Il nuovo modello di responsabilità sanitaria nel settore odontoiatrico

parte prima

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responsabilità sanitaria

Premessa

Nel 2008 fui incaricato di tenere un modulo di insegnamento sulla responsabilità professionale in un corso universitario afferente ad una Scuola di specializzazione in Chirurgia odontostomatologica. Al relativo corso conferii il titolo di Corso integrato su “Profili di responsabilità professionale e tipologie di rapporti di lavoro”, coniugando due elementi, appunto la responsabilità e la natura del rapporto di lavoro, che nel campo specifico della odontoiatria sembravano risulta del tutto distonici.

Infatti, usualmente la professione odontoiatrica è, nella sua maggior parte, organizzata con modalità libero-professionali ed esercitata dal singolo professionista in forma individuale nel suo studio privato.

Al massimo si sono sviluppate forme di associazione professionale, nelle quali però il rapporto intercorre sempre e comunque tra il professionista ed il cliente, nei cui confronti, come precisato dalla giurisprudenza, rimane direttamente responsabile (Cass. civ., sez. II, 29-11-2004, n. 22404).

Tradizionalmente poco conosciuto e scarsamente applicato in questo campo è stato il lavoro subordinato o parasubordinato, il più delle volte confinato nell’ambito delle strutture pubbliche e accreditate per le (poche) prestazioni coperte dai servizi essenziali.

Eppure il collegamento con la tipologia di rapporto di lavoro è un punto cardine nel settore della responsabilità, perché il tipo di rapporto, rilevante nel diritto del lavoro, nell’ordinamento civilistico definisce a scorrimento il tipo di responsabilità.

Fino a quando il modello di riferimento è stato lo stesso, cioè quello della responsabilità contrattuale, sia se il rapporto negoziale intercorra direttamente tra l’utente/cliente ed il professionista o indirettamente con l’intermediazione della struttura/azienda sanitaria (pubblica o privata), non si pone nessun problema di categorizzazione per la evidente neutralità dell’elemento.

Quando, invece, l’ordinamento differenzia la posizione del professionista a seconda che presti la sua opera per un proprio cliente o per un utente della struttura di cui è dipendente, appare evidente che coniugare i due elementi (rapporto di lavoro e responsabilità) diviene essenziale perché il primo definisce la natura del secondo.

Prima della legge n. 24/2017 sul punto vi è sempre stata estrema incertezza; infatti, alla sicura natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria, la giurisprudenza ha fatto corrispondere con alterne vicende a volte la responsabilità extracontrattuale e altre volte quella contrattuale da contatto sociale dell’operatore, alterna bivalenza che ha resistito anche dopo l’approvazione della l. n. 189/2012.

Sulla questione ora si registra l’intervento dirimente della nuova l. 24/2017, la quale, ponendo una dissociazione tra responsabilità della struttura e responsabilità dell’operatore, ha ricondotto al modello di cui all’art. 1218 c.c. la prima ed a quello del’art. 2043 c.c. la seconda.

Sicché, la struttura sanitaria, per effetto dell’art. 1228 c.c., risponde a titolo contrattuale della responsabilità dei suoi ausiliari, mentre quest’ultimi rispondono in via diretta del proprio operato solo a titolo di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2049 c.c.

Ora, tutto questo sembrava lontano dal mondo dell’odontoiatria, ed invece l’emergere di modelli organizzativi strutturati in nuove forme gestionali porta al correlativo emergere nel settore di un numero significativo di rapporti di lavoro subordinati o convenzionali tra i professionisti e tali aziende.

Infatti, come avviene nel settore medico e chirurgico, anche in quello odontoiatrico le prestazioni possono essere rese in complessi aziendali riferibili a soggetti proprietari (in genere società commerciali o fondazioni) diversi da coloro che eseguono la prestazione: questo fenomeno è in via di espansione attraverso il proliferare delle cliniche odontoiatriche.

