Come gestire il proprio patrimonio: principi di educazione finanziaria

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Sulle pagine di questa rivista ci troviamo spesso a parlare di aspetti fiscali o economici che consentono di ottimizzare legittimamente:

  • la redditività del proprio studio o della propria società;
  • la fiscalità del proprio studio o della propria società.

Per quanto possa essere importante aumentare l’utile derivante dalla propria attività (sempre nel pieno rispetto dei principi deontologici e di responsabilità medica nei confronti dei pazienti) e, una volta aumentato l’utile, sia importante anche ottimizzarlo sfruttando legittimamente le possibilità offerte dal nostro legislatore fiscale, uno dei passaggi su cui molti professionisti o imprenditori si “perdono” è proprio la gestione dei risparmi faticosamente creati ed accumulati.

In più di cinquant’anni di storia del nostro Studio ci è capitato di vedere tanti imprenditori e professionisti, abilissimi a gestire la propria attività lavorativa, a cui dedicavano tantissime energie e sforzi, quasi disinteressarsi del proprio patrimonio personale, dimenticando di utilizzare lo stesso rigore e la stessa tenacia quando si occupavano dei propri risparmi personali. Professionisti molto prudenti e oculati investono la propria liquidità in strumenti che promettono grandi guadagni ma comportano anche grandi rischi oppure sottoscrivono strumenti finanziari complessi di cui però non capiscono a fondo le dinamiche e le modalità di funzionamento.

Cercando di trovare una spiegazione razionale al perché gli ottimi risultati nella gestione economica della propria attività non vengano spesso neanche lontanamente replicati nell’ambito della gestione del proprio patrimonio personale, abbiamo identificato tre principali cause con le rispettive soluzioni:

  1. una comprensibile mancanza di competenza e informazione sull’ambito finanziario, assicurativo e immobiliare in genere;
  2. un basso grado di priorità nella gestione delle proprie attività personali legato a una sorta di pregiudizio secondo cui occuparsi del proprio patrimonio personale non sia “lavorare”, bensì quasi una perdita di tempo;
  3. l’affidarsi in modo del tutto passivo a professionisti, o supposti tali, senza il minimo spirito critico.

Quali possono quindi essere i rimedi a questi comuni errori, commessi sicuramente in buona fede?

  1. Informarsi, leggere e chiedere informazioni a soggetti con storie di successo i cui risultati, in termini di investimento, sono buoni o ottimi;
  2. ritenere la cura del proprio patrimonio personale una priorità lavorativa parimenti importante rispetto a quella del proprio studio o della propria attività;
  3. confrontarsi con più professionisti, capire le dinamiche remunerative degli stessi e formarsi un’opinione indipendente grazie anche al confronto di situazioni differenti;
  4. iniziare a misurare monitorando nel tempo il proprio patrimonio (magari costituito da immobili, dallo Studio professionale, da società, investimenti finanziari e liquidità, etc.). Se non si misura nel tempo il valore del proprio patrimonio non si sarà in grado di capire se lo stesso sta aumentando o diminuendo!

Principi base di educazione finanziaria

Partendo da un’analisi empirica svolta su tanti clienti e rispettivi nuclei familiari, dal punto di vista del risparmio, le persone si dividono in due macro categorie:

  1. chi, nel corso della propria vita, riesce ad accumulare ricchezza o ad accrescere il proprio patrimonio;
  2. chi mantiene il proprio patrimonio o, più probabilmente, lo erode nel tempo (anche con ritmi e velocità molto diverse).

