Prima di affrontare nel dettaglio la parte tecnica del processo di vendita, è opportuno fare il punto sulle emozioni e sulla necessità assoluta e primaria di creare un rapporto empatico con il paziente.

Ogni essere umano è un universo a sé: ha una propria sensibilità, è suscettibile rispetto a determinate sollecitazioni e non ad altre, ha caratteristiche che lo rendono unico e irripetibile. Certo, tu mi dirai: “sono un dentista e non uno psicologo”, ma io ti ricordo, di nuovo, che sei un imprenditore della salute e devi imparare a vendere al meglio il tuo servizio se vuoi avere successo nella tua attività.

Quando presenti un piano di trattamento ti trovi quotidianamente ad affrontare decine di universi diversi e spesso non hai tutto il tempo per conoscerli approfonditamente. Non riesci quindi a capire quali siano le leve e i bottoni giusti da premere per entrare in sintonia con la persona che hai di fronte in quel momento.
Partendo da questo presupposto e assodato che il prerequisito che sta alla base del tuo successo come professionista è quello di essere una bella persona, in questo articolo voglio condividere con te come ho imparato a creare, in breve tempo, un rapporto positivo e coinvolgente con centinaia e centinaia di pazienti.
Non si tratta di ‘trucchi’ furbeschi.
Per risultare vincente devi fare solo una cosa: volere sempre e solo il meglio per il paziente che affida a te la sua salute.
Ti insegnerò una serie di azioni mirate a creare la situazione ideale che ti conduca a concludere favorevolmente una trattativa. In questo articolo voglio insegnarti le armi della “vendita emotiva”.

“L’uomo è un animale sociale”
Aristotele, “La politica”
I libro

La vita, in ogni suo aspetto, si fonda sui rapporti umani. Questa è una verità indiscutibile. Pensiamo a come trascorriamo le nostre giornate; ogni giorno quando siamo a casa, o a lavoro, o anche solo a cena fuori, incontriamo decine di persone e con ognuna di esse siamo chiamati a rapportarci, con alcune solo per una manciata di secondi, con altre per il resto della nostra vita.

Per questo è fondamentale imparare ad interagire positivamente con gli altri.
Vediamo alcuni punti importanti che devi tenere sempre in considerazione.

  1. Per quanto breve possa essere, una transazione è pur sempre una forma di rapporto tra due parti: una è quella che propone un prodotto o un servizio e l’altra quella che deve decidere se acquistarlo o meno. Si tratta quindi di considerare l’atto della vendita come uno dei mille possibili rapporti quotidiani con cui abbiamo a che fare come esseri umani.
  2. Dobbiamo impegnarci a imparare in che modo entrare in sintonia con la persona (o il gruppo di persone, per esempio moglie e marito, o mamma e figli) alla quale vogliamo “vendere”. Attenzione, per vendere non si intende solo la mera cessione di qualcosa dietro transazione economica, ma anche solo lo scambio di personalità, decisioni o abitudini comuni.
  3. Il risultato positivo della vendita nasce dal gioco dei primissimi momenti, nel cosiddetto “primo approccio”. Nei primi istanti della conoscenza di quello che potrebbe diventare il tuo paziente, infatti, si innestano immediatamente le radici del successo o insuccesso della trattativa.

Ci sono poi alcune domande che devi farti per mettere in pratica ciò che stai leggendo in questo articolo e fare il salto di qualità:

  1. credi fermamente e profondamente in ciò che fai?
  2. Offri la garanzia che il piano di terapia che stai proponendo soddisfi ampiamente le aspettative del paziente?

Quando avrai risposto con onestà a queste domande vedrai già dai primi istanti in cui instauri il rapporto con il paziente, quanto questi aspetti siano fondamentali.
Se tu stesso, per primo, nutri dei dubbi sul piano di cure che stai proponendo, se pensi che in realtà non sia giusto o adatto a lui, la comunicazione non verbale parlerà per te e farà lampeggiare sulla tua fronte la scritta: “Non accettare, non acquistarlo!”.
Succederà che quella scritta sulla tua fronte si mescolerà alle tue parole (che invece diranno il messaggio contrario: “Accettalo, acquistalo!”) e creerà una confusione tale dalla quale non potrà scaturire quella indispensabile e incondizionata fiducia che deve esserci tra venditore e acquirente.

