Gestione dei tessuti molli in quadri agenesici ad alta valenza estetica

Soft tissue management in agenetic cases with high aesthetic value

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gestione tessuti molli

INTRODUZIONE

Il successo terapeutico in casi di riabilitazioni eseguite in area considerate ad alta valenza estetica è raggiunto rispettando una serie di criteri oggettivi che influenzino le valutazioni soggettive del paziente. I parametri che più di tutti devono essere vagliati durante l’esecuzione di queste riabilitazioni sono il mimetismo degli elementi riabilitati rispetto agli adiacenti in funzione di forma, colore, dimensione, posizione e, non meno importante, il rapporto che essi mantengono nel tempo con i tessuti perimplantari o parodontali (1-4).

Una delle situazioni cliniche che frequentemente l’operatore si trova ad affrontare in regione estetica è l’agenesia mono o bilaterale dei laterali superiori che, il più delle volte, è caratterizzata anche da una carenza volumetrica causata dalla mancanza di tessuti duri e molli.

Gli incisivi laterali superiori permanenti sono, escludendo i terzi molari, i secondi ad essere più colpiti da agenesia con una prevalenza media del 30,5% (al primo posto ritroviamo i secondi premolari inferiori) (5).

Il trattamento delle agenesie dentarie viene solitamente pianificato da un team multidisciplinare composto dall’ortodontista, dal chirurgo orale e dal protesista al fine di garantire estetica e funzione durante e dopo la crescita. Il forte discomfort e l’impatto psicologico riscontrabile soprattutto in giovani pazienti affetti da agenesia dei laterali superiori hanno portato a sviluppare differenti strategie di trattamento: 

  • mantenimento o riapertura ortodontica dello spazio agenesico durante la crescita; ottenuti gli spazi corretti per il ripristino di una corona protesica del laterale da ripristinare, la gestione dell’estetica avviene per mezzo di dispositivi protesici provvisori in attesa della riabilitazione definitiva (6). Tra le terapie riabilitative proposte a fine crescita del paziente quella di prima scelta è l’implanto-protesica.
  • Chiusura ortodontica dello spazio protesico. È una terapia più frequentemente accettata dai giovani pazienti perché caratterizzata dalla riduzione dei tempi terapeutici e del possibile disagio provocato dalla presenza di soluzioni protesiche provvisorie nella zona agenesica. Questa soluzione terapeutica presenta tuttavia dei limiti estetici e funzionali. A causa del posizionamento del canino nella regione del laterale superiore non è semplice ottenere delle guide di svincolo canine e incisive fisiologiche ed è spesso riscontrabile una alterazione dei rapporti intermascellari. Il limite estetico che caratterizza questa scelta terapeutica è dettato dalla presenza di un profilo di emergenza del canino anatomicamente differente rispetto a quello del laterale che sta rimpiazzando; questo inconveniente può essere superato grazie all’esecuzione di una coronoplastica (7).
  • Spostamento del sito di agenesia per mezzo di una terapia ortodontica. Questo piano terapeutico permette di non alterare i rapporti interarcata spostando il sito di agenesia solitamente in posizione del primo premolare superiore; a fine crescita il piano di trattamento viene perfezionato mediante riabilitazioni protesiche fisse  (terapia implanto-protesica o ponti su denti naturali) (5). Questa terapia presenta limiti estetici già descritti in precedenza per il trattamento di chiusura degli spazi protesici, limiti imputabili alla differente anatomia del canino che viene posizionato al posto del laterale agenesico e superabili con una coronoplastica.
  • Mantenimento del deciduo. Nei casi in cui l’agenesia abbia interessato solo l’elemento permanente e l’elemento dentario deciduo sia ancora in sede e si presenti un buono stato di salute, è possibile mantenere la situazione invariata sposando un atteggiamento conservativo. Gli accorgimenti da adottare di fronte a questa situazione clinica sono quelli di evitare lo splintaggio dell’elemento dentario deciduo al fine di evitare un’eventuale rizolisi (5) e, qualora le esigenze estetiche lo richiedano, di eseguire un’odontoplastica additiva al fine di ottenere una maggiore integrazione estetica.
  • Nessun trattamento quando, in assenza dell’incisivo laterale superiore, il canino erompa nel sito agenesico. In questo caso, l’unica terapia consigliata è una coronoplastica del canino al fine di garantire una migliore integrazione estetica dello stesso nel sorriso del paziente (8).
Fig. 2 Ortopantomografia.

L’approccio diagnostico iniziale nel trattamento implanto-protesico di una agenesia dentaria del laterale superiore deve considerare che frequentemente l’assenza di un elemento dentario è associato ad atrofie ossee di differente entità a causa dell’assenza di stimoli osteogenici nella regione da trattare. 

Lo scopo di questo lavoro è quello di illustrare l’iter terapeutico implanto-protesico di un caso clinico di agenesia bilaterale degli incisivi superiori precedentemente trattata dallo specialista in ortognatodonzia mediante spostamento del sito di agenesia dalla regione dei laterali a quella dei canini.