Sorprendentemente, le persone distribuite nelle due macro categorie (che sono, necessariamente, una generalizzazione) evidenziano spesso comportamenti simili.
Elenchiamo, quindi, i comportamenti “virtuosi” maggiormente ricorrenti:

  • indipendentemente dal reddito personale e familiare, le uscite mensili (ricorrenti) o annuali (straordinarie) connesse al proprio tenore di vita sono sempre o quasi sempre inferiori rispetto alle entrate mensili (ricorrenti) o annuali (straordinarie). In sostanza, chi nel tempo accresce il proprio patrimonio, riesce ad avere un tenore di vita sempre un po’ al di sotto del proprio reddito;
  • una tendenza generale a pagare i debiti subito o secondo regolari scadenze non accumulando pagamenti che inesorabilmente generano interessi o sanzioni o, peggio ancora, problemi legali con annessi costi. Le persone “economicamente virtuose” nel momento in cui le proprie entrate si abbassano al di sotto delle proprie uscite (anche nel proprio Studio) rivedono il proprio tenore di vita e non accumulano debiti per sostenere il proprio stile di vita in modo invariato, anche se si sono ridotte le entrate ricorrenti;
  • utilizzare poco o niente strumenti quali carte di credito o finanziamenti al consumo che nascondono tassi di interesse importanti e che rendono difficile comprendere quanto si è speso effettivamente nel singolo mese;
  • investire soltanto in ciò che si capisce e si conosce, anche attraverso consigli di persone selezionate e che hanno dimostrato risultati positivi nel tempo;
  • prediligere le forme di acquisto o di utilizzo in forma di investimento rispetto all’affitto quando ci si rapporta agli immobili. Pagare, magari per vent’anni, l’affitto del proprio studio o della propria abitazione solitamente porta ad uscite mensili importanti. Probabilmente tali uscite sarebbero pari, o molto simili, a investimenti immobiliari gestiti attraverso leasing o mutui ipotecari che, alla fine del periodo, lascerebbero un valore importante a chi le ha pagate. Queste scelte vanno seguite con la massima attenzione soprattutto nel momento dell’acquisto o in riferimento a mercati immobiliari in decrescita (come è capitato purtroppo in alcune località italiane negli ultimi anni). Attenzione, questo ragionamento non vale per beni che non rappresentano un investimento duraturo nel tempo quali autovetture o macchinari per la propria attività odontoiatrica;
  • non farsi “accecare” da prospettive di facili guadagni o investimenti dalle rese strabilianti;
    informarsi bene su tutti i costi diretti e indiretti, o in alcuni casi occulti, di ogni tipo di investimento;
  • non accumulare ricchezza unicamente nel campo immobiliare che spesso richiede tempi lunghi per essere trasformato in liquidità;
  • occuparsi di minimizzare i rischi, a cui tutte le persone sono esposte, utilizzando strumenti assicurativi o mettendo da parte somme di denaro per eventuali eventi sfortunati.

I comportamenti “non virtuosi” sono invece diametralmente opposti, ma partono principalmente da una scarsa attenzione e bassa priorità alla gestione delle proprie finanze e da una propensione alla spesa spesso slegata dal proprio reale reddito.
Infine, la regola probabilmente più importante è quella di dedicare una parte adeguata del proprio tempo alla gestione del proprio patrimonio, invece di occuparsi unicamente della creazione (attraverso il lavoro) dello stesso. Il tempo dedicato, in termini di formazione, confronto, ricerca e gestione sarà il miglior garante di una gestione di successo.

Le due regole base per un investimento consapevole

Oltre a quanto detto, è opportuno partire da alcune leggi che si applicano a tutti i settori dell’economia e degli investimenti, pur consapevoli che la “formula magica” non è ancora stata scoperta.
Vediamo ora due elementi fondamentali da considerare quando ci si approccia al mondo della gestione delle proprie finanze.

1.
La stretta correlazione tra il rendimento ed il rischio

Diciamolo subito: trovare un investimento con alto rendimento e basso rischio è quasi sempre una “chimera”. Si può dire che la possibilità che un investimento “ci faccia guadagnare” (il suo rendimento) è fortemente correlata al rischio “di farci perdere” il patrimonio investito (il livello di rischio). Più semplicemente, un investimento poco rischioso (ad esempio, la liquidità sul conto corrente) avrà normalmente un rendimento basso o nullo. Un investimento con un alto rendimento potenziale (ad esempio un titolo azionario) avrà invece come “contro” un alto rischio potenziale (elevata possibilità di perdita).
Pertanto, quando ci viene proposto un investimento con alte prospettive di “guadagno” (rendimento) non dobbiamo dimenticare che, quasi certamente, questo sarà anche molto rischioso (potrà cioè anche perdere il suo valore). Ma attenzione alla situazione peggiore di tutti… non è detto che un basso rendimento comporti per forza un basso rischio!
Pertanto la prima regola è approfondire nel dettaglio il vero livello di rischio di un investimento che ci viene proposto.

