Ulteriore conferma del ruolo del trauma occlusale nell’eziologia della parodontite e della perimplantite sito specifica

Further confirmation that site-specific periodontitis and perimplantitis is caused by occlusal trauma

Fig. 8 - Parte inferiore: il riposizionamento dei condili in relazione centrica permette di individuare un precontatto centrico sul 16 indicato dalla freccia rossa nella foto di sinistra. La dislocazione della mandibola sulla statica sostitutiva, spostando il contatto sui denti frontali, ha traumatizzato con più violenza la corona dell’impianto in posizione 22 inducendo la lesione perimplantare sito specifica (foto di destra). Parte superiore: anche in questo caso, come nel precedente, abbiamo utilizzato il disegno schematico associato alle foto della paziente per rendere più comprensibile la dinamica della dislocazione della mandibola.
Scopo del lavoro: La malattia parodontale/perimplantare viene considerata, da parte di una corrente di pensiero mediaticamente preponderante, malattia infettiva ab initio, vale a dire innescata su un terreno integro e sano dalla componente batterica, saprofitica fino al momento dell’insorgenza della malattia. Premesso che la malattia parodontale/perimplantare è una sindrome multifattoriale con ipotesi eziopatogenetiche infettivologiche, genetiche, internistiche e biomeccaniche, in questo studio si prende in esame un fattore eziologico generalmente trascurato: il trauma occlusale. Cercheremo di dimostrare quanto possa essere determinante lo stress meccanico cronico sull’apparato dento-gengivale nel favorire la trasformazione della flora batterica da saprofitica in patogena opportunista.
Materiali e metodi:

Il riposizionamento condilare con la “tecnica del sorriso” permette di localizzare i precontatti centrici sfruttando con particolari manovre manuali e termini appropriati alcune qualità spontanee, comuni ad ogni individuo. Ciò si ottiene utilizzando le sue risposte ad alcune precise situazioni percettive in cui egli sarà posto artificialmente nei seguenti quattro stadi induttivi: sorridi, tocca, stringi, stacca.

Risultati:

Questa ricerca propone di capire le cause che producono il danno parodontale-perimplantare uscendo dagli schemi consueti, abituati a considerare il deficit igienico, con il conseguente accumulo di placca, come la causa “unica” del danno.
Occorre infatti ricordare che i denti e gli impianti non devono essere valutati come elementi statici, ma come un complesso di elementi dinamici che durante la propria funzione sopportano carichi molto intensi secondo una programmazione non casuale, ma governata da precise leggi biologiche. Oltre a considerare tutti i fattori di rischio più noti, una particolare attenzione deve essere rivolta anche alle cause che, dislocando la mandibola, alterano l’occlusione. Le pressioni abnormi sui denti e/o sugli impianti interessati possono concorrere all’instaurarsi di uno stato di patologia sia a carico del dente (impianto) che del suo tessuto di sostegno.

Conclusioni:

I due casi clinici esaminati presentano due patologie sito specifiche, una su dente naturale (parodontite) e l’altra su un impianto (perimplantite). In entrambi i casi è ampiamente dimostrata la noxa patogena iniziale rappresentata dallo stress meccanico cronico causato dal trauma occlusale che ha provocato sofferenza tissutale, creando il terreno favorevole alla successiva infezione parodontale-perimplantare.
Seguendo l’evoluzione dei due casi risulta evidente l’importanza della conoscenza delle patologie attribuibili al trauma dell’occlusione, conoscenza che solo così può permettere di interpretare il ruolo del trauma occlusale in funzione preventiva nei riguardi delle patologie riscontrate.

In parodontologia la placca batterica è considerata l’elemento clinico fondamentale in cui si identifica la malattia parodontale, in quanto in essa si riscontra quella che viene considerata la noxa patogena unica ed assoluta: i batteri.

In relazione alla placca batterica si orienta ogni protocollo diagnostico e terapeutico e viene accentuata la valenza preventologica assoluta (ex juvantibus) dell’igiene orale (1-7).

La parodontopatia, tuttavia, non sarebbe da interpretare come malattia infettiva ab initio, soprattutto se si adottano criteri diagnostici indirizzati alle problematiche occlusali (8-10). Sottolineiamo che anche il cavo orale rappresenta un ecosistema regolato secondo equilibri microbiologici e microbiotici, come ogni altro distretto dell’organismo in relazione con il micro e macroambiente.

