La soddisfazione personale di ciascuno di noi dipende da una miriade di fattori: personali, lavorativi e familiari-relazionali. Il giusto equilibrio tra ogni sfera della propria vita è qualcosa di difficile (ma non impossibile!) da raggiungere e, soprattutto, può cambiare molto da persona a persona e, anche nell’ambito dello stesso individuo, si evolve con il tempo. Ciò che è importante però è la sua ricerca e non c’è nulla di più difficile da trovare che qualcosa di sconosciuto, cercato peraltro senza un metodo.
I sette pilastri della soddisfazione
Nella storia dell’umanità mistici, filosofi, artisti, psicologi, motivatori, coach e saggi in genere si si sono interrogati da secoli su come raggiungere la soddisfazione personale.
Senza voler scomodare grandi pensatori del passato, ma provando a fornire un metodo pratico, proviamo a schematizzare i sette “macro-pilastri” in cui può essere suddivisa la nostra vita (tab. 1):

L’ordine è puramente casuale, così come può variare da persona a persona l’importanza di ciascun pilastro o ambito, anche in funzione del tempo e degli sforzi che ognuno di noi dedica a ogni precisa area. È pur vero che, come obiettivo annuale, non dovremmo mai trascurare completamente una di queste aree e dovremmo, per lo meno idealmente, stilare un programma delle energie e del tempo dedicato a ciascun’area secondo l’importanza stabilita in modo consapevole e meditato.
Quando si scrive a professionisti che hanno deciso, più o meno consapevolmente, di mettersi in proprio con l’obiettivo di curare la salute orale dei pazienti è probabile che la sfera della soddisfazione lavorativa abbia un’importanza maggiore di altre.
Se ci pensiamo bene, l’art. 1 della nostra Costituzione ci ricorda che la Repubblica è fondata sul lavoro e all’art. 4 la stessa Costituzione riconosce e promuove il diritto al lavoro così come prescrive il “dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”. In poche parole, la sfera lavorativa-professionale ha un’importanza fondamentale e rappresenta un modo per realizzare noi stessi, idealmente prima rispetto ai risvolti economici.
Ma come i più moderni studi psico-sociologici ci insegnano, è sempre più importante il c.d. work-life balance che altro non è che la capacità di trovare un personale equilibrio tra le sfere suddette.
Anche il modo di concepire il successo (dal latino successus, ossia “buon esito”) da un punto di vista lavorativo-imprenditoriale impatta molto sulla capacità di perseguire e coltivare ciascuno dei 7 pilastri.
La prima chiave di successo professionale
Certamente la soddisfazione economica, ossia quanto si guadagna o quanto ci rimane “in tasca” pagate tutte le spese, tasse incluse, ha un peso rilevante ma, dopo tanti anni di esperienza di relazione con professionisti, imprenditori e manager, possiamo affermare che ciò che è duraturo per la soddisfazione lavorativa è l’orientamento al cosiddetto “miglioramento continuo” (in giapponese kaizen). La crescita professionale continua, in ambito clinico ed extra-clinico, porta nel lungo periodo a eccellere, ad attirare persone e colleghi di valore intorno a noi, che a loro volta attrarranno pazienti disposti a corrispondere un giusto contributo economico allo studio.
Per migliorare e accrescere il proprio bagaglio tecnico-culturale è fondamentale avere una chiara definizione di cosa si vuole raggiungere e la scelta di obiettivi professionali e personali è cruciale. Per ciascuno di noi il successo economico potrebbe essere più o meno importante rispetto alla realizzazione di standard clinici elevati e/o di un’adeguata reputazione professionale. Certamente queste tre componenti non possono fare a meno l’una dell’altra, nessuna delle tre può mancare o essere tralasciata se non a discapito delle altre.
Oltre alla soddisfazione professionale, l’efficienza nella gestione dello studio è qualcosa che accresce i risultati clinici ed economici nonché la “sensazione di benessere” del professionista mentre lavora. Questa comprende il controllo di costi e risorse, l’ottimizzazione dei processi operativi (clinici e non) e l’uso efficace di tecnologie avanzate.
