Il mondo dell’odontoiatria è dinamico, strettamente connesso alla ricerca clinica, all’innovazione tecnologica e in continua evoluzione di conoscenze, tecniche e materiali.

Talvolta eccessivamente suscettibile a “mode” transitorie e influenzato da aspetti biologici e fattori clinici riguardanti la funzione e l’estetica, ma anche da fattori extraclinici di tipo economico, sociale, psicologico. In questo contesto la parodontologia costituisce da sempre una disciplina integrata e al contempo diversa. Integrata per il suo essere imprescindibile per il mantenimento della salute orale e sistemica, per il suo ruolo di protezione dell’apparato di supporto dei denti e delle terapie restaurative, ortodontiche, riabilitative che l’odontoiatra mette in atto. Integrata anche alla salute sistemica per la stretta correlazione che i tessuti parodontali hanno con il metabolismo dell’individuo, con i suoi stili di vita, con il sistema immunitario e per l’impatto, reciproco, che una condizione di patologia (o lo stato di salute) parodontale riverbera a livello sistemico. Diversa perché, probabilmente più di ogni altra disciplina odontoiatrica, essa presenta implicazioni di carattere medico che la rendono davvero peculiare, quasi un’estensione della medicina orale. 

Gli anni novanta e primi duemila sono stati per l’odontoiatria l’epoca dell’affermazione tecnologica, dell’enfasi per le procedure ricostruttive, delle aspettative riposte nei fattori di crescita e nella bioingegneria, gli anni del boom dell’implantologia. Questo slancio ha fornito tante, tantissime nuove opportunità e di certo qualche condizionamento. 

Da qualche anno stiamo assistendo a una rinnovata attenzione della parodontologia in senso lato (società scientifiche, università, istituzioni, aziende), verso le strette correlazioni con altre discipline mediche e le connessioni biologiche che condizionano lo stato di salute e le malattie parodontali, con un’attenzione crescente verso le esigenze del paziente che è posto al centro del piano di trattamento secondo un modello terapeutico personalizzato. Possiamo pertanto riferirci alla centralità della parodontologia, piuttosto che a quella del parodontologo, quando parliamo di cura del paziente.

Ed effettivamente questo ruolo di protagonista è recentemente stato riconosciuto alla parodontologia da diverse componenti del mondo della medicina. Molti colleghi diabetologi e internisti, cardiologi, ortopedici e nutrizionisti, solo per citarne alcuni, hanno posto l’attenzione al mondo dell’odontoiatria, e della parodontologia in particolare, proprio sulla scorta delle implicazioni sistemiche che la malattia dimostra di avere.

Ecco, quindi, che nei prossimi anni ritengo che assisteremo a una sempre maggiore collaborazione multidisciplinare nella gestione del paziente a rischio per malattie su base infiammatoria, come la parodontite. Si pensi ad esempio all’impatto positivo sui livelli glicemici che la cura della parodontite ha dimostrato di avere sul paziente diabetico; ma anche alla capacità della terapia parodontale di ridurre il quadro infiammatorio nel soggetto con co-morbidità, riducendo ad esempio le percentuali di proteina C-reattiva; o, ancora, alla possibilità di ridurre le complicanze infettive nel paziente in terapia medica per osteopenia/osteoporosi con agenti anti-assorbitivi, per non dimenticare la risposta favorevole sull’ipertensione arteriosa grazie ad una “semplice” eliminazione dell’infiammazione parodontale. Ma molte altre sono le aree di possibile overlapping tra malattie gengivali e condizioni sistemiche che ancora non conosciamo completamente. 

La conoscenza dell’impatto sull’organismo dei fenomeni fisio-patologici orali, lo studio dell’epigenetica e dei suoi legami con la salute dento-parodontale, il ricorso a piani di trattamento sempre più individualizzati e la ricerca di un trattamento con ridotta invasività sono solo alcuni dei sentieri in fase di approfondita esplorazione in questi primi anni ’20.