La maggior parte delle specie batteriche considerate patogene opportuniste sono, in realtà, già normalmente presenti nell’individuo parodontalmente sano, seppure in proporzioni peculiari, ma ciò che è più significativo è che infiniti tentativi di identificare l’agente eziologico nel corion sano non hanno mai sortito risultati evidenti (11-14).

Ciò potrebbe significare che se non si instaura una soluzione di continuo attraverso il sigillo mucogengivale, i saprofiti non sarebbero in grado di invadere i tessuti sottostanti in quanto incapaci di perforare in qualsivoglia modo un sigillo sano (15-17).

È stato dimostrato il ruolo del trauma occlusale cronico nel provocare sofferenza tissutale. Tale terreno favorevole può favorire la successiva infezione parodontale. Questa condizione giustificherebbe la trasformazione della flora batterica da saprofitica a patogena opportunista (18-20) con la conseguente interpretazione della sito-specificità della lesione parodontale (21-22).

Sono noti gli effetti che scaturiscono dalla stimolazione meccanica funzionale sul tessuto osseo, sia in termini di rimodellamento che in termini di distrofia ed atrofia. Le forze compressive se biomeccanicamente non congrue e replicate nel tempo possono portare a quadri disreattivi con distrofia ed atrofia dell’organo parodontale (23-25).

La comprensione del meccanismo patogenetico della parodontopatia è secondo le nostre ricerche: l’indagine in parallelo del profilo batterico, dell’occlusione statico-dinamica e di tutte le fonti disfunzionali biomeccaniche. Il riequilibrio occlusale mediante rimodellamento conservativo cuspidale favorisce il miglioramento del sito dento-parodontale in termini di microcircolo, con conseguenze migliorative del trofismo tissutale e del profilo batterico (26-27) così come del monitoraggio dei parametri parodontali classici (sondaggio, sanguinamento, mobilità) (28, 29).

In altri termini è la qualità morfologica del profilo batterico che indica le condizioni trofiche o distrofiche della nicchia parodontale e dell’ecosistema dente-gengiva-parodonto determinando morfologie batteriche (bastoncelli, filamentosi, fusiformi e spiraliformi) dal metabolismo anaerobico a scapito dei cocchi, prevalentemente aerobi (30, 31).

Materiali e metodi

Quando osserviamo i danni, anche minimi, provocati dal trauma occlusale, sappiamo di essere sempre di fronte ad una mandibola dislocata che occlude in procoresi su una statica sostitutiva, con i condili spostati mesialmente o mesio-lateralmente rispetto alla posizione di relazione centrica.
Riposizionando i condili da questo rapporto patologico, nella posizione più fisiologica della loro primitiva relazione centrica e guidando la mandibola ad occludere, la faremo appoggiare su quei precontatti che dovremo eliminare per riottenere l’armonia occlusale.
La capacità di eseguire correttamente questa manovra permette di evidenziare subito la presenza di un precontatto e di conseguenza la presenza di uno squilibrio occlusale.
Ciò è molto importante perché consente immediatamente di accertare che le lesioni dell’apparato masticatorio rilevate sono realmente attribuibili al trauma occlusale.
Il riposizionamento dei condili può essere ottenuto usando singolarmente o alternativamente le seguenti tecniche operative:

  • manuali
  • strumentali (bite-plane, jig di Lucia, stopper di Pasqualini)
  • bioelettriche (myo-monitor, myo-pulsar, centric occlusal detector)
  • psicosomatiche.

Il riposizionamento condilare psicosomatico
La “tecnica del sorriso” è basata su alcuni accorgimenti psicosomatici che creano un rapporto particolare operatore-paziente che facilita le manovre del riposizionamento dei condili e della segnalazione dei precontatti. La “tecnica del sorriso” permette di localizzare i precontatti centrici sfruttando con particolari manovre manuali e termini appropriati alcune qualità spontanee comuni ad ogni individuo. Tali qualità spontanee si identificano in quattro stadi percettivi:

  • sorridi
  • tocca
  • stringi
  • stacca

Questa manovra praticamente porta la mandibola nella posizione di free-way-space fisiologica, senza tensioni muscolari e i condili saranno posizionati correttamente nella fossa glenoidea in relazione centrica. A questo punto è sufficiente guidare delicatamente i denti al contatto occlusale, il movimento di rotazione pura impedirà al condilo di modificare la sua posizione nella fossa glenoidea e permetterà di evidenziare la presenza di eventuali precontatti centrici (32).