Fig. 3a-3c CBCT con ceratura diagnostica digitale e pianificazione del posizionamento implantare.

MATERIALI E METODI

Al fine di escludere controindicazioni assolute o relative alla terapia riabilitativa proposta, lo studio del caso si basa sull’esame anamnestico. La paziente di anni 24 è classificabile nella categoria ASA I; all’esame obiettivo si evidenzia un’edentulia multipla nei siti 1.3 e 2.3 a conseguenza di un’agenesia bilaterale degli incisivi laterali superiori trattata con una terapia ortodontica di riallineamento dentario e di spostamento dello spazio agenesico in regione 1.3 e 2.3 (fig. 1). La situazione clinica iniziale evidenzia la presenza di due Maryland bridge in resina acrilica opportunamente posizionati al fine di gestire temporaneamente le esigenze estetico-funzionali di una gummy smiler come la paziente in oggetto. Un sondaggio parodontale della regione interessata permette di escludere lesioni parodontali ed evidenzia uno stato di salute dei tessuti duri e molli.

Gli esami radiografici completano l’approccio diagnostico iniziale e lo studio delle radiografie endorali del gruppo frontale, di un’ortopantomografia delle arcate dentarie (fig. 2) e di una CBCT (fig. 3) permettono di evidenziare un corretto allineamento radicolare degli elementi dentari contigui all’edentulia da trattare e una moderata atrofia orizzontale della cresta alveolare edentula (difetti di classe I secondo Chiapasco e Casentini (9)).

Trattandosi di una riabilitazione del settore frontale è opportuno realizzare una dettagliata analisi estetica supportata da un esame fotografico corredato di fotografie extraorali (del volto e del sorriso), fotografie intraorali e da una ceratura diagnostica digitale. Lo studio del caso è rivolto principalmente all’analisi dei tessuti molli e degli elementi dentari; in particolare, nel caso descritto, la paziente non presenta fattori estetici sfavorevoli dal momento che si riscontrano elementi dentari in area estetica sani e non discromici, fenotipo gengivale spesso, simmetria della festonatura gengivale, buona rappresentazione delle papille interdentali. Le visioni occlusale e laterale permettono di confermare la presenza di un leggero minus vestibolare in regione 1.3 e 2.3 (fig. 4) da intendere come conferma clinica della moderata atrofia orizzontale del processo alveolare già in precedenza intercettata durante lo studio della CBCT.

Fig. 4a-4c Visione laterale dx, sx e occlusale che evidenziano il minus vestibolare.

La richiesta della paziente è quella di giungere ad una riabilitazione protesica fissa. Un colloquio preliminare con la paziente nel quale sono state contemplate e descritte differenti alternative terapeutiche ci permette di identificare e proporre come prima scelta una riabilitazione implanto-protesica in sede 1.3 e 2.3 combinata al trattamento, differito in seconda seduta chirurgica, del minus vestibolare dovuto alla carente volumetria ossea con un innesto di connettivo prelevato dal palato. 

Fig. 5a, 5b Fase di inserimento implantare in zona 1.3 e 2.3.
Fig. 6 Chiusura dei lembi chirurgici per prima intenzione.

Il giorno dell’intervento viene somministrata alla paziente una profilassi antibiotica a base di amoxicillina + acido clavulanico da assumere in quantità di 2 grammi 1 ora prima dell’intervento e da continuare per 6 giorni dopo con la posologia di 1 grammo ogni 12 ore.

Dopo l’allestimento di un campo operatorio sterile si procede con anestesia loco-regionale mediante l’infiltrazione di anestetico con vaso costrittore (1/100.000).

Il lembo mucoperiosteo di accesso è disegnato per mezzo di una lama 15c; il lembo prevede un’incisione che origina dalla line angle mesio-vestibolare dell’elemento 1.3, prosegue distalmente intrasulculare all’elemento stesso e continua attraversando la cresta edentula dirigendosi, dopo aver interrotto la papilla tra 1.4 e 1.5, fino alla line angle mesio-vestibolare dell’elemento 1.5. Lo stesso lembo a busta viene analogamente replicato nel II quadrante come accesso chirurgico al sito edentulo in regione 2.3. 

Esposta la sella edentula per mezzo di uno scollamento sottoperiosteo e preparati i fori osteotomici in accordo con le indicazioni del produttore delle fixture, si inseriscono due impianti in sede 1.3 e 2.3 rispettivamente di lunghezze e diametri 4 x 11.5 (Any Ridge, Megagen implant, Daegu, South Korea) (fig. 5). I lembi saranno dunque riposizionati tramite punti di sutura al fine di garantire una chiusura per prima intenzione e una guarigione sommersa delle fixture (fig. 6). 