Il risultato finale sarà che il paziente, chiaramente, non accetterà il piano di cura.
Per portare al successo lo studio che dirigo, io ho adottato questa personale filosofia nel lavoro mio e di tutti i collaboratori che ho al mio fianco ogni giorno.
Ci distinguiamo per l’attenzione alla cura del paziente.
Dico sempre alle mie ASO e segretarie: “Quando entri in studio, insieme al camice devi indossare il tuo miglior sorriso”.
Sai che gran parte del successo che otterrai con il paziente nascerà da un fattore impalpabile che si chiama empatia?

Buona parte della tua trasformazione per raggiungere il successo è legata al lavoro che farai su te stesso sotto questo aspetto. La parola chiave è “fiducia incondizionata”. Questo è il primo step nella costruzione di ogni rapporto destinato alla tua affermazione: sia esso un rapporto di coppia o di lavoro. Se dimostri di non meritarlo non riuscirai ad avere il successo che cerchi, né come uomo e né come professionista.

Peggio ancora se pensi che il tuo potenziale paziente sia uno stolto che comprerà quello che gli proponi perché non capisce niente e che tu sei più furbo di lui. Potrai avere fortuna (forse) per un po’, ma il tuo destino è già segnato. Abbi rispetto del paziente che hai di fronte, poniti in atteggiamento paritario, non essere mai arrogante o saccente tipo: “io so cosa è bene per te, tu no, quindi stai zitto e fidati”.
La persona che hai di fronte deve sentire non solo che hai a cuore il suo benessere, ma anche che hai rispetto della sua persona.
Rispetto, sincerità e apertura all’ascolto danno come risultato l’empatia, il più potente sentimento di umanità condivisa che si possa provare.

L’empatia è la capacità di comprendere appieno lo stato d’animo degli altri, sia che si tratti di gioia o di dolore. Empatia significa sentire dentro ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana e animale. Si tratta di un forte legame interpersonale e di un potente mezzo di cambiamento.
Il concetto può prestarsi a un facile riduttivismo che si traduce in: “mettersi nei panni dell’altro”.
Invece significa “andare verso l’altro e portare l’altro nel proprio mondo”.
È una caratteristica umana che rappresenta, inoltre, la capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d’animo di un’altra persona.

L’empatia è dunque un processo: essere con l’altro.

L’empatia costituisce un modo di comunicare nel quale il ricevente mette in secondo piano il suo modo di percepire la realtà per cercare di far risaltare in sé stesso le esperienze e le percezioni dell’interlocutore.

È una forma molto profonda di comprensione perché si tratta d’immedesimazione negli altrui sentimenti. Ci si sposta da un atteggiamento di mera osservazione esterna (di come l’altro appare all’immaginazione) al come invece si sente interiormente (in quei panni, con quell’esperienza di vita, con quelle origini, cercando di guardare attraverso i suoi occhi).
Date queste definizioni, e compreso appieno il significato della parola empatia, risulta evidente come questa sia un requisito fondamentale per qualunque transazione: grazie all’empatia, infatti, ognuno di noi può creare un mondo magico nel quale ogni potenziale paziente diventa facilmente un paziente acquisito.

Di certo sarà capitato a tutti di incontrare per strada una persona che, salutandoci calorosamente, ci ha chiamato per nome e alla quale abbiamo risposto con un “ciao!” farfugliato nell’imbarazzo perché noi il suo nome proprio non lo ricordavamo. Che figuraccia, abbiamo pensato, giungendo subito dopo alla conclusione che quella persona deve avere davvero una memoria prodigiosa se ricorda i nomi di tutti quelli che conosce.
Esempio numero due: entri in un negozio in cui non sei particolarmente assiduo, eppure ad accoglierti c’è una persona che dopo averti salutato con un sorridente “Buongiorno signor Giuseppe!”, si ricorda che tu preferisci un determinato tipo di prodotto a un altro. Ma come fa? Chiunque lavori a contatto con il pubblico sa quanto sia difficile ricordare i nomi e i gusti di tante persone… Eppure, c’è chi riesce perfettamente a farlo.