2.
La “diversificazione” riduce fortemente il rischio

Sebbene sembri scontato, per ridurre il rischio di “perdere i propri soldi”, è opportuno diversificare al massimo i propri investimenti. Il rischio, infatti, si riduce se viene ripartito su più investimenti. E in periodi turbolenti come quelli in cui ci troviamo, i “portafogli” che hanno guadagnato o non hanno perso sono stati proprio quelli maggiormente diversificati.
Immaginiamo, ad esempio, di voler effettuare un investimento azionario: se compreremo azioni di un’unica società, il rischio che quest’ultima “fallisca” o abbia risultati negativi (con riduzione del valore delle azioni) sarà certamente più alto rispetto all’acquisto di un “paniere” di azioni di diverse società, magari in settori di attività differenti.
In termini più generali, è opportuno differenziare i propri investimenti spaziando tra le più ampie tipologie, dal mondo azionario-obbligazionario a quello immobiliare, per passare dalle commodities (ossia materie prime come ad esempio petrolio e suoi derivati, metalli o beni agricoli, etc.) agli oggetti d’antiquariato o alla semplice liquidità sul conto corrente. Ognuno di questi investimenti avrà peraltro livelli di rendimento e rischio potenziale differenti e peculiari.

Le fondamenta su cui costruire un solido patrimonio

Affinché un patrimonio, proprio come una casa, abbia delle basi solide e risponda il più possibile alle esigenze del proprietario, è necessario considerare una serie di elementi (che possono rappresentare metaforicamente le fondamenta, il tetto, il corpo dell’abitazione, etc.):

  1. la liquidità
  2. la riserva
  3. l’investimento
  4. la speculazione
  5. la previdenza
  6. la tutela

1.
La liquidità

Questa è costituita dal proprio conto corrente bancario o da strumenti similari (fondi monetari). Seppur con un rischio nullo o quasi, è giusto ricordare che la liquidità ha solitamente un rendimento nullo, ma serve per far fronte alle esigenze di spesa più comuni. In liquidità dovrebbe essere quindi investita la parte del proprio patrimonio necessaria alle proprie esigenze personali (lo stretto indispensabile, che chiaramente può variare molto da persona a persona).

2.
La riserva

Questa parte rappresenta la porzione di patrimonio che si decide di destinare al soddisfacimento di esigenze future o imprevedibili: serve, in pratica, per “dormire sonni tranquilli”. È intimamente legata al concetto di sicurezza e di tranquillità economica ed il suo importo può variare in funzione del proprio grado di “prudenza” oltre che in virtù del rispettivo patrimonio totale. È possibile che in un patrimonio ingente si voglia destinare a riserva una percentuale inferiore rispetto a patrimoni più ridotti, rischiando un pochino di più, in quanto l’importo della riserva risulta comunque più che capiente. La parte destinata a riserva, per svolgere la sua funzione, dovrà avere un basso rischio e un discreto rendimento per evitare che, nel tempo, tale ricchezza perda valore reale (ossia potere di acquisto). Tuttavia, il momento attuale vede rendimenti estremamente bassi se si utilizzano tipologie di strumenti teoricamente a basso rischio. Tuttavia, non si deve dimenticare il fatto che questa condizione rappresenta una contingenza attuale e che, verosimilmente, non potrà durare all’infinito. Nella riserva, per fare degli esempi, vi rientrano a pieno titolo le obbligazioni non speculative (come i titoli di Stato tedeschi o degli Stati Uniti, mentre molto meno, ahinoi, i titoli di Stato italiani…), oppure i titoli similari (ad esempio i fondi obbligazionari, che riducono fortemente il rischio attraverso una differenziazione su più soggetti emittenti) e certe tipologie di immobili.