CASO CLINICO 1

Giovane donna di 32 anni, di razza caucasica, vista nel 1989 con l’incisivo superiore destro, vitale, mobile, affetto dalla malattia parodontale, che presentava un’atrofia ossea andata progressivamente aggravandosi nonostante le continue terapie specialistiche praticate e ancora in corso. Riferisce numerose sedute di igiene professionale, scaling, root planing e profilassi con cicli di terapia antibiotica che tuttavia non hanno interrotto l’aggravarsi dell’atrofia. Inoltre, nel tentativo di limitarne la mobilità, il dente era stato splintato con l’incisivo centrale contiguo. Dall’esame clinico e radiografico risulta come l’infezione interessi soltanto l’incisivo destro e non coinvolga i denti adiacenti (fig. 1, 2).

Fig. 2 – La radiografia e lo splint con l’incisivo superiore sinistro.

Sospettando la presenza di un’alterazione dell’occlusione, si rende necessaria una diagnosi certa.
In presenza di uno squilibrio occlusale siamo sempre di fronte ad una mandibola dislocata che occlude in procoresi su una statica sostitutiva, con i condili spostati mesialmente o mesio-lateralmente rispetto alla posizione di relazione centrica. Riposizionando i condili da questo rapporto patologico, nella posizione più fisiologica della loro primitiva relazione centrica e guidando la mandibola ad occludere, la faremo appoggiare su eventuali precontatti: la presenza dei quali confermerà il sospetto diagnostico. In effetti la manovra sopra descritta evidenzia, nella nostra paziente, la presenza di un precontatto sulla cresta marginale mesio palatale del 17, dente che risulta estruso per l’assenza dell’antagonista. Il precontatto si può definire centrico perché la mandibola è stata riposizionata in relazione centrica e la presenza del precontatto centrico indica che l’occlusione abituale della paziente si realizza grazie alla dislocazione della mandibola su una statica sostitutiva che, avendo perso il rapporto di relazione centrica, non è più fisiologica, ma patologica (fig. 3).
Per meglio capire il comportamento della mandibola in presenza di un precontatto centrico, ricordiamo alcuni concetti di fisiologia e di fisiopatologia occlusale.

Fig. 3 – Il riposizionamento dei condili in relazione centrica permette di evidenziare un precontatto centrico sulla cresta marginale mesiale del 17 (estruso per assenza dell’antagonista) precontatto marcato in rosso dalla carta di articolazione (cerchio).

L’occlusione si può definire in “centrica stabile” quando, senza alcuno spostamento corporeo dei centri di rotazione dei condili, con la massima economia muscolare e senza alcuna tensione dei legamenti articolari, la mandibola, nel movimento di chiusura ruotando in asse cerniera, si arresta su contatti statici numerosi e contemporanei che mantengono l’intercuspidazione in rapporto di relazione centrica. Le pressioni esercitate sui denti sono fisiologiche ed accompagnano senza conseguenze le migliaia di deglutizioni quotidiane (3500 deglutizioni secondo Mountcastle) (33). Ciò avviene perché le pressioni sono equamente distribuite lungo l’asse centrale delle radici di premolari e molari, e mantengono entro i limiti di resistenza le strutture destinate a sopportarle.
Mentre, invece, i «denti frontali», incisivi centrali, incisivi laterali e canini, per via della loro naturale inclinazione, sviluppano nel contatto forze trasversali, ed è questa la ragione per cui non devono avere contatti nell’occlusione statica fisiologica, ma devono soltanto, al massimo, sfiorarsi perché altrimenti verrebbero danneggiati dalle forze trasversali che si sviluppano durante la deglutizione (clench o sovraocclusione) (34-35).
Se, ruotando in asse cerniera, il piano occlusale dei denti nel movimento di chiusura incontra contatti prematuri, ugualmente centrici, ma incapaci di dare alla mandibola un appoggio statico stabile e adeguato per deglutire e masticare (precontatti), si realizzano le condizioni di una occlusione instabile.
L’instabilità occlusale provocata dal precontatto altera l’armonia del sistema neuromuscolare compromettendo i normali automatismi della masticazione e della deglutizione. Per questa ragione il SNC, che non può tollerare l’instabilità, pianifica la ricerca di una nuova statica nel tentativo di ristabilire la stabilità dell’occlusione stessa.
Non potendo oscillare per bilanciare il precontatto, la mandibola si disloca in avanti e/o di lato (procoresi), accompagnata da uno spostamento corporeo del centro di rotazione dei condili, alla ricerca di un aumento del combaciamento dentale che le permetta di stabilizzarsi con il miglior equilibrio possibile. Si raggiunge in questo modo una statica sostitutiva, con contatti anteriori acentrici non più fisiologici, che, pur essendo patologici, permettono di masticare e di deglutire con il normale automatismo con l’estensione patologica del contatto ai denti frontali (fig. 4).