In entrambi i casi appena riportati, ci troviamo di fronte a esseri umani normalissimi, non supereroi che, però, chiamandoci per nome ci hanno fatto sentire importanti.
Il nome è la nostra identità, è ciò con cui veniamo immediatamente identificati, è il richiamo al quale rispondiamo ed è ciò che ci rende unici. Quando ci chiamano per nome, noi rispondiamo perché ci riconosciamo, ci identifichiamo o sappiamo che tra tanti siamo proprio noi le persone alle quali ci si sta rivolgendo.

Quando sentiamo pronunciare il nostro nome tendiamo ad abbassare le barriere perché, normalmente, chi ci chiama col nome di battesimo è una persona che conosciamo, con la quale abbiamo un rapporto che va oltre la conoscenza formale. Quando ci sentiamo chiamare per nome ci sentiamo più rilassati e al sicuro, più a nostro agio, insomma, rispetto a quando veniamo apostrofati con un titolo e il cognome.

Dott. Massaiu implica un ambito più formale, più rigido, decisamente più professionale rispetto a Pinuccio, il mio diminutivo amicale, o anche signor Giuseppe, che sottintendono un grado di conoscenza e confidenza più profondi.

Se al signor Giuseppe aggiungiamo, accessorio di primaria importanza, un sorriso cordiale e una memoria storica di quali siano le sue necessità e i suoi gusti, si giunge alla facile conclusione che il posto in cui ci troviamo è un posto nel quale noi siamo considerati importanti, nel quale i nostri bisogni sono tenuti in grande conto: nel quale possiamo sentirci tranquilli e a nostro agio perché lì sanno chi siamo.

Noi non vogliamo ‘rifilare’ qualcosa a qualcuno per garantirci un guadagno. Noi vogliamo il bene di ogni nostro paziente e ogni nostra proposta è finalizzata ad assicurarglielo. Per poter raggiungere questo risultato abbiamo però la necessità di capire esattamente chi abbiamo davanti e quindi dobbiamo fare in modo che lui ci parli di sé.
Non tutti sono inclini a farlo: ci sono persone che difficilmente si aprono, che sono timide e riservate. A queste non si possono estorcere informazioni: il rischio è di risultare invadenti e inopportuni. Tuttavia, abbiamo verificato che anche le persone più chiuse parlano volentieri di certi argomenti come i figli o la famiglia, le vacanze, i libri o i film. Raramente però queste persone avviano il discorso e, a volte, sono un pochino più difficili da coinvolgere. Basta però avere pazienza e tentare diverse strade, toccare vari argomenti fino a quando non si trova quello con cui chi abbiamo davanti si trova più a suo agio.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare: “E quindi se il mio paziente è un grande appassionato di moto e io offro prestazioni odontoiatriche, in che modo posso ottenere l’accettazione del piano di cura parlando dell’ultimo Gran Premio?”. È una domanda comprensibile, certo, ma il punto è: se tu non crei un buon livello di comunicazione con ogni paziente, come farai ad avere con lui la confidenza necessaria a capire cosa gli serva e di conseguenza essere il regista del suo “mondo magico”, di quel film che deve nascere nella sua mente affinché decida di acquistare esattamente quello di cui ha bisogno da te?
Certo non è conoscendo i suoi gusti sulle motociclette che potrai assicurarti che il tuo piano di cure venga accettato, ma se non trovi un varco che ti permetta di entrare in sintonia con lui in qualche modo, avrai ancora minori possibilità di ottenere un buon risultato.

Alle volte ti capiterà che, nonostante l’apertura di questo rapporto di scambio e confidenza, la transazione non andrà a buon fine e che il tuo potenziale paziente rimanga tale. Potresti pensare di avere perso tempo e denaro. Ti assicuro però che non è così e di certo, se avrai instaurato con lui un rapporto positivo, di fiducia e di apertura, domani si ricorderà di te e ti cercherà perché con te si sarà trovato bene, non si sarà sentito forzato nell’acquisto e, al contrario, si sarà sentito considerato e rispettato.

Ora voglio svelarti il segreto che mi ha portato molto avanti nell’instaurare un ottimo rapporto con il paziente. Sai che il modo migliore per abbattere ogni barriera che divide te dal tuo paziente, per favorire la nascita di un clima di fiducia, è che tu per primo ti apra a lui raccontandogli qualcosa di te?

