché la paziente aveva il desiderio di uscire dallo studio già con i denti su impianti, viene progettato un ponte avvitato su impianti a carico immediato lievemente sottomasticante. In aggiunta si commissiona al centro fresaggio la dima chirurgica per eseguire l’intervento in modalità flappless con pieno comfort della paziente (figura 7).  Il giorno prima dell’intervento la paziente viene sottoposta a seduta di igiene orale e le viene prescritta copertura antibiotica preventiva con acido clavulanico e amoxicillina.

Fig. 5 Visione occlusale della progettazione virtuale.

Come è intuibile, l’intervento viene vissuto molte volte con ansia soprattutto dai pazienti fragili, ma spiegando loro che l’anestesia necessaria è minima in virtù della scarsa invasività, e che il tutto si risolve in poco tempo, si ottiene il più delle volte una buona compliance e il paziente si tranquillizza. Così è stato per la nostra paziente. Una volta fatta l’anestesia locale con articaina 1° a 100000 si fa calzare la dima chirurgica e sotto irrigazione di fisiologica fredda si procede alla sequenza delle frese di preparazione del sito chirurgico iniziando dal mucotomo e a seguire le altre frese del kit chirurgico dedicato alla chirurgia guidata (MIS Implants Technologies LTD).

Fig. 6 Visione frontale della progettazione virtuale.

Si termina l’intervento con l’inserimento di 2 impianti (MIS Seven) da 3.75 per 10 mm di lunghezza. Essendo stato l’intervento molto rapido e preciso si decide di proseguire avvitando le torrette provvisorie e fissando direttamente in bocca il ponte (figura 8). Visto che la paziente ha una dentatura con numerosi diastemi e denti corti si preferisce staccare i denti del ponte l’uno dall’altro con della finta gengiva rosa.

Terminata la seduta viene fatta una Opt di controllo per verificare il corretto alloggiamento degli impianti nell’osso e la chiusura dei monconi sul piattello (figura 9).

Fig. 7 Foto dima.

La paziente si è detta molto soddisfatta per la rapidità con la quale è stato eseguito l’intervento e anche per il risultato estetico. Vista la tipologia di paziente ci si premura di raccomandare la prosecuzione della terapia antibiotica integrandola al bisogno con antidolorifici e di seguire una dieta morbida per almeno un mese in modo da non sovraccaricare il lavoro. Inoltre, la si rivede per controllo una volta alla settimana per un mese e poi si è preferito seguirla con sedute di igiene orali mensili almeno per tutto il tempo dell’osteointegrazione. Al controllo a un anno la paziente è ancora molto soddisfatta, mantiene una buona igiene orale domiciliare e la gengiva perimplantare è in buono stato di salute e non si è resa ancora necessaria la sostituzione del provvisorio a carico immediato con un ponte definitivo (figura 10).

Fig. 8 Foto ponte.

RISULTATI 

Ad un anno dall’intervento la stabilità dei risultati ottenuti è molto buona. I familiari si sono rivelati soddisfatti del fatto che l’intero percorso riabilitativo sia stato portato avanti con poche sedute, ma efficaci, grazie a un approccio digitale che ha permesso di pianificare tutto in modo preciso fino all’esecuzione dell’intervento. La paziente viene mantenuta con periodiche sedute di igiene orale e motivazionali in modo da stabilizzare le abitudini domiciliari.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

La riabilitazione protesica per mezzo di impianti osteointegrati risulta in molti casi estremamente vantaggiosa in quanto non intacca la dentatura naturale ed evita soluzioni mobili scomode. La sua applicazione su pazienti fragili o disabili pone tuttavia dubbi e perplessità riconducibili alla collaborazione necessaria durante le varie fasi di realizzazione chirurgica e protesica e al successivo mantenimento. Per questo tale scelta ricade su casi molto selezionati. Una soluzione che si è rivelata molto pratica ed efficace è stata data dall’approccio digitale che permette di pianificare le tappe chirurgiche e riabilitative in modo interamente o parzialmente virtuali e di concretizzare l’intervento con mascherine chirurgiche dedicate.

Fig. 9 OPT di controllo.

La chirurgia diventa un atto minimamente invasivo, il più delle volte eseguito in modalità flapless, garantendo comfort postoperatorio e non necessitando di sospensioni farmacologiche. Anche la possibilità di predisporre di una protesi provvisoria di lunga durata a carico immediato è un sollievo enorme per il paziente che, oltre a non dover subire fastidiose sedute protesiche (impronte, masticazioni, prove), uscirà dall’ambulatorio direttamente con i denti montati. Tutto questo potrebbe essere in futuro un approccio diffuso per i pazienti disabili, ribadendo che un minimo di collaborazione durante le varie sedute e il mantenimento domiciliare restano i capisaldi di ogni terapia odontoiatrica.

Fig. 10 Foto finale.

Anche la filiera delle tecnologie digitali necessarie è molto importante, in quanto disporre in studio di tutte le apparecchiature (Tac cone beam, scanner intraorale, software di progettazione, kit implantare dedicato), unitamente ad un buon livello di intesa e collaborazione con il laboratorio, sono fattori che velocizzano la sequenza e permettono di controllare più agevolmente tutte le tappe. In futuro, con l’ulteriore miglioramento delle performances delle apparecchiature digitali e la riduzione dei loro costi ci si augura che la sequenza computer guidata diventi pratica abituale per i pazienti collaboranti e a maggior ragione con i pazienti fragili che necessitano di maggiore delicatezza e comfort.

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Materials and methods:

Computer-guided surgery is the main protagonist. The prosthetic study begins with the acquisition of a scan of the dental arches using an intraoral scanner. Dedicated software allows you to program the prosthetic result virtually. This image is superimposed by the patient’s tac cone beam. The combination of these two digital images gives shape to the patient’s arch, the desired prosthetic rehabilitation and the underlying bone structures, making implantation planning easy. Once everything is planned, a surgical mask is made that will guide the first cutters in the preparation of the implant site.

Aim of the work:

In recent times, in dental practice, we are increasingly confronted with disabled patients who need prosthetic rehabilitation. The authors propose a computer-guided prosthetic implant approach, performed on a patient suffering from Down syndrome, analyzing the benefits of this minimally invasive surgery.

Results:

Good compliance by the patient, thanks to the method used; stability of the result over time.

Conclusion:

Surgery becomes a minimally invasive procedure, most of the time performed in flapless mode, giving post-operative comfort and not requiring drug suspensions. The possibility of a long-term temporary prosthesis with immediate load is also a huge relief for the patient who, in addition to not having to undergo annoying prosthetic sessions (prints, chewing, tests), will leave the surgery directly with his teeth mounted