Avulsione di terzo molare con enucleazione cistica: chirurgia piezoelettrica vs chirurgia tradizionale

Fig. 1 Ortopantomografia.
Scopo del lavoro: L’estrazione del terzo molare inferiore è una procedura comune in chirurgia orale. La tecnica convenzionale prevede l’utilizzo di strumenti rotanti; questi, però, risultano potenzialmente dannosi per i tessuti molli circostanti. Alla fine degli anni ’80 viene introdotta la tecnica chirurgica piezoelettrica al fine di migliorare la sicurezza e la predicibilità nell’estrazione del terzo molare inferiore. L’obiettivo di questo lavoro è presentare due casi clinici di chirurgia estrattiva di terzo molare, generando un confronto tra due metodiche chirurgiche: tradizionale e piezoelettrica.
Materiali e metodi:

È stato eseguito lo studio e il trattamento di due casi clinici, in cura presso il reparto di Odontoiatria dell’ospedale IRCCS San Raffaele. All’analisi clinica è stata affiancata una revisione narrativa della letteratura scientifica, utilizzando il database PubMed.

Risultati:

I pazienti sono stati inseriti in un protocollo operativo e seguiti durante l’iter diagnostico, terapeutico e durante il periodo di follow-up. Nel primo caso clinico si è scelto di procedere con l’exeresi chirurgica con tecnica chirurgica piezoelettrica, considerata la contiguità con il fascio vascolo-nervoso. Il secondo caso è stato trattato, invece, con tecnica chirurgica tradizionale. Il decorso postoperatorio è stato regolare, non è stata osservata alcuna complicanza; a sei mesi dall’intervento è stata evidenziata la guarigione del tessuto osseo in entrambi i casi trattati.

Conclusioni:

Ad oggi, non esiste una indicazione assoluta all’impiego della tecnica piezoelettrica piuttosto che tradizionale. La discriminante nella scelta risulterebbe essere l’analisi del caso clinico in oggetto. In determinate situazioni, nonostante gli strumenti rotanti abbrevino la durata della chirurgia, si predilige l’impiego della PBS poiché questa permette di affrontare l’intervento con maggiore sicurezza e con minore invasività, garantendo meno complicanze intraoperatorie ed un miglior decorso postoperatorio. 

INTRODUZIONE

Alla fine degli anni ’80, si deve al dottor Tomaso Vercellotti l’invenzione e lo sviluppo della tecnica chirurgica piezoelettrica (PBS), una metodica innovativa, basata su un fenomeno fisico chiamato piezoelettricità (1). I dispositivi piezoelettrici sfruttano la deformazione dei cristalli ceramici che provocano delle vibrazioni amplificate e trasmesse alla punta di specifici manipoli per mezzo di un trasduttore. Nei dispositivi elettromedicali il cristallo è contenuto all’interno del manipolo su cui vengono montati gli inserti e la sua natura determina la frequenza di vibrazione. Tali frequenze si trovano sopra la soglia dei 18.000 Hz, limite udibile per l’uomo, e pertanto vengono definite ultrasoniche. La PBS si avvale di uno strumentario composto da inserti ad ultrasuoni che, sostituendo quello rotante tradizionale, è in grado di raggiungere gli stessi obiettivi chirurgici e, contemporaneamente, affrontare l’intervento con maggiore sicurezza e con minore invasività, garantendo meno complicanze intraoperatorie e un miglior decorso postoperatorio (2). Lo strumento piezoelettrico consente il taglio selettivo del tessuto mineralizzato, preservando l’integrità dei tessuti molli, in caso di contatto accidentale. Questo tipo di tecnologia utilizza la modulazione delle onde ultrasoniche per produrre una vibrazione micrometrica alla punta attiva del dispositivo, consentendo un taglio estremamente preciso (3). Due ulteriori caratteristiche del PBS sono il microstreaming e l’effetto di cavitazione; queste rendono migliori le condizioni del campo chirurgico durante la chirurgia (4).

Il microstreaming, generato dalla vibrazione attiva della punta, provoca un vortice continuo dato dal movimento dei fluidi, favorendo l’azione meccanica di rimozione dei detriti (4). L’effetto di cavitazione, invece, è un fenomeno fisico causato dall’implosione di bolle di gas all’interno dei vasi sanguigni terminali durante l’osteotomia: questo produce un effetto emostatico, migliorando così la visibilità intraoperatoria (4). Queste caratteristiche hanno aperto la strada alla rapida diffusione della PBS in chirurgia maxillo-facciale (5), otorinolaringoiatria (6), chirurgia spinale (7) e in chirurgia orale (8,9). L’estrazione del terzo molare inferiore è una procedura comune in chirurgia orale. La tecnica convenzionale prevede l’utilizzo di strumenti rotanti per eseguire l’osteotomia e l’odontotomia, permettendo l’estrazione dentale nel più breve tempo possibile. Questi strumenti, però, risultano potenzialmente dannosi per i tessuti molli circostanti (2).