Fig. 4 – La dislocazione della mandibola che dalla instabilità occlusale provocata dal precontatto (disegno centrale) si sposta su una statica sostitutiva con contatti acentrici patologici ma più stabili che possono coinvolgere i denti frontali.

La mandibola, però, nel movimento di chiusura sulla statica sostitutiva perde il rapporto di relazione centrica. Per cui per mantenere il nuovo equilibrio si sviluppano tensioni a carico della muscolatura e dei legamenti articolari e queste tensioni, durante il clench della deglutizione, incrementano l’azione delle forze occlusali che si scaricano sugli squilibri del piano di appoggio sostitutivo, favorendo una meccanica che può superare i limiti di resistenza fisiologici delle strutture coinvolte. Si vengono a creare così le condizioni per lo sviluppo di patologie a carico dei denti, degli impianti, delle mucose, dell’ATM e/o del tessuto di sostegno, provocate dal trauma occlusale statico (36) (fig. 5).

Fig. 5 – Nella parte superiore della figura il disegno evidenzia lo spostamento della mandibola che dal precontatto centrico si disloca sulla statica sostitutiva e contemporaneamente nella parte inferiore della figura viene indicata per analogia la dislocazione della mandibola della paziente dal precontatto centrico alla statica sostitutiva abituale.

Riassumendo, un precontatto centrico diventa responsabile di:
instabilità occlusale che altera l’armonia del sistema neuromuscolare;
diversa postura mandibolare;
una serie di contatti occlusali statici modificati con coinvolgimento dei denti frontali;
una conseguente modifica dei contatti occlusali dinamici;
una diversa posizione dei condili nella fossa glenoidea con possibili disordini temporo mandibolari (DTM);
una alterata attività muscolare dovuta alla perdita del rapporto di relazione centrica;
insorgenza di parafunzioni che accelerano la progressione del danno.
Tornando al nostro caso e per una migliore comprensione di come si confrontano i denti frontali coinvolti nel contatto patologico, dopo la dislocazione della mandibola sulla statica sostitutiva abituale della paziente, mettiamo a confronto le foto della bocca con il disegno schematico precedentemente proposto.
Come si vede chiaramente nella figura 5 l’incisivo centrale inferiore destro, indicato dalla freccia blu, è più vestibolarizzato rispetto alla linea degli altri denti e, nella statica sostitutiva, coinvolge per primo nel contatto proprio l’incisivo superiore affetto da parodontite sito specifica, suo naturale antagonista, traumatizzandolo continuamente durante il clench della deglutizione.
L’importanza del trauma occlusale come fattore eziologico è evidente, spiega la sito specificità della lesione e il motivo per cui l’infezione – perché di infezione si tratta – rimanga localizzata all’incisivo interessato e non si estenda ai denti contigui.
Spiega anche il progressivo peggioramento della malattia e la mancanza di risultati positivi nonostante la paziente sia stata sempre tenuta sotto controllo specialistico e le siano state praticate le terapie abituali secondo il protocollo della malattia parodontale. L’incisivo, ormai troppo compromesso, viene perduto spontaneamente pochi giorni dopo la prima visita.

