In qualità di presidente dell’ANSOC, ente di rappresentanza degli studi odontoiatrici accreditati con il SSN ed i Sistemi Sanitari Regionali, desidero evidenziare lo stato di crisi in cui versano le nostre strutture, dovuto all’incongruenza tra il costo di produzione delle prestazioni odontoiatriche e le rispettive tariffe corrisposte.

Anzitutto mi corre l’obbligo di fare un accenno al senso del dovere e di appartenenza al SSN con cui i nostri professionisti e il nostro personale paramedico hanno operato durante il lockdown, erogando ogni giorno prestazioni urgenti agli utenti, evitando dunque che finissero in pronto soccorso per patologie oro-dentali.

Siamo e ci sentiamo parte del sistema pubblico di assistenza anche se le nostre difficoltà sono state ignorate nel corso degli anni dalle istituzioni.

Visto il perdurare di tale situazione, senza alcun provvedimento da parte delle amministrazioni regionali e nazionale, si è registrato l’abbandono della convenzione e dell’accreditamento da parte di molti soggetti di indiscussa competenza e qualità, assistendo pertanto ad un graduale impoverimento dell’offerta assistenziale odontoiatrica pubblica sul territorio.

Di conseguenza molti utenti, vulnerabili o esenti, sono costretti a rivolgersi a studi privati in libera professione, saldando le cure con denaro “out of pocket” pur avendo diritto a una copertura assistenziale pubblica.

Da un’analisi di Azienda Zero del Veneto relativa al 2018 si evidenzia che i presìdi di cura pubblici (a gestione diretta) e privati accreditati stanno erogando prestazioni dentistiche sottocosto di ben due terzi.

Ora la già difficile situazione finanziaria delle strutture accreditate in odontoiatria si è ancor più aggravata sotto il peso degli adempimenti necessari ad impedire la diffusione del Covid-19 ed a salvaguardare la salute dei pazienti e del personale medico e paramedico.

Alla luce della pandemia abbiamo dovuto acquisire tecnologie di disinfezione dell’aria e usare, per ogni singolo paziente, dispositivi di protezione individuali dal costo elevato. Oltre a ciò abbiamo predisposto procedure di sicurezza che hanno diminuito la produttività aumentando il disavanzo.

Non è sostenibile che una prestazione chirurgica come ad esempio l’estrazione di un dente abbia una tariffa pari a 19 euro e pochi centesimi avendo un costo di produzione che la succitata analisi di Azienda Zero ha determinato in 57,6 euro già nel 2018.

Sono questi gli aspetti principali per cui è sempre più difficile trovare medici che accettino per così poco di assumersi le responsabilità professionali derivanti dall’operare su pazienti con grave rischio clinico, quali quelli inviatici dai CUP aziendali.

Oltre all’aspetto meramente pecuniario c’è quello etico, per cui la mediocrità della tariffa è lesiva della dignità professionale del medico e svilente della figura dello specialista esterno del SSN.

Vista la situazione socio-economica conseguente al lockdown, con molti cittadini in difficoltà finanziaria, ci aspettiamo un considerevole aumento della platea dei pazienti che richiederanno di accedere alle cure in convezione, che quindi erogheremmo in perdita.
Per quanto ora descritto abbiamo sollecitato con viva determinazione al ministro della Salute Roberto Speranza il sollecito avvio di un tavolo tecnico per intraprendere la necessaria revisione tariffaria.

Non c’è più tempo da perdere, i conti non tornano, bisogna agire subito per evitare l’uscita dal sistema pubblico di molte altre professionalità ora accreditate e l’ulteriore impoverimento dell’offerta assistenziale del SSN.

Auspico pertanto una rapida risoluzione di tale situazione emergenziale. ●