L’uso di PBS per migliorare la sicurezza e la predicibilità nell’estrazione del terzo molare inferiore è stata descritta per la prima volta nel 2008 (14). Da allora, numerosi studi clinici hanno confrontato la PBS con gli strumenti rotanti in questo campo di applicazione (2,10,11,13).

SCOPO DEL LAVORO

L’obiettivo di questo lavoro è presentare due casi clinici di chirurgia estrattiva di terzo molare, generando un confronto tra due metodiche chirurgiche: tradizionale e piezoelettrica.

MATERIALI E METODI

È stato eseguito lo studio e il trattamento di due casi clinici. I due pazienti, in cura presso il reparto di Odontoiatria dell’Ospedale IRCCS San Raffaele, sono stati inseriti in un protocollo operativo e seguiti durante l’iter diagnostico, terapeutico e durante il periodo di follow-up. Il primo caso clinico descritto tratta l’avulsione del terzo molare inferiore, praticata seguendo le indicazioni della tecnica chirurgica piezoelettrica; il secondo caso, invece, è stato trattato con tecnica chirurgica tradizionale. All’analisi clinica è stata affiancata una revisione narrativa della letteratura scientifica, indagando le caratteristiche delle due tecniche utilizzate ed operando un confronto tra le due.

Caso clinico 1: chirurgia piezoelettrica

Giunge alla nostra attenzione un paziente maschio di anni 50, lamentando un’algesia della zona retromolare nel terzo quadrante.

Fig. 2 Dettaglio fascio vascolo-nervoso.

Si procede alla raccolta anamnestica, all’esame obiettivo e alla raccolta delle indagini radiografiche. Dall’anamnesi non si evidenziano condizioni sistemiche o mediche rilevanti, pertanto il paziente viene considerato in classe 1 della scala ASA. L’analisi della radiografia ortopanoramica (OPT) evidenzia la disodontiasi dell’elemento 38, questo si presenta mesioverso in inclusione ossea totale, circondato da una zona di radiotrasparenza ascrivibile ad una lesione ossea osteolitica (figura 1). Dalla OPT viene inoltre valutato il rapporto di contiguità della porzione radicolare dell’elemento con il fascio vascolo-nervoso del NAI; si ritiene necessario eseguire un esame radiografico di secondo livello (figura 2).

Fig. 3 Visione intraorale.

La valutazione della Tc-Cone Beam (CBCT) conferma la stretta contiguità degli apici radicolari con il fascio vascolo-nervoso, per cui si decide di procedere alla exeresi chirurgica dell’elemento disodontiasico mediante tecnica chirurgica piezoelettrica, al fine di preservare l’integrità della struttura anatomica adiacente. Previo colloquio informativo con il paziente, visione e firma del consenso informato, si procede alla exeresi chirurgica dell’elemento 38 (figura 3). Si esegue l’anestesia loco-regionale attraverso infiltrazione plessica (articaina con adrenalina 1:100.000) e anestesia tronculare (articaina senza adrenalina).

Fig. 4 Disegno del lembo triangolare.

Viene eseguita, tramite bisturi Parker con lama 15c, una incisione marginale intrasulculare con preservazione della papilla e una incisione di svincolo disto-vestibolare, con una mobilizzazione a spessore totale del tessuto, generando un lembo triangolare (figura 4). Si procede con lo scollamento del lembo, tramite dissezione con scollatore a 45°, al fine di esporre la superficie ossea (figura 5).

Si esegue l’osteotomia, con l’utilizzo dell’inserto piezoelettrico, finalizzata ad esporre la corona dell’elemento incluso (figura 6, 7).

Si prosegue con la coronotomia e l’odontotomia con strumentazione ultrasonica, per favorire la mobilizzazione dell’elemento e, attraverso la lussazione, si ottiene l’avulsione dei frammenti, seguita dall’enucleazione della lesione cistica (figura 8, 9).

Fig. 5 Scollamento a spessore totale.

Viene eseguita la revisione della cavità alveolare ed il controllo dell’emostasi tramite spugna di collagene e suture riassorbibili 4/0 (figura 10). La lesione cistica enucleata viene inviata al laboratorio per l’esame istopatologico (figura 11). Vengono fornite al paziente le istruzioni postoperatorie; si dimette il paziente in terapia farmacologica domiciliare e controllo ambulatoriale.

Fig. 6 Osteotomia con PBS.
Fig. 7 Esposizione della corona dell’elemento 38.
Fig. 8 Coronotomia e odontotomia con PBS.