Dopo 4 mesi di guarigione atraumatica durante i quali la paziente ha mantenuto la sua vita di relazione indossando i Maryland bridge provvisori, si procede con la riapertura e contestuale gestione dei tessuti molli eseguita al fine di ottenere un profilo vestibolare convesso che permetta di ottenere un buon mimetismo radicolare. Il primo step di questa seconda sessione chirurgica contempla il posizionamento delle viti di guarigione al posto delle viti tappo e il disegno di un lembo a spessore parziale eseguito vestibolarmente e tangenzialmente alla corticale ossea; la tasca così ottenuta deve rispettare le dimensioni e la forma ideali per alloggiare un innesto di connettivo. Il secondo step chirurgico consiste nel prelevare un innesto epitelio-connettivale dall’emipalato destro in zona molare che, dopo essere stato disepitelizzato, viene diviso in due parti uguali. A questo punto si procede con iI posizionamento degli innesti nel sito ricevente precedentemente preparato in prossimità degli impianti osteointegrati e alla successiva stabilizzazione mediante punti di sutura eseguita con un monofilamento sintetico 5/0 (fig. 7 e 8). Al fine di offrire un sostegno ai tessuti appena aumentati nelle prime 12 ore dopo l’intervento chirurgico vengono confezionati e consegnati due provvisori avvitati in resina acrilica di 13 e 23 (fig. 9). In settima giornata si procede alla rimozione suture.

Fig. 7 Innesto connettivale durante la fase di riapertura in zona primo quadrante.
Fig. 8 Innesto connettivale durante la fase di riapertura in zona secondo quadrante.
Fig. 9 Protesizzazione provvisoria.

La fase terapeutica successiva è volta alla ricerca della corretta anatomia della festonatura gengivale e del posizionamento ideale dello zenit, parametri fondamentali per raggiungere un soddisfacente risultato estetico. L’obiettivo desiderato viene ottenuto aggiungendo e rimuovendo materiale resinoso dalla regione cervicale degli elementi protesici provvisori con lo scopo di guidare e condizionare la maturazione dei tessuti molli (fig. 10).

Fig. 10 Maturazione dei tessuti molli dopo condizionamento tissutale.

Dopo circa sei mesi, i manufatti protesici provvisori vengono sostituiti da due corone in metallo-ceramica avvitate, serrate con un torque di avvitamento di circa 35 N/cmq.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Il caso clinico illustrato mostra come, qualora sussistano le rispettive indicazioni, sia possibile trattare quadri agenesici dell’incisivo laterale superiore con eccellente predicibilità del risultato. La finalizzazione protesica definiva ha soddisfatto le richieste estetico-funzionali della paziente grazie ad una corretta integrazione del manufatto nei settori riabilitati. 

Fig. 11 Protesizzazione definitiva con corone in metallo-ceramica avviate.

Le tecniche di aumento dei tessuti molli e, quando indicato, dei tessuti duri, sono imprescindibili per traguardare un’integrazione estetica accettabile. Come dimostrato nel caso descritto precedentemente, qualora sia possibile eseguire un corretto posizionamento tridimensionale dell’impianto all’interno dell’osso nativo presente, è possibile ottenere il successo terapeutico con la sola gestione chirurgico-protesica dei tessuti molli. In particolare, gli innesti connettivali eseguiti in fase di riapertura e la ricerca di un’adeguata morfologia cervicale del provvisorio, al fine di disegnare un’armonica festonatura gengivale e compressione dei tessuti molli, permette di raggiungere la dimensione corretta dei volumi vestibolari e, di conseguenza, il mimetismo radicolare desiderato.

Fig. 12 Rx endorale degli elementi 1.3 e 2.3.

Questo atteggiamento terapeutico è ampiamente supportato dalla letteratura; di recente, il solo aumento dei tessuti molli è stato dimostrato essere sufficiente a compensare deficit lievi o moderati della cresta ossea, rendendo il trattamento meno invasivo e dispendioso per il paziente in termini biologici, di riduzione dei tempi terapeutici ed economici (10,11). 

Zucchelli et al. (12), inoltre, in uno studio controllato randomizzato, volto a valutare le differenze di incremento volumetrico gengivale tra l’innesto di tessuto connettivo sub-epiteliale rispetto all’innesto di tessuto connettivo disepitelizzato, hanno dimostrato che la guarigione per seconda intenzione del sito donatore non è associata a un maggiore disagio postoperatorio rispetto a quella ottenuta per prima intenzione. Per contro, la dimensione corono-apicale dell’innesto e lo spessore del tessuto molle residuo influiscono con un impatto significativo sul dolore postoperatorio.

Sulla base di quanto appena enunciato, la tecnica di prelievo eseguita (con innesti di moderate dimensioni e guarigione per seconda intenzione) risulta essere la più agevole per l’operatore e quella in grado di fornirci una componente connettivale di migliore qualità (13,14) nel rispetto del decorso operatorio che inevitabilmente la paziente dovrà affrontare.

La ricerca delle festonature gengivali per mezzo della modellazione cervicale dei provvisori avvitati permette di ottenere un profilo di emergenza ideale che consente la bio-integrazione dei manufatti protesici definitivi.

Il caso clinico proposto dimostra come una corretta pianificazione pre-chirurgica e il rigoroso rispetto dei protocolli chirurgico-protesici permettano di gestire casi di moderata atrofia in area estetica in modo soddisfacente.

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