La riformulazione delle diverse forme di malattie gengivali che qualche anno fa il mondo scientifico ha codificato in un nuovo modello di classificazione delle parodontiti, è espressione di questo mutamento. A cascata si è sentita l’esigenza di porre ordine nel cambiamento formulando delle linee guida per il trattamento della parodontite nei suoi 4 stadi evolutivi: al centro di questo progetto la Federazione europea di parodontologia (EFP), in chiave globale, e la Società italiana di parodontologia e implantologia (SIdP), a livello nazionale, si stanno impegnando per fornire appropriati strumenti alle categorie professionali degli odontoiatri, igienisti dentali e medici, a supporto del quotidiano impegno profuso per la cura di ampie percentuali di popolazione che soffrono di malattie dento-gengivali e, non possiamo dimenticarlo, di condizioni patologiche perimplantari molto prevalenti nella popolazione.

Le statistiche parlano di circa il 50% di italiani affetti da una qualche forma di parodontite  e dell’11% circa della popolazione affetta da forme di stadio 4, le più gravi, debilitanti e complesse da trattare.

Analogamente le complicanze biologiche perimplantari superano il 20% di incidenza nel paziente riabilitato con protesi su impianti.  Nell’attuale contesto, l’impegno della SIdP, che mi onoro di rappresentare come presidente in questo biennio 2022-2023, è rivolto all’educazione e all’aggiornamento delle categorie professionali, all’informazione e alla consapevolezza dei cittadini nei confronti dell’importanza della prevenzione e della cura appropriata, meglio se precoce e personalizzata. Ma non solo: un approccio virtuoso di questo tipo non può non essere sostenuto da uno stretto dialogo con le istituzioni per azioni misurabili a livello sociale. Ecco, pertanto, che collaborare con l’università nei percorsi di formazione e ricerca, coinvolgere le istituzioni in progetti di intervento a livello di sanità e comunicazione su vasta scala e coinvolgere gli attori nel campo della medicina sono operazioni cruciali che il mondo della parodontologia può, vuole e deve attuare da protagonista.

È con questa prospettiva che SIdP dedica il proprio programma culturale 2023, dal congresso internazionale di Rimini ai corsi di aggiornamento in primavera e autunno, all’approfondimento di temi con un approccio basato sull’etica, sintetizzando con questo termine i princìpi di appropriatezza alla base di ogni azione verso il paziente. Questo in chiave diagnostica, alla luce della diffusione delle nuove tecnologie di imaging 3D e dell’intelligenza artificiale, oltre che in chiave terapeutica non chirurgica e chirurgica nella ricerca di soluzioni che, a parità di risultati, possano essere meno invasive per il paziente. Analogamente il ricorso ai biomateriali e alle terapie aggiuntive deve essere consapevole e basato su prove di efficacia. Un altro ambito in cui trovo sia opportuno il richiamo alla prudenza è quello dell’uso dei farmaci, in particolare gli antibiotici sistemici. Tale impiego va gestito in maniera razionale, considerando l’allarme proveniente dall’OMS, le cui stime indicano per il 2050 la previsione di 10 milioni di persone morte per cause legate all’antibiotico-resistenza.

L’importanza dell’aggiornamento continuo degli operatori è una delle mission della nostra società scientifica, da sempre attenta a erogare formazione di alta qualità ai suoi oltre 2.000 associati, attraverso percorsi individualizzati per le diverse categorie di studenti, igienisti dentali, odontoiatri e specialisti in parodontologia e implantologia. Le diverse categorie dei soci a cui la nostra società si rivolge, dagli operatori più esperti e cultori della materia, ai più giovani e agli studenti, dai clinici generalisti ai ricercatori “puri” continueranno, questo è il mio auspicio personale, a sentirsi rappresentati e parte di un progetto e di una casa comune, una vera famiglia, la famiglia SIdP.