Rassegna Trimestrale di Odontoiatria (1919-1973): un esempio di rivista specialistica nella storia dell’odontoiatria italiana

Dopo la definitiva consacrazione dell’Odontoiatria a disciplina medica, iniziata con il Decreto Boselli del 25 aprile 1890 e raggiunta nel marzo 1912 con l’applicazione definitiva di tale Decreto, si poneva il problema di garantire ad essa un marchio di scientificità.
La divulgazione di ricerche e di casi clinici fu un problema molto sentito all’inizio del XX secolo, anche perché molti medici che si dedicavano all’odontostomatologia, in carenza di scuole formative (ricordiamo che l’Istituto Stomatologico di Milano era sede, dal 1908, dell’unica Scuola di Perfezionamento in Italia), richiedevano un continuo aggiornamento professionale. Tale possibilità era data da riviste specialistiche del settore, di cui l’Italia era carente.
Ricordiamo a tal proposito il “Giornale di Corrispondenza pei dentisti”, diretto da Alberto Coulliaux, che per circa trent’anni (dagli anni Settanta dell’Ottocento sino al primo decennio del Novecento) si occupò di varie tematiche cliniche, sociali e divulgative, con il precipuo ruolo di sensibilizzare la classe politica di allora ad un’elevazione dell’odontoiatria: ottenuto poi questo scopo cessò, dopo alcuni anni, la pubblicazione.
In tale difficile contesto, una menzione particolare spetta ad una rivista lombarda: la “Rassegna Trimestrale di Odontoiatria”, che per oltre un cinquantennio, fu un autentico punto di riferimento per i cultori della disciplina.
Fondata a Milano con il nome di “Nova” nel 1919 da Riccardo Avanzi, uno dei primi docenti dell’Istituto Stomatologico Italiano, ebbe inizialmente carattere eminentemente pratico, occupandosi principalmente di traumatologia maxillofacciale. Si era nel periodo in cui l’odontoiatria nazionale era ancora in fase di sviluppo e certamente contribuì alla divulgazione della una disciplina orientata secondo canoni seri e concreti.
Nel 1927 la direzione passò a Silvio Palazzi, che ne mutò il nome in “Nuova Rassegna di Odontoiatria”, pubblicandola mensilmente. Ad essa collaborarono i primi docenti che con Palazzi esercitavano l’attività clinica e didattica nell’Istituto di Odontoiatria di Pavia.
Dopo l’interregno direttivo di Arturo Brusotti dal 1930 al 1936, Palazzi, appena rientrato dalla guerra in Libia, ne riprese le redini, dandole l’assetto trimestrale che la caratterizzò sino alla fine e denominandola definitivamente con il nome da tutti conosciuto.
Palazzi amava definirla “Archivio della Clinica Odontoiatrica di Pavia”; in effetti ospitò fra le sue pagine migliaia di pubblicazioni risultanti dalle ricerche sia della scuola pavese, sia dell’Istituto Stomatologico Italiano a cui il Palazzi fu sempre legato.
Vennero esposte per la prima volta in Italia le dottrine sulle paradenziopatie, le ricerche mai fatte da altri sulla genesi della dentina secondaria, le tecniche dell’anestesia con protossido d’azoto, che esercitata in modo empirico venne qui ben codificata da un punto di vista clinico e scientifico.
Sono altresì da ricordare la dottrina sugli impianti alloplastici, con la pubblicazione dei primi lavori di implantologia sulla “vite cava spiraliforme” di Formiggini, che altre riviste avevano rifiutato, ed i risultati clinici presentati poi nei due Simposi di Implantologia, primi della materia in Italia, organizzati dalla Scuola di Pavia; la dottrina della terapia radicolare, prima con la colloid-terapia, poi con i postulati dell’intervento in campo sterile e, da ultimo, con la sperimentazione del metodo N2 di Sargenti; la dottrina dell’ipnodonzia con gli scritti di Piero Pavesi; la dottrina dell’ortopedia funzionale secondo Andresen con l’esposizione del metodo.
Ulteriori contributi furono presentati con i risultati delle indagine istologiche ed istochimiche compiute nella scuola ad opera di Palazzi, Amici, Baratieri, Branchini, Zerosi.
Dalle pagine della “Rassegna” il Palazzi esercitò anche un’opera vigorosa volta alla sensibilizzazione di una riforma degli studi e della legislazione in odontoiatria, esponendo più volte il suo pensiero, che era quello di adeguarsi al modello americano o europeo con la creazione di scuole e corsi di laurea in odontoiatria; riteneva il cursus studiorum italiano anacronistico, sostenendo l’inutilità di una laurea dove non era necessaria la specializzazione ed auspicava l’obbligatorietà della frequenza a corsi pratici.
Sino al 1967 essa fu l’organo ufficiale della Scuola Odontoiatrica Pavese, proponendo periodicamente il resoconto dell’intensa attività clinica e scientifica operata dalla clinica e ospitando anche ricerche sperimentali di altre scuole, fra cui quelle di Torino e Roma; a partire da quell’anno venne ceduta da Palazzi, che ne era proprietario, all’Istituto Stomatologico Italiano.
La pubblicazione della rivista continuò sino al 1973; ma già da alcuni anni aveva ormai perduto l’originalità, la vis polemica e particolarmente quella vivacità culturale che l’aveva resa grande e apprezzata negli anni passati.

A cura di: Paolo Zampetti