È con questa nuova realtà e con questi nuovi modelli che l’odontoiatria oggi deve relazionarsi e all’interno dei quali va letta la problematica della responsabilità.
Infatti, se fino a poco tempo fa il contenzioso tra cliente ed odontoiatra normalmente nasceva come reazione del primo ad una pretesa ingiuntiva del secondo (richiesta di pagamento dell’onorario professionale a fronte di rifiuto di pagamento per contestazioni sulla prestazione professionale), oggi la responsabilità dell’odontoiatra può emergere allo stesso modo in cui emerge quella del medico e di ogni altro operatore sanitario, quando sia parte in un rapporto di lavoro subordinato o simile.

La tendenza alla omologazione delle situazioni comporta la necessità che la responsabilità professionale in ambito odontoiatrico sia esaminata in forma omologa a quella di tutti gli altri operatori del settore sanitario, secondo quella intuizione di cui ho parlato all’inizio.

Il contenzioso in odontoiatria

Quando parliamo di contenzioso per responsabilità sanitaria poniamo la nostra attenzione sulle aree di maggior rischio e pensiamo alla chirurgia, ortopedia, ginecologia ed ostetricia, come pure alla oncologia ecc., quali discipline nelle quali si annida con più facilità il pericolo di essere coinvolti in una causa.

Può sorprendere, ma le statistiche in materia segnalano anche l’odontoiatria tra le aree a maggiore vertenzialità: il tredicesimo rapporto Pitsalute di Cittadinanza attiva pone, infatti, l’odontoiatria al terzo posto, con una percentuale di cause superiore al 9% nel periodo dal 1996 al 2009.

A questo dato si pone poca attenzione perché il contenzioso in questo campo fa poco clamore, difficilmente assurge per i mass media a fatto con alto tasso di notiziabilità o redditività giornalistica, generalmente perché il settore è connotato da interventi routinari:

“Posto che l’esecuzione di un intervento di protesi dentaria deve ritenersi di agevole ed abituale esecuzione, è correttamente motivata la decisione di merito che abbia ritenuto gravemente colposa la condotta del medico odontoiatra il quale, dopo avere realizzato una protesi provvisoria, debba attendere un notevole periodo (nella specie, diciotto mesi) senza che si sia provveduto alla realizzazione dell’impianto definitivo, così favorendo l’insorgenza di fenomeni irritativi delle mucose gengivali, con conseguente produzione di danni patrimoniali a carico del soggetto interessato dall’intervento” (Cass. civ., sez. III, 24-04-2008, n. 10668).

Secondo i dati rinvenuti (fonte Introna), circa i due terzi delle contestazioni riguardano l’implantologia e le protesi. Quali sono le cause che alimentano il contenzioso in odontoiatria?

L’analisi non è semplice perché il contenzioso, in questo campo più che in altri, ha una genesi multifattoriale e le ragioni che lo incrementano sono policrome.

Volendo fare una analisi casistica, maggiore evidenza assumono alcuni elementi:

01

l’aumentata attenzione del paziente al risultato estetico (aspettative di conseguire il risultato atteso – minore indulgenza rispetto all’insuccesso terapeutico);

03

il maggior numero di pazienti che hanno accesso alle cure odontoiatriche;

05

la realizzazione di piani terapeutici complessi a fronte di cospicui costi a carico del paziente;

07

la riduzione del tempo dedicato dal sanitario al rapporto “di fiducia” con il paziente ed all’informazione approfondita sulla situazione clinica, sulle possibili alternative terapeutiche e sui risultati ragionevolmente e verosimilmente ottenibili;

09.

l’esistenza di norme che incentivano l’azione legale.

02

le mutate ed aumentate esigenze del paziente, alimentate dalle innumerevoli informazioni pubblicitarie riguardanti le cure e le terapie odontoiatriche, spesso fuorvianti e non corrette, o da informazioni e dati assunti tramite fonti web;

04

le elevate aspettative del paziente sovente incrementate dai consulenti tecnici di parte o dai legali, spesso in assenza di una preventiva attenta distinzione tra “complicanza” ed “errore”;

06

l’allarmismo mediatico derivante dai casi di cronaca riguardanti la medical malpractice;

08

la mutata percezione, da parte del cittadino, dell’immagine del medico-odontoiatra e del concetto di diritto alla Salute, anche ad opera dei mezzi di comunicazione;