CASO CLINICO 2

Si riferisce ad una giovane donna di anni 19, di razza caucasica, con agenesia congenita degli incisivi laterali superiori, trattata dal proprio ortodontista con la distalizzazione dei canini per creare spazio per due impianti sostitutivi degli incisivi mancanti. Dopo l’inserimento a cielo coperto (flap-less) di due viti di scuola italiana bicorticalizzate (1986), furono subito cementate due corone provvisorie a carico immediato, con attento controllo dell’assenza di precontatti statici e dinamici. Alla guarigione dei tessuti molli del paradenzio le corone provvisorie in resina furono sostituite da due singole corone in porcellana, nel rispetto dell’occlusione fisiologica (figura 6).

Fig. 6 – Agenesia degli incisivi laterali in giovane paziente (1986). I due monoimpianti one piece eseguiti con tecnica “flap-less”. La radiografia e le due corone in oro-porcellana.

La giovane venne rivista solo tre anni dopo, perché preoccupata dalla notevole flogosi gengivale che si era sviluppata in corrispondenza della corona dell’incisivo laterale di sinistra (figura 7). La radiografia evidenzia l’iniziale riassorbimento osseo che coinvolge l’impianto, per cui viene diagnosticata una perimplantite. Notevole anche la differenza dell’aspetto esterno delle mucose che circondano le corone dei due impianti.
L’anamnesi sembra non fornire dati circa le possibili cause che possono aver provocato la perimplantite, viene segnalata soltanto l’otturazione di un molare eseguita da altro collega circa un anno prima e quindi senza apparente relazione con i problemi attuali. Il riposizionamento dei condili in relazione centrica ha permesso però di evidenziare la presenza di un unico precontatto, marcato dalla carta di articolazione con l’aiuto dello stopper di Pasqualini, proprio sulla otturazione in amalgama.

La conseguente dislocazione della mandibola spostata in avanti sulla statica sostitutiva ha coinvolto nel contatto i denti frontali traumatizzando in particolare la corona dell’impianto in posizione 22 durante il clench della deglutizione, aprendo le porte ai batteri patogeni e inducendo così la lesione perimplantare sito specifica (figura 8). La rimozione del precontatto riportò la mandibola in relazione centrica ed eliminò il trauma occlusale indiretto sulla corona del 22 (figura 9). La paziente, rivista dopo un mese, era completamente guarita per cui è stato possibile sostituire la corona protesica. Risulta molto interessante confrontare la radiografia eseguita al momento della sofferenza dell’impianto con quella realizzata dopo la sostituzione della corona, con il sorprendente ripristino del tessuto osseo perimplantare (1989) (figura 10).

Fig. 7 – Dopo 3 anni il monoimpianto di sinistra appare in sofferenza, al controllo radiografico si nota un discreto riassorbimento dell’osso perimplantare.

L’otturazione in amalgama anche se modellata con maestria, ma senza il controllo del contatto occlusale, presentava un precontatto centrico che, dislocando la mandibola sulla statica sostitutiva, ha coinvolto nel contatto i denti frontali traumatizzando proprio la corona dell’incisivo in posizione 22 e provocando la perimplantite sito specifica dell’impianto inserito tre anni prima.

Fig. 8 – Parte inferiore: il riposizionamento dei condili in relazione centrica permette di individuare un precontatto centrico sul 16 indicato dalla freccia rossa nella foto di sinistra. La dislocazione della mandibola sulla statica sostitutiva, spostando il contatto sui denti frontali, ha traumatizzato con più violenza la corona dell’impianto in posizione 22 inducendo la lesione perimplantare sito specifica (foto di destra). Parte superiore: anche in questo caso, come nel precedente, abbiamo utilizzato il disegno schematico associato alle foto della paziente per rendere più comprensibile la dinamica della dislocazione della mandibola.

Rispetto al caso clinico precedente è stato possibile intervenire in tempo utile prima che le lesioni diventassero irreversibili. Nel 1986 non esistevano trattamenti specifici per la perimplantite per cui non è stata praticata nessuna delle terapie attualmente in uso (37-39).

Fig. 9 – La marcatura esatta e puntiforme del precontatto sul piano occlusale dell’amalgama, che, eliminato, riporta l’occlusione nella sua statica corretta (9a, 9b). La salute della mucosa perimplantare guarita spontaneamente dopo il solo riequilibrio occlusale e la sostituzione della corona in porcellana (9c, 9d).