È straordinario come confidenza chiami confidenza ed è straordinario accorgersi di quanto le persone siano disposte a raccontarsi, a raccontare anche i piccoli guai della vita quotidiana o le gioie che essa riserva, non appena si rendano conto di avere davanti qualcuno che per primo racconta di sé.
Quando qualcuno viene in studio, sono sempre io il primo ad aprire un canale comunicativo, sono io, in special modo se non conosco il paziente, a livellare le differenze che ci separano raccontando qualcosa della mia vita, qualcosa di simpatico, comunque di neutro (non ci sogniamo neanche di intavolare un discorso politico con qualcuno: la politica divide e noi vogliamo creare unione!).

Nel nostro studio, se vi dovesse capitare di entrare, trovereste appese tante fotografie che parlano di me e di noi, del nostro lavoro, della nostra vita. Foto di figli, foto di viaggi o di esperienze che abbiamo fatto.
Mostrando liberamente aspetti privati di noi dimostriamo che di noi ci si può fidare, che siamo persone che non hanno niente da nascondere, che siamo persone comuni. Chiunque davanti a qualcuno che avverte come simile a sé è portato a fidarsi, ad aprirsi. È questo che per noi è importante: se non c’è la nostra apertura non riusciremo mai ad avviare con nessuno un rapporto di scambio.

Noi possiamo proporre quello che a lui serve, se prima non gli diamo l’opportunità di raccontare… ciò che gli serve!
La vita, come il lavoro, come ogni vendita, si costruisce un passo dopo l’altro, e se siamo persone che vivono e agiscono secondo etica non saremo mai a un punto morto perché quello che di buono abbiamo seminato (secondo una delle leggi non scritte più vere dell’universo, quella di causa e effetto) ci tornerà indietro.
Sempre.

Così ogni granello di attenzione e di cura che avremo riposto nei nostri pazienti farà sì che, quando le circostanze che, in un primo momento, hanno fatto sì che non accettasse la nostra proposta, saranno mutate, tornerà da noi a chiederci esattamente quello di cui ha bisogno e che noi possiamo dargli.
Ricordati però: tutto dipende da te. Sei tu che devi aprirti al paziente per fare in modo che lui si apra a te. Sei tu che devi fare il primo passo nei suoi confronti, sei tu che devi raccontare per primo qualcosa di te per fare in modo che lui faccia altrettanto! Sei tu che hai in mano le redini della vendita, sei tu che la guidi. Non dimenticarlo mai.
Siamo latini, mediterranei, chiacchieroni e grandi comunicatori, gesticoliamo mentre parliamo e spesso tendiamo a toccare il nostro interlocutore. Chi non condivide la nostra cultura resta spesso stupito dal nostro modo di comunicare e di rapportarci alle persone. Sta di fatto che questa nostra caratteristica può rivelarsi davvero utile anche nel nostro lavoro.

Attenzione però: toccare chi abbiamo davanti implica un livello di confidenza che non si costruisce in un momento ma cresce poco alla volta. Non a caso questa parte dell’articolo, dedicata al contatto fisico, l’ho messa alla fine: prima di toccare anche solo un braccio o una mano di una persona dobbiamo essere sicuri di avere un grado di intimità che non ci faccia apparire invadenti. Solo in quel momento possiamo spingerci davvero a toccare amichevolmente la persona con la quale ci rapportiamo.
Come ho detto nel capitolo precedente sta a noi fare il primo passo.
Il paziente è intimamente felice se si accorge che il dottore che lo ha in cura:

  • gli tocca la spalla mentre gli parla
  • mette la mano sulla sua nei momenti di maggior tensione o quando si accorge che si manifesta una paura
  • gli carezza fuggevolmente la guancia durante la terapia
    mette la mano sul petto per riportare il respiro a un ritmo fisiologico se si accorge che il paziente si sta agitando
  • cerca sempre un contatto fisico che si trasforma immediatamente in un coinvolgimento emotivo di condivisione della sofferenza che eventualmente dovesse avere durante i nostri atti terapeutici.

Egualmente importante è il contatto visivo con il paziente. La prima regola che ogni professionista, venditore, dovrebbe memorizzare nel suo personale file ‘Vendite’ è: mai distogliere lo sguardo dagli occhi del tuo potenziale paziente.
Non voglio qui riproporre quel vecchio proverbio secondo il quale gli occhi sono lo specchio dell’anima, voglio però riflettere con te su come cambi il rapporto tra le persone a seconda della direzione del nostro sguardo.

