In vari precedenti articoli abbiamo considerato come l’evoluzione della disciplina odontoiatrica nel nostro Paese sia stata alquanto difficoltosa.
Uno degli ostacoli più difficili era quello relativo ad una corretta didattica odontostomatologica pre e post lauream.
Un posto di preminenza in questo campo spetta senza dubbio alla scuola di Pavia.
È doveroso rimarcare le caratteristiche didattiche che resero la scuola pavese all’avanguardia nel nostro Pese, in periodi in cui l’odontoiatria era negletta. Ciò si verificò precipuamente grazie all’opera di colui che per quasi un quarantennio tenne le redini della clinica odontoiatrica pavese: Silvio Palazzi (1892-1979).
Nominato direttore appena trentatreenne, nel 1925, il Palazzi intuì sin da subito che una disciplina come l’odontostomatologia necessitasse di una didattica essenzialmente pratica.
Bisogna considerare che in quegli anni non esisteva ancora la scuola di specializzazione, e che molti futuri medici che avrebbero esercitato la loro professione nelle condotte dovevano acquisire rudimenti di clinica odontoiatrica.
Particolare cura del nuovo direttore fu quindi quella di fornire una preparazione agli studenti del IV anno di medicina.
Nel 1928 il Palazzi riportava sulla rivista “Nuova Rassegna di Odontoiatria” il programma del proprio corso, che aveva la peculiarità (non del tutto scontata all’epoca in altri corsi del genere) di impartire oltre che una preparazione teorica frontale anche lezioni pratiche sul paziente:
Il numero delle lezioni di odontoiatria fissato quest’anno dalla Facoltà ammontava a venticinque, da tenersi nei giorni di martedì e di giovedì di ogni settimana. Questo ridotto numero di lezioni in confronto agli scorsi anni era assolutamente insufficiente per assolvere oltre che un compito di istruzione teorica anche un compito di istruzione pratica; perciò dietro accordi verbali conchiusisi con il signor Preside della Facoltà, decisi di tenere un numero doppio di lezioni; aggiungendo ad ogni ora di lezione teorica un’ora di lezione pratica subito dopo la prima. Durante questa ora aggiunta furono eseguiti numerosi atti operativi di indole odontoiatrica ed anche stomatologica per i quali ero assistito a turno, oltre che dal personale dell’Istituto (aiuto, dottor L. Magnaghi, assistente Dr. R. Morandotti ed allievi interni) anche dagli studenti che frequentavano le lezioni.
Il successo fu garantito; come già voluto dai predecessori, a Palazzi interessava fornire rudimenti generali di odontoiatria a coloro che avrebbero poi esercitato la loro professione nelle condotte mediche:
Ogni studente fu ammesso ad eseguire due o più atti operativi. Così con lezioni teoriche e lezioni pratiche parmi siasi obbedito allo spirito informatore della legge sull’insegnamento dell’odontoiatria che si propone l’obbiettivo di dare una cultura generale odontoiatrica al medico pratico, il quale nelle condotte di campagna, lontano da ogni specialista, deve portare il soccorso d’urgenza ai malati di carie dentale.
Dal punto di vista pratico, queste esercitazioni mostrarono di essere notevolmente utili e furono anche frequentate con alto interesse dagli allievi, che a diretto contatto col paziente si sentono veri catecumeni dell’arte sanitaria: e ciò perché l’odontoiatria, materia essenzialmente pratica, impartita al quarto anno di corso, viene insegnata tra le prime cliniche che lo studente incontra nell’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà.
A tal proposito Palazzi lamentava l’inconveniente dato dal fatto che:
…al quarto anno di corso lo studente è ancora digiuno di patologia chirurgica e medica, di semeiotica e di altre scienze applicate che hanno notevole importanza per l’insegnamento e la pratica dell’odontoiatria.
Queste materie lo studente le segue contemporaneamente all’odontoiatria, mentre sarebbe opportuno che tali insegnamenti, seguiti in precedenza, costituissero la base fondamentale della clinica odontoiatrica. Per rendere chiaro il mio concetto con un esempio dirò che lo studente del quarto anno non conosce la patologia speciale delle ossa che ha fondamentale importanza per l’odontoiatria. E così dicasi per altre affezioni.
Palazzi formulava quindi un auspicio, che qualche anno più tardi verrà concretizzato:
Sarebbe pertanto desiderabile che l’odontoiatria fosse materia di insegnamento del quinto anno (già del resto molto faticoso).
Certo le esigenze dei singoli insegnanti non possono essere completamente accolte, tuttavia se fosse possibile apportare la modificazione che ho reputato giusto proporre, gli studi di odontoiatria ne avvantaggerebbe ed il profitto degli studenti sarebbe maggiore.
Concludeva quindi la sua relazione manifestando una certa soddisfazione sulla resa degli studenti:
Come conclusione positiva delle lezioni teoriche e delle lezioni pratiche, si ebbe un grado di cultura odontoiatrica soddisfacente che si constatò agli esami di profitto (ai quali numerosi studenti si presentarono) ed alle ultime lezioni pratiche, durante le quali la maggior parte degli studenti poteva dirsi ben preparata ad affrontare operatoriamente un caso di urgenza. Oltre che nell’intervento operativo propriamente detto, gli studenti furono praticamente esercitati anche negli interventi anestetici, così importanti per le applicazioni delle cure chirurgiche odontoiatriche: l’anestesia plessica fu ben praticata da tutti ed anche l’anestesia tronculare, sia nell’ambito dei mascellari superiori sia nell’ambito del mascellare inferiore.
Essa quindi essendo esercitata “lege artis” dagli studenti del corso, questi in tal modo possono efficacemente affrontare il problema pratico dell’esercizio dell’odontoiatria d’urgenza nel servizio di condotta.
Parallelamente alle applicazioni pratiche chirurgiche radicali demolitive ho procurato di dare agli allievi anche una certa abilità in alcuni semplici interventi conservativi: medicazioni analgesiche, causticazioni, punzione della polpa. Per quanto questa parte della clinica operativa odontoiatrica sia più difficilmente attuabile nelle condotte, per la mancanza di strumentario speciale ad hoc che solitamente nessun medico generico acquista, tuttavia le esercitazioni eseguite diedero salde basi su cognizioni teoriche e su alcuni atteggiamenti pratici che riusciranno di giovamento nell’esercizio della pratica medica, in centri lontani dagli ospedali, cliniche specializzate, gabinetti di specialisti ed altro.
Anche negli anni a venire tale programma didattico fu scrupolosamente eseguito; Palazzi fu forse l’unico docente italiano a chiedere la frequenza obbligatoria e a preparare i futuri medici da un punto di vista pratico.
D’altronde l’attività didattica sarà, come vedremo meglio in seguito, un punto fondamentale del programma della scuola odontoiatrica pavese; dapprima rivolta ai medici generali (ai quali bastavano le nozioni elementari per l’esercizio professionale) fu man mano finalizzata alla formazione di odontoiatri: ciò si concretizzerà maggiormente con la fondazione della scuola di specializzazione in odontoiatria, che fu certamente, nel nostro Paese, fra le più importanti ed incisive e di cui parleremo più diffusamente nel prossimo articolo. ●