Qualche considerazione storica sull’articolazione temporomandibolare e la sua patologia. Seconda parte

Nel 1774 Antoine Ferrein e Jacob Benignus Winslow effettuarono studi di anatomia comparata, giungendo alla conclusione che i condili non funzionano solamente come cardini o cerniere in un solo piano spaziale e che l’articolazione, nell’uomo, consente di compiere, oltre alla masticazione, funzioni non masticatorie, quali lo sbadiglio, la deglutizione e la fonazione. Ferrein descrisse inoltre il legamento capsulare interno.
Le prime note di patologia dell’articolazione temporomandibolare prese in considerazione furono quelle relative alla sua anchilosi ed alla limitata possibilità di apertura della rima orale; tuttavia è necessario notare come i primi tentativi di risoluzione terapeutica furono non medici ma chirurgici; non ci soffermeremo su questi ultimi, ricordando solo i più significativi.
Nel 1832 Baroni effettuò una resezione della branca montante della mandibola per un’anchilosi; circa sei anni dopo venne proposta da Antoine Berard la possibilità della resezione bicondilare della mandibola in caso di anchilosi determinante il serramento dei mascellari.
Il grande ortopedico italiano Francesco Rizzoli trattò, nel 1857, l’anchilosi temporomandibolare con una resezione operata a livello delle segmento della mandibola posto davanti ai muscoli contratti.
Nel frattempo lo studio dell’anatomia e della fisiologia dell’ATM continuò ad essere oggetto delle ricerche di molti autori; nel 1876 l’anatomico francese Philippe Sappey osservò che i movimenti di lateralità in combinazione a quelli di abbassamento e di elevazione producono il movimento di circumduzione. Descrisse inoltre il muscolo temporale superficiale, che da lui prende il nome, consistente in realtà in una lamina di fibre muscolari mal delimitata, che aderisce da un lato all’aponeurosi del temporale, dall’altra al cuoio capelluto.
Nel 1890 Von Spee crea la curva, che da lui prende il nome, ponendo i limiti esatti per spiegare correttamente i movimenti dell’ATM.
Nel 1896 Walker descrisse il movimento di propulsione della mandibola ponendo in particolar modo l’attenzione sull’inclinazione dei condili durante la cinetica mandibolare; l’anno successivo il tedesco Hesse effettuò la prima registrazione grafica dei movimenti mandibolari.
Nel 1903 un altro tedesco, Herbst, stabilì che la sospensione della mandibola in posizione di riposo è dovuta alla pressione atmosferica ed all’assenza di ogni contrazione muscolare.
Negli immediati anni successivi venne studiato anatomicamente il menisco articolare (Lubosch, 1906); secondo Wallisch si tratta di una superficie articolare mobile e deformabile (1909).
Tuttavia è solo nella seconda decade del XX secolo che la patologia dell’ATM inizia ad essere individuata nella sua estrema complessità.
Nel 1920 George Monson ipotizzò che la mancanza di alcuni elementi dentari potesse determinare disturbi della masticazione e dolore all’articolazione temporomandibolare; ma fu nel 1934 che l’otorinolaringoiatra statunitense James Bray Costen (1895-1962) gettò le basi dello studio delle patologie dolorose e disfunzionali dell’articolazione temporomandibolare.
In un articolo comparso sulla rivista Annals of Otology, Rhinology and Laringology, dal titolo A syndrome of ear and sinus symptoms dependent upon disturbed function of the temporomandibular joint, il Costen presentò 11 casi clinici di individui di età compresa fra i 33 ed i 73 anni, con picco medio attorno ai 55, che presentavano i seguenti sintomi: dolore articolare, spontaneo o provocato dalla masticazione, impotenza funzionale, dolore muscolare, dolori sinusali ed occipitali e alcune manifestazioni sintomatologiche di tipo otologico quali sensazione di sordità e tinnito.
Accanto a queste manifestazioni di tipo generale, l’autore riscontrò l’associazione a sintomi di tipo occlusale, quali la perdita della dimensione verticale con retrusione dei condili.
Chiamata originariamente, in omaggio allo scopritore, Sindrome di Costen, la Disfunzione o Sindrome dell’Articolazione Temporomandibolare venne man mano considerata non un’entità a sè stante, ma un complesso di segni e sintomi che presentavano una vasta portata, essendo di pertinenza non solamente odontoiatrica ma anche neurologica, otorinolaringoiatrica, ortopedica, reumatologica, fisiatrica.
A partire dagli anni Quaranta dello scorso secolo l’orientamento terapeutico di tale patologia venne basato esclusivamente sul trattamento occlusale; si pensava infatti che correggendo le malocclusioni si potesse risolvere la sintomatologia. Negli anni Cinquanta, invece, con una più precisa visione morfologica (Sicher, 1951) dell’apparato stomatognatico, si incominciò a seguire una differente filosofia d’indagine.
Nel 1952 Travell introdusse il termine di Sindrome Miofasciale, sottolineando l’importanza del coinvolgimento dei muscoli masticatori.
Laszlo Schwartz, nel 1955, sostenne che la sintomatologia dolorosa era dovuta allo spasmo muscolare, osservando anche che molti pazienti presentavano problematiche psicologiche; descrisse pertanto la Temporo-mandibular joint pain dysfunction syndrome, ovvero la Sindrome algo-disfunzionale (SAD). Sulla base di questi studi e dei precedenti, Daniel Laskin codificò la MPDS (Myofascial pain and dysfunction syndrome), caratterizzata da dolori pre-auricolari, limitata apertura della rima orale, dolori spontanei o provocati ai muscoli masticatori e rumori articolari.
Fra gli anni Sessanta e Settanta venne studiata la disfunzione discale, grazie all’artrografia, da parte di diversi autori: ricordiamo Wilkes, Farrar, Katzberg e McCarthy, che giunsero alla conclusione che le degenerazioni del menisco articolare potevano avere un ruolo importante nella patologia dell’ATM.
Nel 1966 Sigurd Ramfjord e Major Ash sostennero che la combinazione di fattori occlusali e disturbi psicologici fossero la base dell’eziologia dei disturbi temporomandibolari.
Il francese Michel Dechaume, intorno al 1970, sostenne il ruolo del sistema simpatico nella genesi dei disturbi dell’ATM; sempre in Francia, nel 1971 Hosxe e Rigolet introdussero il termine di Sindrome DCRS, caratterizzata da dolore, crepitio, scatti nell’apertura della bocca e sublussazioni.
Con l’introduzione, fra gli anni Settanta e Ottanta di molte metodiche di indagine non invasive, quali la cefalometria, la TAC e la risonanza magnetica, fu possibile offrire ulteriori contributi allo studio morfofunzionale della articolazione temporomandibolare e dei muscoli. Nel 1986 Rozencweig utilizzò per la prima volta il termine di SADAM, ovvero Sindrome Algico Disfunzionale dell’Apparato Masticatorio. Tale denominazione fu considerata a lungo la più corretta in quanto introduce il termine di apparato masticatorio e riunisce il concetto di disturbi articolari e disturbi muscolari associandoli alla possibilità dei dolori. ●

BIBLIOGRAFIA

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A cura di: Paolo Zampetti