La prevenzione del contenzioso in odontoiatria

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prevenire il contenzioso in odontoiatria

La prevenzione del contenzioso in odontoiatria nel corso degli ultimi anni sta avendo un ruolo primario nella gestione dello studio odontoiatrico.

È evidente che il trascorrere di un anno solare, nonostante la costante evolutività della materia, non può determinare cambiamenti così profondamente significativi ed i testi ancora corrispondono in pieno all’attualità.

Vi è tuttavia un elemento fondamentale di novità legislativa con cui oggi fare i conti, seppure, in termini attuativi, i veri cambiamenti verranno forse pienamente valutati solo nel corso dei prossimi anni.

In data 8 marzo 2017 è stata infatti emanata la legge “Gelli-Bianco”, vigente dal 1° aprile 2017, ulteriore tentativo di mettere ordine nella gestione della responsabilità professionale di area medica.

Tale legge segue il cosiddetto decreto Balduzzi del 2012, sviluppandosi negli anni successivi ad esso attraverso lo studio delle modalità di trattamento dei temi della colpa medica, e, in definitiva, completando un ciclo riformativo con quel decreto iniziato che propone un riordino normativo complessivo del contenzioso in area medica.

Prima di questo periodo infatti il contenzioso nell’ambito sanitario veniva trattato come causa ordinaria, ovvero senza significative differenze rispetto all’ambito generale della colpa.

Pur non volendo qui sostituirci al giurista, chi scrive pensa che, a fronte del crearsi di una situazione di “garanzia” nei confronti della parte debole del rapporto medico paziente (ovvero il paziente/utente/cittadino/danneggiato che dir si voglia), e altresì di una inversione dell’onere della prova, che di fatto “pesa” in modo sostanziale sull’operatore, si sia creata una condizione “processuale” di debolezza del medico, presunta parte forte del rapporto, rispetto al citato paziente.

D’altra parte si proveniva, negli anni ’80, da una interpretazione “paternalistica” del rapporto medico paziente, in cui l’onere di garantire la buona pratica era affidato al medico che agiva secondo i princìpi del buon padre di famiglia.

Questa visione paternalistica di dispensa del “bene” e del “necessario” per il paziente escludeva ogni necessità di consenso informato, addirittura di una completa informazione, etc.

Il medico veniva quindi perseguito solo in casi di evidente colpa grave.

Con l’avvento di una nuova e progressiva concezione del rapporto tra il medico ed il paziente, non più orientato ad una condizione impari di “dominio” della figura del medico con passività del paziente, ma invece orientato ad un rapporto tra persone dialoganti, con diritto del “debole” di essere opportunamente reso edotto delle cure, con facoltà di accettarle o meno, l’instaurarsi di un rapporto “contrattualizzato”, ove le parti confrontano i propri diritti/doveri (informazione, consenso, alternative terapeutiche, facoltà di scegliere, cura, non cura, etc.), l’atmosfera ed il contesto operativo sono completamente mutati.

Al paziente il dovere di documentare chi l’ha curato e di avere subìto un danno, quanto meno presunto; al medico tutto il resto, ovvero di avere proposto alternative a quella cura ove disponibili, di avere fornito adeguata informazione, di avere ottenuto il consenso alle cure, di avere utilizzato tutti i mezzi necessari, che di conseguenza quel danno, se accertato, non può essere definito “ingiusto” e “risarcibile”, perché non era altrimenti evitabile.

Il tutto contrassegnato inoltre dal dovere di informare preliminarmente del costo delle cure e di attenersi, salvo consensualmente stabilire ed approvare delle modifiche, all’accordo economico prestabilito.

Va da sé che il confine tra errore e complicanza risulta assolutamente sfumato e diversamente interpretabile; nella realtà della valutazione medico-legale e giudiziale questo ha portato in più occasioni a posizioni quanto meno inizialmente opposte, con, ad esempio, valutazioni in primo grado di giudizio in un senso e poi del tutto ribaltate in appello.

A fronte di tali e complesse problematiche, la professione odontoiatrica non è stata certo a guardare; si è sviluppato negli anni un intenso confronto, con supporto consulenziale di esperti giuristi, giudici ed avvocati, medici legali, odontologi forensi, sul tema e si è approfondita la necessità di ben documentare ogni passaggio anche allo scopo di difendersi di fronte a sempre più frequenti contestazioni di malpractice.

Se esaminiamo le prime Linee guida pubblicate dall’odontoiatria italiana nel 2003, possiamo bene rilevare come il tema fondamentale fosse proprio quello della documentazione: cartella clinica, schede di anamnesi, raccolta dati, sondaggi, radiografie, modulistica per il consenso, modalità di consegna della documentazione al paziente, etc.

Gli anni ’90/2000 sono abbondantemente segnati, sia a livello nazionale che internazionale, da questo tema principale.

Se indubbiamente il soggetto “debole” sul piano del puro rapporto di cura rimane il paziente, così sul piano giudiziale, quanto meno di carattere civilistico, il soggetto soccombente sembra essere il medico, talché se privo di adeguata e completa documentazione di ciò che ha fatto, è spesso perdente in giudizio.