Viene prescritta la terapia antibiotica (amoxicillina 1gr x 2 x 6), antidolorifica (tachipirina 1gr al bisogno) e terapia antisettica fino alla completa guarigione della mucosa (collutorio clorexidina 0,2% bis in die).

Fig. 9 Avulsione di frammenti ed enucleazione della cisti.
Caso clinico 2: chirurgia tradizionale
Fig. 10 Suture riassorbibili 4/0.

Si presenta in prima visita il paziente maschio di anni 35. Si procede alla raccolta anamnestica, all’esame obiettivo e alla raccolta delle indagini radiografiche.

Dall’anamnesi non si evidenziano condizioni sistemiche rilevanti, pertanto il paziente viene considerato in classe 1 della scala ASA.

L’analisi della radiografia OPT e della CBCT evidenziano la disodontiasi degli elementi 18, 28, 38 e 48. Viene programmata l’exeresi chirurgica dell’elemento 38, il quale risulta in inclusione ossea totale, mesioverso, con un’area osteolitica pericoronale (figura 12, 13). Il paziente decide di sottoporsi all’intervento in regime di sedazione cosciente. Previo consenso informato e anestesia locoregionale, si procede all’exeresi chirurgica dell’elemento dentale 38 con contestuale enucleazione della lesione cistica, con tecnica chirurgica tradizionale. Viene eseguito un lembo triangolare a spessore totale con una incisione di svincolo disto-vestibolare (figura 14), come nel caso 1 descritto in questo studio.

Fig. 11 Frammenti dell’elemento 38 e lesione cistica.

Si procede con lo scollamento del lembo al fine di esporre la superficie ossea (figura 15). Si esegue una osteotomia per esporre la corona dell’elemento incluso, attraverso l’utilizzo di frese ossivore multilama montate su manipolo dritto (figura 16).

Si prosegue con la coronotomia e l’odontotomia, tramite fresa a fiamma diamantata montata su turbina per favorire la mobilizzazione dell’elemento e, attraverso la lussazione, si ottiene l’avulsione dei frammenti, seguita dall’ enucleazione della lesione cistica per via smussa (figure 17,18,19).

Fig. 12 – Indagini radiografiche.
Fig. 13 Visione intraorale.

Viene eseguita la revisione della cavità alveolare ed il controllo dell’emostasi tramite spugna di collagene per la stabilizzazione del coagulo e suture non riassorbibili in seta 3/0 (figura 20). La lesione cistica enucleata viene inviata al laboratorio per l’esame istopatologico (figura 21). Vengono fornite al paziente le istruzioni postoperatorie; si dimette il paziente in terapia farmacologica domiciliare e controllo ambulatoriale. Viene prescritta la terapia antibiotica (amoxicillina 1gr x 2 x 6), antidolorifica (tachipirina 1gr al bisogno) e terapia antisettica fino alla completa guarigione mucosa (collutorio clorexidina 0,2% bis in die).

RISULTATI

I pazienti sono stati inseriti in un programma di follow-up per valutare la corretta guarigione dei tessuti e il decorso postoperatorio. Sono stati eseguiti controlli del processo di guarigione, così cadenzati: una settimana dall’intervento, un mese, sei mesi. Il referto dell’esame istologico ha confermato l’ipotesi diagnostica di cisti follicolare. Il controllo ad una settimana dall’intervento ha mostrato l’assenza di dolore e gonfiore postoperatorio e una buona guarigione del tessuto mucoso, per cui è stata eseguita la rimozione delle suture. Il decorso postoperatorio è stato regolare in entrambi i casi descritti, non è stata osservata alcuna complicanza.

A sei mesi dall’intervento è stata prescritta una radiografia ortopanoramica di controllo per valutare la guarigione del tessuto osseo, risultata ottimale in entrambi i casi.

Fig. 14 -Disegno del lembo triangolare. Fig. 15 Scollamento del lembo. Fig. 16 Osteotomia.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

L’estrazione del terzo molare inferiore è una procedura comune in chirurgia orale. La tecnica convenzionale prevede l’utilizzo di strumenti rotanti; questi, però, risultano più invasivi e potenzialmente dannosi per i tessuti molli circostanti (10).

Fig. 17 Coronotomia ed avulsione. Fig. 18 Enucleazione cistica. Fig. 19 Odontotomia ed avulsione.