3.
L’investimento (nel vero e proprio senso della parola)

Deve essere solo una parte e non la totalità del proprio patrimonio anche perché risulta il più complicato da strutturare. Dovrebbe garantire un buon rendimento nel tempo, senza esporre a rischi eccessivi (non si è nell’area speculazione!). Anche in questo caso bisogna ricordare la particolare contingenza attuale che concede rendimenti comunque bassi qualora non ci si voglia assumere un rischio rilevante.
Solitamente questo ramo del patrimonio è divisibile in tre macro aree:

  • quella immobiliare;
  • quella obbligazionaria, costituita però da obbligazioni con un rendimento superiore ai titoli di Stato, come ad esempio le obbligazioni corporate (di società private per intenderci, distinguendo con attenzione le tipologie di obbligazioni che possono essere ordinarie, subordinate o garantite);
  • e quella azionaria. Quest’area, nella particolare situazione finanziaria in cui ci troviamo dovuta principalmente a bassissimi tassi di interesse, rappresenta quella più promettente ma espone anche a un rischio di oscillazione dei prezzi delle azioni da considerare con molta cautela.

Infine, non vanno sottovalutati “nuovi” strumenti di investimento, quali i fondi che investono nelle cosiddette commodities (ad esempio le materie prime o i prodotti agricoli o energetici).
In quest’area è necessario farsi assistere da persone con professionalità e competenze adeguate per poter allocare al meglio le proprie risorse. Fondamentale sarà che il proprio consulente finanziario (considerando l’emergente figura del consulente finanziario autonomo), o soggetto che ci guida negli investimenti, comprenda a fondo il nostro orizzonte temporale di investimento. Un ottimo investimento potrebbe creare delle grosse difficoltà nel momento in cui l’orizzonte temporale fosse troppo lungo rispetto a quello richiesto dall’investitore (si pensi alla difficoltà di vendere un immobile ad un buon prezzo in tempi brevi o al rischio di una riduzione del valore di mercato di un’obbligazione che debba essere venduta prima della sua scadenza naturale).

4.
La speculazione

È la parte del patrimonio da cui ci si aspetta un alto rendimento, ben consapevoli del rischio a cui si va in contro e della possibilità, quindi, di perdere anche tanto rispetto all’importo iniziale destinato.
Massima cautela poi a investire in monete diverse dell’euro: effettuare investimenti in titoli o obbligazioni quotate in monete straniere (come dollaro, franchi svizzeri, sterline o yen) non coprendosi adeguatamente dalle oscillazioni del tasso di cambio (rischio di cambio), ci fa rientrare, pur non volendo, nell’area speculativa. Attenzione quindi a non cadere nell’errore di utilizzare strumenti in valuta estera, senza adeguata copertura, per l’area della riserva o dell’investimento. In quest’area rientrano anche gli investimenti in start-up o PMI innovative che consentono importanti risparmi fiscali (detrazioni fino al 40%).

5.
La previdenza

Quest’area rappresenta, semplificando, la cosiddetta “pensione”, ossia quella parte di patrimonio da utilizzarsi solo quando si smetterà di lavorare e si avrà pertanto una diminuzione del proprio reddito. In quest’area vi rientrano i versamenti alla propria Cassa di previdenza obbligatoria (quelli all’Enpam, ad esempio), i contributi versati dai lavoratori dipendenti (ad esempio all’INPS) ed i fondi pensione integrativi (i cui versamenti sono fiscalmente deducibili, seppur nel limite massimo di 5.164 euro annui). L’utilità di questi ultimi non va infatti sottovalutata vista la probabile riduzione, nei prossimi decenni, delle pensioni erogate dagli Enti di previdenza obbligatoria (come, ad esempio, INPS, Enpam, etc.). Per mantenere in futuro il proprio tenore di vita attuale, quindi, è opportuno, da subito, ragionare attentamente sulla possibilità di ricorrere a fondi pensione integrativi (non obbligatori) che, come detto, permettono anche risparmi fiscali interessanti.