Guardarsi negli occhi è un modo di comunicare che prescinde dalle parole: se ci troviamo davanti a qualcuno che, parlandoci, distoglie lo sguardo siamo istintivamente portati a pensare che ci sia qualcosa che non va, che forse la persona con cui stiamo interagendo non è sincera, che si trovi in imbarazzo.
Ora, ammesso che non si stia parlando di cose scabrose, ma di argomenti neutri o, per rimanere in tema, di una transazione da concludere è evidente che se un venditore, mentre declama le straordinarie qualità del suo prodotto, evita di guardarci negli occhi susciterà in noi diffidenza, se non addirittura sospetto.

Nessuno vuole imbonire il paziente ma è necessario stabilire sin da subito il primo punto della comunicazione non verbale guardandolo sempre negli occhi. Mantieni sempre aperto questo canale comunicativo non verbale.
Adotta sempre questi semplici accorgimenti:

  • non farti distrarre dalla segretaria
  • fai sì che l’assistente ti passi i materiali al solo cenno delle tue mani, senza doverla guardare
  • non farti distrarre dal telefono
  • non distogliere lo sguardo dal paziente.

Guardarsi negli occhi, però, non è sufficiente.
Prova a pensare a quando eravate seduti a scuola e il professore, in piedi, vi fissava per interrogarvi. Il rapporto tra voi era di dominanza/sottomissione. Non era, ovviamente un rapporto paritario, ma nemmeno si presupponeva che lo fosse.

Un professore deve trasmettere conoscenza e mantenere la disciplina, deve essere rispettato e se ne deve temere il giudizio: sarà lui, infatti, a decidere, dopo averti giudicato, se promuoverti o bocciarti. Diverso è il caso di due persone che devono concludere una transazione, un atto di compravendita.

Qui il rapporto deve essere assolutamente paritario: chi compra non deve in alcun modo, mai e per nessuna ragione, sentirsi dominato, prevaricato, o poco considerato da chi deve vendergli qualcosa.

Per questo è indispensabile che il contatto visivo avvenga, per quanto possibile, allo stesso livello. Mai guardare dall’alto in basso una persona alla quale si vuole proporre un servizio sanitario. Quindi se il paziente è seduto sul riunito, mai tenerlo disteso mentre si parla, ma alzare sempre lo schienale per far arrivare gli occhi di chi parla alla stessa altezza di quelli di chi ascolta. E se questo non fosse possibile, abbassare il seggiolino per raggiungere lo stesso risultato.

Mettersi allo stesso livello del paziente significa mettercisi anche emotivamente: non può esistere empatia quando ci si sente superiori a qualcuno. E l’empatia, come abbiamo visto, è la chiave di volta della vendita. Grazie all’empatia il cliente sente che noi ci preoccupiamo per lui, per la sua tranquillità, la sua vita e la sua felicità.

Mostrare cura e affetto per un paziente significa essere accanto a lui fisicamente ed emotivamente, significa lasciare da parte i titoli che abbiamo, quanto abbiamo studiato, quanti zeri ha il nostro conto in banca e dedicarci completamente a lui.

Credimi: non c’è niente di più potente di questo. Non c’è strategia di marketing che produca gli stessi straordinari risultati che produce l’empatia. Impegnati ogni giorno a essere una bella persona, migliora ogni giorno te stesso, sviluppa la tua sensibilità alla vita delle persone che ti circondano: i risultati che ne deriveranno ti lasceranno sbalordito.
Quindi riassumendo quanto detto fino ad ora:

  1. abbandona i tabù inutili sulle parole e sui concetti legati alla moderna gestione dello studio dentistico: marketing, management e vendita devono diventare parti importanti (e non più sconosciute) del tuo vocabolario;
  2. sviluppa un processo complesso che accompagni il paziente dal ricevimento fino all’accettazione e all’acquisto del piano di cura. Questo lo puoi ottenere solo mediante la creazione di empatia e fiducia;
  3. abbassa il divario tra te, professionista e odontoiatra e lui, persona seduta in poltrona alla tua mercé;
  4. chiamalo per nome, interessati delle sue cose, crea intesa aprendoti a tua volta e lasciandoti andare anche al giusto livello di contatto umano per rasserenarlo e per fargli comprendere che tu sei a disposizione per aiutarlo.

Questo è il primo passo fondamentale per partire, nel prossimo articolo concluderemo il processo.