Pubblicità odontoiatrica: la rivincita del content marketing sui markettari

pubblicità sanitaria

La norma sulla pubblicità sanitaria contenuta nella legge di Bilancio 2019 è molto diversa da quella che sembrava in prima battuta. Condensa in poche righe un significato profondo, forse addirittura maggiore e più completo di quelle che erano le intenzioni stesse del legislatore. A conti fatti sembrerebbe una buona notizia, sempre a patto che ci si trovi dalla parte giusta della barricata. In qualche modo la norma si pone nel solco naturale evolutivo del marketing stesso, coerente e fisiologica.

Come noto, la legge di Bilancio 2019 (legge 30/12/2018, n. 145) ha approvato alcune modifiche sostanziali al diritto di pubblicità sanitaria e quindi della pubblicità odontoiatrica. In particolare ci interessa il comma n. 525 dell’art. 1, nel quale leggiamo testualmente: “Le comunicazioni informative da parte delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie […] possono contenere unicamente le informazioni […] funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria.”

È di nostro interesse anche il comma 536 dello stesso articolo che disciplina il nuovo meccanismo di controllo ed il relativo modello sanzionatorio da adottare. Ma non tratteremo questo tema perché il primo è di gran lunga il più interessante e rilevante per la professione. È denso di significato strategico.

Pubblicità odontoiatrica e player del mercato

Al momento non esiste associazione o sindacato che non si intesti questo risultato come il grande traguardo indispensabile a risanare il mondo della odontoiatria. Euforia o sconforto sono i sentimenti dominanti a seconda dello schieramento cui si guarda. Facciamo dunque un distinguo importante e molto pratico. Ammesso che sia possibile banalizzare nel modo seguente, esistono sul mercato odontoiatrico due tipologie di player. Il primo tipo è rappresentato dalla cosiddetta odontoiatria commerciale, sostenuta per lo più dai grandi gruppi economici e finanziari, ovvero quel tipo di attività nella quale:

  • i risultati clinici sono subordinati a quelli economici;
  • la governance è affidata a manager la cui permanenza in carica dipende da investitori terzi;
  • la qualità delle prestazioni è funzione dei costi programmati.

Il secondo tipo è rappresentato dalla odontoiatria professionale, sostenuta per lo più da singoli individui autofinanziati, ovvero quel tipo di attività nella quale:

  • i risultati economici sono subordinati a quelli clinici;
  • la governance è personale così come la relazione con il paziente;
  • i costi vengono programmati in funzione della qualità attesa.

In entrambi i gruppi l’identità odontoiatrica o laica della proprietà e la natura giuridica tradizionale o societaria della struttura sono due attributi pressoché irrilevanti e del tutto casuali. Non sono gli attributi personali o giuridici a determinare il tenore etico dell’attività svolta ma il modello di business adottato.

Infatti è facile riscontrare dentisti che adottano modelli commerciali puri, così come laici e società di capitali che adottano modelli professionali.

Poiché io appartengo dichiaratamente al secondo gruppo descritto e poiché questo articolo è destinato a colleghi e/o imprenditori affini a me, d’ora in poi identificherò provocatoriamente il primo gruppo con l’eponimo di “cattivi” ed il secondo con quello di “buoni”.

Perchè questa lunga premessa?

Era necessaria per arrivare ad affrontare la questione della pubblicità sanitaria senza esultanze inutili o eccessive preoccupazioni. Il portato della nuova norma sulla pubblicità odontoiatrica Una premessa importante è che nella legge la parola pubblicità non è mai stata pronunciata.

Se rileggete il comma in questione noterete che il legislatore parla letteralmente di “comunicazioni informative”. Ciò che viene regolamentato con questa legge dunque sono le comunicazioni informative e non la pubblicità sanitaria. Questo ha consentito al legislatore di non porsi in conflitto con la precedente legge 4 agosto 2006, n. 248 (il famoso decreto Bersani) e forse anche con l’intero dettato comunitario su questa materia. Ma non solo. Citando la stessa legge Bersani e rifacendosi ad essa per definire i contenuti leciti delle comunicazioni informative, egli opera infatti una semplice tautologia o quantomeno una prescrizione pleonastica.

Da una parte la legge Bersani permette di fare pubblicità descrivendo le caratteristiche del servizio offerto, dall’altra la nuova legge prescrive che le comunicazioni informative possono contenere tutto quanto previsto dalla legge Bersani con una sola esclusione: escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo.

Cosa si intende per promozionale o suggestivo nella pubblicità odontoiatrica?

Siamo arrivati al punto.

Tutti i commenti e le interpretazioni si sono fermate su questa espressione ambigua che getta nel panico i dentisti e crea (si spera) imbarazzi negli organismi di controllo.

Come è possibile giudicare promozionale o suggestiva una specifica comunicazione informativa?

Al contrario: Come è possibile non giudicare promozionale o suggestiva una qualunque comunicazione informativa? Francamente non so quanti contenziosi creerà una normativa così nebulosa, ma è mia convinzione che si tratti di un falso problema. Vediamo perchè tornando ai due gruppi precedenti: il gruppo dei buoni e quello dei cattivi.

Gli effetti della legge sul gruppo dei cattivi

Come detto, il gruppo dei cattivi si distingue unicamente per un modello di business commerciale e persegue quindi strategie di marketing orientate alla vendita di un prodotto. Qui non si tratta di definire cosa sia giusto o ingiusto, etico o immorale. Si tratta solo di fare una analisi dei fatti. Una strategia di marketing orientata alla vendita di prestazioni sanitarie (come fossero delle commodity) presuppone la definizione precisa di un target, di un piano di comunicazione e, complessivamente, di un posizionamento che siano coerenti con il modello di business adottato.

