Osteonecrosi da bifosfonati: patologia antica o recente?

Osteonecrosi da bifosfonati

Come è universalmente noto, da oltre un decennio, in chirurgia odontostomatologica, sono venute all’osservazione dei clinici particolari forme di necrosi delle ossa del distretto maxillo-facciale, quale effetto collaterale derivante da terapie mediche effettuate con farmaci appartenenti alla classe dei bifosfonati; caratterizzate, dalla gravità delle forme con cui si manifesta, in assenza di una vera e propria terapia medica o chirurgica efficace.

Pochi sanno tuttavia che tale patologia era già stata ben codificata in tempi passati.
L’osteonecrosi delle ossa mascellari da bifosfonati può essere considerata la versione moderna di una patologia di importanza storica riscontrata durante la fine del XIX fra gli operai che fabbricavano fiammiferi; questa grave patologia (si ricordi che all’epoca non esistevano terapie farmacologiche vere e proprie) si sviluppava in quelle persone che venivano a contatto con il fosforo bianco, utilizzato appunto nella fabbricazione dei fiammiferi, che con il suo potenziale di tossicità evidenziava, oltre a segni e sintomi generali, anche la necrosi delle ossa piatte del volto. Prima di iniziare il discorso storico relativo all’evidenza di una simile patologia nella metà dell’800, nell’Inghilterra vittoriana in piena Rivoluzione industriale, va ricordato che nei bifosfonati è presente l’elemento fosforo, agente ritenuto responsabile della patologia osteonecrotica.

La scoperta del fosforo

La scoperta di questo elemento chimico si fa risalire al 1669, quando un alchimista tedesco, tale Henning Brandt, meglio noto con lo pseudonimo di “dottor Teutonicus”, nel tentativo di scoprire la pietra filosofale ottenne invece il fosforo allo stato quasi puro. Egli conservò in un vaso dell’urina fino alla sua putrefazione, quindi la fece bollire mischiandola con una pasta terrosa; una volta raffreddato, questo composto emetteva una debole luminescenza. Quanto scoperto fu chiamato fosforo, appunto portatore di luce.

Dieci anni più tardi un altro alchimista, Johann Kunckel, lo estrasse in forma purificata.
Verso la fine del ‘600 con il passaggio dall’alchimia alla chimica vera e propria lo scienziato inglese Robert Boyle rivestendo un bastoncino di legno con un impasto di materiale contenente fosforo, sfregandolo energicamente ottenne una scintilla: di fatto era nato il fiammifero.

Con il passare del tempo altri personaggi dell’epoca perfezionarono questa scoperta; purtroppo, nei preparati chimici necessari alla fabbricazione dei fiammiferi era presente il fosforo bianco, dotato di estrema tossicità verso l’uomo, in quanto il contatto ripetuto dello stesso con l’organismo umano poteva provocare la necrosi ossea.

Patologia osteonecrotica diffusa tra gli operai delle fabbriche di fiammiferi

Ciò nonostante nel Regno Unito di quel periodo si svilupparono delle fabbriche che producevano fiammiferi, ed in epoca pre-sindacato questo tipo di lavoro veniva fatto espletare a donne e bambini, che percepivano salari molto bassi, a fronte di altri profitti per le varie industrie.

Ovviamente i lavoratori in un’alta percentuale di casi sviluppavano la patologia osteonecrotica, chiamata “phossy jaw”, che, in epoca pre-antibiotica portava a complicazioni cliniche altamente invalidanti, finanche alla morte per setticemia per quelle persone che ne venivano colpite.

Si deve ad una giornalista dell’epoca, Annie Besant, uno dei primi scioperi del settore, in quanto sul suo giornale aveva scritto a riguardo delle condizioni igieniche scadenti sui posti di lavoro a cui erano sottoposti gli operai che producevano fiammiferi.

In particolare da una denuncia della stessa per 17 casi di osteonecrosi mandibolare presso la fabbrica di fiammiferi Bryant and May di Londra, oltre a fare infliggere sanzioni pecuniarie alla stessa, sensibilizzò l’opinione pubblica a riguardo dei rischi per la salute derivanti dalla manipolazione del fosforo bianco fino a vietarne l’utilizzo per un editto delle House of Parliament, con sua sostituzione col fosforo rosso, non tossico anche se più costoso.

Anche l’Esercito della Salvezza si mobilitò al punto da riuscire a convincere gli operai addetti alla fabbricazione di fiammiferi a consorziarsi e a produrre essi stessi i fiammiferi di sicurezza, non tossici e brevettati in Svezia da J. E. Lundstrom e universalmente conosciuti come i “fiammiferi svedesi”.

L’interesse della medicina

Anche da un punto di vista medico la patologia iniziava ad essere studiata.
Le cattive condizioni di lavoro, la malnutrizione ed il fosforo contenuto nella miscela chimica dei fiammiferi esponevano i lavoratori a severe patologie sistemiche e locali, quali la “phossy jaw”, che una volta instauratasi portava a morte chi ne veniva colpito per le sue complicanze (eravamo in epoca pre-antibiotica e le infezioni dell’osso esposto, per di più in cattive condizioni di igiene, erano gravemente destruenti e dolorose).

Nel 1839 Lorinser, professore presso l’Università di Vienna, definì per primo la “necrosi fosforica” come una “malattia delle ossa mascellari che colpisce gli operai che per necessità di lavoro hanno contatto con il fosforo, in primo luogo i fiammiferai”.

Altri autori ne descrissero i gravi effetti: citiamo a tal proposito le prime comunicazioni a Congressi internazionali da parte dello stesso Lorinser (1845), Heyfelder (1846), Strohl e Hubbauer (1847).

Nel 1906 la Convenzione di Berna stabilì l’interdizione dell’impiego di fosforo bianco nell’industria del fiammifero, mentre nel 1910 Giovanni Battista Grassi, lo scopritore dell’anofele come vettore dell’agente eziologico della malaria, fu promotore, a livello parlamentare, di una proposta di legge per l’applicazione in Italia di tali disposizioni.

In conclusione, possiamo considerare le analogie di questo caso un tipico ricorso storico; e a tal proposito si ritiene giusto citare che per quanto riguarda la patologia osteonecrotica (phossy jaw), nell’Inghilterra vittoriana venne redatto all’epoca un documento a tutela della salute dei lavoratori di fiammiferi, con la costituzione di un’autotassazione, un fondo comune che potesse coprire i bisogni di chi veniva colpito dalla malattia professionale (1888).

Ed anche attualmente si sono costituiti (in USA) dei comitati per la tutela legale dei diritti per quelle persone che, in seguito all’assunzione di farmaci appartenenti alla classe dei difosfonati, abbiano sviluppato l’osteonecrosi delle ossa mascellari (2004). ●