La guarigione del tessuto osseo è avvenuta spontaneamente dopo la rimozione del precontatto che ha riportato la mandibola nella sua posizione fisiologica di relazione centrica ripristinando l’armonia occlusale.
Questo dimostra come l’eziologia di questa lesione perimplantare sito specifica sia legata al trauma dell’occlusione (causa-effetto) (40-42).

Fig. 10 – Il controllo radiografico. Nell’immagine di destra è evidente la sorprendente guarigione del tessuto osseo perimplantare.

CONCLUSIONI

A fronte dei risultati ottenuti, e soprattutto delle attuali conoscenze sulla natura delle basi eziopatogenetiche, la malattia parodontale dovrebbe essere considerata, più che infettiva ab initio e dipendente unicamente dalla componente batterica presente nella placca dento-gengivale, una vera e propria sindrome cronica involutiva distrofico-atrofica su base biomeccanico-disfunzionale.
Il danno parodontale è il risultato dell’influenza ambientale da parte del sovraccarico occluso-disfunzionale cronico, in grado di indurre una reazione dell’apparato di sostegno con flogosi adattativa. Il tessuto osseo, sottoposto a persistenti azioni disfunzionali, reagisce secondo le modalità di risposta genetica ed epigenetica con un’evoluzione flogistica che si allontana progressivamente dal rimodellamento fisiologico con incremento dei fenomeni osteoclastici a svantaggio di quelli osteoblastici e conseguente atrofia progressiva (43-46).
Gli autori suggeriscono un’analisi critica nell’atteggiamento interpretativo, conseguentemente all’approccio clinico alla malattia parodontale che andrebbe considerata come la risposta a pressioni ambientali complesse e multifattoriali (biochimiche, biomeccaniche, metaboliche immunitarie, microvascolari, psicoemozionali, batteriche). Su questo principio è possibile un’evoluzione secondaria di sovrapposizione in senso flogistico-settico-batterico definita parodontite e/o perimplantite. Si evince che la prevenzione e/o la cura della malattia parodontale e delle sue recidive dovrebbe scaturire da un’analisi multifattoriale attraverso un approccio terapeutico interdisciplinare.

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Materials and methods:

Condylar repositioning by the “smile technique” allows to find out centric premature contacts taking advantage of some instinctive qualities common to humans, thanks to particular manual manoeuvres and proper terms. We will achieve that result after we will first artificially put our patient in the following four inductive steps: smile, touch, clinch, avoid contact. Then we will exploit his response to those precise perceptual situations.

Aim of the work:

An in media preponderant school of thought considers the onset from the very beginning of the periodontal/periimplant disease due to an infection. In other words the disease begins when pathogenic bacteria infect a tissue which is wholly healthy thanks to saprophyte bacteria. Since periodontal/perimplant disease is a multifactorial syndrome with hypothetical causes from infectious to genetic ones, or related to internal medicine and biomechanics, we will consider occlusal trauma as well as cause of the disease. The aim of the work is to demonstrate how the long-lasting mechanical stress over gingival-tooth apparatus can induce the change of bacterial flora from saprophyte to opportunistic pathogenic one.

Results:

This research proposes to understand the causes of the periodontal/perimplant disease moving away from conventional schemas based on the insufficient hygiene with consequent build-up of dental plaque which is considered “the only “cause of the disease. In fact we must consider both teeth and implants not as static elements but as a dynamic complex which during its function can undergo a very heavy load according to precise biological laws.
In addition to all the best-known risk factors the causes that displace mandible and therefore modify occlusion must deserve specific attention. Considerable overloading on teeth and/or implants involved can contribute to the pathogenesis of the tooth/implant and its supporting tissue too.

Conclusion:

The two clinical cases of the work present site-specific periodontitis and perimplantitis. Both cases show that occlusal trauma with its consequent chronic mechanical stress is the initial cause of the disease. Later the subsequent inflamed tissue becomes an easy road to the periodontal-perimplant infection as final stage. Following the evolution of the two cases it becomes apparent that it is important to know the diseases due to occlusal trauma. Only through that knowledge we can prevent the diseases described above.