Nessuno avrà mai dubbi che i player di successo, in questa metà campo di gioco, abbiano realizzato strategie coerenti sul piano informativo/pubblicitario (non so bene come chiamarlo). Il messaggio veicolato da costoro non potrà certo prescindere dalla suggestione e dalla promozione, qualsiasi significato letterale o traslato si voglia dare a queste due parole.

In questo senso credo che il legislatore (e conseguentemente chi ha promosso l’emendamento) sia meno sprovveduto di come possa sembrare, anche nella scelta delle parole utilizzate. Poiché io gioco nell’altra metà campo, non posso che essere felice di queste conseguenze (ammesso e non concesso che la mia interpretazione sia corretta). Come me saranno contenti tutti coloro che (dentisti o laici, studi o società di capitale) non condividono questo modello di business.

Gli effetti della legge sul gruppo dei buoni

Ora veniamo a noi e cerchiamo di capire perchè questa Legge in realtà non ci tocchi e sia, effettivamente, un falso problema. Chi adotta modelli di business incentrati sulla qualità del prodotto, a differenza del gruppo precedente, adotta anche strategie di marketing orientate al cliente. Strategie di questo genere sono implicitamente virtuose sul piano etico, intrinsecamente deontologiche per natura. Una strategia di marketing orientata al cliente, infatti, è per definizione mirata primariamente all’interesse del cliente e solo dopo aver soddisfatto i suoi bisogni nel modo migliore possibile, consegue il profitto.

In questo tipo di modello (e di strategia) il risultato economico può essere conseguito solo dopo che il paziente ha ricevuto le migliori cure possibili (nel lungo periodo). Ne consegue che mercato target, posizionamento e strategie comunicative saranno coerenti con queste premesse e basate su contenuti di qualità, non su promozioni o suggestioni.

Esempi pratici di pubblicità o informative nei due gruppi

Il gruppo dei cattivi non dispone di elementi di valore su cui costruire il proprio piano di comunicazione. Gli elementi di valore infatti costano più del prezzo che si vuole applicare al prodotto venduto.

Pertanto il gruppo dei cattivi, coerentemente con i propri fondamentali strategici, comunicherà al mercato target ciò che possiede: prezzi bassi (lecito). Lo farà con informazioni o pubblicità suggestionali o promozionali finalizzate a far credere al paziente che acquistando a prezzi bassi avrà comunque un vantaggio (illecito).

Il gruppo dei buoni, al contrario, possiede elementi di valore su cui costruire il proprio piano di comunicazione. Il prezzo delle prestazioni erogate infatti è superiore ai costi necessari a qualificare il prodotto venduto. Pertanto il gruppo dei buoni, anch’esso coerentemente con i propri valori strategici, comunicherà al mercato target ciò che possiede: la qualità delle prestazioni. Lo farà con informazioni o pubblicità che non sono promozionali o suggestionali, perchè non ne ha alcun bisogno. Potrà semplicemente utilizzare tutti quei contenuti validati dalla comunità scientifica di riferimento o dagli ordini professionali e che descrivono cosa si intenda con professionalità, etica e qualità delle prestazioni. Il problema vero si genera nel gruppo dei buoni quando alcuni singoli, sbagliando, adottino un registro comunicativo o pubblicitario che non sia coerente con i loro fondamentali strategici. Questo succede fondamentalmente per ignoranza dei fondamentali elementi di marketing o per la pigrizia che porta alla emulazione dell’altro gruppo. Con questo siamo arrivati a giustificare il titolo di questo articolo.

Content marketing vs. pubblicità sanitaria

Il marketing è una disciplina molto giovane ma ha un ritmo evolutivo impressionante, sia perchè si adegua istantaneamente ai mercati, sia perchè procede sotto i colpi innovativi delle tecnologie informative. Quali che siano le cause e quali che siano le motivazioni del legislatore, il marketing era già arrivato a fare giustizia dei cialtroni imbonitori, così come a rendere merito ai professionisti di valore. Lo ha fatto attraverso la via del content marketing, ovvero la promozione di sé che avviene per contenuti caratterizzati da veridicità, autenticità e originalità.

Google, fino ad oggi, è la dimostrazione pratica di come il merito e la qualità nelle comunicazioni (informative o pubblicitarie che siano) abbiano la meglio sul semplice interesse economico o sul messaggio surrettizio.

Il lettore che arrivato a questo punto non sapesse di cosa stiamo parlando potrebbe essere del primo gruppo o del secondo. Se è del gruppo dei cattivi non importa che sappia cosa sia il content marketing, è roba che non lo riguarda e farà i conti con gli organismi di controllo. Se è del gruppo dei buoni è ora che legga qualche libro sull’argomento e che cominci ad allevare al proprio interno le risorse necessarie per garantire la propria presenza sul Web. Ci riferiamo esplicitamente alla figura del social media manager dello studio dentistico che, come detto in altri articoli, rappresenta l’ambasciatore dei valori dello studio nell’ecosistema di riferimento. Eviterà di finire stupidamente dietro alla lavagna.

A conti fatti sembra proprio che inbound marketing e content marketing si siano presi la rivincita (che da tempo ci aspettavamo) sui markettari. Se il merito, una volta tanto, è del legislatore… tanto meglio!