È essenziale dedicare tempo alla comprensione dei dati economici e finanziari del proprio studio. Il controllo di gestione, anche se delegato a professionisti, deve sempre essere supervisionato dal titolare. Si devono conoscere i seguenti indicatori (tab. 2):

Sul fronte dei costi, bisogna monitorare e analizzare, con costanza e metodo, le variazioni percentuali delle spese (i primi tre costi che vedremo sono variabili, cioè legati all’incremento o decremento della produzione, e quindi ha valore il loro peso percentuale sul totale incassato), che di solito rappresentano un range compreso tra circa il 56% (nei casi più virtuosi) e l’87% (nei casi meno virtuosi) delle spese totali (tab. 3):

Oltre a conoscere i propri dati, è fondamentale misurare le variazioni annuali e trimestrali per individuare anomalie o incrementi inattesi, e prendere decisioni gestionali informate.
La seconda chiave di successo professionale
Un elemento imprescindibile per il successo di uno studio è la motivazione, sia personale che del team odontoiatrico e non.
Sulla motivazione, in primis del titolare (o dei titolari), incide molto, oltre a una chiara definizione degli obiettivi, un atteggiamento mentale positivo (ottimismo non vuol certo dire ignorare le difficoltà, ma vuol dire sforzarsi di risolverle invece che evidenziarle e basta) abbinato a una grande attenzione alle novità (cliniche e in ambito manageriale).
Certamente essere aperti alla formazione, al confronto con altri colleghi e alla tecnologia in genere, rappresentano la miglior arma per restare al passo coi tempi e non smettere di imparare.
Il proprio atteggiamento mentale è alla base poi della motivazione di tutta la propria squadra.
Per motivare i propri collaboratori, le proprie assistenti o il proprio personale di segreteria bisogna compiere uno sforzo ulteriore: bisogna iniziare a interessarsi alle necessità di ciascuno immedesimandosi nei suoi panni. Bisogna cioè dedicare del tempo alle persone con cui si lavora per capire i loro bisogni e per insegnare/rafforzare la vera filosofia dello studio. Ma per motivare il personale bisogna innanzitutto organizzare con attenzione gli obiettivi che ciascun membro del team deve avere. Bisogna definire ruoli e compiti di ciascuno formalizzando dei protocolli operativi che consentano: in primo luogo di avere un elenco sempre pronto delle proprie attività, riducendo fortemente il rischio di errore o dimenticanza, in secondo luogo di insegnare questi compiti in caso di assenza per le più svariate ragioni.
Non dimentichiamo mai che un protocollo è uno strumento vivo che deve essere aggiornato e migliorato continuamente. È tipico degli studi o delle aziende di successo avere persone al proprio interno che hanno ben chiaro ciò che i titolari si aspettano da loro e si sforzano tutti i giorni per migliorare il proprio operato, in linea con la filosofia di studio. Solitamente queste persone si sentono ben responsabilizzate e attente a raggiungere i propri risultati, nel rispetto dei valori dello studio.
Protocolli operativi chiari ed efficaci insegneranno anche alle nuove risorse il valore dell’organizzazione e le renderanno immediatamente più responsabili (perché facilmente monitorate, in prima istanza da loro stesse). È importante definire ruoli e compiti chiari, e formalizzare protocolli operativi per ridurre errori e insegnare compiti in caso di assenza.
Compito del titolare o dei titolari di uno studio è far sì che ognuna delle persone riesca a esprimere il meglio delle proprie qualità, decidendo i compiti giusti (più adatti) per ciascuno.
Troppo spesso si pensa che la soddisfazione del personale o dei propri collaboratori discenda, solo o in parte preponderante, dalla retribuzione economica, dimenticandosi invece che tra le prime aree di soddisfazione dei collaboratori/dipendenti ci sono (tab. 4):

In sostanza, per migliorare il clima interno bisogna sentirsi responsabili della soddisfazione di tutte le persone che vi lavorano, come fossero dei pazienti/clienti interni, assegnando loro obiettivi e protocolli chiari e condivisi.
Infine, un giusto equilibrio tra vita professionale e personale, con la capacità di delegare responsabilità mantenendo il controllo (soprattutto su strategia, aspetti economici e gestione del personale), completa il quadro di una soddisfazione professionale duratura.
La terza chiave di successo professionale
Una componente fondamentale per monitorare la soddisfazione dei pazienti (alla fine il vero “giudice” di tutto il nostro operato) è rappresentata dalle cosiddette survey/sondaggi sui pazienti.