Se poi si considera la scarsa preparazione ad affrontare il contenzioso, la scarsa disponibilità “latina” ad ammettere l’errore, si comprende la difficoltà operativa del medico nel difendersi dalle contestazioni a lui mosse.

La questione è anche economica e questo aspetto, negli anni, ha meritato opportuna considerazione: a fronte dell’aumento del contenzioso medico paziente, le compagnie assicurative hanno aumentato i loro premi, sino ad un punto di non ritorno che, in alcuni casi, ha visto importanti società assicurative abbandonare il mercato della “R.C. Professionale”, creando non pochi patemi ai medici rimasti privi di copertura.

Così in ambito odontoiatrico è nata, nel generale panorama della medicina italiana numericamente più importante, l’attuale copertura assicurativa in convenzione (ANDI/Cattolica Assicurazioni, oltre 12.500 iscritti), allo scopo di creare un giusto rapporto costo/beneficio e, attraverso la mutualità, per proteggere meglio la categoria.

Ecco, a fronte di un percorso impervio, difficile, temporalmente significativo, la professione medica ha individuato e proposto soluzioni migliorative: le Linee guida del 2003 lentamente si sono trasformate, per l’odontoiatria, nelle “Raccomandazioni cliniche ministeriali” del 2014, già rieditate nel 2017, che contengono le regole base dell’esercizio professionale; le società scientifiche specialistiche (SIDO, AIOP, SIDP, etc.) hanno scritto, riscritto, corretto, migliorato, specifiche linee guida per ogni percorso diagnostico terapeutico.

Insomma, la professione si è data delle regole di sostenibilità.

D’altra parte chi scrive già nel 2000 affermava che il modo migliore per sostenere la professione fosse proprio di mirare alla salvaguardia dell’integrale rapporto medico odontoiatra/paziente, fornendo quindi una forma di “tutela sociale” all’insieme curante/paziente. In fondo questo è il tema che caratterizza l’introduzione al codice etico dell’odontoiatria dell’American Dental Association già dagli anni ’90!

Ebbene, questa è la strada ormai da tempo intrapresa; questa linea ha ottenuto anche l’attenzione del legislatore e molti riscontri giurisprudenziali.

Attraverso il citato “decreto Balduzzi” si è iniziato a discutere della necessità per il professionista di attenersi a linee guida o raccomandazioni cliniche, dovendo di fatto dimostrarne l’allineamento.

Afferma l’articolo 3 del decreto Balduzzi del 2012:
“L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.

Con la legge “Gelli-Bianco” del 2017, mentre negli anni intermedi la giurisprudenza ha più volte e variamente interpretato il dettato del citato decreto Balduzzi, si è giunti a codificare regole per il bilanciamento tra i concetti di sicurezza delle cure e responsabilità professionale.

Tornando alla questione delle linee guida, la legge non solo prevede il rispetto delle linee guida ma anche come e quali debbano essere le linee guida di riferimento, ovvero da quali soggetti debbano essere promulgate. Così viene previsto nella legge un percorso di accreditamento delle società scientifiche al ministero, proprio allo scopo di costruire le premesse alla creazione di linee guida “istituzionali”.

Interventi sono in corso anche sulle modalità di nomina dei consulenti tecnici del giudice, sulla relativa formazione degli albi degli esperti e sulle modalità di formazione dei collegi peritali.

È attualmente in attività, presso il CSM (Consiglio superiore della magistratura) una commissione, formata da giudici e da rappresentanti di area medica e legale, che sta lavorando proprio sul problema di come formare gli albi di consulenti: i lavori prevedibilmente termineranno nel luglio del 2018, per consentire la definizione formale di questa materia tecnica entro la fine dello stesso anno.

Vi è, quindi, molta carne al fuoco, se pure i reali e completi riscontri pratici si vedranno solo nel tempo. Gli stessi avranno effetto su tutti i passaggi cruciali del contenzioso, dalla nomina del/dei consulenti del giudice, alle modalità di verifica del comportamento dell’operatore in osservazione alla valutazione dei costi degli interventi (cfr. con la questione in questi tempi del tutto attuale e molto dibattuta dell’equo compenso).

L’obiettivo è, come anticipavamo, quello della sicurezza delle cure, quindi indubbiamente sicurezza del paziente, ma anche sicurezza del medico, nel nostro caso del medico odontoiatra.

Vorremmo dire che il vero obiettivo è “l’armonia del rapporto di cura” al fine di tutelare il medesimo sotto tutti i punti di vista, non solo delle persone nel rapporto direttamente coinvolte, ma anche del contesto socio/economico in cui queste cure si svolgono.

Alla luce di questa premessa riteniamo che il contenuto del modulo risulti ancora e del tutto attuale, per gli spunti di carattere comportamentale che lo stesso modulo esprime, se pure in un contesto storico/temporale che dimostra spiccata e costante evolutività.

Le premesse fornite dal corso FAD, nella sua interezza, dagli spunti di carattere legale a quelli di carattere psico-dinamico, transitando per tutte le questioni odontologiche, forensi, medico-legali, costituiscono una base operativa essenziale per la gestione del rapporto medico paziente, il quale rapporto, come si vedrà, non è solo condizionato da questioni meramente tecniche ma anche e soprattutto da questioni di carattere comportamentale.