6.
La tutela

In quest’area rientra tutto il mondo assicurativo. In estrema sintesi vi sono le polizze assicurative finalizzate a ridurre categorie di rischi della più svariata natura: polizza sanitaria, polizza infortuni, polizza vita, polizza incendio (per gli immobili), polizza di responsabilità civile e professionale, etc.. Attenzione, non tutte le polizze sono uguali e la variabile prezzo dovrebbe essere solo una delle tante da valutare prima di effettuare una scelta.

Inoltre, chi svolge un’attività professionale che comporta dei rischi, dovrebbe considerare attentamente anche l’utilizzo di strumenti di protezione del patrimonio (di cui si è già parlato in passato sulle pagine di questa rivista) quali il fondo patrimoniale, il trust o alcuni tipi particolari di polizza assicurativa.

Per gestire in modo ottimale il proprio patrimonio si devono quindi considerare tutte le sue aree (tutte le parti della nostra casa, per restare all’interno della metafora). Infatti, senza la speculazione o l’investimento, un patrimonio è destinato inevitabilmente a ridursi (se non viene alimentato dall’esterno). Allo stesso tempo, un patrimonio senza riserve o che non consideri l’area della tutela, rischia, al verificarsi di eventi spiacevoli o inaspettati, di ridursi drasticamente ed in poco tempo.

Non ci si deve infine far ingannare dal considerare il patrimonio solamente limitato alla parte finanziaria, in quanto anche gli investimenti nel settore immobiliare o nei beni di valore durevole, quali gioielli e opere d’arte, possono essere un importante fattore di differenziazione e di ottimizzazione dei propri assets complessivi. Per massima chiarezza, quando parliamo di immobili ci riferiamo sia a quelli concessi in locazione (atecnicamente detti affittati), sia a quelli tenuti a disposizione. Infine gli immobili (terreni, fabbricati industriali, abitazioni, negozi, multiproprietà, box e posti auto, etc.) possono rappresentare una modalità di utilizzo definibile riserva, investimento o speculazione a seconda del settore e della zona territoriale o dello Stato in cui sono effettuati.

Conclusioni

Da un’analisi empirica ampia possiamo testimoniare che i soggetti che negli anni sono riusciti a costruire un patrimonio equilibrato, che ha permesso guadagni ragionevoli evitando rischi non calcolati, hanno sempre pianificato le loro entrate ed uscite in ognuna delle aree sopra indicate (magari inconsciamente).

Come dimostrano analisi accurate nel settore finanziario, la costanza dell’investitore è un’arma certamente vincente. Se il tempismo è il vero fattore che fa la differenza, è premiante nel medio-lungo periodo accantonare (acquisendo investimenti finanziari) quote di reddito mensilmente. Questa prassi consente di entrare nel mercato in tutte le sue oscillazioni, sia nei picchi sia nei ribassi, diversificando non tanto lo strumento quanto il “momento” dell’investimento.

È opportuno agire razionalmente (anche sapendo che il mercato è spesso irrazionale) e programmare sempre. Bisogna ridurre al minimo l’emotività quando si parla di investimenti senza far sì che prendano il sopravvento pulsioni entusiastiche o pessimistiche (la borsa perde allora vendo tutto!).

Mai come con gli investimenti o la gestione del denaro ogni strumento può essere utile o dannoso a seconda dell’obiettivo. Un patrimonio equilibrato deve essere composto ricercando gli elementi più adatti alle proprie esigenze, tenendo altresì conto:

  • della propria propensione al rischio;
  • delle attese di guadagno;
  • della capacità di risparmio familiare;
  • delle necessità di spesa che si sono programmate per il futuro.

Per trovare la giusta combinazione, non resta dunque che informarsi, sforzarsi di capire e documentarsi per essere consapevoli e gestire il proprio futuro economico senza farsi trascinare dagli eventi. ●

Si è schiavi del denaro o della sorte.
(Euripide)