Credo che nessuno possa contestare che un paziente soddisfatto rappresenti la più semplice, potente ed economica forma di pubblicità. Il cosiddetto “passaparola” viene però generato solamente da pazienti contenti, o meglio entusiasti, del rapporto con il proprio dentista. Non resta quindi che chiedere ai propri pazienti, nel modo e con le parole giuste, di che cosa sono soddisfatti e cosa si potrebbe migliorare nel proprio studio. Vi sono ormai moderni strumenti informatici che consentono di effettuare survey a cifre assolutamente economiche e con tempi rapidi. In tanti casi è il personale di segreteria che indirettamente percepisce il livello di soddisfazione del paziente ma, troppo spesso, lo fa in modo disorganico e non organizzato. Vi possiamo assicurare che dalle segnalazioni dei propri pazienti si prende coscienza dei propri punti di forza e si realizzano tantissimi ambiti in cui si può certamente migliorare. Le indagini sui pazienti rappresentano, inoltre, strumenti oggettivi per poter valutare la soddisfazione percepita dal paziente in riferimento ai professionisti che lo hanno curato o al personale di studio con cui che si è relazionato.
Capiti i propri punti di forza, ci si può a quel punto rivolgere a una platea più ampia di pazienti, ossia a tutti i pazienti potenziali.
In questo caso va comunicata la propria identità e ciò che distingue il proprio studio da quello di tutti gli altri colleghi, cercando di ampliare la differenza rispetto ai concorrenti.
Alla base dell’incremento della “pazientela” vi è spesso una adeguata conoscenza del paziente e della sua psicologia. Una buona politica dei richiami, ad esempio, fidelizza il paziente e permette di rafforzare il rapporto di fiducia e conoscenza reciproca con lo studio.
Oggi però è fondamentale strutturare le informazioni in database, nel pieno rispetto della privacy, suddividendo i pazienti, ad esempio, in base ad età anagrafica, nucleo familiare e collocazione geografica. La “profilatura” del paziente tipo dello studio è necessaria per guidare qualsiasi politica di marketing (e non solo). Bisogna conoscere il numero complessivo dei pazienti, la frequenza con cui “visitano” lo Studio, il tipo di prestazioni che ricevono. Tutte queste informazioni possono essere immagazzinate attraverso software gestionali e vanno analizzate razionalmente evitando di basarsi solo sulle proprie sensazioni.
Come anticipato in precedenza, sarà necessario monitorare le prime visite, le modalità attraverso cui il paziente ha conosciuto lo studio, e il tasso di accettazione dei preventivi. Dall’analisi di queste informazioni spesso si possono trarre spunti interessanti: un basso indice di prime visite testimonia solitamente una carenza o una scarsa efficacia della comunicazione esterna (rivolta cioè a soggetti non pazienti), mentre un basso tasso di accettazione del preventivo, rispetto alle prime visite, è più legato a una migliorabile comunicazione interna (comunicatività ed empatia dei professionisti, gentilezza del personale medico e di segreteria, tempi di attesa, etc.).
Conclusioni
Indubbiamente, seguire con attenzione le tre macroaree chiave (aspetti economici, motivazionali e di mercato), oltre, ovviamente, alla massima dedizione nella parte clinica, comporta certamente sforzi importanti e potrebbe generare la sensazione che il tempo non sia mai abbastanza.
Partendo proprio da quest’ultima certezza, ossia che la componente più preziosa sia proprio il tempo del professionista/titolare, dobbiamo scegliere a cosa dedicarsi personalmente (ad esempio alla parte clinica e a quella di motivazione del personale oppure delegare parte della propria attività clinica per seguire il resto). Non va scordato che le attività oggetto di delega dovranno però essere sempre controllate e mantenute nella propria “sfera di responsabilità”. Solitamente la più ovvia conclusione legata alla volontà di monitorare con attenzione tutte e quattro “le variabili chiave” (inclusa l’attività clinica, ci mancherebbe) è quella di iniziare a ragionare in termini di squadra (costituita da risorse interne allo studio) o di rete (costituita anche da risorse esterne allo studio) non pensando di poter fare tutto da soli e circondandosi di persone a cui si possa assegnare una parte dei propri compiti. Con l’aumento delle complessità, se si vuole evitare di essere sopraffatti o trascurare aree ormai troppo importanti, l’unica risposta è un team ben organizzato e selezionato. Insomma, l’unione può davvero fare la forza.
“La soddisfazione personale è l’ingrediente più importante del successo”
Denis Waitley
            