Inoltre, nei casi di inclusione profonda e nei casi di stretta vicinanza con il fascio vascolo-nervoso inferiore subentra il rischio di problematiche neurologiche; queste possono manifestarsi con maggiore frequenza utilizzando un approccio tradizionale (11). Una recente revisione sistematica, infatti, ha riportato che il rischio di lesioni del NAI nell’estrazione del terzo molare inferiore con strumenti rotanti varia da 0,35% a 8,4% (12). Nel caso 1 descritto in questo studio, l’analisi radiografica ha mostrato una stretta contiguità degli apici radicolari con il fascio vascolo-nervoso; pertanto, in accordo con le indicazioni presenti in letteratura, è stata eseguita la exeresi chirurgica dell’elemento disodontiasico mediante l’impiego della tecnica chirurgica piezoelettrica, al fine di preservare l’integrità della struttura anatomica adiacente.

Fig. 20 Enucleazione cistica.

L’uso di PBS per migliorare la sicurezza e la predicibilità nell’estrazione del terzo molare inferiore è stata descritta per la prima volta nel 2008 (14). Nel corso degli anni, numerosi studi hanno contribuito a confermare la validità scientifica e clinica della PBS in ambito odontoiatrico (2,10,11,13). In uno studio condotto da O’Daly et al. (2007) è stato dimostrato sperimentalmente nei cani che la riparazione e il rimodellamento osseo erano più rapidi a seguito dell’uso della piezosurgery. Ad oggi, è ben consolidata la validità della tecnica chirurgica piezoelettrica nella chirurgia dei terzi molari inferiori inclusi. I principali vantaggi della PBS sono: la precisione di taglio, il maggior controllo, l’azione selettiva sui tessuti duri e una migliore visibilità del campo operatorio. Inoltre, studi biomolecolari hanno dimostrato che PBS risulta più efficace nella riduzione dell’infiammazione postoperatoria e dello stress ossidativo dopo le procedure di osteotomia (15).

Fig. 21 Lesione cistica.

L’effetto combinato di questi fattori contribuisce ad abbassare la morbilità postoperatoria e ad avere dei tempi di recupero più veloci (16). I dati presenti in letteratura, però, riportano che la durata dell’intervento di avulsione del terzo molare risulta essere significativamente minore nei casi trattati con chirurgia convenzionale (17). È ben consolidato in letteratura che la durata prolungata di un intervento comporta un aumento della morbilità postoperatoria (18,19). Pertanto, l’uso di strumenti rotanti per il sezionamento iniziale dei denti, in aree lontane da strutture delicate, potrebbe essere la tecnica più indicata per accorciare i tempi dell’intervento (19).

Nonostante ciò, diversi studi mostrano che parametri come dolore, gonfiore e trisma sono significativamente inferiori nei casi trattati con PBS, qualsiasi fosse la durata dell’intervento (20). Questo fenomeno può essere ascrivibile alle caratteristiche fisiche del taglio osseo ad ultrasuoni, insieme alle modificazioni biomolecolari indotte da PBS. Ciò permette un intervento chirurgico meno traumatico ed una guarigione più rapida (20).

Si può affermare che, ad oggi, non esiste una indicazione assoluta all’impiego della tecnica piezoelettrica piuttosto che tradizionale (21). La discriminante nella scelta risulterebbe essere l’analisi dello specifico caso clinico in oggetto. In determinate situazioni, nonostante gli strumenti rotanti abbrevino la durata della chirurgia, si predilige l’impiego della PBS poiché questa permette di affrontare l’intervento con maggiore sicurezza e con minore invasività, garantendo meno complicanze intraoperatorie ed un miglior decorso postoperatorio. 

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Materials and methods:

Two clinical cases was examined at the dentistry department of the IRCCS San Raffaele hospital. The clinical analysis was accompanied by a narrative review of the scientific literature, using the PubMed database.

Aim of the work:

Mandibular third molar extraction is a standard procedure in oral surgery. Conventional technique involves rotary instruments; however, these instruments can be dangerous for soft tissues. At the end of the 1980s, the piezoelectric surgical technique was introduced in order to improve safety and predictability in the extraction of mandibular third molars. The aim of this work is to present two clinical cases of third molar extractive surgery, generating a comparison between two surgical methods: traditional and piezoelectric.

Results:

Patients were entered into an operative protocol and followed during the follow-up period. In the first clinical case it was decided to use piezoelectric surgical technique, considering the contiguity with the vascular-nerve bundle. Instead, the second case was treated with traditional surgical technique. The postoperative course was regular and any kind of complications were observed; the healing bone tissue was optimal in both cases six months after the operation.

Conclusion:

Today, there is no absolute indication for the use of the piezoelectric rather than traditional technique. The discriminating factor in choice would be the analysis of the clinical case in question. In certain situations, despite the rotating instruments shortening the duration of surgery, PBS technique is preferred as this allows to face the surgery with greater safety and less invasiveness, guaranteed fewer intraoperative complications and a better postoperative course.